Libro:
Mirya - Di Carne e di Carta
Personaggi: Ivano; Paula
Note:
questa
storia partecipa al concorso “Forse si”
indetto da Mirya sul suo blog.
***
Ivano non aveva mai apprezzato
particolarmente i maghi: i loro trucchi, i sorrisi forzati o anche
semplicemente il loro modo di vestire, lo avevano sempre reso inquieto.
Per questo, all’età di sei anni, aveva
creato una storia avvincente su come si fosse procurato una scottatura sul
polso per colpa di uno di loro, deciso a rubargli la magia anche a costo di
trasformarsi in un drago e bruciarlo.
« E ci è
riuscito? »
La domanda, posta con ansia, veniva da
una bambina che era appena caduta davanti a lui. Non si era nemmeno reso conto
della sua presenza, troppo occupato a creare quel suo racconto.
Ha
i capelli in fiamme,
pensò sussultando. Dopo quel piccolo incidente con la griglia del padre, aveva
sviluppato un certo timore nei confronti del fuoco e quella strana sensazione
che si era improvvisamente accesa all’altezza del suo stomaco, bruciava come la
paura.
La bambina aspettava ancora la sua
risposta nonostante sembrasse a stento trattenere l’impulso di piangere: il
ginocchio sul quale era caduta era sbucciato e doveva farle molto male.
Ivano allungò di nuovo il polso, così
che la cicatrice fosse ben visibile. « Si, me l’ha rubata. »
The Magician
Era la serata dedicata alla magia.
Non glielo avevano detto i suoi amici
quando gli avevano proposto un’uscita di gruppo in un locale in centro città.
Certo, lui non si era preoccupato troppo di chiedere i dettagli: aveva deciso
che Sara meritava di essere conosciuta
più approfonditamente e niente funzionava meglio di una serata in compagnia per
isolarsi.
Però avrebbero dovuto dirglielo
comunque, ecco.
Mentre osservava il mago far aumentare misteriosamente il numero di palline
presenti nella sua mano, si chiese cosa avrebbe fatto lui se avesse avuto un
po’ di magia in corpo: magari sarebbe andato avanti nel tempo per arrivare
subito al punto focale della serata e perdersi così quello spettacolo. O, forse,
avrebbe ripiegato su qualcosa di meno utile ma comunque soddisfacente come, per
esempio, spingere suo fratello a fare qualcosa di divertente e spontaneo almeno
per una volta nella sua vita.
« Allora, mi
offri da bere? » Sara sembrava essere ben disposta nei suoi confronti e,
con un po’ di fortuna, sarebbe riuscito ad andarsene con lei molto presto.
Era sul punto di rispondere quanto un
leggero scoppio proveniente dal palco lo distrasse: una nebbia densa e bianca
aveva avvolto e fatto sparire una delle giovani assistenti sotto gli sguardi e
gli applausi del pubblico. Allo stesso tempo, un’altra ragazza che non faceva
parte dello spettacolo, era apparsa dalla porta d’entrata.
Erano almeno cinque anni che non la incontrava,
pensò stupito mentre osservava quella giovane e bella donna camminare con
sicurezza nel locale affollato.
Paula.
Non credeva neanche di ricordare il suo
nome, eppure gli era bastato vedere i suoi capelli per far riaffiorare tutto.
Per un attimo, come sempre quando incrociava il suo sguardo, si sentì di nuovo
un bambino di sei anni davanti ad una piccola strega capace di fare una strana
magia con il fuoco, magia così potente da riuscire ad accenderne uno
addirittura dentro di lui.
Però quel bruciare che aveva interpretato come paura quando era più piccolo,
ora assumeva un nome ben diverso. E non era solo quello ad essere diverso:
anche l’intensità era cambiata. Non aveva mai incontrato qualcuno in grado di
farlo sentire così.
Indossava un vestito rosso, come se i
suoi capelli non fossero abbastanza per lei, e aveva uno sguardo divertito mentre
sorrideva nella direzione del suo gruppo.
Quel sorriso, quelle labbra, gli fecero
tornare in mente una sciocca conversazione avuta con suo padre anni e anni fa
e, suo malgrado, si ritrovò a ridere quasi ad alta voce come un pazzo.
« Non capisco perché debbano sempre paragonare i
colori a qualcosa: ultimamente i miei compagni di classe non fanno altro che
dire cose come “Hai
le labbra rosse come le fragole” a tutte
le ragazze che incontrano. »
Ivano
era infastidito mentre ascoltava due attori alla televisione cadere nella
stessa banalità che aveva appena denunciato.
A
dieci anni, non aveva il minimo interessa ad ascoltare i suoi amici parlare
solo di ragazze ed inoltre tutto quel nominare le fragole, gli faceva sempre
venire fame.
« Non sono i colori » disse Renato accennando
un sorriso. « Semplicemente se non paragoni un frutto ad almeno una
parte del corpo di una ragazza, vuol dire che non è abbastanza bella. »
e continuò a ridere anche dopo che sua madre gli ebbe tirato un libro sulla
testa.
A ripensarci adesso, forse suo padre non
aveva neanche tutti i torti. Però ad immaginare cosa avrebbe pensato una
qualsiasi ragazza se avesse espresso ad altra voce il pensiero, o meglio il
frutto, che gli era balzato nella mente, si ritrovò a massaggiarsi la testa
come se Luisa fosse stata effettivamente lì con lo sguardo contrariato e lo
scopo di tirargli una meritata enciclopedia sulla nuca.
« Mi dispiace »
disse rivolgendosi a Sara che stava ancora aspettando una sua risposta. «
Ma non voglio mettermi in mezzo. » e con un cenno del capo indicò un
loro comune amico che non aveva fatto altro che fissarla dall’inizio della
serata.
Probabilmente non era corretto quello
che stava facendo, ma Paula era a due passi da lui e continuava ad avvicinarsi.
Era quasi sul punto di alzarsi e offrirle il suo posto, quando lei lo superò e
andò a sistemarsi dalla parte opposta del tavolo.
Lo aveva completamente ignorato.
Quasi si risentì di quell’atteggiamento:
lui era Ivano Villani e nessuna ragazza lo ignorava dai tempi delle medie
quando, nel giro di un’estate, si era alzato di almeno cinque centimetri e la
voce era diventata più profonda.
Mentre rimuginava contrariato, Paula si
era sistemata su una delle sedie imbottite e aveva cominciato a chiacchierare
del più e del meno. Scoprì che stava ancora studiando ma, nonostante questo,
sembrava ben decisa a lasciarsi la casa dei suoi genitori alle spalle al più
presto.
La capiva: l’indipendenza era una di
quelle cose per cui lui si era battuto da subito. Non appena aveva avuto
risparmi sufficienti, aveva trovato un appartamento e si era trasferito. Certo
non era stato facile nei primi tempi, ma per la libertà di potersi organizzare
le giornate solo in base ai suoi impegni e non a quelli di tutta la sua
famiglia, ne era valsa la pena.
Senza che neanche se ne rendesse conto,
il tempo passò: era così naturale e piacevole ascoltarla che non si degnò
neppure di usare un minimo di discrezione nel farlo.
« La stai
fissando come un maniaco »
… e infatti fu beccato.
Sara lo fissava divertito, sembrava non
essersela presa per il suo rifiuto.
« Vuoi che le
mandi un bigliettino da parte tua? » chiese ridendo.
O forse, rivalutò, aveva deciso di
vendicarsi prendendolo in giro.
Fece una mezza smorfia mentre lei
continuava a sbeffeggiarlo. Okay che probabilmente se lo meritava, ma non era
carino infierire in questo modo su di lui.
Con la coda dell’occhio cercò di capire
se Paula avesse sentito qualcosa, ma sembrava del tutto indifferente a loro
due.
« Non hai
speranze. » Apparentemente il suo rifiuto aveva suscitato un interesse
di tutto altro genere nella sua interlocutrice. Interesse di cui lui avrebbe
fatto volentieri a meno. « Non sei per niente il suo tipo. »
« Perché, che
tipo sono? » appoggiando il gomito sul tavolo, si voltò nella sua
direzione e fece un cenno con la mano per spingerla a parlare.
« Tu sei… tu. »
Prima che potesse anche solo pensare di protestare, lei continuò. «
Avanti, vai da lei. Capirai. »
Incapace di resistere ad una simile
provocazione, si alzò e si diresse verso di lei. Decise che non avrebbe fatto
niente di diverso dal solito, d’altronde fino a quel momento il suo approccio
semplice e diretto non lo aveva mai deluso.
E, tuttavia, mentre si scambiavano i
soliti convenevoli e chiacchiere di circostanza, capì che non avrebbe
funzionato. Lei era lì, con i suoi capelli in fiamme e la sua magia ad
avvolgerla, e lui non avrebbe potuto fare niente per convincerla a passare più tempo
assieme.
« Vuoi bere
qualcosa? » Quando trovò il coraggio di porle la domanda, la serata
stava volgendo a termine e, per sua fortuna, il mago aveva smesso di esibirsi
da almeno mezz’ora. Paula lo guardò e sembrò rifletterci su ma, quando rispose,
Ivano ebbe la conferma che quei secondi di apparente propensione erano stati
esclusivamente a suo beneficio. « No, grazie. »
…
Quando la rivide, fu per puro caso.
Certo, aveva passato un sacco di tempo a
rimuginare su come poterla incontrare senza darle l’impressione di aver
organizzato il tutto nei minimi dettagli, ma alla fine tutti i suoi piani erano
andati in fumo quando aveva realizzato che non conosceva le sue abitudini o i
suoi orari e che quindi non aveva la più pallida idea di dove poterla
incontrare se non sotto casa dei suoi genitori.
Quindi aveva deciso che tutto sommato
non era importante, che non gli interessava davvero passare altro tempo con
lei.
Insomma, era una ragazza come tante
altre, no?!
Così si era limitato a crogiolarsi nelle
sue autoconvinzioni, scattando ogni qual volta sentiva anche solo nominare il
suo nome o vedendo una chioma rossa passargli vicino.
Poi un giorno, mentre stava tornando a
casa, eccola apparire dal nulla davanti a lui. Okay, non proprio dal nulla: per
sua fortuna, lei non era una di quei maghi da strada che si esibivano quasi
ogni sabato per raccogliere qualche spicciolo.
« Paula »
la chiamò e, ancora prima di rendersene conto, era davanti a lei.
Con una borsa sulla spalla e un paio di
pantaloni estivi ovviamente rossi, stava uscendo in quel momento dalla
biblioteca.
Lei sorrise e, per un attimo, la magia
dentro di lui tornò.
L’istante successivo la stava
accompagnando verso la sua macchina.
« Studio qui
tutti i giovedì. Stranamente, è l’unico giorno in cui sono sempre libera; tra
le lezioni e qualche meritata uscita con le amiche, non mi resta molto tempo a
disposizione per questi » e dicendolo, agitò la tracolla evidentemente
piena di libri.
E allora Ivano decise che era destino:
perché lui il giovedì lavorava solo metà giornata e aveva sempre tutto il
pomeriggio a disposizione.
« Allora immagino
ci incontreremo di nuovo: passo da queste parti quasi tutti i giorni »
in realtà non era proprio vero. Quella era la strada più lunga per tornare a
casa e si limitava a percorrerla solo di tanto in tanto, quando decideva di
concedersi una cena a base di cibo cinese nel suo ristorante preferito.
Incoraggiato da quel momento fortunato
si arrischiò a chiedere: « Vuoi andare a bere qualcosa? »
Ma esattamente come l’ultima volta, lei
si limitò a sorridere. « No, grazie. »
…
« Ciao, di nuovo.
»
Il
posto era lo stesso, l’orario anche. Ivano aveva deciso che finché non glielo
avesse detto chiaramente di levarsi di torno, lui avrebbe continuato a
provarci.
Era
convinto che prima o poi sarebbe riuscito a convincerla.
O
almeno, ci sperava.
Così
era diventata un’abitudine: tutti i giovedì si presentava davanti alla
biblioteca nella speranza che il loro saluto non si concludesse come al solito
con un “No, grazie.” da parte sua.
Speranza,
fino a quel momento, vana.
Le
diede un pacchetto di crackers - aveva notato che
Paula fosse sempre provvista di cibo nella borsa per quando finiva di studiare
– e si incamminò con lei.
« Beviamo
qualcosa? »
« No, grazie. »
…
« Di nuovo qui? »
il sopracciglio di lei era alto, quasi quanto le scarpe che portava quel
giorno.
« Sto cercando di
assuefarti alla mia presenza. »
« Di asfissiarmi al massimo. » Ma la
sua risata era serena, non c’era traccia di astio e così lui lo prese come un
incoraggiamento.
« Vuoi,.. »
Ma non ebbe il tempo di finire la frase.
« Scusa, cena con
i parenti. Devo scappare. »
…
La sciarpa che portava quel giorno era
talmente spessa e rossa, da nasconderle quasi completamente il volto.
« Riesci a
respirare là dentro? » La sua era autentica preoccupazione. Gli sembrava
inconcepibile riuscire anche solo a muoversi con tutta quella lana addosso.
« Fa freddo.
Forse non l’hai notato » e così dicendo gli indicò il suo giubbotto di
pelle « Ma è inverno. »
« Lo so, ma non
viviamo in Alaska. » Rispose lentamente, cercando di non ridere.
Sembrava ogni giorno più bella.
Sicuro di riuscire a diventare qualcosa
di più di una chiacchierata una volta a settimana, aveva continuato per mesi a
presentarsi davanti a Paula con il solo risultato che adesso era Ivano a non riuscire più a fare a meno
di lei e non il contrario.
Le porse una merendina e la guardò
combattere una guerra silenziosa contro la sciarpa nel tentativo di abbassarla
a sufficienza da poter mangiare.
Mascherando il suo divertimento con un
mezzo colpo di tosse, si limitò ad aiutarla per godersi la sua espressione
soddisfatta mentre addentava la Fiesta.
…
« Cominci a
preoccuparmi: è già la terza volta che non mi chiedi di uscire. »
Il tono indifferente con cui glielo fece
notare, fece scattare un sorriso di puro piacere sulla faccia di Ivano.
Era stato così indifferente da non essere per niente credibile.
« Hai paura che
abbia perso interesse nei tuoi confronti? » Le lanciò quello sguardo. Di quel genere che uno
può contestarne l’esistenza finché non se lo vede rivolgere.
Le sistemò la borsa sulle spalle e le
fece cenno di precederlo verso la macchina. « Non è così, non
preoccuparti cucciola. »
Lo sguardo a metà tra lo scioccato e il
disgustato che gli rivolse, gli fece capire di aver perso qualche punto.
« Troppo presto? »
chiese ingenuamente.
Troppo
presto.
…
Quando la vide uscire, capì subito che era
stanca. Sapeva che tra pochi giorni avrebbe dovuto sostenere un esame
importante e probabilmente la preoccupazione non l’aveva fatta dormire bene.
Si avvicinò e dopo un saluto veloce, la
alleggerì dal peso dei libri e le sistemò una ciocca di capelli dietro
l’orecchio. Era la prima volta che si permetteva un gesto simile e quasi si
stupì quando non avvertì il calore del fuoco sulle sue dita.
« Ti ho portato
una cioccolata calda. » disse e gliela consegnò.
Sembrava stranamente stupita.
« Va bene. »
Il suo tono di voce era risoluto e Ivano sempre più confuso visto che Paula non
sembrava dell’idea di offrirgli una qualche spiegazione. « Va bene,
vengo a bere qualcosa con te. »
La sua faccia doveva esprimere
chiaramente la sorpresa che provava, perché la ragazza scoppiò a ridere e con
qualcosa di molto simile allo scherno, aggiunse: « Un mio amico si
esibisce in trucchi di magia domani sera. Potremmo andarlo a vedere. »
Ivano non si sognò neanche di
protestare.
…
Erano rannicchiati sotto le coperte e
Ivano non prevedeva di alzarsi per le prossime ore: era domenica e Paula era
così bella in quel momento. Non riusciva a toglierle gli occhi di dosso. La sua
piccola strega aveva preso possesso del letto nella stessa misura in cui si era
appropriata della sua vita: completamente. Era costretto a stare sul bordo,
quasi del tutto senza coperte e i capelli di lei, nonostante fossero sempre
belli e fiammeggianti, non erano altrettanto buoni da mangiare.
Ma non gli importava.
Non si sarebbe mosso per niente al
mondo.
« Alla fine sei
riuscito a riprendertela? La magia che lo Stregone ti aveva rubato? » la
domanda le era uscita con voce assonnata, mentre gli accarezzava la bruciatura
sul polso.
« Forse si. » Rispose divertito dal
fatto che ancora ricordasse quella storiella.
E sentendo la sua risata e quel fuoco
magico accendersi nel petto, all’altezza del cuore, ne ebbe la conferma.