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Autore: Manu75    19/02/2016    2 recensioni
"…e tu, femmina dai capelli chiari e dagli occhi freddi e algidi, nel tuo orgoglio soccomberai…prigioniera in una cella di ghiaccio, né calore, né gioia, né amore…tutti voi sarete condannati…io vi maledico! Black, da questa sera, vorrà dire disgrazia e sofferenza e prigionia…e morte! Così è stato detto, che così accada!"
Quando il dovere e l'orgoglio ti spingono contro il tuo cuore, quando una maledizione incombe con tutto il suo potere, quando i sentimenti infuriano nel petto senza poterli placare, il destino sembra solo una gelida trappola. Narcissa Black lo sa bene.
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Evan Rosier, Lucius Malfoy, Narcissa Malfoy, Severus Piton, Sorelle Black | Coppie: Bellatrix/Voldemort, Lucius/Narcissa, Rodolphus/Bellatrix, Severus/Narcissa, Ted/Andromeda
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra, Più contesti
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Ed eccoci qui, primo capitolo nuovo di zecca ^_^ A tratti riepilogativo, più che altro per me...Grazie a EcateC e a Miss Gold_394 per le loro, graditissime, recensioni. Buona lettura!

 

‘Un gelido destino’  (parte terza - I destini si compiono)

 

Trentacinquesimo capitolo

 

(Cuori senza voce - prima parte)

 

Agosto non si era ancora concluso che Narcissa fece ritorno alla residenza dei Black a Londra, lasciandosi alle spalle Malfoy Manor, Lucius e tutto ciò che quelle settimane le avevano impresso nel cuore. Appena ebbe varcato la soglia di casa si fermò e sospirò lentamente, lasciando che gli occhi si abituassero alla penombra e che la frescura dell’ingresso desse sollievo alla pelle accaldata.
Dorothy le venne incontro, adoperandosi affinché i bagagli della sua amata padroncina venissero portati nella sua stanza e chiacchierando senza posa, cercando di capire come fosse andata la permanenza a casa Malfoy e cosa Narcissa desiderasse mangiare per pranzo. La ragazza dovette raccogliere tutta la propria pazienza e appellarsi a tutto l’affetto che provava per la fedele governante per non risponderle male; capiva che l’anziana donna aveva passato le ultime settimane da sola, in quella casa, con la sola compagnia degli elfi domestici e del grande rimpianto per la sua amata padrona: Druella, la madre di Narcissa scomparsa prematuramente subito dopo il matrimonio di Bellatrix, ma le tempie le pulsavano dolorosamente e la ragazza desiderava solo stendersi e ritrovarsi sola con i propri pensieri.
Emise un lieve sospiro, mormorando di non avere fame e la brava donna si mise subito in allarme - Ma certo! Povera cara, io Vi tengo qui in piedi e Voi siete così pallida e stanca!- il tono della governante era costernato adesso, non più affaccendato - Le faccio preparare subito un bagno e mi occuperò personalmente del Vostro pranzo, un tè leggero e un panino imburrato con un po' di miele…- Narcissa si portò la mano destra alla tempia e mormorò un: - Grazie, salgo in camera mia, il bagno lo farò molto volentieri- e poi si avviò al piano di sopra, in cerca di solitudine e silenzio.

 

Appena giunta sul pianerottolo del piano superiore, sentì una forte oppressione calare su di lei. Ricordava di essere stata in quel punto esatto, quando? Due, tre, quattro anni prima? Secoli forse. Da quell’angolo aveva visto suo padre, Cygnus, uccidere senza pietà un elfo domestico colpevole di aver fatto scappare Andromeda, la maggiore delle sorelle Black, contravvenendo agli ordini del suo padrone.
Gettò uno sguardo alle porte delle camere che si affacciavano su quell'angolo di corridoio, tutte rimaste orfane delle loro proprietarie: la camera di Druella, dove sua madre aveva passato notti solitarie preda di chissà quali demoni e sentimenti morbosi di vendette e cospirazioni.  La camera di Bellatrix dove sua sorella, probabilmente, si era rinchiusa struggendosi per un uomo talmente potente e irraggiungibile da divenire un’ossessione, una droga, un male per la sua anima. La camera di Andromeda, la sua dolce, ribelle, amata sorella, che era sparita nel nulla e li aveva abbandonati per chissà quale destino, per i babbani, secondo Bellatrix.
La sua camera… 'Ed io?' pensò ' in quali pensieri mi perdo nella mia virginale cameretta, io?' sorrise amaramente, si era espressa come avrebbe fatto Evan...o Lucius.
Lucius. I begli occhi grigi di Narcissa si rabbuiarono, come un cielo in tempesta, al pensiero di lui.
Il suo fidanzato non le aveva nemmeno usato la cortesia di andarla a salutare, quella mattina.
Abraxas, il padre di Lucius, le aveva porto delle scuse adducendo ad un impegno improvviso del figlio, ma era sembrato molto seccato per quella scortesia imperdonabile nei confronti della ragazza. Lei aveva sorriso, rassicurandolo sul fatto che il suo fidanzato l’aveva salutata la sera prima e si era già scusato, cosa vera solo in parte ma, del resto, quella mezza verità aveva rasserenato Abraxas e tanto bastava.
In realtà, dopo la visita che avevano fatto a Severus a Spinner’s end e la conseguente gita a Diagon Alley, i rapporti tra Narcissa e Lucius si erano raffreddati di colpo. Nei giorni seguenti lui si era tenuto alla larga e i due ragazzi si erano visti solo a cena, senza per altro rimanere mai da soli.
Ad un certo punto, Narcissa si era chiesta quale significato avesse avuto quella permanenza a Malfoy Manor, quale utilità avesse tratto da quella visita oltre a tenersi lontana dalla sua austera casa londinese dove sua madre era morta.
Le era servita a scoprire che quella stessa madre godeva di una stanza mausoleo dove, il padre di Lucius, si rinchiudeva in adorazione di lei davanti ad un suo ritratto, opera di un artista babbano, da almeno venticinque anni. A tutto questo le era servito vivere a casa dei Malfoy,  oltre a prendersi una cotta per un lontano, fascinoso,  progenitore di Lucius che di nome faceva Draco. Era toccato a lei, questa volta, perdersi in adorazione davanti ad un quadro.
'Suvvia' si rimproverò ironicamente ' Ti è servito anche a capire che, forse, il tuo fidanzamento non è poi così solido come pensavi che, dopotutto, ti tiene più in considerazione Abraxas che Lucius e che, in fondo, sei talmente confusa che non sai più nemmeno tu cosa vuoi' Narcissa era sicura che Lucius avesse percepito quella confusione, e la sua crescente esitazione nei suoi confronti, e una barriera, sottile ma invalicabile, si era eretta tra di loro. 'Eppure eravamo così vicini…'  Narcissa entrò nella sua stanza con in mente il bacio appassionato che si erano scambiati lei e il ragazzo, quando aveva scoperto il quadro di sua madre. Ricordò la sensazione della pelle calda di lui, che aveva avvertito attraverso la camicia; il suo profumo che l’aveva inebriata, i suoi capelli tra le dita, le labbra esigenti e appassionate, le  mani forti, ma insospettabilmente gentili, che l’avevano stretta a sé. Richiuse la porta alle sue spalle sentendo le guance infiammarsi e i sensi risvegliarsi: il ricordo era così vivo e, al tempo stesso, sembrava che quel bacio fosse accaduto in un lontano passato o solo nella sua fantasia. 'Semplicemente' pensò scoraggiata 'é successo prima...prima che andassimo da Severus…' e di nuovo Narcissa sentì il volto infiammarsi, mentre lo stomaco si contraeva dolorosamente. Con uno sforzo enorme ricacciò indietro tutte quelle sensazioni e rammentò le parole che la strana ed inquietante veggente le aveva rivolto a Notturn Alley:  Guardati da un uomo bruno, esso interferirà con la tua serenità, potrebbe toglierti tuo figlio. Un pensiero che diventa ogni giorno più forte, potrebbe anche impedire che il figlio che ti è stato designato venga alla luce…la tua via è quella che tu ben sai…’ Narcissa  si sedette sul bordo del suo letto a baldacchino 'La mia vita è quella che io ben so? Davvero? Io non so più nulla temo. So solo che ho amato Lucius per così tanto tempo che non ricordo nemmeno come è nato questo amore'  la ragazza si abbracciò le braccia nude, rabbrividendo nonostante il caldo ' Lo amo…? Si, certo, lo amo! E’ bello, ricco, purosangue! E’ tutto quello che desidero avere e io lo voglio.  Desidero essere sua e voglio che lui mi ami, così come io amo lui! E’ solo che vorrei mi facesse sentire più importante, che mi desse sicurezza, che mi facesse sentire a casa…' e di nuovo una sensazione di vuoto le si agitò dentro ed un volto emerse dal suo subconscio.
Un volto affilato dominato da un naso aquilino.
Un volto non bello, che scrutava il Mondo da due occhi scuri e bui, due caverne profonde la cui luce fredda contrastava con il nero delle iridi.
Un volto asciutto dall’espressione intelligente, che si apriva in un sorriso sarcastico sulla bocca sottile come la ferita inferta da un affilato pugnale. Un volto amato.
Narcissa si prese la testa tra le mani, angosciata.
Un colpetto battuto sulla porta la riportò al presente e un’elfa domestica le disse, con la sua vocetta stridula, che il bagno caldo era pronto. Narcissa si alzò di scatto, ringraziò e andò ad immergersi nell’ampia vasca, piena di acqua calda e profumata, sperando di ritrovare un poco di lucidità.


Il Ministero della Magia pullulava di maghi e streghe alle prese con dispacci urgenti, riunioni importanti e problemi pressanti. Negli ultimi mesi il lavoro era quintuplicato, creando un grave problema organizzativo e molti dipendenti appartenenti a vari distretti, anche esterni a Londra, erano stati richiamati nella capitale e convogliati temporaneamente negli uffici centrali più oberati di lavoro: “L’Ufficio per la ricerca dei maghi e delle streghe scomparsi” , “L’ufficio per l’uso improprio della magia davanti ai babbani” , “L’ufficio per l’uso improprio dei manufatti babbani” , “L’ufficio per la cooperazione con le forze di giustizia babbana” e il ricostituito solo recentemente, dopo essere stato chiuso per almeno trent’anni, “Ufficio contro i maltrattamenti e la vessazione dei babbani”.
Da qualche mese, infatti, erano stati aperti almeno duemila fascicoli nuovi di zecca in seguito ad un crescendo di segnalazioni su fatti oscuri e sconcertanti. Molti maghi e streghe avevano subìto fermi, interrogatori e persino qualche viaggetto intimidatorio ad Azkaban, ma le informazioni in possesso del Ministero erano ancora vaghe e frammentarie.
Lucius Malfoy aveva stretto contatti con molti personaggi influenti in quel luogo e quindi vederlo aggirarsi nei vari livelli del Ministero non era affatto strano; molti maghi si fermavano a chiacchierare con lui, gli sottoponevano problemi di affari, si sfogavano contro la politica pro-babbana del Ministero, insultavano Albus Silente o gli chiedevano favori. Lui li ascoltava con aria altera, spesso annoiata, alcune volte conciliante o persino complice ma quel giorno se ne stava in un angolo nascosto, in uno dei livelli più bassi, e osservava tutto quell'andirivieni con aria assente, del tutto disinteressato a ciò che gli accadeva intorno.
Aveva concluso un paio di commissioni ma, a dirla tutta, nulla che non avrebbe potuto rimandare ad un altro giorno.  Era uscito al mattino presto da Malfoy Manor, in modo da non incontrare nessuno, e adesso se ne stava là, senza nulla di particolare da fare, se non aspettare una persona per andare a pranzo da qualche parte.
Se ne stava là, per inciso, pensando costantemente ad un’unica cosa, un’unica persona a dire il vero. Pensava ad una ragazza dai capelli biondi e gli occhi color del ghiaccio, una ragazza dal viso squisitamente cesellato e dal corpo giovane e sensuale, la pelle bianca e perfetta...stava pensando a Narcissa e, il suo volto si incupì, ci stava pensando un po' troppo intensamente nelle ultime settimane.

Non faceva che ripensare al suo soggiorno a Malfoy Manor, a cosa avesse significato vederla quasi ogni giorno; osservarla mentre si aggirava per i corridoi della sua casa, sentirla chiacchierare con suo padre rivelando la sua intelligenza ed esibire con naturalezza tutta la sua eleganza e classe innate. Ma, soprattutto, non riusciva a dimenticare la sensazione che aveva provato tenendola tra le braccia e sentendo divampare la passione tra di loro, quella passione che aveva iniziato a bruciargli dentro e che adesso non lo abbandonava più. Fermarsi e allontanarla in quel momento gli aveva richiesto un sacrificio ed uno sforzo immensi, così come gli era costato, nei giorni successivi, non prenderla di nuovo tra le braccia e baciarla ancora e ancora…
- Non vorrei essere quel foglietto di carta per nulla al Mondo!- esclamò una voce alle sue spalle - Spero che tu non lo stia riducendo a brandelli solo perché sono in ritardo: mi conosci da troppo tempo per pensare che io possa arrivare puntuale!-
Lucius si riscosse dai propri pensieri e si voltò, con aria accigliata, a guardare il volto del suo interlocutore - Evan.- mormorò e nella sua voce c’erano irritazione, rassegnazione e preoccupazione - Sei ubriaco fradicio ancora prima di pranzo…-
Il suo amico ridacchiò e gli fece l’occhiolino - Suvvia Lu-Lu, non essere pedante! Esiste un orario adatto per essere ubriachi? - il ragazzo vacillò leggermente e si appoggiò goffamente al braccio di Lucius - Anche tu non sembri tanto sobrio! Hai le occhiaie e il viso più appuntito e antipatico che mai, stavi pensando a qualcosa di sgradevole, ne sono sicuro…- nonostante lo sforzo le parole suonarono più come un “sgraeolenescionoscicuro” e terminarono con un singhiozzo.
- Per Merlino! Sei talmente fuori di te che non ti reggi nemmeno in piedi!- gli sibilò Lucius, furioso - Appoggiati a me e cerchiamo di andarcene senza farci notare troppo, chissà cosa diamine saresti in grado di dire o fare in queste condizioni!-
Evan lo fissò con aria stolida e si limitò ad annuire ma all’improvviso, quando furono nell’atrio principale del Ministero, sembrò rianimarsi e si raddrizzò in tutta la sua altezza cominciando a sventolare la mano energicamente per richiamare l’attenzione di qualcuno. Lucius seguì il suo sguardo e, con orrore, capì che Evan stava salutando allegramente l’Auror Alastor Moody che stava, a sua volta, chiacchierando fittamente con Albus Silente.
Lucius gli abbassò il braccio e lo trascinò letteralmente via, non prima di aver avuto la netta sensazione di avere su di sé lo sguardo penetrante del Preside di Hogwarts.
 

Una volta che furono fuori, i due ragazzi proseguirono a passo spedito lungo i vicoli; Lucius estrasse la bacchetta e creò un incantesimo che li rese invisibili sia ai babbani che alla maggior parte dei maghi e continuò a marciare rapidamente, ignorando le affannose proteste del suo compagno. Dopo dieci minuti si trovarono dinnanzi ad una porta di legno scuro, incastonata in un vecchio magazzino vicino al mercato ittico; una volta lì davanti, il giovane Malfoy mormorò un incantesimo e l’aspetto trasandato del fabbricato si dissolse, facendo comparire un edificio squadrato ed anonimo ma del tutto ordinato e in perfette condizioni.
La porta si aprì con un cigolio sommesso non appena Lucius l’ebbe sfiorata con la bacchetta; il ragazzo lanciò letteralmente dentro Evan e, una volta entrato anche lui, si richiuse la porta alle spalle.

 

-Si può sapere cosa cavolo fai?!- sbottò Rosier, lanciando uno sguardo furibondo al suo amico - Sono praticamente appena uscito di casa, cosa accidenti mi ci riporti a fare?!- ma Lucius ignorò ancora le sue proteste, lo afferrò di nuovo per il braccio e lo trascinò al piano di sopra.
Nonostante fosse più alto e prestante, Evan non riuscì a staccarsi dalla presa d’acciaio di Lucius e non poté evitare che quest’ultimo lo conducesse nella stanza da bagno, lo sbattesse brutalmente nella doccia e aprisse l’acqua fredda, che lo colpì come una pioggia di aghi affilatissimi.
Evan lanciò un urlo e cercò disperatamente di rialzarsi ma continuò a scivolare goffamente e, dopo qualche minuto, si rassegnò e, tra mille imprecazioni, lasciò che l’acqua gelida gli scorresse lungo il corpo inzuppandogli gli abiti e facendogli passare la sbornia.

 

Mezz’ora più tardi Evan, che si era cambiato e aveva indossato qualcosa di asciutto, si presentò in salotto con un asciugamani in testa mentre si strofinava i folti capelli castani, borbottando tra sé e sé.
Lucius gli porse una tazza di tè caldo senza dire una parola e andò a sedersi in una delle poltrone accanto al caminetto, Evan sorseggiò la bevanda e mormorò un ‘ Grazie tesoro mio!’ occhieggiando l’amico da sotto il telo di spugna, con un’aria da monello.
Lucius rimase impassibile e si limitò a lanciare uno sguardo lungo la stanza notando, come sempre, quanto si presentasse spoglia e fredda. Il caminetto in pietra era l’unica nota caratteristica ma era quasi sempre spento, anche in pieno inverno, e le due poltrone consunte, un pendolo che non suonava le ore da tempo immemore ed un tappeto vecchio e smangiato costituivano l’unico arredo. Tuttavia la stanza era molto pulita, in modo quasi maniacale.
Poi posò nuovamente lo sguardo sul suo amico, che aveva drappeggiato negligentemente l’asciugamano su una spalla e stava finendo di sorseggiare il suo tè; il ragazzo finse di non accorgersi del suo sguardo e prese tempo.
- Siamo ridotti a questo?- la voce di Lucius era metallica e strascicata, come sempre - A scappare dal Ministero perché tu non possa combinarne una delle tue e metterci tutti nei guai? Vuoi farti nuovamente punire dal Signore Oscuro?-
Evan gli scoccò uno sguardo e Lucius scorse un brivido di paura negli occhi del ragazzo, ciò fece evaporare la rabbia che provava ma mantenne comunque un atteggiamento freddo e distaccato.
- Se ti ficchi nuovamente nei guai non credo che potrò aiutarti, questa volta! -  lo ammonì, come un padre avrebbe potuto fare con il suo figliolo più discolo.
- E me lo chiami aiuto quello?!- si stupì Evan, con una smorfia di disappunto sul bel volto pallido - Non oso pensare a cosa faresti se volessi mettermi nei guai!- i due ragazzi si guardarono negli occhi e, dopo un attimo, si sorrisero, ma erano due sorrisi tirati e stanchi.
Evan si sedette nella poltrona di fronte al suo amico, passandosi una mano tra i capelli.
- Cercherò di ubriacarmi solo di notte…- mormorò con aria mite - ...e tu mi farai il favore di far tua la piccola Black quanto prima perché stai diventando pesante, nervoso e acido peggio di un Licantropo prima della Luna piena.- il volto di Lucius si incupì subitaneamente e gli occhi chiarissimi mandarono lampi, fece per parlare ma Evan lo prevenne - Non cercare di replicare, mi fai sempre la predica ed è ora che la faccia io a te! Non ridere Lucius, so essere molto assennato anch’io e sono anche il maggiore tra i due, quindi ascoltami!- sollevò la mano per bloccare ogni parola di protesta o derisione di Lucius - Ascoltami amico mio, io non ho speranza, sono un fallito e non riesco a togliermi da questo pantano ma tu, tu dannato biondo schifosamente ricco, hai a portata di mano tutto ciò che vuoi. Soprattutto, sentimi bene, hai la fortuna di essere promesso alla più deliziosa delle fanciulle, un bocconcino prelibato se mi permetti...no, non mi permetti, ok, allora solo una deliziosa fanciulla che, sfortuna sua, sembra amarti e desidera sposarti...- fece una pausa, emettendo un lungo sospiro e chiudendo per un attimo gli occhi - Allora sposala e sii felice, maledetto bastardo, e lasciami crepare come voglio!- le ultime parole esplosero dalla sua bocca come proiettili e, con velocità inaspettata, scattò in piedi e fece comparire dal nulla una bottiglietta che si portò alle labbra e prese a trangugiare avidamente.
Lucius scattò in piedi a propria volta e si lanciò sul suo amico strappandogli la bottiglia dalle mani, con la paura dipinta sul volto.
Un attimo dopo la paura cedette alla rabbia: la bottiglia emanava un forte odore di succo di pomodoro che, unito a timo, miele e peperoncino, rappresentava un potente, ma del tutto  innocuo, anti-sbornia. Lucius, furioso per esserci cascato, sferrò un pugno sul volto del suo amico facendolo volare a terra, dove Evan planò con un tonfo sordo ma senza un lamento.
Vi fu qualche secondo di silenzio, mentre il ragazzo si massaggiava il viso, tenendo lo sguardo fisso su Lucius che cercava di recuperare un contegno senza riuscire, però, a nascondere la sua agitazione.
Passò ancora qualche istante e infine il ragazzo  si decise a porgere la mano al suo amico per aiutarlo a rialzarsi.
Evan vi si aggrappò e si rimise in piedi.
- Tè…- mormorò ridacchiando - Mi offri una tazza di tè? Non sai nulla di sbornie tu, razza di disgraziato! Hai rovinato il mio bel visino…- Lucius aveva il volto tirato e lo guardava senza sorridere - Ti sembra il caso di usare un modo così volgare, così babbano, per colpire qualcuno? Proprio tu, che hai il sangue puro quanto Salazar Serpeverde? Credevo prediligessi la Maledizione Cruciatus, stai perdendo colpi, mi sa! Comunque ti perdono!- ridacchiò ancora Evan, con aria magnanima - Perché so che tutto questo: la doccia gelata, la predica, il pugno...tutto il resto... sono dovuti al grande affetto che hai per me! -

Lucius continuò a tacere e Evan perse la voglia di scherzare.
- Spero che tu sappia dimostrare altrimenti i tuoi sentimenti a Narcissa, amico mio, lo spero con tutto il cuore per te e anche per lei.- parlò con un tono sinceramente addolorato - Credevi davvero che mi sarei tolto la vita qui, davanti a te, con qualche orribile veleno? Hai avuto paura di non riuscire a salvarmi?...Hai avuto tanta paura vero, Lucius?- aggiunse poi, con un tono greve e lanciandogli uno sguardo dolente, chiamandolo per nome come faceva solo di rado - E fai bene ad avere paura amico mio. Se io schiatto tu resti davvero molto solo, lo sai si? - raccolse l’asciugamano che era caduto per terra - La strada la conosci, ci vediamo venerdì- lo congedò così, senza più voltarsi, salendo al piano superiore.
Lucius rimase in piedi, in mezzo alla stanza, ancora per qualche secondo , con la mano che pulsava dolorosamente, e poi lasciò la casa del suo amico.

 

Quando il giovane Malfoy fu uscito, un’ombra scivolò fuori da una stradina laterale e sciolse l’incantesimo di dissimulazione che avvolgeva la casa, per poi entrare a propria volta all’interno.
La figura, alta e snella, era bardata in un pesante mantello nero, decisamente fuori luogo in un’afosa giornata di fine agosto; una volta dentro la casa, la visitatrice sigillò nuovamente l’ingresso e abbassò il cappuccio che le nascondeva il volto.
Un ricciolo di capelli scuri le scivolò sul viso scarno, sfiorando le labbra carnose e rosse ed oscurando, per un attimo, gli occhi neri truccati pesantemente. Bellatrix Lestrange gettò un’occhiata lungo la stanza quadrata, che conosceva bene, e poi salì silenziosamente le scale.

 

FINE TRENTACINQUESIMO CAPITOLO


A presto! ^_^
 
  
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