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Autore: Feathers    18/02/2016    5 recensioni
/Cockles Au in Russia!/
Dopo che la sua vita cambia per sempre a causa di una matrioska, Jensen Ackles è costretto a vivere nella Russia del 1955, un'epoca difficile per un americano moderno. Per fortuna, un affascinante e misterioso scrittore di nome Misha Krushnic decide di ospitarlo nel suo appartamento al centro di Mosca. Cosa succederebbe se la loro iniziale diffidenza si trasformasse in una passione incontenibile?
Questa è la storia di un amore clandestino, di quelli tanto intensi da sembrare irreali, ma continuamente messo in grave pericolo dall'omofobia della Russia Sovietica. Riusciranno i due ad uscire dalla terribile situazione in cui si trovano ed a stare insieme senza rischiare la vita?
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Jensen Ackles, Misha Collins
Note: AU, Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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~~                                        Writers

 

Seguii Mister Sarcasmo fino ad un alto edificio bianco non troppo lontano dalla Piazza Rossa, mentre le auto d'epoca e gli spazzaneve attraversavano la strada facendo un rumore pazzesco.

Quel Misha doveva essere un riccone per vivere da quelle parti, pensai.
Si muoveva con fare circospetto, dandomi le spalle e ogni tanto facendomi un breve segnale di seguirlo, come se temesse che mi scordassi di farlo da un momento all'altro, e me ne andassi a passeggio per Mosca da solo.
In pieno Inverno.
Non si era neppure degnato di spiegarmi il fatto della data sul giornale.

"Dunque mi hai detto che non ricordi nulla... giusto?" mi domandò atono, guardando di fronte a sé mentre passeggiava.

"No... cioè... io vivo a New York. Devo assolutamente tornare a casa. Non mi trovavo qui fino a... venti minuti fa." risposi nervosamente, lanciando un'occhiata frenetica al mio orologio da polso e arrancando dietro di lui.

Misha si girò.

"Mmm... non preoccuparti amico, credo che tu abbia solo passato una nottataccia ieri. Per caso anche tu il weekend vai al Red Russia?" mi domandò allegramente, come se nulla fosse.

"Non so neppure cosa è... " replicai, con un lungo sospiro.

"Beh... in effetti ti avrei notato. È il mio locale preferito... ottimo posto per un po' di svago." mi rispose lui.

Ad un certo punto interruppe quella marcia velocizzata da cosacco, e io riuscii finalmente a raggiungerlo.

"Benvenuto nella mia umile dimora... Jyensen." mi disse, sorridendo e facendo un piccolo inchino scherzoso.

Io lo fissai alzando il sopracciglio.

"Emh... Umile? Comunque Jensen. Pronuncialo bene il mio nome per favore... " puntualizzai, le mani sui fianchi.

Lui rise.

"Perdonami, tutta colpa del bagno di lingua russa. Sono qui da un bel po'... sai com'è." si giustificò.

Restai sorpreso.
"Ah... dunque non sei russo?" domandai.

Avrei giurato che lo fosse a giudicare da alcuni tratti del viso.

"Di origine, però sono nato negli USA." disse, aprendo lentamente il portone di casa sua.

Effettivamente pensai che sorrideva fin troppo spesso per essere russo. Mi chiesi perché mai se la sentisse di ospitare un perfetto sconosciuto, ma non che quello fosse proprio il momento adatto alle domande.
Mi trovavo in una situazione di emergenza, e avevo assoluto bisogno di quel Misha, per quanto strambo fosse.

Entrammo in un soggiorno color fuoco, leggermente più moderno rispetto all'esterno, e dall'arredamento sorprendentemente sgargiante.

"Uh... " sospirai di sollievo, rilassando finalmente i muscoli atrofizzati.

Fui invaso dal calore di quella stanza, lo sbalzo di temperatura era di almeno una ventina di gradi.
Un divano ricamato copriva quasi completamente una parete occupata da un largo quadro raffigurante sei tulipani lilla.

"Oh... Ti piace?" mi chiese lui, notando che lo stavo fissando attentamente "Devo averlo preso in Olanda." aggiunse, pensandoci su un momento, come se fosse normale passare da un paese all'altro.

"Sei stato anche in Olanda?" chiesi timidamente, calcando sulla parola anche.

Lui mi squadrò e si tolse la giacca.
"In realtà scherzavo. Ho sempre voluto viaggiare, ma... no possibility." disse con tono rassegnato.

Restai perplesso. Ebbi voglia di chiedergli perché mai avesse preso una casa al centro di Mosca se non aveva soldi, ma poi mi venne in mente che non lo conoscevo abbastanza per prenderlo per il culo, nonostante sapessi che lui lo faceva spudoratamente con me.

Invece di aprir bocca mi tolsi quell'ammasso di pecore beige che avevo addosso e lo restituii a Misha.

"Emh... spasibo." dissi a bassa voce, guardando a terra.

"Ah... dunque un po' di russo lo sai, eh?" esclamò lui con quella voce calda e soddisfatta.

Io mi sentii arrossire.
Decisi di convincere me stesso che fosse tutta colpa del camino.
Come no.

"Beh... s-so dire solo questo, se non ricordo male... " mormorai, cercando disperatamente un punto dove posare gli occhi.

Era normale che mi sentissi in imbarazzo di fronte ad uno sconosciuto, dopotutto faceva parte del mio carattere, ma quell'uomo mi faceva sentire piccolo piccolo, senza che riuscissi a capire il perché.
Non lo stavo guardando in quel momento, ma mi sentivo i suoi occhi indagatori addosso mentre cercavo di apparire più disinvolto possibile.

"Mmm, su... lascia che ti offra qualcosa. Vuoi dell'acqua, per esempio? Non mi sembri… proprio in gran forma." disse con tono stavolta comprensivo, fissandomi con gli occhi a fessura.

Io mi guardai attorno e la mia attenzione fu attirata dal mio riflesso pallido nello specchio ornamentale alla mia sinistra.
Mi accorsi di avere due occhiaie tremende.

"Emh... solo un goccio d'acqua... per favore... grazie." mormorai, deglutendo.

Appena rialzai gli occhi restai incantato a fissarlo mentre si levava il cappello e pettinava con le mani i capelli scuri e in disordine.
Oh merda.
Che cavolo mi prendeva?

"Ma va, tranquillo. Non essere così timido. Mettiti comodo e attendi un attimo... ti porto anche qualcosa da mettere sotto i denti... " mi disse, e trotterellò verso la cucina, mimando un finto brivido di freddo.
Fece dietrofront.

"A proposito... il riscaldamento ti va bene?" mi chiese.

"S-sì certo che mi va bene... " risposi annuendo e sedendomi meccanicamente sul divano.

Lui mi scoccò un sorriso smagliante e poi filò nell'altra stanza.

Io sospirai nuovamente e mi appoggiai allo schienale a peso morto, approfittando dell'assenza di Misha.

Chiusi gli occhi e mi coprii la testa con entrambe le mani, passandole sui capelli.
Il mio riflesso nello specchio li aveva tutti tirati all'indietro in maniera innaturale.

Non riuscivo ancora a capirci nulla di quella situazione.
Avevo visto migliaia di migliaia di serie TV in cui i personaggi si teletrasportavano o compievano dei viaggi nel tempo: Heroes, Doctor Who, Lost...
Jared era ossessionato da quelle trasmissioni e mi costringeva a guardarle insieme a lui, mentre mangiavamo dei pop corn come degli adolescenti troppo cresciuti.
Ad un certo punto avevo addirittura iniziato ad adorarle e a scaricarne io stesso nel mio pc.
Avevo immaginato e sognato varie volte di essere coinvolto in una di quelle situazioni, ma non mi era mai passato neppure per l'anticamera del cervello che potessero essere cose vere.
Non ricordavo di essere mai stato così confuso in vita mia.

"Eccomi qui." disse Misha, entrando con un piattino di porcellana in una mano e un bicchiere d'acqua nell'altra.

Me lo porse gentilmente.

Io bevvi l'acqua per fargli piacere, dato che avevo un blocco nello stomaco che mi impediva di mangiare.
Dopotutto dovevano essere le undici di mattina o qualcosa del genere.
Misha andò a sedersi accanto a me, evitando accuratamente di sfiorarmi con la coscia.
Non mi chiese ripetutamente di assaggiare i suoi biscotti al cioccolato, come credevo che avrebbe fatto. Sembravano fatti in casa ed avevano un aspetto piuttosto invitante.

"Dì un po'... che lavoro facevi a New York?" mi chiese, facendo tamburellare le dita sul legno del tavolino.

Un momento, dunque adesso lui mi credeva?!

"Impiegato commerciale. Non che mi piacesse molto... " mormorai.

Mi chiesi se fosse consigliabile parlare di quanto odiassi il mio lavoro. Non credevo che contribuisse a rendermi simpatico ai suoi occhi.
Non sapevo mai di cosa dovevo parlare per dare una buona impressione, e mi detestavo per quello.

"Perché? Chi avresti preferito essere?"

Mi girai per un secondo verso Misha, sbattendo le palpebre. Aveva uno sguardo più comprensivo e decisamente meno cinico di prima.

"Emh… uno scrittore... ho sempre avuto fin troppa fantasia." risposi, gli occhi fissi sul fuoco.
Lui fece una breve pausa.
"Mmm... La fantasia non è mai troppa. Perché non lo sei diventato?’’
‘’Mio padre voleva che facessi il suo stesso lavoro.’’ mormorai, sentendomi patetico.
‘’Ah… beh… anche a mio padre non è mai andato a genio il mio sogno. Eppure, adesso sono uno scrittore."

Mi voltai di nuovo. Non me lo sarei mai aspettato.

"Sul serio?"

"Sì... " disse. Appoggiò il gomito al bracciolo, reggendo il viso con la mano. Esitò: "È l'unico modo che ho di liberarmi."

Guardai il suo profilo e poi distolsi lo sguardo.

"Di cosa?" chiesi.

Sentii che si stava creando qualche tipo di strana sintonia fra noi che nessuno dei due voleva far notare.
Lui ci rifletté un momento su.

"Di tutto. Le mie emozioni nascoste, quello che mi fa star male... la rabbia, l'amore represso o proibito, i ricordi. Proprio tutto. Scrivere è il miglior modo di comunicare. Spesso dalle opere conosci l'autore meglio di quando lo frequenti. Sono lo specchio della sua anima."

Restai a guardare affascinato i suoi occhi blu che si velavano appena di fronte alla luce del fuoco. Pareva commosso.
Che gli avessi ricordato qualcuno?
Ad un certo punto si voltò e i nostri occhi luminosi si incrociarono.
Qualcosa di devastante scattò dentro di me, come se avessi preso la scossa.
Chimica.

Si creò un silenzio angoscioso e imbarazzante finché Misha non distolse lo sguardo a sua volta e cambiò argomento.

"Stai meglio adesso?" domandò, sforzandosi di suonare rassicurante.

Si mise a giocare con l'orlo della sua giacca, fingendo noncuranza con tutte le sue forze.

"Sì... ora va meglio... credo." mormorai e tentai di alzarmi in piedi, per poi pentirmene.

Un forte giramento di testa mi costrinse a sedermi immediatamente.
Di fronte a me, tutto era bianco.
Misha si girò di scatto, afferrandomi per il braccio.
Stavo svenendo.

"Jensen... che ti prende? Jensen?" sentii la voce di Misha diventare sempre più ovattata, fino a non sentire più nulla.




Note dell’autrice
Hey, miei cari lettori :P (lo so che questo capitolo è un po’ corto ihihih) volevo comunicarvi che da ora in poi aggiornerò ogni Giovedì, così vi passerete il tempo mentre aspettiamo i sottotitoli di Supernatural #AtteseInfinite hahahaha XD (e sarò puntualissima U.U)
 volevo ringraziare chi si è preso (o si prenderà ) la briga di lasciarmi un commentino giusto per farmi sapere come sto andando<3

Vi amo tanto U.U
   
 
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