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Autore: Altair13Sirio    18/02/2016    1 recensioni
Ib è cresciuta. Non è più una bambina ingenua che segue gli sconosciuti nelle mostre d'arte; adesso è una adulta, con dei sogni sul proprio futuro e delle passioni che la fanno sentire viva, ma anche tormentata da incubi e sensi di colpa.
Dopo la fuga dal Mondo di Guertena, la bambina ha trovato nell'arte del vecchio Maestro qualcosa di più di un passatempo: l'arte è diventata parte integrale della sua vita e con questa è cresciuta, vedendo in Weiss Guertena un modello da imitare e a cui ispirarsi.
Al suo fedele amico Garry, Ib chiederà un regalo molto particolare per il suo diciottesimo compleanno... E conoscerà una persona speciale...
Genere: Horror, Suspence, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Garry, Ib, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Garry borbottò qualcosa di incomprensibile. Era svenuto dopo essersi schiantato contro un terreno duro, e ora che stava finalmente riprendendo i sensi si sentiva tutto dolorante. Si mosse un poco, cercando di capire se avesse qualcosa di rotto. Sentì le ossa scricchiolare quando le spostò, irrigidite in quella posizione dopo la caduta.
Era faccia a terra, con le braccia in avanti, i gomiti leggermente piegati che puntavano entrambi nella stessa direzione e le gambe dritte e immobili. Si lamentò stiracchiando i muscoli; sembrava essere a posto, nonostante il dolore dappertutto.
Dopo aver acquistato un equilibrio precario, spingendosi con le mani per sollevarsi da terra, il ragazzo si mise a sedere, liberandosi con un sospiro. Si guardò intorno incrociando le gambe: era in una sala oscura, le pareti e il pavimento erano viola, e attorno a sé c’erano diversi frammenti colorati simili a vetro; dovevano essere i resti del ponte che aveva tentato di attraversare. Adesso cominciava a ricordare meglio…
Che stupido! Si rimproverò battendo un pugno all’aria. Non aveva dato ascolto alla bambola, e il suo continuo infastidire quel “Solitario” doveva averlo fatto infuriare. Non aveva neanche voluto ascoltare la bambola quando aveva deciso di attraversare il ponte: era ovvio che non lo avrebbe sostenuto; era troppo sottile! Non appena si era inoltrato un po’ di più nel buio sopra al ponte di colori, quello non aveva più retto il suo peso, e aveva ceduto. E ora era lì, tutto solo, senza più nessuno a dirgli dove andare… Non che la bambola sapesse quale fosse la strada da prendere; si era persa proprio come lui.
Però era piacevole avere qualcuno con cui chiacchierare durante il viaggio; vagare da solo in quell’oscurità senza qualcuno a cui rivolgere domande o rispondere, gli avrebbe fatto perdere la testa… Avrebbe voluto che Ib fosse con lui: lei sapeva sempre cosa fare, era più coraggiosa di lui, non si sarebbe mai lasciata sopraffare dalla paura come faceva sempre lui. Quando erano rimasti bloccati nel Mondo di Guertena insieme, lui non era stato di aiuto: era stata la ragazzina a risolvere tutti gli indovinelli, a trovare gli indizi sparsi per le sale, e a trovare la strada di casa… Probabilmente Ib avrebbe negato tutto quello, ma Garry era sicuro del fatto che stesse benissimo, e che probabilmente sapesse già come uscire da lì e l’unico ostacolo che la teneva ancora in quel posto era lui: lo avrebbe trovato prima lei, sicuramente, e lui avrebbe fatto la parte della “principessa in pericolo”.
A volte era fastidioso dover essere così fifone, incapace di fare una scelta senza l’aiuto di qualcuno… Ma Garry era così e basta, non c’era modo di cambiare le cose e doveva semplicemente convivere con quella sua caratteristica. Forse quel posto lo avrebbe fatto diventare più responsabile, finalmente…
A ventinove anni suonati potrei anche vivere senza dover dipendere da qualcuno… Commentò su sé stesso in modo sarcastico, sapendo però di non essere completamente a quel modo: viveva da solo, era un ragazzo indipendente – e il fatto che non avesse molti amici rendeva tutto quello molto più facile, non avendo nessuno su cui dipendere – e pur non avendo una famiglia vera e propria, aveva cresciuto Ib come una figlia – o una sorella minore, a seconda dei punti di vista – piuttosto bene; quello avrebbe dovuto significare una certa maturità da parte del ragazzo, che era in grado di badare a sé e a una bambina piccola da molti anni. Dopo l’imbarazzo iniziale, infatti, i genitori di Ib avevano cominciato a lasciare la bambina con lui, che si era guadagnato la loro fiducia, piuttosto che lasciarla a casa da sola; all’inizio il ragazzo si era sentito perso e aveva creduto di non potersi prendere cura di lei, ma con il tempo aveva capito di poter fare più di quanto credesse, e così imparò a trattare con i bambini… La maturità sopra la norma di Ib gli aveva sicuramente agevolato le cose, e lui non aveva mai smesso di trattarla come un’adulta.
Si grattò la testa sospirando, ripensando al passato. Non poteva rimanersene a piangere, aspettando che la sua vita quotidiana tornasse da sola; doveva alzarsi e dare il massimo per guadagnarsi la libertà. << E’ ora di andare… >> Mormorò alzandosi a fatica, ancora acciaccato, e voltandosi verso l’oscurità.
Quel corridoio vuoto faceva paura, chissà quanti pericoli nascondeva con sé; ma lui doveva affrontarli per salvare sé stesso e Ib. Non poteva continuare a scappare dal pericolo! Fece un passo avanti e cominciò ad avanzare, fermandosi subito dopo. Forse si trattava solo di un altro pretesto per non andare avanti, ma il ragazzo si rese conto di dover controllare la propria rosa, per informarsi se avesse perso qualche petalo; probabilmente era così, perché quella caduta non lo aveva lasciato illeso, ma pensava che non sarebbe stato un problema, e avrebbe potuto curarsi una volta trovato un vaso con un po’ d’acqua…
Il problema era che la rosa non c’era più. Cercò in ogni tasca del cappotto e dei pantaloni, la rosa non era più attaccata al suo cappotto e non c’era da nessuna parte attorno a lui; magari gli era caduta dopo essere precipitato, ma non c’era alcuna traccia di fiori lì a terra, tranne un piccolo petalo blu, che confermò la sua teoria, ma che gli fece anche capire che la sua rosa era stata rubata.
Qualcuno doveva averla trovata prima che lui si svegliasse e se l’era portata via; ma a quale scopo rubare una rosa che in un posto come quello significava la vita per il suo possessore? E se fosse stato uno di quei quadri di donna? L’avrebbero fatta a pezzi senza pietà! Si mise le mani tra i capelli cercando di calmarsi: se fosse stato uno di quei quadri a trovare la sua rosa, allora lui non sarebbe stato tanto in forma e lucido; doveva essere stato qualcun altro, forse un’opera più mansueta, oppure una con qualche secondo scopo…
<< Calmati, Garry… >> Mormorò chiudendo gli occhi e respirando profondamente. << Non sei ancora morto! Puoi ancora farcela… >> Era vero; nonostante fosse un fifone, era abbastanza forte per difendersi e poteva scappare se necessario; era sicuro di essere più veloce delle opere di Guertena, o almeno di una parte di esse…
Nonostante tutto, Garry si sarebbe sentito più al sicuro con un arma o un attrezzo per difendersi dagli attacchi dei mostri. Si guardò intorno per cercare qualcosa, ma lì non c’era molto, era da solo in quel corridoio vuoto: sicuramente poteva essere interpretata come una buona notizia, ma per quanto ancora?
Si mise a camminare, senza esattamente sapere dove stesse andando: essendosi alzato rivolto verso quella direzione, pensò che sarebbe stata quella la via da seguire, ma dopo pochi passi il ragazzo si ritrovò davanti a un muro. Era possibile che fosse la strada sbagliata, oppure quel muro segnava la fine del ponte di colori dall’altro lato? Non sapendo cosa pensare, Garry immaginò che ci fosse una strada dalla parte opposta, e quindi si girò e tornò a camminare.
Non fece in tempo nemmeno a coprire la distanza tra il muro e il punto in cui si era svegliato, che trovò davanti a sé un altro muro, alto e liscio. << Ancora? >> Chiese seccato guardando in alto. Era possibile che avesse attraversato il corridoio così in fretta? E perché non c’era una via di uscita? Doveva essercene una, quel posto non poteva essere semplicemente un buco!
Garry si appoggiò con entrambe le mani al muro di fronte a sé e provò a spingere. Poi diede qualche colpo con le nocche per sentire se fosse vuoto, ma il suono attutito che produsse cancellò quel pensiero dalla sua mente. Rimase a fissare con perplessità quella parete alta, cercando di scovare qualche segreto in essa, ma sembrò stranamente normale. Era troppo normale, per far parte di quel posto…
Anche da un muro Garry si sarebbe aspettato qualche tiro mancino, a quel punto, ma sembrava che le sue aspettative fossero state deluse. Quello che si stagliava di fronte a lui era solo un inutile, noioso muro viola, alto chissà quanti metri… Non c’era niente di pericoloso in esso, Garry non si sentiva neanche tanto preoccupato dal rimanere in quella stanza; era ovvio che dovesse uscire da lì, ma gli sembrava un luogo sicuro, dove non avrebbe potuto succedergli niente.
Decise di voltarsi e provare a trovare qualche indizio che non aveva notato prima; dopo pochi passi si rese conto di aver già raggiunto l’altra fine del corridoio. Come era possibile? Non era tanto corto, e lui in pochissimo tempo si era ritrovato al muro opposto a quello che aveva esaminato poco prima.
Si appoggiò ad esso e lo guardò con attenzione, dal basso verso l’alto. Non c’era niente di anormale, eppure questa volta Garry percepiva che qualcosa non andava bene. Quel muro non era lì prima, non era tanto vicino all’altro muro parallelo ad esso.
Si voltò rapidamente poggiando la schiena al muro. Guardò nell’oscurità con gli occhi spalancati, pieni di paura; era possibile che l’oscurità del corridoio gli facesse perdere il senso dell’orientamento e gli facesse credere di aver percorso meno strada? Si diede una spinta verso quell’oscurità, attraversando il corridoio a passi lunghi e decisi, ma quando raggiunse il muro, appena dopo essersi staccato da quell’altro, si rese conto di non essersi immaginato tutto.
Stranamente, si sorprese. Eppure si aspettava qualcosa del genere persino da un muro, perché adesso era così preoccupato? Forse perché non aveva idea di come uscire da quella situazione, visto che andando avanti e indietro per il corridoio non aveva notato nessuna via di uscita…
Forse era spacciato, ma non voleva pensarlo. Si appoggiò con la schiena a quel muro che sembrava spostarsi ogni volta che si allontanava; cosa poteva fare? Se si fosse mosso per cercare una via di fuga, le pareti si sarebbero avvicinate ancora di più, sarebbe rimasto schiacciato in mezzo a due muri.
Sospirò sbattendo con la nuca al muro. Che razza di fine… Pensò deluso. Aveva creduto che avrebbe lottato fino alla fine per difendere sé o Ib, che sarebbe morto da vero eroe dopo aver dato il massimo, e non che due muri lunatici lo avrebbero spiaccicato tra loro!
Mentre pensava a queste cose, vide in alto, alla portata delle sue braccia, una strana sagoma; era come se la parete fosse cava, e una piccola finestrella si muovesse impercettibilmente con le vibrazioni causate dai suoi movimenti: gli ricordò quel tunnel che aveva usato la bambola di pezza per tirarlo fuori dalla fossa, prima di fare quel patto; questo però era collocato in alto, e sembrava poco più largo di quello. Forse sarebbe riuscito a sfuggire a quella misera fine…
Il ragazzo si avvicinò alla parete laterale dove c’era quella piccola finestrella: fece prima una prova e la spinse piano, scoprendo così di poterci entrare. Annuì deciso e si aggrappò fermamente al bordo con la mano destra, mentre con la sinistra si lanciava dentro al tunnel. Riuscì a sollevarsi fino all’altezza del buco, ma dovette trovare un appiglio per poter infilare l’altro braccio; la mano sinistra si aggrappò con tutte le forze al pavimento del tunnel, e per fortuna Garry riuscì a infilare l’altro braccio per potersi tirare su e infilare la testa. Dopo che fu riuscito a far entrare il proprio busto, fu più facile che comodo sgusciare dentro alla galleria, che da dentro sembrava più stretta di quanto apparisse da fuori, dovendo far entrare le gambe insieme e agitandole freneticamente.
<< Ce l’ho fatta! >> Dichiarò affaticato una volta completamente dentro al tunnel. Era sfuggito ai muri, e quella galleria buia gli diede una strana sensazione di sicurezza, tanto da fargli quasi venire voglia di rimanere lì. Ma non ci sarebbe più cascato, non poteva fidarsi del proprio istinto in quel posto, doveva andare avanti e rimanere concentrato. Per questo decise di partire subito per uscire da lì: più si muoveva, meglio era.
Attraversò quello stretto tunnel in poco tempo; raggiunse una finestrella simile a quella da cui era entrato dopo pochi metri, e Garry fu più che felice di spingerla con una mano, per venire investito dalla luce di una torcia fissata al muro opposto, colorato di rosa.
Il ragazzo uscì a fatica dal tunnel e si schiantò con il terreno una volta spintosi troppo in là con il busto. Una volta a terra, si guardò subito intorno per controllare che non ci fossero pericoli, e si rese conto di essere in un piccolo corridoio cosparso di luci come quella che aveva accolto l’arrivo di Garry. Avrebbe potuto essere una buona notizia, ma Garry non volle rilassarsi, e rimessosi in piedi, si avviò per una delle due strade di quel silenzioso corridoio.
I suoi passi erano l’unico suono che scuoteva la quiete di quel luogo, e lui stesso ne era turbato; non gli piaceva sentire i propri passi riecheggiare in quel silenzio. Nonostante il frastuono che provocasse la sua marcia, però, sembrava essere al sicuro. Era solo una situazione momentanea, ma era meglio di dover scappare da dei mostri che avrebbero voluto la sua rosa.
Il ragazzo sussultò senza fermarsi. Si era scordato di aver perso la rosa blu, per un momento… Aveva dimenticato di essere in serio pericolo, ecco perché doveva continuare a camminare, sperando di trovare qualcuno o qualcosa che lo avrebbe aiutato ad uscire da lì.
Girato l’angolo, Garry si ritrovò di fronte una strana porta grigia: sembrava diversa da tutte le altre porte, era di metallo e non c’era una maniglia. << Che strano… >> Mormorò guardandola con attenzione per controllare che non ci fosse altro. Era perfettamente liscia e luccicava; poteva trattarsi di un’altra opera di Weiss Guertena in quel mondo?
Mise le mani sulla superficie fredda della porta e provò a spingere; era pesante, ma la porta si mosse lentamente. A poco a poco vide una sala spaziosa aprirsi di fronte ai suoi occhi; vi erano due file di colonne alla quale stavano delle statue immobili, e sopra di esse vi erano le solite torce che illuminavano più di quanto sembrasse possibile. C’erano anche dei quadri di donna che fecero venire i brividi a Garry, ma sembravano estremamente passivi, quindi pensò che non fossero pericolosi.
Entrò nella stanza nonostante tutte quelle statue che avrebbero potuto animarsi e ucciderlo; non si rese conto della porta che si chiuse da sola alle sue spalle a causa del proprio peso e avanzò piano verso il centro della sala. In fondo c’era qualcosa, ma non riusciva a vedere bene.
Il ragazzo attraversò la sala guardandosi intorno con circospezione, pregando che niente di brutto accadesse mentre rimaneva lì; lanciava occhiate preoccupate alle statue senza testa poste davanti a ogni colonna della sala e si voltava ogni cinque secondi per controllare che non ci fosse qualche quadro alle sue spalle, pronto a saltargli addosso. Il timore di morire lo accompagnò lungo tutta la stanza, finché non raggiunse la fine e trovò quello che stava cercando.
C’era una statua posta in fondo alla sala, al centro della parete, su di un piedistallo di marmo. Era un’armatura che ricordò molto a Garry un soldato medievale. L’etichetta sul piedistallo diceva: “Pedone”. Aveva una lancia nella mano, che faceva scorrere parallelamente al proprio corpo fino a terra; poggiato agli schinieri aveva uno scudo stretto e appuntito, e al suo fianco sinistro pendeva una spada scintillante.
Un’arma. Proprio quello che gli avrebbe fatto comodo. Allungò il braccio per afferrare l’elsa della spada e dopo averla stretta con fermezza la sfilò dal fodero in cui era posta. Quella venne via con un flebile sibilo metallico e il ragazzo saggiò il suo peso: era leggera, maneggevole e l’impugnatura sembrava essere perfetta per la sua mano. Si chiedeva se sarebbe stata abbastanza utile contro le statue di Guertena, ma sicuramente lo avrebbe aiutato abbastanza per salvargli la pelle.
Mentre ammirava la lama che aveva tirato fuori dal fodero del Pedone, sentì un cigolio sinistro e si rese conto di non essere solo come pensasse: la stessa statua alla quale aveva preso la spada si era animata, e sollevata la lancia stava per abbassarla con forza sulla testa di Garry. Il ragazzo riuscì a schivarla giusto in tempo buttandosi di lato, sbattendo però con il duro pavimento e perdendo la concentrazione per un attimo.
Da terra vide la statua raccogliere lo scudo posto ai propri piedi e scendere dal piedistallo con cautela, come se volesse evitare di cadere; impugnò poi la lancia con più fermezza e la puntò contro Garry, che era ancora a terra. In un attimo si chiese cosa stesse facendo ancora lì e perché non si fosse rialzato; la lancia calò di nuovo rapida su di lui, diretta al suo stomaco, e questa volta Garry non poté fare altro che levare la spada per deviare la traiettoria della punta. Distolse lo sguardo spaventato quando lo fece, quasi come se non volesse sapere l’esito di quella scelta, ma quando un attimo dopo sentì di essere ancora tutto intero decise di riaprire gli occhi all’istante: il Pedone era fermo, proteso verso di lui e con la lancia che superava il ragazzo e si incrociava con la spada. Era riuscito a bloccare l’attacco! Ora era il momento di rispondere.
Garry sollevò con più forza la spada, spingendo via la lancia del Pedone, e gli diede un calcio negli stinchi rialzandosi. La statua sembrò in difficoltà e si abbassò per coprirsi il punto colpito; un attimo dopo Garry gli dava una botta sull’elmo con l’elsa della spada, facendolo sbilanciare e cadere a terra privo di resistenza.
Sembrava esserci riuscito, ma Garry sapeva di avere molto da fare ancora… E non fu deluso. L’armatura si rialzò con fatica e puntò la lancia contro il ragazzo, tenendo il piccolo scudo vicino al fianco sinistro; si spinse contro di lui e Garry fece un salto laterale per evitare la punta della lancia e colpirla con la lama della propria spada. Riuscì a spostare la lancia del Pedone e lo colpì alla mano, approfittando dello sbilanciamento della statua. Quello però non sembrò sentire molto l’effetto del colpo, alzò il braccio sinistro con lo scudo e incrociandolo con la lancia diede una botta in testa a Garry, che cadde a terra sorpreso.
Il ragazzo indietreggiò cercando di sfuggire al Pedone, che si ricomponeva e avanzava lentamente. Quando si fu rimesso in piedi, a distanza di sicurezza, impugnò la spada con entrambe le mani e la punto contro di lui, facendo piccoli passi sul posto. Il Pedone sembrò schernirlo quando lo vide tremare a quel modo di fronte a lui; era vero, aveva paura, ma non era scappato. Questo era il pensiero che si fece strada nella mente di Garry e che lo spinse ad attaccare, urlando a pieni polmoni.
Garry sollevò la spada e la abbassò con forza sulla testa del Pedone, ma quello alzò lo scudo per parare la lama; la spada e lo scudo produssero un forte clangore e Garry fece scivolare la propria arma sul dorso dello scudo per poter continuare la sua discesa, prima che la statua lo attaccasse con la lancia. Colpì la spalla corazzata del Pedone senza causargli molti danni, ma salvandosi dall’imminente attacco della statua, che fu distratta. A quel punto Garry si lanciò di nuovo contro l’armatura e la colpì in pieno sull’elmo, facendoglielo saltare via.
Il Pedone perse tutta la forza che aveva acquistato dopo che Garry aveva preso la sua spada e cadde a peso morto a terra, mentre l’elmo rimbalzava alcuni metri più in là. Garry ammirò stanco l’armatura vuota, immobile ai suoi piedi, e si chiese se sarebbe tornata in vita.
Alzando lo sguardo sentì dei cigolii inquietanti, dei tonfi e rumori di vetri infranti che non fecero che aumentare la tensione nella sala. In un attimo Garry si vide le statue Morte dell’Individuo e i quadri di donne che erano appesi al muro avanzare minacciosamente verso di lui, come se volessero vendicare il Pedone appena sconfitto.
Indietreggiò spaventato, rendendosi conto di non poter andare da nessuna parte; l’unica via di uscita nella stanza era quella strana porta da cui era entrato. Avrebbe dovuto farsi strada in mezzo a quei mostri per uscire da lì.
<< Maledizione… >> Mormorò tra i denti, sentendo già le gocce di sudore scendergli dalle tempie. Quante altre volte avrebbe dovuto rischiare la pelle, per potersela salvare? Era stato colpito dal Pedone poco prima, e non si sentiva molto sveglio; non aveva con sé la sua rosa e se lo avessero ferito quelle altre opere come avrebbe potuto rendersi conto delle proprie condizioni?
Tirò indietro il braccio con la spada e ringhiò alle statue che avanzavano, più veloci dei quadri, che dovevano strisciare. Garry lanciò un urlo possente per darsi coraggio e si fiondò contro Morte dell’Individuo con l’intento di aprirsi un varco.
Mulinò la spada a destra e a sinistra cercando di essere minaccioso, ma sicuramente quelle cose non avvertirono quel suo intento e continuarono ad avanzare; la prima statua che colpì fu una statua con un vestito giallo: la spada non tagliò la scultura come sperava Garry, ma la fece sbilanciare e cadere a terra, e il ragazzo poté continuare ad avanzare. La seconda statua era rossa: il vestito di questa fu tranciato orizzontalmente e Garry le diede un calcio per farla cadere a terra, camminandoci sopra dopo averla abbattuta.
Dopo aver affrontato alcune statue, Garry si ritrovò di fronte una linea di Donne in Blu e in Verde: nei loro occhi bruciava la smania di strappare i petali della sua rosa, ma sarebbero rimaste deluse se avessero scoperto che Garry non aveva alcuna rosa; probabilmente sarebbero state talmente furiose da ucciderlo… In ogni caso, Garry non voleva rischiare di farsi ammazzare da quelle donne accecate dalla brama.
Sentì di poterle schivare facilmente, essendo loro di piccola statura e lente nello spostarsi; avrebbe anche potuto colpirle tenendosi a distanza di sicurezza, ma per due motivi preferì non prendere questa tattica: per prima cosa, abbatterle tutte avrebbe richiesto troppo tempo, e le statue che si era lasciato alle spalle lo avrebbero raggiunto, e poi, nonostante fossero solo dei quadri incapaci di provare emozioni, privi di un’anima, mossi solo dal desiderio di uccidere, Garry non era molto entusiasta di ferirle… Sapeva che fosse un sentimento stupido, ma non voleva finire per credere di essere un assassino per aver fatto del male a un quadro dalle sembianze umane, anche se quello era già successo, in realtà…
Con uno sforzo immane, Garry saltò per superare la schiera di donne che bloccava il suo cammino; non fu difficile, soprattutto grazie alla statura del ragazzo, e il suo gesto colse di sorpresa i quadri, che non ebbero il tempo di reagire. Sorrise guardandosi le spalle, mentre le donne si voltavano goffamente per riprendere l’inseguimento, inciampando tra di loro; non c’era molta distanza ormai tra lui e la porta.
Garry frenò improvvisamente, trovandosi di fronte un quadro di donna che era rimasto indietro: aveva un vestito rosso e il suo sguardo era diverso da quello delle sue simili. Gli occhi della Donna in Rosso sembravano essere stati dipinti su di una tela, non erano reali, ma erano più espressivi di quelli di un altro quadro nella sala… Quegli occhi così diversi fecero sentire una strana pressione a Garry, che deglutì temendo per la propria incolumità. E perché poi? Quello era un quadro solo, non sarebbe stato troppo difficile superarlo come aveva fatto con gli altri; dietro di quello c’era la porta che lo avrebbe condotto fuori da lì, sarebbe stato salvo.
Ma quella donna solitaria in mezzo alla sala che lo fissava con quello sguardo così determinato e quel sorriso impercettibile stampato sul volto gli aveva fatto gelare il sangue. Sapeva che sarebbe stato diverso, lei sembrava volergli dire che non sarebbe uscito vivo da lì, ma lui non voleva crederci.
Il sorriso della donna scomparve e al suo posto si fece strada una smorfia infuriata con la quale la Donna in Rosso si scagliò contro il ragazzo. Garry fece un passo indietro mentre l’urlo silenzioso della donna esercitava una strana pressione su di lui; strinse con forza l’elsa della spada e ci accostò anche l’altra mano, pronto ad afferrarla con due mani nell’eventualità. La schiena piegata leggermente in avanti, mentre il bacino era spinto indietro e le gambe si molleggiavano nervosamente. L’attesa per quell’attacco lo stava distruggendo.
Quando la Donna in Rosso fu vicina, alzò la mano destra munita di unghie lunghe simili ad artigli e si preparò ad abbassarla con forza addosso a Garry, che però era troppo alto; le unghie della donna graffiarono la gamba del ragazzo, facendogli uscire sangue istantaneamente e facendolo ringhiare dal dolore.
Indietreggiò tenendosi una mano sulla gamba ferita e guardò perplesso la Donna in Rosso: si passava le dita sporche di sangue sulle labbra con un’espressione compiaciuta. Garry si sentì preso in giro da quel gesto e si ricompose, deciso a rispondere al prossimo attacco. Si rese conto di essere rimasto da solo con la Donna in Rosso volontariamente, non perché ne era stato costretto. Che diavolo gli era preso? Oltretutto, tutti gli altri quadri e le statue che si era lasciato dietro erano rimasti immobili ad osservare lo scontro tra lui e la donna, quasi come se qualcuno gli avesse detto di non interferire…
<< Va bene… >> Mormorò ansimando, cercando di darsi coraggio. << Fatti sotto! >> Sbottò cercando di essere minaccioso. Non ci riuscì, dato che la Donna in Rosso rise fragorosamente al suo invito; in realtà la risata della donna fu solo visiva, non produsse alcun suono, ma riuscì a terrorizzare comunque Garry, come se avesse raggiunto le profondità del suo cervello.
Prima che potesse spaventarlo oltre, Garry si lanciò contro di lei e sollevò la spada, deciso ad attaccare. La donna non sembrò spaventarsi molto e poggiati i gomiti a terra si spinse di lato prima che il ragazzo potesse colpirla; il fendente di Garry fu esitante e la spada si conficcò nel pavimento dopo che la donna si fu scansata. Subito dopo la Donna in Rosso approfittò dello slancio del ragazzo per ferirgli il viso.
Garry scosse la testa infuriato e si allontanò dalla Donna in Rosso, mentre dalla guancia destra cominciava a scendere del sangue dai graffi profondi che gli aveva lasciato. Si lanciò un’altra volta contro di lei, levando la spada orizzontalmente e scagliandola con forza per colpirla, ma senza la reale intenzione di ferire la donna. Lei lo intuì e scansandosi un’altra volta, lo graffiò al fianco, facendolo poi cadere a terra e afferrandogli la caviglia.
Garry sbatté a terra e si ferì i gomiti. Perse la spada, che scivolò sopra la sua testa per mezzo metro; si voltò e vide la Donna in Rosso arrampicarsi sopra il suo corpo per immobilizzarlo: era una strana sensazione, essendo lei solo un busto che usciva da una tela. Sorrideva maliziosamente, inquietando Garry con i suoi sguardi. Nonostante tutto, avrebbe potuto essere scambiata per una donna umana, se non fosse stato per il fatto che le mancavano le gambe… Ma era così bella e reale… Non sembrava un mostro.
Gli puntò un’unghia alla gola e Garry piegò indietro il collo per sfuggirle. La Donna in Rosso sorrise dolcemente, quasi come se stesse contemplando una vecchia foto di famiglia. Con uno scatto fece un taglio sottile alla gola del ragazzo. Garry lottò per contenersi e la fissò intensamente negli occhi, sperando che potesse fermarla. Ma era senza pietà. Non lo avrebbe lasciato andare così facilmente.
Il ragazzo era bloccato, non poteva scappare alla Donna in Rosso, che mettendosi sopra di lui lo aveva immobilizzato; poteva però muovere un braccio, la mano destra tastava alla cieca il pavimento sopra la sua testa. Cercava la spada che gli era caduta e che avrebbe potuto salvarlo da quella situazione; doveva solo trovarla!
La Donna in Rosso sembrò dire qualcosa quando posò di nuovo le dita sulla gola di Garry: mosse le labbra come se stesse parlando ma dalla sua gola non uscì alcun suono, e lui non afferrò il significato di quel messaggio. Il suo sorriso dolce però sembrava volerlo rassicurare, nonostante stesse per ucciderlo.
Garry si sarebbe arreso molto tempo prima, se non si fosse deciso a reagire, se non avesse fatto la scelta di diventare più responsabile. Ora non si era ancora arreso, nonostante fosse a un passo dalla morte, e pensò di aver fatto la scelta giusta, perché nello stesso momento in cui sentì la pressione sulla gola farsi più forte, le sue dita trovarono la spada.
Con uno sforzo sovrumano, Garry si spinse in avanti per colpire la Donna in Rosso; lei fu sorpresa da quell’attacco, pensava che il ragazzo fosse incapace di fare sul serio. La colpì con il gomito alla tempia, e poi allungò la lama verso di lei, con l’intento reale di ferirla; la donna però si spostò lateralmente e la spada colpì la sua guancia, aprendo un taglio dalla quale schizzò fuori del sangue denso e caldo; anche Garry fu ferito, poiché spingendosi in avanti verso il quadro, precedette l’attacco della donna con l’unghia.
La Donna in Rosso spalancò la bocca e si buttò a terra coprendosi la ferita con una mano; il suo urlo silenzioso ferì Garry nell’anima, che nonostante sapesse di essere immerso nel silenzio, sentì chiaramente un grido di dolore. Ma non c’era tempo da perdere…
Si rialzò a fatica aiutandosi con la spada ancora sporca del sangue della Donna in Rosso, e si fiondò verso la porta, mentre dietro di sé le statue senza testa e i quadri di donne cominciavano a corrergli dietro. Una volta arrivato alla porta si rese conto di essere in trappola: quella porta non aveva una maniglia, non si poteva aprire dall’interno. Prima per entrare aveva dovuto spingere, ma la porta non si sarebbe mossa in entrambe le direzioni: era fatta in modo che chi entrasse non ne uscisse più senza l’aiuto di qualcuno dall’esterno. Si sentì perdere d’animo. Sospirò appoggiando la schiena alla porta di metallo.
Guardò le opere di Guertena caricarlo in lontananza; forse loro sapevano già di non poter uscire da lì, per questo dovevano essersi fermate ad aspettare: tanto non sarebbe andato da nessuna parte anche se fosse riuscito a neutralizzare la Donna in Rosso. Si chiese dove fosse il Pedone che aveva affrontato prima di cacciarsi in quel guaio, e si ricordò della spada che lo aveva aiutato a farsi strada tra tutte quelle opere di Guertena. La spada nella sua mano sembrava quasi parlargli…
Non è finita ancora, non provare ad arrenderti! Si disse in un attimo, ritrovando la determinazione che lo aveva protetto fino a quel momento. C’era ancora una speranza, ed era proprio quella spada.
Garry si voltò e ficcò con decisione la punta della spada nello spazio tra la porta e il muro, dove avrebbe dovuto aprirsi. Le statue senza testa si stavano avvicinando rapidamente, doveva fare in fretta; cominciò a fare forza per spingere la porta, ma quella era molto più pesante di quanto avesse stimato, la spada non era abbastanza per spostarla. Nonostante tutto, però, la vide aprirsi leggermente. Non era abbastanza per poterci passare, ancora solo la punta della spada ce la faceva, ma se fosse riuscito ad aprirla ancora un poco, forse avrebbe potuto trovare un punto su cui fare leva con più forza.
Le statue erano vicine, e dietro di loro c’erano i quadri di donne, con la Donna in Rosso che voleva sicuramente vendicarsi per quello che le aveva fatto; ma Garry non se ne curava. Non poteva permettersi di distrarsi in quel momento, doveva rimanere concentrato! A un certo punto sentì la porta spostarsi ancora e vide uno spazio abbastanza grande per poterci infilare le dita: senza esitare nemmeno un secondo, ritrasse la spada e mise le dita della mano destra per fare leva, prima che la porta si potesse richiudere. Da lì cominciò a fare forza e riuscì ad aprire la porta. Allargò il varco giusto il necessario per poterci passare. Incredulo di essere passato, Garry si voltò a guardare le statue che lo inseguivano.
<< Ci vediamo, bellezze! >> Esclamò ridendo istericamente. Non si accorse del braccio di una Donna in Verde che si era allungato per afferrare la sua caviglia attraverso la porta. Lanciò un urlo terrorizzato prima di scuotere la gamba con forza per liberarsi e ricacciare la mano della donna nell’altra stanza.
Quando la porta si fu chiusa da sola con un forte tonfo, Garry poté tirare un sospiro di sollievo. Si fermò un attimo e poggiò la schiena alla parete; chiuse gli occhi con aria sofferente e si liberò di tutto lo stress preso in quella stanza. Quando tutta l’aria che aveva immagazzinato nei polmoni fu esaurita, il ragazzo si sentì più leggero, ma cominciò anche a sentire un dolore che sembrava aver ignorato fino a quel momento: le ferite che gli avevano causato le opere nella sala gli facevano male, Garry se ne rendeva conto solo ora.
Non era invincibile, l’adrenalina lo aveva aiutato a superare il dolore fino a quel punto, ma adesso si rendeva conto di quanto fosse pericoloso affrontare le opere della galleria a quel modo, e quanto lui fosse debole rispetto a loro: persino la Donna in Rosso lo aveva mandato al tappeto senza troppi sforzi.
Sentì il sangue colare dai graffi che si era procurato poco prima e le gambe cominciare a reggerlo a fatica; si sarebbe seduto molto volentieri, ma non ne aveva il tempo, quindi si forzò a continuare ad andare.
Forse era la stanchezza a fargli vedere cose che in realtà non c’erano, ma Garry credette di vedere il colore delle pareti cambiare da rosa a nero; il colore rosa era ancora presente negli angoli e in alcuni punti sul pavimento, ma sembrava essere cambiato drasticamente. Garry non riusciva a vedere bene a causa della penombra che si era creata e pensò di camminare in discesa, inoltrandosi sempre di più in una grotta buia e silenziosa.
Prima di finire quella strana discesa trovò un vaso pieno d’acqua: si morse un labbro pensando che se avesse avuto con sé la propria rosa avrebbe potuto guarire usando quel vaso. Decise di non pensarci e continuare ad andare avanti, raggiungendo così il fondo della discesa.
Garry non riusciva a vedere più niente, sembrava essere in uno scantinato buio e silenzioso, era molto inquietante, ma pensò che uno scantinato vero sarebbe stato meno spaventoso… Si guardò a destra e a sinistra per cercare qualcosa che lo potesse aiutare a orientarsi, oppure una strada da prendere, ma c’era solo lui, apparentemente… Gli unici suoni che echeggiavano nel corridoio buio erano i suoi passi e il debole stridore della spada che si trascinava dietro, troppo esausto per poterla sollevare.
Pensò di prendere una strada a sinistra, ma subito dopo si chiese se non fosse a destra; si fermò un istante a ragionare e rischiò di svenire. Che diavolo gli stava succedendo? Era davvero conciato così male? Pensava di potercela fare a camminare, ma quando inciampò su qualcosa per terra non riuscì a trovare la forza per camminare; si tagliò le mani quando cadde a terra, scoprendo di essere circondato da vetri rotti. Pensò di rimanere lì e sperare che le forze tornassero dopo un po’, ma sapeva che non sarebbe stato così, e che se non avesse fatto qualcosa, sarebbe morto lì.
Probabilmente la sua rosa era quasi completamente appassita, e senza cure non avrebbe fatto altro che peggiorare, ma lui  non poteva farci niente: l’aveva persa e non aveva idea di dove si fosse cacciato adesso; era da solo, e nessuno avrebbe mai pensato di aiutarlo in quel posto, anche se fosse passato qualcuno di lì…
E invece, proprio quando stava per arrendersi e chiudere gli occhi, una voce acuta risuonò nella sua mente, esortandolo ad alzarsi.
<< Cosa…? >> Mormorò scuotendo la testa e guardandosi intorno. Non vedeva niente.
Ho detto di toglierti di dosso, babbeo! Suonò seccata la voce, che Garry si rese conto provenisse da sotto di sé. Che cosa c’era sotto di lui? Una cornice rovinata con dentro una tela bruciata, non pensava che potesse essere arte anche quello…
<< Chi… Chi sei? >> Chiese cercando di sollevarsi spingendo con le braccia. Alla fine si arrese e decise di rotolare su un fianco per spostarsi.
Quando si fu tolto di dosso, la voce tornò a parlare. Sei ferito! Sbrigati, se fai quello che ti dico posso aiutarti! Garry non capì bene perché avrebbe dovuto aiutarlo, ma era troppo stanco e confuso per fare tante domande.
<< Sei un’altra bambola…? Hai una voce diversa da quella di prima… >> Borbottò cercando di rialzarsi da terra.
Non importa chi sono io, adesso! Rispose adirata la voce. L’importante è che tu faccia quello che ti dico! Garry pensò che si trattasse di qualcos’altro di una bambola, perché se ne sarebbe accorto. Presto! Prendi quel secchio di vernice. Gli ordinò la voce senza indicargli dove fosse: era molto buio lì dentro e Garry non riusciva a vedere bene. << Dove? >> Chiese con tono stanco. La risposta spazientita della voce fu: Lì! In fondo alla stanza!
Il ragazzo si alzò a fatica e si avvicinò lentamente alla fine della stanza: aveva ragione, c’era un muro. Si chinò per raccogliere un secchio posto lì a terra e lo portò indietro. Prima che potesse fare qualsiasi cosa, la voce lo fermò e gli chiese di che colore si trattasse. << E’ un… Secchio di vernice… Gialla. >> Rispose a tratti, alzando e abbassando la testa più volte.
D’accordo. Versalo piano sulla mia tela… Prima che la voce potesse finire la frase, Garry svuotò sulla tela rovinata tutto il secchio, facendo infuriare la voce.
MA CHE CAVOLO FAI? Urlò facendo male alle tempie del ragazzo.
Garry cercò di giustificare la sua irruenza. << Mi hai detto tu di versare… >>
Ti ho detto piano! Lo interruppe marcando con forza l’ultima parola. Versalo piano!
Garry sospirò stancamente. << Va bene. >> Fece per versare di nuovo la vernice, con cautela questa volta, ma la voce lo fermò.
Che stai facendo? Esclamò preoccupata. A Garry sembrava ovvio.
<< Verso la vernice… >> Ma la voce non sembrava essere d’accordo con lui.
Ne hai messa troppa! Basta così, buttalo via quello! Rispose cercando di fargli fare quello che diceva. A quel punto Garry capì di essere veramente esausto e decise di non contestare: lasciò cadere a terra il secchio di vernice, sporcandosi un po’ i pantaloni, e attese altri ordini dalla voce, senza sapere bene perché stesse facendo tutto quello.
Torna indietro e dimmi che altri colori ci sono lì. Disse con più calma, ma visibilmente irritata. Garry obbedì e tornò alla fine della stanza, dove i suoi piedi incontrarono altri secchi di vernice che prima non aveva notato. Si abbassò su di loro e quando sentì la voce alle proprie spalle chiedergli i colori, strizzò le palpebre per vedere meglio nell’oscurità.
<< C’è… Del rosso e del nero… >> Quando sentì quei colori, la voce si allarmò subito.
Butta via il rosso e prendi il nero. Portalo qui!
Garry annuì pur sapendo di non poter essere visto e, spostato il secchio con la vernice rossa, sollevò lentamente quello nero. Tornò indietro a passi lenti e strascicati, fermandosi davanti alla cornice e aspettando che la voce gli dicesse tutto, questa volta.
Comincia a versare piano il colore, ti dirò io quando fermarti! Si volle assicurare che Garry avesse capito bene, ma il ragazzo cominciò a versare senza preoccuparsi di quello. Andò tutto bene, questa volta, e quando la voce gli ordinò di fermarsi, lui si fermò, sollevando di nuovo il secchio e posandolo a terra.
La voce gli ordinò di tornare indietro e di prendere un secchio di vernice verde. Garry non fece storie e tornò indietro più velocemente di prima, sperando così di poter finire in fretta quel lavoro insensato. Raccolse rapidamente il secchio di vernice verde, rendendosi conto di sentirsi un po’ meglio, e tornò indietro per prendere gli ordini della voce; volendosi sbrigare, il ragazzo si ritrovò a barcollare un po’ a causa del peso del secchio; un po’ di vernice schizzò fuori dal secchio e gli macchiò il cappotto, mentre altre gocce cadevano a terra.
Attento con quella! Mi serve!
<< Scusa, scusa! >> Disse timoroso il ragazzo fermandosi per riacquistare la stabilità. La voce gli ripeté di fare attenzione al suo segnale, ma gli disse anche di essere più generoso con il colore, questa volta. Garry aveva perso un po’ di vernice per strada, ma sperò che bastasse quella che era rimasta nel secchio.
Stop. La voce acuta proveniente dalla cornice lo fermò proprio quando stava per esaurire la vernice; in realtà Garry aveva usato un po’ meno colore di quanto sarebbe servito, temendo di finirlo e di essere rimproverato dalla voce. Ora puoi andare a prendere il bianco e il grigio.
Garry si chiese se sarebbe riuscito a riconoscere la vernice bianca da quella grigia, con quel buio, ma preferì non dirlo alla voce. Si chiese invece cosa ci facessero lì tutti quei secchi pieni di vernice, aspettandosi una risposta dalla voce. Quella però gli intimò solo di sbrigarsi, senza scacciare i suoi dubbi.
<< E che cosa ci fai con tutti questi colori? >> Chiese poi Garry mentre versava una buona quantità di grigio sulla tela.
Tu pensa a mettere i colori giusti e della giusta quantità, al resto ci penso io! Rispose lei sbrigativa. Il ragazzo sentì una enorme pressione su di sé dopo aver sentito quella risposta e smise di versare il colore sulla tela. Che stai facendo? Chiese la voce perplessa quando si rese conto che la vernice non scendeva più.
Garry esitò un po’ prima di parlare. << Sei sicura che non vada bene così? >>
Ti ho detto che ti avverto io quando va bene, continua! Lo rassicurò la voce intimandogli di andare avanti.
Garry non si sentiva affatto sicuro di sé in quel momento, ma pensò che se avesse seguito le indicazioni di quella strana alleata sarebbe andato tutto bene. Così continuò a versare il grigio, e dopo aggiunse una piccola quantità di bianco.
Dopo del grigio e del bianco, la voce lo mandò a prendere il rosa, e dopo aver messo da parte anche quello, Garry dovette procurarsi l’ultimo colore.
Prendi l’azzurro. Mi raccomando, devi essere preciso: basta pochissimo colore per questo, quindi fai attenzione! Per come parlava la voce, sembrava si trattasse di una cosa veramente seria, e questo non aiutò Garry a sentirsi meglio.
Si alzò da terra per andare a prendere l’azzurro; con quel viavai aveva cominciato a sentirsi sempre più affaticato, trasportando secchi di vernice uno più pesante dell’altro; era anche ferito e non sapeva perché stesse facendo tutto quello; il rinvigorimento che aveva sentito qualche minuto prima era sparito. Quando raggiunse il muro che segnava la fine della stanza, il ragazzo avanzò a tastoni per trovare il secchio di vernice azzurra e quando lo trovò cercò di sollevarlo con una mano. Il secchio era più pesante di quanto pensasse e dovette usare due mani per portarlo alla cornice.
D’accordo, adesso fai molta attenzione, appena ti dico di fermarti tu devi tirare su il secchio, non mettere troppa vernice, va bene? La voce si volle assicurare che Garry non combinasse altri guai, ma il ragazzo non prestava attenzione: era troppo stanco, pensava solo a dopo che avrebbe messo la vernice sulla tela. Non guardava dove metteva i piedi e finì per inciampare su un secchio che aveva poggiato lui stesso a terra.
Garry lanciò un urlo di sorpresa, mentre la voce dalla cornice gridò spaventata quando si vide il ragazzone cadergli addosso, con un secchio intero di vernice azzurra che gli schizzava addosso quasi tutto il suo contenuto.
Dopo che il ragazzo si fu schiantato col suolo, sporcandosi tutti i vestiti nella vernice versata da lui, non trovò più le forze di rialzarsi; aveva finito, aveva sbagliato e sapeva che non sarebbe stata una buona cosa, ma non riusciva più a pensare, non era neanche in grado di preoccuparsene… Nonostante le insistenti minacce e i rimproveri della voce, Garry si estraniò completamente dal mondo.
Ma che diavolo fai? Non è così! Togliti di dosso, idiota! Togliti, togliti ho detto! Non è giusto! C’eravamo quasi! Adesso che faccio? Continuò a lamentarsi e a insultare Garry, dicendogli di essere un incompetente e di non riuscire a fare neanche le cose più semplici. Era furiosa e avrebbe voluto che il ragazzo le togliesse di dosso tutta quella vernice in eccesso, ma lui era svenuto, non poteva sentirla, e non gli importava nemmeno.
Sperava solo di potersi risvegliare.
   
 
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