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Autore: Ghost Writer TNCS    18/02/2016    1 recensioni
Nello stato di Hospea il tipo di magia più diffuso è quello degli evocatori, il cui potere si tramanda di generazione in generazione nei vari clan. Ogni clan ha i suoi animali caratteristici, e il suo prestigio è direttamente proporzionale alla forza delle creature a cui è legato.
Rex è un giovane evocatore, ma non uno qualunque: lui può richiamare i demoni, un potere straordinario che si credeva ormai perduto. Una simile abilità lo rende più potente di molti suoi coetanei, allo stesso tempo però attira su di lui astio e diffidenza, e questo per via della stirpe che, un decennio prima, ha seminato morte e terrore coi suoi famigli demoniaci: il famigerato clan degli Oblio.
Eppure questo a lui non importa. Rex vuole dare prova dell’utilità del suo potere e finalmente può farlo in una missione, tuttavia ben presto diventa chiaro che non si tratta di un semplice recupero: gli ingranaggi del destino si sono messi in moto e degli antichi poteri stanno per tornare alla luce.
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Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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5. Pietra arcana

Si racconta che l’origine delle pietre arcane risalga a prima della nascita dell’universo, ad un tempo sconosciuto dove le leggi della fisica e della magia si confondevano, e dove la materia e l’energia non erano distinguibili.

Secondo altre storie le pietre arcane sono state create in un’epoca antichissima da alchimisti di cui si è persa memoria, temprate con tecniche segrete che nessuno sarebbe più stato in grado di replicare.

Ci sono poi leggende che sostengono che le pietre arcane non sono sempre esistite, né sono state create da mano senziente, ma semplicemente si sono formate naturalmente attraverso processi simili a quelli che portano alla comparsa delle gemme preziose. Tra queste leggende, le più famose sostengono che la comparsa delle pietre arcane risale al momento esatto della rinascita dell’universo, quando tutta la materia e l’energia viene condensata in un solo punto prima di esplodere in un nuovo inizio, diffondendo per tutte le galassie questi frammenti di potere grezzo e concentrato. Le pietre più grandi sarebbero quindi le responsabili della comparsa della magia su alcuni pianeti, mentre le più piccole andrebbero ad alimentare i sogni di tutti quelli che sperano un giorno di conquistare incredibili poteri.

Una cosa è certa: chi ha la fortuna di trovare una pietra arcana, difficilmente se ne separerà.

***

«Avanti, dobbiamo riuscire a fermarlo!» esclamò Eden.

I suoi due grifoni lanciarono dei versi acuti, da rapace, e partirono alla carica.

«No, è troppo forte per voi!» gridò Sehvenn, ma era già troppo tardi.

Il posseduto sollevò la spada e scatenò un fendente a mezz’aria. La lama intrisa di energia creò un’onda verde scintillante che divampò verso i nemici, squarciando il loro robusto piumaggio e penetrando la carne per diversi centimetri prima di esaurire il suo potere.

Eden avvertì subito il dolore dei suoi famigli e si portò una mano al petto, come se anche lui fosse stato ferito. Se prima sarebbe stato difficile sconfiggere il ladro e l’armédée, ora sembrava praticamente impossibile.

«Lasciate fare a me!» ordinò l’insegnante, serio come mai lo avevano visto prima.

Un intero squadrone di spettri si materializzò dal nulla e si avventò sul nemico da ogni direzione per impedirgli di difendersi. I primi famigli riuscirono ad attraversare il suo corpo e a rubargli un po’ di energia, fiaccando leggermente la sua determinazione, ma per quanto colpissero, il posseduto – o meglio la pietra arcana – non esauriva mai i suoi poteri.

Il fuorilegge gridò e un’esplosione di energia verde spazzò via gli spettri, cancellandoli dalla foresta come se non fossero mai esistiti. Non era da tutti riuscire ad annullare forzatamente l’evocazione di qualcuno del calibro di Sehvenn.

«Maestro, cosa facciamo?!» esclamò Nora, visibilmente spaventata. Ormai aveva perso tutta la sua spavalderia e sembrava sul punto di mettersi a piangere: lei e i suoi compagni di classe non erano pronti ad affrontare un nemico tanto potente.

«Andatevene, subito!» ordinò l’insegnante «Ci penserò io a trattenerlo!»

Ma l’armédée non era dello stesso avviso. Ruggì attraverso il ladro e scatenò la sua furia su tutti i presenti, scaraventandoli contro la vegetazione grazie ad una tremenda onda d’urto.

I quattro hystricidi caddero a terra e i famigli rimasti si dissolsero. Anche loro non potevano fare nulla contro qualcuno in possesso di una pietra arcana.

Rex, che era caduto addosso ad un grosso cespuglio, cercò di tirarsi su, ma le sue gambe erano piene di graffi e faticò a soffocare un grido. Eden era andato a sbattere contro il tronco di un albero e non riusciva a capire se fosse in grado di rialzarsi, Sehvenn era stato colpito in pieno dall’attacco del nemico e faticava a riconoscerlo da tanto era stravolto, Nora invece era ormai scoppiata in lacrime e niente pareva in grado di consolarla. Si sentiva spacciato, debole e inutile. Cosa poteva fare contro un nemico tanto potente? Stava per perdere la speranza quando vide Sehvenn che, con un enorme sforzo di volontà, si rimetteva in piedi.

L’insegnante strinse i denti e piantò i suoi occhi grigi sul posseduto. Già se avesse saputo che l’armédée era tanto potente, ci avrebbe pensato due volte prima di intraprendere la missione insieme ai suoi alunni, per di più il demone nella spada era riuscito ad impossessarsi di una pietra arcana. Era qualcosa che nessuno avrebbe potuto prevedere, ma lui doveva essere pronto anche all’imponderabile se voleva essere in grado di proteggere la sua classe in quel mondo pieno di magia e misteri.

Facendo appello a tutta la forza che gli era rimasta, richiamò un nuovo spettro, questa volta però non lo mandò contro il nemico. Si focalizzò sul legame che c’era tra lui e il famiglio, cercando quel punto di connessione che gli avrebbe permesso di attivare la tecnica. Un bagliore magico li avvolse e nel giro di un istante i due corpi si unirono in uno solo, restituendo al mondo un Sehvenn dai capelli chiarissimi, di un bianco tendente all’azzurro.

L’insegnante partì all’attacco, il posseduto provò a colpirlo con un fendente, ma l’altro vi passò attraverso, proprio come uno spettro intangibile. Riuscì a tirare un pugno al ladro e questi vacillò, visibilmente sorpreso. Sehvenn attaccò ancora, senza sosta, e ad ogni colpo, riusciva a rubare un po’ dell’energia del nemico.

La fusione non era una tecnica propria degli evocatori, tuttavia era stata sviluppata e migliorata nel tempo per permettere di unire il proprio corpo a quello di un famiglio, ottenendo così le sue abilità e riuscendo ad aumentare notevolmente le proprie capacità combattive.

Grazie a questo espediente riuscì a far arretrare il posseduto, ma per quanto attaccasse, non sarebbe mai riuscito a sopprimere tutta la straripante energia della pietra arcana. Quello a cui puntava veramente era tenerlo occupato abbastanza a lungo da permettere ai suoi alunni di fuggire.

Per un attimo il pensiero dei tre ragazzini gli fece abbassare la guardia e tanto bastò al nemico per scatenare una controffensiva: dal suo corpo pervaso di magia divampò una tremenda onda d’urto che spazzò via Sehvenn, scaraventandolo all’indietro con forza perfino superiore a quella che l’aveva colpito in precedenza. La fusione si annullò e lo spettro si dissolse, lasciando l’insegnante a terra, inerme. Aveva fatto tutto il possibile, eppure non era ancora sufficiente. Non sapeva più cosa inventarsi…

Eden, consapevole del pericolo a cui stavano andando incontro, provò ad evocare uno dei suoi grifoni, ma la sua vista era offuscata e traballante: sentiva di poter perdere i sensi da un momento all’altro, ciononostante non si voleva arrendere. Con un enorme sforzo si mise in piedi e aprì un portale. L’aria tersa che uscì dall’anello dorato gli riempì i polmoni, fresca e leggera, preparandolo a fare la sua mossa; Sehvenn gli aveva spiegato i rudimenti della fusione solo da un paio di mesi, ma questo non era un problema: gli avrebbe dimostrato che, quando voleva, anche lui studiava.

Il suo corpo e quello del grifone si illuminarono e in un lampo si unirono, tramutandosi in uno solo come accaduto per l’insegnante e il suo spettro. Ancora avvolto dal bagliore, si lanciò all’attacco, rapidissimo: il posseduto sbarrò gli occhi e un violento pugno gli centrò la mandibola, scaraventandolo all’indietro. Il corpo di Eden ora era rivestito da un robusto piumaggio e tutti i suoi muscoli avevano acquisito maggiore volume. Il grifone che aveva scelto era quello con le ali più piccole e gli artigli più sviluppati, inoltre durante la fusione aveva ottenuto anche una maggiore forza per le braccia.

«Rex! Nora! Trovate subito un famiglio che possa sistemare questo qui!»

Il ladro scatenò un fendente, ma il biondo lo schivò con un balzo ferino.

«Svelti!»

Per quanto odiasse ammetterlo, era sicuro di non avere chance contro quell’avversario, ma forse poteva guadagnare abbastanza tempo per permettere ai suoi compagni di trovare una creatura adatta a fronteggiarlo. Ammesso che esistesse un animale del genere…

Eden scattò fulmineo e di nuovo riuscì a colpire il ladro, strappandogli un grido.

L’urlo, più di rabbia che di dolore, servì a ridestare Rex. Il suo compagno aveva ragione, non doveva arrendersi! Si voltò di lato e l’immagine di Nora in lacrime riempì tutto il suo campo visivo. Doveva fare qualcosa. Qualsiasi cosa! Lui era l’ultimo discendente del clan Shitsunen, che da solo aveva mosso guerra alle cinque Grandi Nazioni; era pronto a sopportare il peso dell’odio della gente e i loro sguardi diffidenti, ma in cambio voleva il potere dei suoi antenati per essere in grado di aiutare i suoi amici. La sua eredità poteva essere un dono o un fardello, si era sempre sforzato di vederla come un dono, adesso però era giunto il momento di capire se era davvero così.

I suoi occhi si illuminarono di viola e dentro di sé cercò un verso che potesse aiutarlo. Riuscì a sentirne qualcuno, ma erano tutti troppo flebili, incerti e lontani. Non voleva un demone da mandare allo sbaraglio nella speranza di guadagnare tempo, ne voleva uno che fosse in grado di fermare il posseduto. Sapeva bene di cosa erano stati capaci i membri del suo clan, quindi era convinto che ce ne fosse almeno uno. Ma doveva sbrigarsi: Eden stava facendo del suo meglio, tuttavia non poteva resistere ancora a lungo.

“Vi prego, aiutatemi a salvarli…”

Una voce. Non riusciva a capire cosa dicesse, ma era sicuro che non si trattasse di un verso: era proprio la voce di una persona. Ma com’era possibile? No, non aveva tempo per farsi domande, doveva evocare quel demone!

Creò il portale e una sagoma emerse dall’anello violaceo. Come ogni volta che evocava un nuovo famiglio, non aveva idea dell’aspetto che avrebbe avuto, questa volta però rimase ancora più stupito del solito. La creatura aveva delle gambe toniche, con la pelle viola e liscia, ma soprattutto indossava dei pantaloni corti in pelle nera che mettevano in risalto il sedere sodo e da cui uscivano due code flessuose e sensuali. Si sforzò di sollevare lo sguardo e colse una giacca senza maniche anch’esso di pelle nera, poi una massa di capelli porpora e un paio di corna aguzze e levigate, ma non riuscì a scorgere il viso perché il demone – o meglio la demone – era di spalle. Anche se non riusciva a vederla bene, gli venne da pensare che era bellissima.

Il posseduto esplose un ruggito selvaggio e con un colpo devastante spazzò via Eden, squarciando allo stesso tempo una mezza dozzina di alberi. La fusione si sciolse e il grifone, malconcio quanto il suo evocatore, svanì.

Sistemato il ragazzino, il ladro si volto senza paura verso il nuovo nemico. Scoprì i denti in un ringhio animalesco, la demone però non si fece intimorire e qualcosa si accese nei suoi occhi lilla. Un brivido attraversò il corpo dell’uomo, propagandosi gelido fino all’armédée: lo spirito rinchiuso nell’arma venne invaso da un sentimento sconosciuto, assoluto e inevitabile che lo spingeva a fuggire, rinchiudendosi in se stesso per non farsi vedere mai più: paura. Il suo controllo sul fuorilegge vacillò e nel giro di pochi secondi svanì del tutto.

Consapevole della forza dell’avversario, il nuovo famiglio di Rex non aveva nemmeno provato a combattere, ma aveva sfruttato le sue abilità psichiche per indurre l’altro a ritirarsi.

L’armédée cadde a terra, ormai inerte, e l’hystricide tornò lentamente consapevole di se stesso. Cercò di mettere a fuoco la situazione, e la prima cosa di cui si accorse fu la pietra che stringeva nella mano sinistra. Sprigionava un potere incredibile, ma non ebbe modo di contemplarla ulteriormente perché un rumore di passi lo indusse a sollevare lo sguardo.

Un pugno lo centrò in pieno sulla mandibola e la sua mente già confusa venne sovrastata, al punto che crollò a terra come un frutto maturo. La presa sulla pietra arcana si annullò e quella scivolò a terra, rotolando inerte come un semplice sasso.

La demone si aggiustò i capelli e osservò il ladro con muto disprezzo.

«Grazie, ci hai salvato la vita.»

Lei si voltò e i suoi occhi dalle sclere nere trafissero quelli del suo evocatore. Nonostante quello sguardo truce, Rex continuò a pensare che fosse incredibilmente bella.

La demone fece un passo verso di lui, poi un altro, senza dire nulla. Quando gli fu davanti, il ragazzino non poté fare a meno di arrossire a causa di quel seno pieno abbinato alla profonda scollatura.

Il ceffone lo colse completamente di sorpresa, talmente forte che la guancia parve infiammarsi e per poco non cadde a terra.

Arrancò di un paio di passi, gli occhi sbarrati, incapace di dare voce alla sua incredulità. Perché l’aveva colpito…?


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