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Autore: Wednesday_    14/02/2016    0 recensioni
"C'era una volta una bambina.
Una bambina come tante altre.
...
Una bambina che si perse nel Paese delle Meraviglie.
Come? Conoscete già la storia? Tutta la storia?
E' impossibile.
Perché?
Bhè perché è una storia che ancora non ha trovato il suo epilogo...
Sorpresi? Tranquilli. Se avete un po' di pazienza ve la racconto. "

Una rivistazione della storia originale, un progetto che ho nel cuoricino da troppo tempo ormai, al quale spero finalmente di dargli un corpo.
"Bada, però:
Se fidarti e si chi, dirti non sò."
Genere: Dark, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Alice, Altri
Note: Missing Moments, OOC, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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i n t r o E S C A P E...
 
Ripetitivi.
Pesanti.
Ambigui.
Taglienti.

Segni silenziosi danzavano immobili in fila indiana, in una continua catena ordinata che andava sempre più a delineare quello spazio che nessuno poteva vedere senza prima alzarne la copertina; rapivano gli occhi di chi aveva osato coraggiosamente, o forse stupidamente ?, appoggiarvisi, nutrendosi del respiro regolare e flebile che li accarezzava.

Era tutto lì, nero su bianco.

Con tutti i colori che esistevano, solo un bianco che andava sempre più sporcandosi di quel nero indelebile.

Non le piacevano, non più. Né il nero, né il bianco.

Non riusciva proprio a capire come si potesse essere interessati e attratti da qualcosa del genere.

I giorni si susseguivano, ma ogni volta che si ritrovava in quella stanza, a quell’appuntamento a cui era obbligata a partecipare, il tempo pareva fermarsi: racchiusa in una spessa sfera di tappezzeria, tutto si ripeteva uguale innanzi alle iridi cristalline di quella bambina che tanto avrebbe voluto invece correre sul verde prato del suo giardino, danzare con i fiori in quel magico mondo illuminato da frammenti di arcobaleno e farsi abbracciare dal delizioso e delicato profumo dei suoi abitanti, liberando la voce che era costretta a urlare solamente nella sua testa.

Tic. Tac.

Tic.

Tac.

Inizialmente la voce dell'orologio era l'unica che riusciva a riempirle la mente, a distrarla, a farle compagnia. Non era una conversazione molto stimolante, ma qualsiasi cosa era meglio di quel silenzio ovattato, che tutti riusciva a trarre in inganno, assorbendo ogni cosa.

Quel giorno, inaspettatamente, qualcosa s’infranse e interruppe in anticipo quel monologo repentino, riuscendo a far trapelare una luce flebile che sembrava chiamarla.

Nessuno era più presente tra quegli arabeschi di tessuto.

La sorella non si era mossa, completamente assorbita dal libro che teneva in grembo; i suoi occhi non avevano alcuna intenzione di alzarsi da quelle pagine.

Scivolò silenziosamente sul tappeto, gattonando lentamente verso la salvezza.

Ormai era fatta.

La macchiolina celeste aveva imparato ad evitare le antipatiche mattonelle chiaccherone che infime si nascondevano sotto i tappeti: quella partita a scacchi l'avrebbe vinta lei, senza alcuna difficoltà. Le sue compagne non erano poi tanto furbe ed ormai aveva ben memorizzato la loro strategia.

Una volta superata la porta, si alzò in piedi precipitandosi lungo il corridoio, verso la cucina.

Le piaceva quella stanza. Era probabilmente una delle sue preferite.

Per i profumi, per quel disordine ordinato, per il calore e per il sorriso che sempre era pronto ad accoglierla.

Questo coniglietto oggi è in ritardo, o mi sbaglio mia piccola Lady? Corra, svelta! E non faccia ritardo, mi raccomando!

Non aveva certo intenzione di farselo ripetere due volte! Ma la fretta non le impedì di allungare la sua manina su una fettina di torta alle mele, che la gentile signora aveva accidentalmente dimenticato su di un fazzoletto appoggiato con cura su di una sedia, proprio come avevano concordato ormai molto tempo prima.

Fresche le dita del vento autunnale le sfioravano il viso e le scompigliavano i capelli corvini, mentre correva tra l’erba curata di quel sentiero che ormai i suoi piedi conoscevano a memoria, sotto lo sguardo vigile di quella tavolozza di colori dalle sfumature aranciate, rosa e lilla di cui si stava tingendo il cielo.

Un coniglietto bianco si riusciva ad intravedere di tanto in tanto, saltando un po’ qui e un po’ lì, non molto distante da lei. Le prime volte credeva di non poter mai vincere contro di lui a quel gioco, era decisamente più veloce di lei! Eppure, ogni volta, sembrava riuscire ad accorciare la distanza tra loro di qualche passo. Quel giorno in particolare, correvano quasi alla pari.

Quando finalmente poté fermarsi a riprendere un po’ il fiato, si voltò un istante verso la sua casa, mentre le piccole labbra si deliziavano di quella dolce merenda segreta.

Le piaceva la sua casa: così, illuminata dai primi raggi del tramonto, sembrava quasi una reggia incantata.

Ma era decisamente più bello quello scuro buco nel terreno, ai piedi di quel meraviglioso melo nascosto, che ormai aveva ricoperto il terreno circostante con le vesti delicate dei suoi fiori.

Finito l’ultimo boccone, si lasciò alle spalle tutto, trovando il suo amico ad attenderla con le lunghe orecchie ben dritte davanti alla sua casetta; non attese un secondo di più ad accettare il suo invito.

Quel nero e quel bianco che andavano a contrapporsi e a comprendersi, così diversi eppure così stranamente simili, erano gli unici che riuscivano a farla sorridere.
 


Un manto nero la teneva stretta a sé, lontano da pensieri e interrogativi, lontano da problemi; lontano dal mondo.
Una ninna nanna silenziosa la cullava, trascinandola in un sonno dal quale non avrebbe più voluto destarsi.

Chi fosse. Quale fosse il suo scopo e quali fossero i suoi desideri. Quali fossero i problemi che la importunavano. ...
Non le interessava nulla.
Nulla.

Stanca.
La sua testa ed il suo corpo erano esausti, così pesanti che sembravano non esserci davvero.
Pesante e sempre più lento era il suo respiro.
In quel pozzo di pece cadeva.
Rotolava.
Annegava.
Prima o poi avrebbe raggiunto il fondo e tutto finalmente sarebbe giunto al termine.

Ma ancora una volta, non riuscì a raggiungerlo.

Qualcosa la stava svegliando.
Un pizzico. Prima sulla punta del naso, poi sulle gote, fino a spandersi su ogni lembo di pelle che i suoi abiti lasciavano incurantemente scoperti. Persino il vento non riusciva a trattenersi davanti al corpo di una donna.

Un sospiro si fece spazio tra le labbra schiuse, mentre le sue palpebre svogliatamente si aprivano, rivelando il cielo uggioso racchiuso nelle sue iridi. Guardava di fronte a sé, senza inizialmente distinguere cosa la circondasse; le palpebre strette e la fronte leggermente aggrottata mostravano il suo disappunto ed il fastidio che la luce del cielo sopra di lei le procurava.

Il respiro della brezza primaverile, musica sulla quale danzavano senza ritegno rami e foglie, lo stridulo chiacchericcio degli uccellini... Ogni suono era un colpo assordante che le rimbombava in testa.

Era seduta ai piedi di un albero dal tronco non molto massiccio. Dove si trovasse di preciso non lo sapeva. E non le interessava saperlo.

Le sue mani andarono a posarsi sul terreno umido accanto a sé: una di esse trovò qualcosa di tondo e liscio. I suoi occhi la riconobbero come una mela dalla veste rossa.
Pigramente la osservò per qualche istante, non sapendo cosa fare. In realtà, non voleva realmente fare qualcosa. Ma non le sarebbe dispiaciuto trovare un posto più tranquillo, lontano da tutto quell'assordante rumore.
Peccato che il suo corpo non aveva minimamente intenzione di alzarsi, privo di energie. Prese il frutto e lo portò davanti al viso, rigirandoselo tra le dita: così pieno, così rosso; così perfetto. Quanto la disturbava.
Lo sfregò sui suoi abiti per ripulirlo un po', prima di portarselo alle labbra, distruggendo e appropriandosi di quella perfezione.
Troppo dolce. Alla sua testa non piaceva. Ma il suo corpo lo bramava.

Senza realmente rendersene conto, si alzò in piedi, lasciandosi trascinare dalle sue gambe, incurante di dove stesse andando.

Un secondo. Un minuto. Un'ora.
Quanto tempo fosse passato non sapeva dirlo.
Ma una voce sussurrò al suo orecchio, trascinata dal vento che si stava divertendo a scompigliarle i folti e corti capelli corvini.

Alice...

Il suo corpo reagì prima della sua mente, fermandosi all'istante. Cos'aveva sentito? Gli occhi, ora vigili, cercavano l'origine di quel suono; ma nessuno sembrava esserci oltre a lei.

Fu un istante.

Due biglie rosse sembravano la stessero osservando con cura. Una macchia bianca sfrecciò dinnanzi a lei senza fare alcun rumore, sparendo senza lasciare tracce del suo passaggio, della sua esistenza.

Un coniglio.

Un coniglio? Che l'avesse immaginato?
Chiuse gli occhi e scosse leggermente il capo, facendo cadere il torsolo ingiallito del frutto ormai finito.
Non aveva importanza.
Non doveva avercela.
Non le avrebbe portato nulla soffermarsi su qualcosa di così futile.

Quando riaprì gli occhi, però, altri interrogativi iniziarono ad affiorare e a riempirle la mente, pungenti e fastidiosi, desiderosi di attenzioni:
Quel cancello, quella strada, quelle voci lontane... Perché si trovavano di fronte a lei? Perché non ricordava di averle già scorte prima?

… Perché sembrava esserne così attratta?

 

 Luce e Tenebra sono segreti amanti
E con il loro amor tutto è incanti.
Da lor tutto crea e tutto torna
Lasciando nel cuor una flebile impronta.

Bada, però:
Se fidarti e di chi, dirti non sò...

Dal nulla, risa disperate esplosero tra quelle grigie mura, ormai affezionate all'ospite che le rendeva vive e colorate.
Le uniche spettatrici.
Le uniche compagne.
Le uniche che mai l'avrebbero lasciata sola.

... o r T R A P ?










 

Dopo tanto, troppo tempo, ho ripreso in mano questo progetto. A quanto pare ho ritrovato l'ispirazione perduta, ma non prometto nulla, anche se spero davvero di poter finalmente dare un corpo a questa idea che mi accompagna ormai da anni.
Questo primo capitolo non è altro che una sorta di introduzione e, come anticipato nel post di presentazione (che ammetto non mi piace più molto, ma per ora lo tengo; se dovessi modificarlo lo farò presente nelle note dei capitoli successivi! così come forse qualche immagine: so che non è importante per il racconto in sé, ma è una cosa che mi piacerebbe comunque fare, così a perditempo) non voglio anticiparvi nulla: un po' perché mi sarebbe davvero difficile spiegarvi qualcosa, un po' per provare a stimolare la curiosità dei coraggiosi che si soffermeranno a leggere queste mie righe. 
Giusto per provare a spiegare qualcosina: ci sono tre situazioni, differenziate dal carattere e stile delle parole e separate dalle righe orizzontali. Cosa può voler dire? Ditemi cosa pensate! Più avanti si farà tutto più chiaro, prometto.
Il prossimo capitolo, il primo vero e proprio penso non presenterà queste tre situazioni, ma solo una: le diverse situazioni verranno inserite man mano che il racconto procede, quando lo terrò più opportuno. Ma può essere anche che invece, ispirazione vuole mantenere questo schema per tutti i capitoli... Davvero, non lo so. So che potrebbe non essere molto allettante questa mia nota, ma fa nulla.

Spero di aver corretto tutto gli orrori ortografici e grammaticali, ma nel caso ne avessi tralasciato qualcuno vi chiedo scusa in anticipo; se me lo fate notare poi mi opererò per correggere.

Fatemi sapere senza timore cosa ne pensate, sia che vi piaccia, sia che non, cosa vi aspettate e via dicendo; tutti i commenti mi servono per crescere e migliorarmi, ed inoltre ho piacere di sapere se e cosa son riuscita a suscitarvi, che sia in positivo o in negativo.

Per ora vi ringrazio dell'attenzione e spero tantissimo di poter aggiornare presto con un nuovo capitolo! <3 

p.s: vi avverto, sono negata nel trovare nomi adeguati ai capitoli! se dovessi accorgermi di non farcela, provvederò ahimé a numerarli semplicemente.

 


 


 


 


 

  
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