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Autore: themightyginger    21/02/2016    3 recensioni
[Dal testo]:
" D'improvviso, tutta la sorpresa divenne stupore accompagnato da un crescente senso di inquietudine.
La giovane non era vissuta prima d'ora in quel mondo di delinquenza e di pericolo, ma /quel/ nome era maledettamente famoso perfino in Inghilterra, perfino a Londra.
James Flint.
Il terrore dei sette mari.
Il pirata più temuto dalla corona inglese, autore di efferatezze ignominiose.
Un fuorilegge, un bugiardo, un ladro.. un assassino. "
Per tutti gli amanti del mondo pirata, una fanfiction ispirata alla fantastica serie tv prodotta dalla Starz, "Black Sails".
L'avventura di un personaggio originale che intreccerà le proprie vicende con quelle della vita del famigerato porto di Nassau e dei personaggi di ogni genere che vi ruotano attorno.
(Sono presenti riferimenti a scene particolari tratte direttamente dalla serie tv, opportunamente revisionate secondo le esigenze di trama.)
Genere: Avventura, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Slash | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
Capitoli:
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Quel giorno non potè fare altro che sgattaiolare nell'ombra come un ratto. 
Il porto era dannatamente affollato e, se da una parte ciò poteva considerarsi un bene, poiché risultava difficile esser visti, dall'altra si trattava di un ostacolo da non sottovalutare, dal momento che non era affatto facile rendersi conto se si fosse pedinati.
Per tale motivo, la giovane era stata ben accorta nel tenersi nelle vie laterali, stradine secondarie, a debita distanza dal centro di vita nevralgico di Nassau. 
Nonostante la paranoia, sperò che, con un po' di fortuna, gli scagnozzi del Capitano Flint desistessero nel darle la caccia.

Lei, comunque, aveva adottato tutte le precauzioni che le erano state possibili.

Anzitutto, aveva raccolto i lunghi capelli, simili a tentacoli di rame, in una coda di cavallo che aveva poi abilmente nascosto sotto il cappello, in modo che, anche ad occhi attenti, non si notasse spuntare sul collo neanche una singola ciocca.
Si era cambiata gli indumenti; aveva dismesso la camicia color crema in lino grezzo ed aveva indossato una camicia di uno scuro rosso bordeaux -comprata diversi giorni addietro- e sopra di quella, un corsetto in pelle marrone stretto da lunghi lacci in cuoio. 
Aveva nascosto due pugnali nei rispettivi stivali, un terzo sotto il corsetto, mentre aveva relegato le due pistole -rubate nell'armeria di Lawrence- nella borsa di feltro che si trascinava dietro, contenente un paio di calzoni nuovi, la camicia candida appena sfilata, e quel consueto volume vecchio di anni che si era assolutamente rifiutata di abbandonare a Londra. 
Non si sentiva affatto protetta, le pistole sarebbero state molto più efficaci dei coltelli, ma c'era l'eventualità che dovesse scattare e correre da un momento all'altro, e quegli aggeggi -per quanto funzionali- le avrebbero intralciato non poco i movimenti. 
Pregò una qualche entità superiore a caso che gli uomini di Flint non la trovassero mai.

Non si era ancora maledetta abbastanza per essersi intromessa di forza in questioni ben più grandi di lei, che non la concernevano affatto, e si domandò se mai c'era stato qualcuno sopravvissuto dopo aver istigato, seppure involontariamente, James Flint.
Sicura di non voler conoscere la risposta e decisamente contraria a farsi dominare dalla paura, dalla paranoia o da qualsiasi altra facoltà che non fosse la lucidità della ragione, aveva preso in seria considerazione l'idea di imbarcarsi al calar del sole, e di dirigersi lontana da New Providence e dalle mire di un equipaggio di scellerati sanguinari, magari dalle parti di Port Royal o delle coste americane. 
Il problema -perché ce n'era sempre uno- sarebbe stato rimediare una somma di denaro sufficiente per comprarsi un passaggio su un qualche veliero in partenza e il silenzio del capitano che lo governava. 
Per un momento, le era balenato alla mente di rivendersi le informazioni riguardo il tesoro spagnolo e la Urca de Lima, ma qualcosa le suggerì che tale mossa l'avrebbe esposta fin troppo e condotta a morte certa. 
Avrebbero potuto non crederle: senza delle informazioni più precise, senza una maledetta rotta, senza la minima affidabilità. A dire il vero, se non avesse ascoltato il racconto di quella vicenda con le proprie orecchie, non avrebbe ritenuta vera una sola dannatissima parola.
Non le avrebbero creduto, e gli uomini di Flint sarebbero stati messi al corrente di una certa strana ragazza dai capelli scarlatti che se ne andava vagabondando per il porto a raccontare fandonie.
Del resto, una nave leggendaria, una ricchezza ancor più utopica.. chi mai avrebbe prestato ascolto a certi vaneggiamenti? Qualcuno di molto sciocco, probabilmente. 
Eppure Eleanor Guthrie -che sciocca non lo era affatto- ci aveva creduto; aveva fatto domande, certo, ma poi aveva ceduto alle fantasie e ai sogni di grandezza.

E poi c'era stato quel magnifico discorso del capitano Flint. Anche lui aveva sogni di grandezza.
Ma la stranezza era che non li aveva per se stesso, per una sua personale ed egoistica ingordigia, bensì per il bene Nassau e la prosperità dell'isola di New Providence.

Se non avesse tenuto veramente molto alla propria vita, la giovane avrebbe azzardato che, a tormentarle i pensieri, non fosse tanto l'ordine di cattura che Flint aveva comandato nei suoi confronti, ma le parole che gli aveva segretamente -ormai non più così tanto- sentito uscire di bocca.
James Flint, a prestar ascolto a certe storie, incarnava la personificazione del demonio in terra, eppure -per quanto si fosse dimostrato privo di scrupoli nell'ordinare un omicidio- la giovane aveva avuto la percezione di aver ascoltato più le parole e i desideri di un uomo esasperato, forse ai limiti di una tacita disperazione, piuttosto che quelle di un criminale impenitente.
Il capitano era stato molto chiaro. Si era paragonato ad Ulisse, e Ulisse andava cercando pace dopo tanti affanni.. Anche Flint cercava pace, lo aveva asserito con un tono definitivo.   
E lei, cosa andava cercando? 
Evasione, libertà, un luogo a cui appartenere..
Nonostante gli stenti cui era andata incontro, la giovane ammise a se stessa quello che si ostinava a non voler ammettere: Nassau le piaceva. 
Le piaceva il clima, anche se torrido, il mare cristallino, la vivacità, la vita che quel porto sprizzava da ogni granello della sua sabbia bianca.
Stabilirsi lì non le sarebbe dispiaciuto, in fin dei conti. Lontana dal mondo come lo conosceva e al sicuro dal proprio passato..
Con un'improvvisa illuminazione, realizzò che il progetto utopico del capitano Flint era il segno che lei stava aspettando con ansia: la possibilità di ricominciare da capo, di ricominciare a vivere.. A vivere per davvero. 
Si trattava solo di una promessa ai limiti dell'irrealizzabilità, certo, ed anche Scott -il servo di Eleanor Guthrie- non aveva mancato di rimarcarlo, eppure quella promessa dalla mirabile lungimiranza, era molto di più di quanto non le avessero mai offerto il suo vecchio zio Archibald e sua zia Isobel, quella serpe.

Al solo fugace pensiero, la giovane si sentì ribollire lo stomaco di un fuoco divoratore che le avvampò e le montò in petto, incendiandole l'anima. 
Pensò che se avesse avuto, in quel preciso momento, davanti agli occhi quella donna, avrebbe tratto un piacere -quasi estatico- nell'aprirle la gola ed osservare avidamente la vita abbandonare quello sguardo arcigno.

Espirò rumorosamente, scuotendo il capo. Il suo temperamento era sempre stato impulsivo, ma quella rabbia con cui nutriva il suo cuore ferito ormai da anni, stava incominciando a preoccuparla sul serio. C'era qualcosa di oscuro, di selvaggio, qualcosa che l'avrebbe potuta spingere ad eccessi di cui nemmeno lei aveva idea.. Un istinto che, se avesse preso il sopravvento, non era sicura sarebbe riuscita a tenere a bada.
Non poteva farci niente, però. 
Isobel le aveva rovinato la vita, aveva distrutto tutto ciò che le era più caro quando era ancora soltanto una bambina innocente.
A confronto, James Flint le parve un arcangelo investito di un'aura divina.
Quel pirata aveva degli ideali, delle ambizioni moderne, una mente brillante; forse, la crudeltà che il suo ruolo gli imponeva, la giovane poteva addirittura comprenderla. Ma ciò che non poteva -e non voleva- comprendere erano le ragioni di Isobel Fisher, quei suoi meschini doppi fini.. 
Il /vero/ mostro era la donna che le aveva portato via tutto. 
James Flint, invece, le avrebbe incosapevolmente potuto restituire una vita.

Per la prima volta, dopo tanto tempo, la giovane scelse di credere in qualcosa e -finalmente- capì cosa avrebbe dovuto fare.

[…]

Al calar del sole, il molo somigliava all'anticamera della morte. 
Fiaccole tremolavano ad ogni angolo, ad ogni attracco, come ad indicare, a qualsivoglia viandante che avesse la briga di avventurarsi per la lunga palafitta, il cammino da seguire per un altro mondo. Marinai e mozzi si affaccendavano ad attorcigliare lunghi vimini o a rifornire le scorte alimentari per il proprio equipaggio, mentre qualche mercante era intento a controllare che le merci da esportare fossero state caricate nelle stive con criterio.
La giovane, guidata da una certa circospezione, si guardò attorno, studiando i vascelli ormeggiati come giganti assopiti. 
Le era venuta in mente una possibile buona trovata circa il da farsi, ma aveva valutato l'occorrenza di prendere scrupolose misure precauzionali, così si era decisa di cercare una nave prossima per la partenza, nel caso le fosse servita. 
Non possedeva soldi per pagare, ma aveva sfilato un anello ornato di un grosso topazio luminescente -un frammento di un qualche bottino depredato- dal dito di un povero disgraziato addormentato ad un angolo della strada, emanante un forte puzzo di rum; non l'aveva potuto rivendere per timore che qualcuno potesse riconoscerlo e risalire al proprietario, e di conseguenza rintracciare lei, la ladra, ma confidava che quel monile potesse essere gradito ad un qualche capitano prossimo a lasciare Nassau.
Se anche poi tale capitano avesse fatto ritorno, e qualcuno -l'ubriaco, magari- avesse riconosciuto il proprio gioiello, lei sarebbe stata ormai ben lontana dalle coste di New Providence.

Si rigirò l'anello tra le mani, mentre osservava le navi con minuziosa attenzione. Alcune parevano essere appesantite dai carichi più disparati, la chiglia completamente sommersa dalle acque scure, altre invece sembravano trovarsi in fase di preparazione, ma non per un'imminente traversata. 
Camminò, lenta, per minuti interminabili, poi finamente trovò ciò per cui era venuta.
Un uomo vecchio se ne stava seduto -ingobbito dagli anni- su un rudimentale sgabello, forse da lui stesso intagliato, a scrutare con infinita pazienza ogni singola faccenda di cui il molo fosse testimone. 
Da quanto aveva appreso la giovane, quel vecchio era soprannominato Il Corvo. Ed era stato il nostromo di una grossa galea pirata e -oramai non più in forze per una vita tanto dura- si era ritirato sulla terraferma, trascorrendo le giornate come inchiodato su quella seggiola, neanche fosse una vecchia colonna portante. 
Gli uomini lo consideravano come parte integrante del molo e ne ridevano quasi di tenerezza, augurandosi di non incappare mai in una fine di quella sorta.
La giovane interruppe la propria marcia e ripose l'anello col topazio al sicuro, nella borsa; poi, ostentando un atteggiamento disinvolto, si affiancò al Corvo e si inginocchiò a terra, accanto a lui.

«Salve, sir.» lo salutò, senza slacciarsi in larghi sorrisi «serata movimentata, eh?» stranamente, quella sera, il molo -in realtà- non era poi così affollato.

Il Corvo non rispose e continuò a guardare dritto, come se nemmeno avesse notato una presenza oltre la propria.

«Sapete, in giro si dice che voi siate le orecchie e gli occhi di questo porto» la giovane indicò attorno a sé con un gesto del braccio «che conosciate ogni singola nave e che sappiate perfino quante volte gli uomini si calino le braghe per pisciare.»

Il silenzio che seguì le parve incombere, quasi pesare, sulle proprie spalle. 
Si trattenne dallo sbuffare, sebbene fosse conscia di non avere il tempo del mondo a propria disposizione per crogiolarsi con stupidi giochetti di ostinazione: quella notte aveva da fare e doveva affrettarsi.

«Si dice anche che Davy Jones vi abbia strappato via la lingua perché anni fa gli avete mentito, ma--»

«Chi cazzo sei?» il Corvo gracchiò proprio come un corvo.

«--Ma io scommetto che le cose non siano andate esattamente così.» la giovane terminò la frase sorridendo, lieta di aver attirato l'attenzione del vecchio nostromo.

«Solo un'umile serva, sir. Porto un messaggio da parte di Eleanor Guthrie per un certo capitano Harrigale, solo che non ho idea di chi diamine sia. Voi, senza alcun dubbio, lo conoscerete..»

«Mh..» il Corvo mugugnò come se stesse valutando le sue parole, pensoso «non mi ricordo di nessun fottuto capitano Harrigale!» 
Il vecchio alzò d'improvviso il tono della voce, avvinazzando l'aria con un fiato fetido.

«D'accordo, ma saprete di certo indicarmi i nomi di tutte queste navi che vedo, insomma.. Mi capite? Il messaggio è molto importante e la signora Guthrie non è una donna a cui piace attendere a lungo una risposta.» la giovane si martoriò il labbro inferiore, pregando che quell'uomo incartapecorito abboccasse alla sua esca.

«Perché cazzo non è venuta di persona, eh?!»

La giovane si sforzò di sorridere, accomodante.

«Vedete, sir, per certi particolari lavori, la signora dell'isola incarica persone come me

Il Corvo fece cadere l'occhio su una fibia dello stivale che la giovane si era curata di abbassare, svelando l'elsa di un pugnale dalla lama lunga. S'irrigidì a vista d'occhio e cercò di raddrizzare la propria gobba, quasi per restituirsi un contegno- il contegno di un uomo di mare.
Non replicò nulla, piuttosto serrò la mascella e rivolse alla sua interlocutrice uno sguardo risentito, quasi altezzoso.

«Bene. Ora che abbiamo messo le cose in chiaro, mio buon amico, credo che potremo giocare ad armi pari.»

Il vecchio Corvo ghignò sprezzante, scoprendo due file di denti guasti.

«Armi pari? Tu hai un cazzo di coltello nello stivale!»

«Già, e so usarlo piuttosto bene.» la giovane mentì.
L'unico coltello che avesse mai usato durante la propria vita, era stato quello per tagliare l'arrosto di carne servito durante la cena; ma questo, il Corvo, non poteva saperlo.

«Adesso, io ho bisogno di informazioni e voi me le darete. Oppure, mi curerò personalmente di portare a termine quello che Davy Jones, evidentemente, non ha potuto.»

Il Corvo sgranò gli occhi, inorridito e sdegnato per il trattamento ricevuto.

«Costerà. I miei servizi costano caro.»

«La vostra lingua vi pare sia cara abbastanza?» la giovane interpose una pausa per permettere che il timore di eventuali ritorsioni si impossessasse del vecchio nostromo.
«Perché è di questo che vivete, dico bene? È questo che vi impedisce di marcire dentro una bettola qualsiasi, non è così?
Osservate e riferite al miglior offerente. Ditemi, vecchio, quale valore credete che abbia una spia senza una voce?»

«Fottiti, lurida troia!» il Corvo sputò a terra un grumo pastoso di saliva e muco, in un gesto di mero disprezzo.

La giovane incassò sorridendo, compiacendosi dell'insulto e di aver finalmente trovato una valido pretesto per sfoderare il pugnale. Lo puntò dritto sulle costole del marinaio, e sotto la punta della lama, potè chiaramente percepire la carne, ormai avvizzita, palpitare per l'agitazione.

«Forse non mi sono spiegata a dovere, vecchio» la giovane premette la punta del coltello più a fondo, senza penetrare la carne, ma in modo che il solo pensiero tormentasse la sua vittima.

«Il mio lavoro è quello di aprire gli stronzi come te dalla testa alle palle. E quando lo faccio, mi assicuro che il dolore venga sofferto per bene-- adesso, da bravo galantuomo, perché non mi indicate ogni singola nave di questo porto e mi dite chi la governa?»

Con un movimento repentino della mano libera, la giovane estrasse un secondo coltello, più piccolo, e lo puntò alla gola del vecchio nostromo dalla pelle grinzosa e bruciata da tanti anni trascorsi sotto il sole più selvaggio.
Il Corvo, nell'estremo tentativo di non farsela nelle braghe, distese un braccio tremante verso l'orizzonte, additando due vascelli.

«Quelle..» deglutì, come per farsi coraggio «quelle sono la Reina Moray del capitano Gonzaléz e la Lady Joanna del capitano Ostricht, i carichi sono di tabacco e spezie dalle Indie.»

La giovane annuì, passando velocemente in rassegna due grosse galee.

«Continuate.»

«La Major Glory del capitano Stanley, la Bloody Mary dello Scozzese e più avanti, beh--»

«Beh, cosa?»

«Per i sette mari! Quella è la Ranger di Charles Vane-- la conoscono pure i poppanti!»

Una brigantino di dimensioni più modeste, ma dall'aspetto guerresco, dondolava -cullato dalle onde- poco più avanti, seminascosto dalla mole imponente della Bloody Mary.
Naturalmente, la giovane conosceva Charles Vane di fama e di vista, giacché era solito trascorrere più tempo sull'isola e nelle stanze di Eleanor Guthrie che nelle stive della propria nave; qualcuno diceva che tra i due c'era del tenero, ma da che frequentava la locanda, lei li aveva solo sentiti litigare come bambini intestarditi.
Nonostante tutto, Vane era un pirata formidabile, temuto e rispettato da ogni uomo che avesse mai messo piede sul ponte di un veliero.

«Cosa mi dite delle altre?» la giovane addolcì il tono, ma non mancò di rinsaldare la presa sulla gola del vecchio Corvo, affinché non dimenticasse di essere sotto scacco.

«Fottiti, io non ti dico proprio più niente!»

La giovane sferrò un leggero colpo di lama sul collo del nostromo ed un esile rigagnolo di sangue cominciò a colare imbrattando gli indumenti stracciati dell'uomo, già lerci anzitempo. 

«Prova a gridare e ti scanno come un maiale.»

Il Corvo rantolò, un lamento gutturale e disperato, ma non osò dar suono ad un grido vero e proprio.
La giovane si guardò rapidamente attorno, appurandosi che il Corvo, con quel suo gracchiare, non avesse attirato l'attenzione di nessuno.
Tutto sembrava immobile, ma non si sentì affatto sicura.

«Quella laggiù» indicò, con un cenno del capo, un vascello ormeggiato in solitario «la nave vicina alla scogliera..»

Il vecchio Corvo si fece sfuggire un'allegra risata.

«Così è quella che ti interessa, eh? Il terrore di tutti i mari, la Walrus!»

La giovane scrutò nella coltre notturna, annuendo impercettibilmente. 
«Chi la governa?»

«Chi la governa?! Che Nettuno ci affoghi, l'unico uomo in grado di poterla governare, l'incubo di ogni cazzo di marinaio..!»

«Flint» la giovane sussurrò quel nome più a se stessa che al vecchio nostromo, scoprendosi di nutrire un timore quasi reverenziale. 
«È in partenza?»

«Se è in partenza? Cazzo, no! Non lo vedi com'è distante? Gli uomini l'hanno ormeggiata laggiù per il carenaggio..»

«Il carenaggio?»

«Sissignore! La svuotano -oh, se la svuotano! La svuotano come un pesce con la lisca--»

«Ci vorrà del tempo, immagino.»

«Beh, mettiamola così» il Corvo si voltò di tre quarti e il suo alito acre si diffuse nell'aria ancora una volta «il capitano Flint avrà tutto il tempo per scoparsi ogni puttana del porto due volte.»

La giovane arricciò il naso; chissà perché, non le era parso che James Flint fosse interessato poi così tanto a trascorrere il proprio tempo con i calzoni calati, eppure la sola immagine la disturbò non poco.

«Sto cercando un cuoco, un certo Silver.» cambiò discorso, nel tentativo di porre fine a quel colloquio prima d'essere notata.

«Silver..» il Corvo socchiuse gli occhi, come se quel gesto potesse infondergli la cognizione di una scienza superiore.

«Un tipo vivace. Riccioli neri e sorriso da malandrino.. Si aggira spesso da queste parti.»

Il vecchio marinaio annuì, quasi con cipiglio solenne.

«È qui da poco, uno dei nuovi arrivati. Il nuovo cuoco proprio della Walrus.»

«Della Walrus?» la giovane allentò la stretta sul nostromo per qualche istante, scossa dallo stupore.

«Quel bastardo mi ha fregato la mia bottiglia di rum! Ah! Che Nettuno lo affoghi...!»

«Dove lo trovo? Avanti, parlate!»

«Lo aprirai dalla testa alle palle?»

La giovane schiuse le labbra, come a voler replicare qualcosa, ma la risposta tardò ad arrivare.

«Beh..» le tornò alla mente l'irritante impertinenza di John Silver «le probabilità sono molto buone.»

Il Corvo sputò nuovamente a terra, poco lontano da uno degli stivali della ragazza.

«Fanculo! Lo voglio crepato, quel bastardo, mi ha fregato il mio rum..!»

«Non mi interessa del rum, voglio sapere dove posso trovarlo. Voi lo sapete, è così?»

«Come cazzo faccio a saperlo?! Io me ne sto qui, per i fatti miei.. Dove se ne va il bastardo Silver, non mi importa--»

«Ma importa a me» la giovane nascose una smorfia di fastidio; la sabbia si era fatta dura come il marmo italiano, le ginocchia le dolevano a morte.. cominciò a credere che di quel passo, entro l'alba, avrebbe /davvero/ ucciso qualcuno. 
«Ditemi dove lo posso trovare.»

«Oh, al bordello, magari lì..»

«Non posso andare al bordello e trascinarlo fuori dalle camere, le puttane non mi faranno entrare--»

«Ma il bastardo Silver non va là per le scopate!»

La giovane corrucciò la fronte:
«E allora perchè ci va?»

Il Corvo sorrise con quella sua dentatura compromessa, più simile ad una maschera grottesca che ad un uomo.

«Queste vecchie orecchie l'hanno sentito, oh sì!»

«Cosa? Cos'hanno sentito?»

«Quel bastardo di un cuoco ha per le mani un affare, uno di quelli grossi.»

«Che tipo di affare?»

«Cazzo, non lo so! Questo non lo ha detto! Però-- però, lo diceva a Jack Rackham.»

La giovane conosceva il pirata per sentito dire, ma non ricordava d'averlo mai incontrato.

«Il quartiermastro di Charles Vane?» chiese conferma, titubante.

«Proprio lui! Sta attaccato al culo di Vane come la mascella di un cane fa con l'osso.»

La giovane stava per porre al vecchio nostromo delle ulteriori domande -aveva il sospetto che quell'imbroglione sapesse molto di più di quanto non dicesse- ma un cospicuo gruppo di uomini si fece largo sul molo, vociando in tutta allegria. Forse, una ciurma di ritorno alla propria nave.
Colta dal timore, rinfoderò i coltelli ed estrasse una bottiglia scura dalla borsa di feltro.
La porse al vecchio Corvo e si sollevò nuovamente in piedi, le ginocchia che le scrocchiarono, sofferenti.

«Tenete e vedete di scolarvela prima che qualcuno ve la rubi!» all'uomo ubriaco addormentato poco lontano dalla locanda della Guthrie, non aveva sottratto soltanto l'anello.

Aveva, inoltre, successivamente colto alcuni papaveri in una zona campagnola verso l'entroterra dell'isola ed aveva spremuto i petali, versandone il succo viscoso ricavato, all'interno della bottiglia di rum.
La speranza nutrita era che una sbornia ed un sonnifero, per quanto grezzo, facessero cadere nell'oblio della dimenticanza il vecchio Corvo, al seguito della loro conversazione poco convenzionale.
Attese di vedere l'uomo tracannare il liquore, per poi girare i tacchi e risalire il molo e la spiaggia, diretta verso le vie interne del porto.
Prima di sparire dalla portata d'orecchio, udì il vecchio marinaio ridere sguaiatamente e gridare la medesima frase a ripetizione, come fosse un versetto sacro:

«Fanculo, Davy Jones! La mia lingua non te la sei presa, yo-oh!»


***


Al suo interno, il bordello era squisitamente sovraffollato e decisamente più soffocante di quanto non apparisse dal di fuori.
Lo si poteva intuire giusto dalla confusione, giacchè fitti filamenti di nebbiosi fumi incensati aleggiavano nell'aria come spiritelli incalliti, offuscando la vista ed ovattando i restanti sensi. In aiuto, i più disparati aromi contrastavano aspramente tra loro, finendo per ridursi ad una disgustosa mistura nauseante di tipiche fragranze floreali delle Indie, profumi francesi d'importazione, con cui le puttane erano solite imbellettarsi, sudore di marinaio e il solito, immancabile, rum.
La giovane prese un profondo respiro, e si infilò -per coprire il corsetto e qualsiasi indizio circa il proprio sesso- la camicia di lino candido, acquisendo un aspetto vagamente più mascolino.
Si portò le mani alla fronte per ricacciare indietro i primi ciuffi ribelli che tentavano di liberarsi dalla morsa del cappello di tela che aveva avuto cura di non sfilarsi, nemmeno per un singolo istante, da che aveva udito la voce ferrea di James Flint ordinare ai suoi cani sciolti di braccarla come un animale ferito.
Mosse pochi passi, sfiorando un morbido tendaggio di un intenso color carminio, come sangue pisto, immettendosi quindi in un ambiente disseminato di tavoli ricoperti di tovaglie candide destinate ad ogni genere di attività, fuorchè a quella ordinaria di consumare pasti; ma dopotutto, un bordello non era una locanda. 
Adocchiò un tavolo situato in un angolo estremo del locale, e pensò bene di affrettarsi ad occuparlo; se non altro, per non restare più tempo del necessario in piedi nel bel mezzo dell'atrio, attirando sguardi indiscreti e non desiderati. Non era mai entrata in una casa del piacere in vita sua e non aveva idea di come, di norma, fosse uso di comportarsi, nonostante non le fosse poi così difficile da immaginare.
Si concesse qualche attimo per guardarsi intorno e studiare la situazione, nel tentativo di adeguarsi all'evenienza.
Lo scenario era più o meno unanime: uomini di mare -pirati o mercanti che fossero- se ne stavano placidamente seduti nelle pose più scomposte, occupando tavoli piuttosto ravvicinati tra loro, con una coppa ricolma di vino o di rum in una mano e una ragazza a cavalcioni sulle ginocchia da palpeggiare con l'altra.
Alcuni uomini dall'aspetto pingue e il volto rubicondo si intrattenevano con più ragazze contemporaneamente, non perchè particolarmente fortunati o particolarmente abili, ma perchè particolarmente ricchi.
Era il denaro, soltanto quello, ad attirare le puttane tra le grinfie di quei depravati come uno sciame di api sulla morbida corolla di fiori dai colori vividi. 
Ed in effetti, anche le puttane sapevano come succhiar via un prezioso nettare dorato e sonante dalle tasche dei galantuomini che cadevano vittime sotto il giogo della lussuria, e che, proprio come fiori, al termine dei giochi, solevano ritrovarsi con i pistilli sensibilmente più leggeri.
La giovane distolse rapidamente l'attenzione da alcune scene di discutibile gusto, sforzandosi di non scomporsi o tradirsi, anche solo per un leggero battito di ciglia. 
Per sua fortuna, nessuno degli uomini si trovava in quel circolo per badare a lei, giacchè qualsiasi compito o dovere o ordine di cattura impartito loro, veniva dimenticato almeno sino alla mattina successiva. Non volle illudersi di essere al sicuro per qualche ora, ma non potè fare a meno di crogiolarsi in quel gradevole senso di tranquillità che le stava diventando oramai sconosciuto. 
Si calò la visiera del cappello sulla fronte, in maniera che il proprio sguardo potesse vagare indisturbato per la sala, alla ricerca della figura sbarazzina e riccioluta di John Silver. 
Il Corvo aveva detto che il cuoco non frequentava il bordello per usufruirne nel suo scopo più consueto, ma per sfruttarne la discrezione- se poi si poteva parlare di discrezione in un luogo tempestato dalle urla di invasati, gemiti ambigui e risate sguaiate. Ma forse, era proprio quel selvaggio e liberatorio sfogo che poteva distogliere qualsiasi tipo di sgradita attenzione, al punto da non consentire ad anima viva di prestare il minimo riguardo a null'altro se non all'appagamento del proprio desiderio personale. 
Quel Silver, c'era da ammetterlo, si era dimostrato maledettamente scaltro.
La giovane, come si era aspettata, non l'aveva scorto seduto a nessuno di quei tavoli, così aveva lentamente rivolto le proprie occhiate scrutatrici alla balconata in legno chiaro che sporgeva dal piano superiore, il piano destinato alle camere da letto. Ipotizzò che il cuoco si trovasse all'interno di una di quelle, intento chissà a concludere quale importante trattativa.
Quando lo aveva conosciuto, non le era parso quel tipo di persona in grado di offrire grandi possibilità, ma forse quell'impudente dagli occhi vispi era meno sprovveduto di quanto volesse apparire.

" Tutto quello che succede su questa spiaggia è importante."

Le riaffiorarono alla mente quelle parole che Silver aveva pronunciato con un'estrema distrazione, quasi inconsciamente, quella stessa mattina; parole che le fluttuavano nella testa insistenti come un pensiero voluttuoso. 
Le aveva sentite risuonare anche quando aveva osservato gli uomini di Flint entrare nella locanda di Eleanor Guthrie...
Poco ci mancò che fosse scossa da un vero e proprio sussulto, come se una lama affilata le avesse improvvisamente premuto sulla schiena. 
Lasciando che i pensieri scorressero fluidi come le note di un'aria sullo spartito, non le fu troppo difficile mettere insieme i tasselli di quell'enigma. 
In quei giorni, a Nassau era stato introdotto un oggetto di ineguagliabile valore: cinque milioni di dollari spagnoli, a voler essere precisi. 
Il capitano Flint aveva parlato di una rotta di un rilievo cruciale, la rotta per raggiungere quel galeone iberico così irrintracciabile da esser quasi creduto una leggenda. Ma Flint aveva omesso di non avere tale rotta per le mani. C'era voluto l'arrivo del suo braccio destro-- Gates, il pirata calvo e traccagno con un bizzarro tatuaggio sulla nuca; aveva riferito qualcosa al suo capitano, qualcosa riguardo il compratore. Erano stati fatti dei nomi, uno era quello di Charles Vane, ma la giovane non ricordava altro, poichè non era riuscita ad udire con chiarezza l'intero discorso; la risposta di Flint, però, era stata cristallina: "la stiamo recuperando."
Ad un tratto, il quadro le si presentò ridicolamente semplice, di una logica quasi sconcertante, e la rivelazione la portò a compiere il gesto istintivo di tapparsi la bocca, quasi a volersi impedire di esclamare qualcosa a sproposito.
La rotta era a Nassau, ma non già tra le grinfie di James Flint. 
Silver stava conducendo un affare, "uno di quelli grossi", e -a giudicare dal bisogno di assoluta riservatezza e da quel suo comportamento estremamente circospetto- la giovane non credeva di sbagliare a pensare che il cuoco, il cuoco della Walrus, stesse disperatamente cercando di rivendere quel documento del quale era venuto in possesso-probabilmente rubandolo- al capitano Vane che, da come lei aveva avuto modo di apprendere nei giorni passati, rivestiva il ruolo dello storico rivale di Flint. 
I due si combattevano la supremazia sull'isola, e forse anche sui sette mari, anche se sarebbe stato ben più corretto sostenere che fosse Charles Vane a star combattendo per una causa persa e irrealizzabile. 
James Flint non era di certo famoso per la condivisione del potere, nè per la generosità, se non quella con la quale era solito elargire la morte; in molti sostenevano che avesse venduto la propria anima al diavolo e che non potesse venir ucciso, ma l'ipotesi non si presentava come granchè plausibile, giacchè per potersi vendere l'anima, bisognava anzitutto possederne una. 
Tuttavia, John Silver possedeva la rotta e la rotta possedeva quel potere che avrebbe permesso a Charles Vane di schiacciare ed annichilire Flint una volta per sempre. 
Il vecchio Corvo, giù al molo, aveva asserito di aver visto Silver confabulare con Jack Rackham, il secondo di Vane. 
Niente, nella mente della giovane, lasciava più spazio a dubbio alcuno.
L'unica incertezza forse ancora lecita, poteva riguardare l'esistenza di tale preziosa rotta, se non fosse stato che lei aveva avuto modo -inconsapevolmente- di poterla vedere.
Ricordava nitidamente quell'oggetto dalla forma allungata spuntare dalla tasca interna della giacca di John Silver; all'impatto, lei l'aveva scambiato per l'elsa di un pugnale, e solo quando il cuoco aveva cercato nasconderle quella vista, aveva realizzato trattarsi soltanto di un'innocua pergamena.
Innocua.. Fino a quel momento, almeno.

Un tonfo sordo la risvegliò da quello stato di profonda indagine deduttiva, riportandola ai fumi dell'incenso e alle oscenità che le si stavano consumando di fronte gli occhi assenti.
Una donna poco più grande di lei, parzialmente vestita, aveva raggiunto il suo intimo tavolino e le aveva offerto una coppa contenente uno scuro liquido denso; dall'odore, pareva trattarsi di vino sul punto di tramutarsi in aceto mescolato con del miele.
La giovane si limitò a fissare il calice non eccessivamente pulito, ma non osò muovere un singolo muscolo. 
La puttana afferrò una sedia, una delle poche rimaste libere, le si accomodò di fronte e le sorrise, adottando un cipiglio cortese. Una lunga treccia fulva le contornava un viso imbellettato dalla porpora dai tratti piacevoli e le labbra carnose e piene. Portò le mani curate sul ripiano del tavolo, ogni gesto dettato da un finto trasporto, ormai un mero automatismo del mestiere.

«Come posso risollevare il morale di un misterioso avventuriero?» domandò con la voce vellutata di una ninfa.

La giovane s'irrigidì, interdetta circa la propria possibilità di replica. Parole confuse le si affollarono alla mente, ma non una frase di senso compiuto prese forma sulle sue labbra. Si limitò ad alzare lentamente il capo, sforzandosi di mantenere un'espressione imperscrutabile. 
La puttana bionda non riuscì a frenare la sorpresa iniziale, ma fu brava a non scomporsi; di sicuro, anche quello doveva essere un comportamento dettato dall'esperienza. 
La giovane era certa che, quella donna, si fosse dovuta imporre di mantenere un contegno dignitoso di fronte a colpi d'occhio ben peggiori rispetto a quello di una ragazza abbigliata come un uomo.

«Oh, non sei uno dei clienti-- non uno di quelli che si vedono di solito da queste parti!» la puttana ostentò un sorriso che, però, risultò un poco rigido «ma non temere, abbiamo ragazze che possono soddisfare ogni tua voglia. Alcune di loro sono ancora libere. Posso andare a chiamarle, tu, nel mentre, puoi accomodarti al piano di sopra--»

«Come ti chiami?» la giovane fu lesta ad impedire che la prostituta si alzasse, ma si curò di mantenere una certa calma nel tono della voce.

«Charlotte, mia... cara.» 

La giovane si curvò col busto in avanti, avvicinandosi maggiormente al piano del tavolo, vi poggiò i gomiti sopra e scansò, senza troppa cortesia, la coppa di vino il cui odore le stava dando la nausea.

«Va bene, Charlotte. Posso chiamarti Charlotte?» quando la puttana annuì, la giovane riprese a parlare con sistematica flemma, come se avesse a che fare con una bambina in tenera età «non serve che tu vada a chiamare nessuna delle tue amiche, tu andrai benissimo.»

«Ecco, io--» una vena di incertezza e di insicurezza colorò la voce suadente della donna dalla treccia bionda, mentre le sue guance si fecero violentemente più purpuree.

La giovane dovette trattenere lo stupore, eppure non potè fare a meno di riflettere su quanto una prostituta capace di arrossire potesse rivelarsi una stranezza rara.
«Tu cosa? Sei libera, o sbaglio?»

«N-Non sbagli, ma--»

«Ascolta, Charlotte» la giovane puntò il proprio sguardo di un insolito scuro verde smeraldo in quello celeste della prostituta, come a volerla rassicurare «non sono qui per nessun tipo di prestazione, se è questo che temi.»

Charlotte sembrò tirare un sospiro di sollievo, per quanto la giovane ritenesse che sarebbe stata una cliente molto migliore in confronto a quei barbari di mare, cui le puttane di Nassau avevano dovuto fare il callo. 
Immaginò /quanto/ delicato potesse essere il tocco di uomini avvezzi a maneggiare canapi, sartie e sciabole.
«Voglio solo scambiare quattro chiacchiere con te, quindi resta dove sei e continua a sorridere anche se non ce n'è motivo.»

La puttana obbedì, forse un poco intimorita dal tono perentorio della ragazza che le sedeva di fronte con aria austera ed autoritaria. 

«Meraviglioso» la giovane incrociò tra loro le dita delle mani e vi adagiò il mento sopra, per simulare un atteggiamento che avrebbe potuto far pensare ad un certo interesse nel conversare «adesso, Charlotte, potresti cortesemente dirmi chi è quella donna lassù?»

L'aveva notata quasi subito dopo aver fatto il proprio ingresso. Era una figura secca e trasandata che camminava avanti e indietro, lungo la balconata del piano superiore. Non l'aveva riconosciuta all'istante, ma dopo averla osservata di sottecchi, la giovane aveva riconosciuto, in quella tetra immagine, la donna -forse una pirata- che se ne stava appostata fuori il bordello e nella quale lei si era accidentalmente imbattuta qualche sera addietro. 
La sconosciuta, armata fino ai denti, le aveva rivolto giusto poche parole che, a onor del vero, erano state perlopiù insulti. 
Ora che l'aveva osservata con più attenzione e con l'aiuto della luce diffusa dai candelabri, la giovane aveva notato che quei suoi lunghi capelli scarmigliati erano della stessa tinta intensa dei tendaggi color del sangue. 
Per il resto, non aveva individuato grandi differenze: i vestiti erano sempre gli stessi, macilenti e rattoppati, e le armi le penzolavano da un lungo cappotto di tela rovinata, pronte all'uso, e il cappellaccio scolorito pareva incatramato alla base della nuca piuttosto che appoggiato.

«Intendi quella donna losca di guardia sulla balconata?» Charlotte si voltò lievemente, gettando una fugace occhiata verso l'alto, poi tornò nella posizione iniziale senza smettere di sorridere «quella è Anne Bonny.»
Pronunciò quel nome come se avesse dovuto risvegliare qualcosa nella memoria della propria interlocutrice, ma visto che non vide sortire l'effetto prospettato, si affrettò a proseguire la propria spiegazione.
«Si accompagna sempre con Calico Jack, è impossibile vederli separati. In pratica, Anne è la sua ombra.»

La giovane si accigliò, vagamente confusa.
«Calico Jack?»

La puttana ridacchiò con un'aria vagamente da civettuola.
«Oh sì, intendo Jack Rackham. Molti di noi lo chiamano in quel modo.»

«E per quale motivo? E' originario di Calì?» la giovane ricordava d'aver visto di sfuggita e soltanto da lontano Jack Rackham, ma i suoi tratti non le erano parsi quelli di un indigeno delle Indie.

«Beh, non saprei..» 
Charlotte parve frastornata da quella domanda, così la giovane lasciò correre e tornò a dedicarsi alle faccende che maggiormente le premeva di approfondire.

«Hai detto che sta facendo la guardia» la giovane rivolse ad Anne Bonny uno sguardo scrutatore, ai limiti della provocazione, e per un momento, le sembrò che la pirata la stesse ricambiando «esattamente per quale motivo sta facendo la guardia?» 

«Beh, ecco--» Charlotte parve sentirsi veramente a disagio per la prima volta da che aveva fatto la propria comparsa «non so cosa stia capitando là dentro, ed anche se lo sapessi, non sarei autorizzata a parlarne. Capisci? Una puttana deve saper mantenere dei segreti--»

«D'accordo, d'accordo» la giovane si accompagnò con un gesto vago della mano, come a simboleggiare una metaforica resa «sto cercando un uomo. Puoi dirmi se è qui, Charlotte? O anche questo è un segreto?»

La puttana si torturò il ciuffo ricurvo, il culmine della sua lunga treccia, rigirandolo quasi spasmodicamente tra le dita; aveva smesso di sorridere e tutto ciò che fece fu solamente abbozzare un cenno di diniego con evidente nervosismo.

«Sto cercando John Silver, il cuoco della Walrus. Lo conosci?» 

«So chi è, ma non è un mio cliente» Charlotte deglutì, come nel tentativo di liberarsi di un terribile nodo alla gola «non so dirti molto su di lui.»

«Non importa. Ho soltanto bisogno di sapere dove posso trovarlo.»

La puttana schiuse le labbra, forse per aggiungere qualcosa, ma nessuna parola seguì quell'impulso.

«Allora, Charlotte?»

«O-Oggi sono venuti a chiedere di lui degli altri uomini. Credo che si sia cacciato in brutti affari.»

La giovane ghignò, quasi compiaciuta, e schioccò la lingua sul palato. Anche se la puttana non lo aveva rivelato, avrebbe potuto indovinare i nomi di quegli uomini; poteva perfettamente figurarseli: uno alto e scolpito come un marmo greco e l'altro dalla voce pietrosa e il capo glabro.
«Ma non mi dire.. E' in quella camera insieme a Rackham, non è vero?»

Charlotte afferrò i lembi dello scialle che le adornava le spalle nude e se lo strinse al petto, come se avesse improvvisamente incominciato a sentir freddo.
«Sei una di loro anche tu, è così?»

La giovane corrucciò la fronte, non comprendendo a fondo il senso di quella domanda.
«Una di loro?»

«Sì, ecco.. Insomma-- una pirata?»

Rimase colpitta da quelle poche parole. Avrebbe voluto rispondere che non era così, che lei era una persona tendenzialmente per bene, ma si rese conto di quanto poco potessero risultare credibili quelle sue affermazioni. 
Ancora una volta, rivolse la propria attenzione sulla figura di Anne Bonny e di nuovo ebbe, come la prima volta che l'aveva vista, quella vaga percezione che, quasi per assurdo, che tra loro ci fosse in qualche modo una vaga somiglianza. Forse per via dell'abbigliamento poco elegante e poco appropriato o forse per un motivo ben più profondo della mera apparenza.
Scrollò lievemente le spalle, quasi a volersi riportare indietro al presente e a Charlotte che le sedeva di fronte, ancora in attesa di una risposta.
Si sentì propensa ad assecondare la convinzione erronea di quella puttana, qualora le avesse permesso di ottenere le informazioni di cui necessitava piuttosto urgentemente.
Ma nel frangente in cui stava per fornire la propria conferma, dichiarandosi una pirata di un equipaggio a caso, la porta della camera sorvegliata dalla /vera/ pirata al piano di sopra, si aprì di pochi spiragli e ne sguisciò rapidamente fuori una figura maschile filiforme ed energica. 
La giovane si dimenticò letteralmente della presenza di Charlotte, e puntò avidamente il proprio sguardo su quell'uomo dall'aspetto dinamico, sbarazzino. 
Dietro di lui, Anne Bonny aveva preso a rincorrerlo non appena l'aveva visto abbandonare la camera, dimenando le braccia come in segno di protesta.
Finchè non giunsero al piano inferiore, la giovane non potè udire cosa i due pirati si stessero dicendo, ma le bastarono poche frasi per ripagare tanta pazienza e l'alto rischio che si era trovata a correre, mettendo piede in quel bordello.

«Jack! Jack! Fermati un momento, cazzo!» Anne Bonny saltò giù dall'ultimo piolo cigolante e si parò di fronte al suo compare, sbarrandogli il passaggio; l'elsa della sciabola tentennò emettendo un suono di metallo usurato.

«Anne, non adesso, non c'è tempo!» Jack Rackham le posò le mani sulle spalle e la scostò frettolosamente, riprendendo la propria marcia, tratteggiando un'abile serpentina tra la moltitudine dei tavoli.

«Si può sapere che cazzo sta succedendo? Dove stiamo andando?» la pirata dagli abiti logori non si fece lasciare indietro, alzando il tono della voce per sovrastare le risa e la musica strimpellata all'altro capo della sala.

Rackham si fermò di colpo, voltandosi con un movimento un poco teatrale, mostrando un'espressione palesemente seccata.
«Cerchiamo Charles che, puntualmente, ha ben deciso di scomparire, scaricando su di me il compito di sbrigare certi suoi affari--»

«Mi pare di ricordare che la grande idea sia stata tua, Jack. Quel cazzone, il tuo aiuto, non se lo merita!» Anne Bonny parlò con una veemenza tale da dar l'impressione di essere sul punto di sfoderare la spada.

«Ti prego, Anne, non complicare le cose. Abbiamo poco tempo, lo scambio è stato anticipato.»

«Anticipato? Per quale cazzo di motivo? Non abbiamo ancora--»

Jack Rackham ed Anne Bonny si mossero e si allontanarono dalla portata d'orecchio della giovane che, però, si vide costretta a restare inchiodata sulla sedia, per evitare di attirare l'attenzione e, soprattutto, di essere scovata dai due sottoposti di Charles Vane. 
Un equipaggio intero, o quasi, già la stava perseguitando.. Inimicarsene un ulteriore, non le avrebbe giovato affatto. 
Si voltò, non perdendo di vista, nemmeno per un istante, le due figure che stavano attraversando la sala, fremendo per abbandonare quel caos. 
La fortuna, però, per la prima volta dopo giorni e giorni, finalmente le diede assistenza.
Alcuni uomini armarono una rissa, probabilmente per aggiudicarsi una delle ragazze, che si estese in un lampo, finendo per coinvolgere mezzo bordello. I due pirati vennero intralciati e furono costretti a tornare sui propri passi, percorrendo una via alternativa verso l'uscita che li portò ad essere di nuovo udibili dalle orecchie indiscrete della giovane.
Si trattò solamente un breve istante, ma quelle poche parole che lei potè afferrare si rivelarono più preziose di qualsiasi merce presente su quella dannata isola.

«Ai Relitti, a mezzanotte.»

Anne Bonny e Jack Rackham scomparvero in un battito di ciglia, inoltrandosi nella coltre notturna come inghiottiti dalle fauci di una belva feroce, mentre anche i toni della colluttazione cominciavano a sbollentarsi.
   
 
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