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Autore: marauder11    22/02/2016    2 recensioni
"Il giorno dopo, al termine delle lezioni, il professore di Pozioni ritornò esausto nel suo studio.
Scorse sulla sua scrivania una boccia di vetro dalla forma sferica; si avvicinò cauto ad essa, sembrava che qualcosa galleggiasse (...)
Un petalo, un petalo di un giglio bianco candido galleggiava in acqua, (...)Iniziò a sprofondare e, poco prima di toccare il fondo, si trasformò in un meraviglioso pesciolino rosso, che adesso guizzava qua e là..."
**
«Noi pensiamo che questo Mago Oscuro e i suoi seguaci si siano infiltrati ad Hogwarts. Pensiamo che si stiano servendo di alcuni studenti di questa scuola, non sappiamo se sotto maledizione Imperius...»
Sirius si alzò di scatto, ma l'insegnante afferrò il suo braccio. Si avvicinò al viso di Sirius e piantò le sue iridi verdi sulle grigie di Sirius, con forza e tenacia.
«So perfettamente cos'ha in mente. Voglio avvertirla: non deve assolutamente cercare vendetta per ciò che è successo al signor Potter e alla signorina Evans. Gli esiti potrebbero non essere tra i migliori... E io difficilmente mi sbaglio, signor Black. Deve fare molta attenzione, la prego. C'è qualcosa di molto più grande in ballo»
Genere: Avventura, Comico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Paciock, I Malandrini, Lily Evans, Marlene McKinnon, Mary MacDonald | Coppie: James/Lily
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Capitolo Cinquantatreesimo –

Ali per volare, radici per rimanere

 

L'odore del cuoio bagnato impregnava le sue narici, mentre si chinava a stringere i lacci degli stivali da volo che aveva usato un paio di volte da quando li aveva comprati in dicembre, a Diagon Alley.

«Si può?»

Dopo aver udito un paio di colpetti alla porta dello spogliatoio di Quidditch, una ragazza dai capelli neri legati ad una coda alta entrò, con indosso colori ben diversi da quelli del Vice Capitano di Grifondoro.

La sorpresa sul viso di Mary lasciò presto il posto ad un sorriso.

«Capitano Jones! Che ci fai qui?»

Hestia Jones in tutta la sua bellezza, evidente anche con una semplice divisa scolastica composta da una gonna blu notte tipica di una Corvonero e un maglioncino grigio, si ergeva davanti a Mary Macdonald.

«Oh beh, mi trovavo nel parco con un paio di compagni della mia casa quando ho visto una scia di Grifoni correre verso il campo da Quidditch, una di loro diceva ad un altro che il Capitano MacDonald li stava aspettando, e così...»

Mary la osservò fingendo un sorriso, ma il suo colorito verdastro lasciò intuire ad Hestia che fosse tutt'altro che tranquilla.

«Non sono degna... Ci sono troppi ragazzi lì fuori che mi aspettano, io mi sono rinchiusa qui e ho una fifa matta di sbagliare...»

«E' per quello che ha detto Black in Sala Grande l'altro giorno?» chiese Hestia, con delicatezza. Mary immediatamente sbarrò gli occhi, non sapendo cosa dire.

«Beh, sai... Tutti hanno sentito le urla... Se vuoi saperlo, tutti i Corvonero fanno il tifo per te. Sono convinti che Black sia solo un pallone gonfiato invidioso...» affermò la mora, visibilmente divertita. Mary ridacchiò. Sembrò quasi rilassarsi, alla presenza della Corvonero.

«Per quanto io stimi voi Corvi dotati d'intelletto, Sirius potrebbe non avere tutti i torti...»

«Hey... Ma sei matta?»

Il tono convinto e deciso di Hestia ridestò Mary dai suoi pensieri. I suoi occhi verde muschio che di norma erano molto piccoli e allungati, sembrarono allargarsi come due fari.

«E poi, so di saperne tra l'altro più di loro... E' solo geloso del Caposcuola King, sai? Sirius Black è chiaramente attratto da te... però anche King lo è a sua volta, così tanto che ha addirittura spinto la professoressa McGranitt a sceglierti, come Capitano... Capisci?»

Mary sventolò una mano. Insomma, non poteva essere solo quello...

Sirius era davvero solamente geloso di King?

Hestia si alzò, guardando Mary con un sorriso che si allargava da un orecchio all'altro.

«Ti dispiacerebbe se assistessi alle selezioni? Vorrei fare il tifo per te...»

Mary non poté fare a meno di sorridere. Si alzò, mentre di fronte a lei stava la Corvonero e la sorprese abbracciandola di slancio, affondando le narici sulla divisa scolastica della ragazza.

«Certo che no, Hestia... Dopo tutto, la prossima partita la giochiamo contro i Tassi»

Con un'alzata di spalle di Mary e una risata di Hestia, le due uscirono dagli spogliatoi più rilassate e sorridenti di quando erano entrate.

Hestia salutò con un cenno della mano Mary, e si diresse verso le scale che portavano agli spalti per osservare da lontano.

Il leggero venticello che si era levato scosse i capelli della bionda Grifondoro, che subito cercò con gli occhi Frank Paciock in quella piccola folla che si era creata. Il ragazzo la vide prima però, e in un balzo la raggiunse.

«Tutto bene, Mars?» chiese a voce bassa, e Mary con un sorriso annuì.

La folla adesso si voltava tutta in direzione dei due ragazzi, non c'era nessuno che avesse occhi per qualcun altro... tranne uno.

James Potter stava vicino ai due ragazzi, ma nessuno sapeva della sua presenza.

Il mantello dell'invisibilità, per quanto potesse essere leggero e per quanto rendesse la visuale dell'ospite nascosto sotto di esso ottima, in una giornata di sole come quella provocava la normale sudorazione di un individuo sottoposto a quelle condizioni atmosferiche un po' più precocemente.

James si sarebbe subito liberato del suo mantello, se non fosse stato per il fatto che nessuno avrebbe dovuto vederlo lì, quel giorno.

Aveva visto il suo migliore amico, Sirius Black, a pochi metri dall'ingresso al campo di Quidditch, con indosso la sua divisa da portiere e il sorriso malandrino di sempre.

«Allora... Adesso io farò un appello, chiamerò ognuno di questi nomi scritti su questa pergamena e voi dovrete alzare la mano quando sentirete il vostro... D'accordo?»

Cenni di assenso decretarono che tutti avessero capito.

«Bene... Si? Hai qualcosa da dire?»

«Io... Io non ho fatto in tempo ad inserire il mio nome, potrei comunque fare le selezioni?»

Un ragazzino dai capelli rossi che sembrava esser diventato in viso più rosso dei suoi capelli dalla vergogna, attirò l'attenzione di Mary, che annuì chiedendo il suo nome per inserirlo nella lista.

«Dunque, andiamo avanti... Chase... Chase Adams?»

Un ragazzo slanciato dai capelli dorati con un sorriso timido alzò la mano. Mary gli sorrise di rimando; frequentava il quinto anno ad Hogwarts, non ci aveva mai parlato se non casualmente, dato che era uno che stava sempre sulle sue.

«Teresa Hale?»

Stavolta una bambinetta dall'aria spavalda rispose con "Io" all'appello di Mary, e Frank sbuffò nascondendo una leggera risata. «Bene... Alexis Jones»

Una ragazza dai capelli rossi alzò la mano, così come i successivi altri quattro o cinque ragazzi.

Fu felice di constatare che, per la prima volta in vita sua da quando assisteva alle selezioni di Quidditch, non c'era nessuno che si fosse presentato solo con l'intento di provarci con il Capitano Potter. Nessuna ragazzina ridacchiante da schiantare, nessuna di loro si appiccicava con una sanguisuga a James, nessuna che fingesse di non saper volare solo per essere retta da James...

Con un'espressione compiaciuta, divise gli otto candidati in due gruppi. Lei si sarebbe occupata di Teresa Hale, Alexis Jones e altri due ragazzi del quarto anno e aveva lasciato a Frank i ragazzi dall'aria più esperta che pensava non avrebbero messo in difficoltà il Battitore di Grifondoro, Chase Adams e altri tre ragazzi, due ragazze del quinto e uno del quarto.

Teresa Hale e, con grande dispiacere di Mary, Alexis Jones, si erano rivelate in men che non si dica persino incapaci di stare in equilibrio sulla scopa.

«Mi dispiace ragazze, per me la vostra prova finisce qui... Vi suggerisco di ritentare la prossima volta, spiacente...»

Mary si sforzò di sorridere alle due ragazze che, deluse, avevano abbandonato il campo da Quidditch dopo dieci minuti dall'inizio delle selezioni.

Alzò gli occhi in tempo per notare che Chase volava davvero bene, quando vide un ragazzo in divisa da Grifondoro sfrecciare intorno agli anelli.

Mary si passò una mano davanti agli occhi, mentre imbracciava la sua scopa.

«Ma quello... Quello è Sirius Black!» urlò Olivia con aria sognante, la ragazzina del quarto anno che fino a quel momento era stata simpatica a Mary.

«John, Olivia... Raggiungete Frank, per favore... Io devo occuparmi di una cosa, poi iniziamo la seconda prova»

Mentre Olivia e John volavano verso Frank che parlava ai quattro ragazzi che stava mettendo alla prova, Mary sfrecciò verso la parte opposta del campo su cui vi erano i tre anelli che lei aveva più volte superato in passato, regalando alla sua squadra numerosi momenti di gloria.

«Black! Cosa diavolo ci fai qui?» sbraitò la ragazza. Sirius, che l'aveva osservata tutto il tempo mentre volava verso di lui, finse di essere sorpreso di vederla.

«Buongiorno anche a te, Capitano. Beh, avrai bisogno di un portiere, quando i tuoi candidati dovranno far passare la pluffa attraverso questi anelli, no? Dunque, et voilà, je suis ici»

Mary, che si reggeva sulla scopa con le braccia incrociate, alzò gli occhi al cielo al tono falsamente innocente di Sirius.

«Me la cavo benissimo anche senza di te, Monsieur Black»

La risata simile ad un latrato raggiunse le orecchie di Mary quando questa aveva già raggiunto Frank e i candidati.

«Allora? Abbiamo superato la prova del volo?» chiese Chase a Frank e adesso all'appena arrivata Mary, che annuì di fronte ai cinque ragazzi rimasti. Una delle ragazze del quinto che era stata messa da prova da Frank, infatti, aveva deciso volutamente di ritirarsi dalle selezioni perché, pensandoci, non se la sentiva di doversi destreggiare tra gli allenamenti di Quidditch a cui si sarebbe dovuta sottoporre – se fosse entrata in squadra – e gli imminenti GUFO che avrebbe dovuto affrontare.

Così erano rimasti Chase, Olivia, John e una ragazza e un ragazzo di cui Mary non ricordava i nomi, che furono sottoposti ad una seconda prova di volo più complessa.

Loro, a gruppi di due e poi tre, avrebbero dovuto passarsi la pluffa mentre Frank cercava di metterli in difficoltà con il bolide.

«Io sarò, in questa occasione, un battitore come Frank, insieme cercheremo di mettervi in difficoltà in volo... Vediamo chi riesce a scansare meglio il bolide! VIA»

Il fischietto di Mary annunciò l'inizio della gara; Chase passò con un lancio velocissimo la pluffa a Olivia, che per poco non la lasciò cadere, mentre la ragazza del quinto anno di nome Anne quasi si fece colpire dal primo bolide di Frank, avvertita solamente dallo strilletto di Olivia che assisteva alla scena. Chase riprese in mano la pluffa, mentre scansava con grande destrezza un nuovo bolide stavolta lanciato da Mary, sicuramente più debole di quello di prima di Frank. Ora passava la pluffa al ragazzino del quarto anno, Simon, che però la lasciò cadere, recuperata da Olivia che stava volando proprio più in basso.

«Quel Simon è proprio un disastro...»

Qualcuno si voltò in direzione di James senza capire da dove provenisse quella voce, mentre il ragazzo, ancora sotto al mantello dell'invisibilità, stava ora seduto sugli spalti, non lontano da Hestia Jones – continuava a non spiegarsi la sua presenza lì, dato che era una Corvonero e quello non era nemmeno un allenamento – e un paio di ragazzi del sesto anno di Tassorosso che osservavano Mary con aria maliziosa, mentre Sirius sulla scopa a centinaia di metri di distanza cercava di ucciderli con lo sguardo.

James tirò fuori dalla tasca una manciata di cioccorane, e iniziò a mangiucchiarle nervosamente.

«E quella Anne è troppo insicura sulla scopa... Lui e quel tale, Simon, dovrebbero proprio andarsene...» disse borbottando, scravaccato sul sedile e con la bocca piena, come un babbano che si lamenta delle pessime prestazioni della sua squadra di calcio davanti alla televisione.

Chase nel frattempo riuscì a fare davvero un bel passaggio, che fece traballare un poco Olivia che fino a quel punto era stata brava a volare almeno quanto lui.

«Bene, questa prova è finita! Anne, Simon... Mi dispiace ragazzi, ma non è il vostro momento, questo...»

«Oh, grazie comunque Mary...» disse il ragazzino dispiaciuto, fissandola da dietro i vetri dei suoi occhiali. Anne annuì, incapace di dire alcun ché, e i due si allontanarono insieme dal campo da Quidditch, sotto gli sguardi di Mary, Frank, Chase Adams, Olivia e John. Quest'ultimo, Mary l'aveva voluto tenere ancora per la prossima prova per il modo in cui aveva scansato un bolide lanciato meravigliosamente da Frank, ma a dire il vero vedeva Olivia e Chase molto più abili nei passaggi rispetto a lui.

Frank volò al fianco di Mary, mentre questa osservava da lontano Sirius che sembrava trafficare chissà cosa accanto agli anelli.

«Prova degli anelli?»

Mary annuì, mostrando la sua aria preoccupata e sbuffando sonoramente per la presenza del giovane Black a quelle selezioni, che sicuramente avrebbe complicato la situazione, proprio come aveva temuto.

«Olivia, Chase, John... Adesso, dovrete mostrarci chi di voi è più bravo a fare ciò che ogni Cacciatore che si rispetti è portato a fare: segnare punti...»

«Oh... C'è Sirius!»

John aveva sventolato una mano in direzione di Sirius, che gli aveva risposto con un sorriso e un cenno del capo dall'altra parte del campo. Gli occhi di Olivia, con grande disapprovazione di Mary, avevano assunto la forma di un cuore, mentre Chase sembrava preoccupato.

«Avviciniamoci agli anelli» concluse Frank per Mary, che prima era stata interrotta dal commento di John.

Il vento freddo sferzava la pelle di Mary, che sembrava irrigidirsi a quella temperatura bassa, seppur quel giorno il sole fosse molto mite.

«Buongiorno a tutti, miei cari!» cantilenò Sirius, attirando l'attenzione dei ragazzi che sorrisero tutti in sua direzione, mentre Mary sbuffava e Frank si fingeva indifferente all'aria contrariata di Mary, sorridendo un po' al suo compagno di dormitorio.

«Spostati, Black...» sibilò infatti la ragazza all'orecchio di Sirius, dopo essersi avvicinata pericolosamente al ragazzo. Le scope dei due, infatti, si toccavano. Sirius si volse a guardarla con sguardo ammaliante; Mary sarebbe rimasta incantata a guardare come gli occhi grigi riflettevano la luce del sole e sembravano quasi blu in quel preciso istante, se non fosse stata tanto arrabbiata.

Olivia, infatti, era del tutto andata.

Lanciava gridolini eccitati, mentre Frank si voltava stranito in sua direzione non capendo da dove venissero quei versetti, Chase la fulminava con lo sguardo, visibilmente infastidito e imbarazzato, e John osservava Sirius quasi con ammirazione.

«Olivia, sei fuori»

L'attenzione della ragazza fu attirata da Mary, che quasi urlò quella frase che sorprese tutti. Olivia non era di certo un fenomeno, poteva anche andare bene come Cacciatrice anche se le selezioni non erano finite, ma Mary aveva deciso su due piedi di eliminarla.

Sirius sospettava di conoscere la sua motivazione, così volò accanto alla povera ragazza che adesso, sconvolta, guardava Mary.

«Ma... Ma tu non puoi!» strillò Olivia, mentre Sirius le metteva una mano sulla spalla.

«Certo che no!» disse infatti lui, con aria da primadonna, mentre la ragazza ora assumeva un'espressione ancor più minacciosa, incoraggiata dal ragazzo.

James, intanto, si era avvicinato al gruppetto cambiando postazione sugli spalti, proprio in quel momento scuoteva la testa con disapprovazione e le mani erano davanti alla bocca.

«Perderò il mio migliore amico oggi, si» disse tra sè e sè, con il solito fare teatrale e l'aria solenne.

Mary, intanto, era diventata rossa come un peperone, ma tentava ancora di mantenere quel minimo di autocontrollo.

«Prendo io le decisioni, e tu sei fuori, Olivia» continuò infatti, imperterrita.

La ragazza sbarrò gli occhi, colpita dal modo rude di fare di Mary.

«Sei ingiusta! Per quale motivo mi hai esclusa? Eh?» strillò la ragazzetta, mentre Frank volava tra lei e Mary, temendo uno scoppio di quest'ultima. Continuava a lanciare occhiate allarmate a Sirius, che approfittò di un momento di distrazione di Mary per fare un occhiolino all'amico.

«Non tollero gente che sbava per i giocatori della mia squadra. E ora, fuori dai piedi» disse Mary, volando via da lì; Olivia, però, prontamente volò dietro la ragazza, continuando a strillare contro di lei, fin quando le due non scesero a terra.

Frank, John e Chase seguirono il loro esempio, Sirius non scese invece dalla scopa ma si avvicinò per godersi la scena, l'aria compiaciuta mentre teneva le braccia incrociate e lo sguardo fisso sulla bionda.

«E' solo perché adoro Sirius? Beh, se vuoi saperlo, sono anche una dei membri del suo fanclub!»

«Sento puzza di guai» esclamò piano James, che però adesso ridacchiava. Vide Sirius trattenersi con difficoltà dal ridere alla visione dell'espressione ora furiosa di Mary.

«Non me ne frega niente di quello stupido fanclub, chiaro? Vattene via da questo campo da quidditch, prima che io decida di schiantarti!»

Mary aveva urlato forse come poche volte in vita sua. La cosa preoccupò un po' Hestia, che nel frattempo si era avvicinata e prontamente la prese per le spalle, sussurrandole qualche parola che potesse calmarla.

«Chase? Complimenti sei in squadra!» concluse Mary, con tono arrabbiato, tanto da spaventare il ragazzo che però, con un sorriso stentato, si dileguò dal campo di quidditch dopo aver ricevuto un sorriso rassicurante da Frank.

«Amico, complimenti... Sta tranquillo, non è sempre così...»

Mentre il neo giocatore e John, sconfitto, si allontanavano, Mary ancora fulminava con lo sguardo una scatenata Olivia che ancora inveiva contro il Capitano, urlando parole sconnesse che quest'ultima, accecata dalla rabbia, non seppe capire, per cui non le rispose.

Mentre Frank ancora guardava Mary, preoccupato, e Hestia la avvolgeva con un braccio, la bionda si rivolse con uno sguardo carico di rabbia all'unica persona che restava ancora sospesa sulla sua scopa.

«Sei contento, maledetto Black? Hai rovinato tutto! Ce l'hai fatta, hai reso tutto uno schifo!» concluse, mentre i suoi occhi si facevano lucidi.

Sirius se ne accorse, e la sua espressione mutò notevolmente.

La sua era l'espressione di chi aveva appena ricevuto uno schiaffo in pieno viso.

Era incredulo, senza parole; scese in fretta dalla scopa, avvicinandosi verso la ragazza che aveva saputo trattenere le lacrime e stringeva ancora i pugni, fissandolo, fuori di sé.

«Oh, Mary, io...»

PAFF

La mano di Sirius Black ora si avvicinava al punto caldo sul suo viso, che era appena stato colpito con uno schiaffo da Mary, la quale dopo aver colpito il giovane Grifondoro si era allontanata dal ragazzo quasi correndo, la scopa in mano e l'espressione ora indecifrabile. Frank e Hestia avevano seguito la scena a bocca aperta, incapaci di agire, ma mentre vedevano la ragazza allontanarsi a grande falcate la seguirono correndo lungo il prato.

Sirius, d'altro canto, rimase immobile a guardare Mary che diventava sempre più un puntino, allontanandosi da lui. La vide rientrare nel castello, mentre il rumore di qualcuno che sembrava scostare una coperta attirò la sua attenzione.

James lo osservava con espressione delusa, con in mano il mantello dell'invisibilità, praticamente a un metro da lui.

Chissà da quanto tempo era al suo fianco senza che lui se ne accorgesse!

«Non lo dire, Ramoso...»

«Che sei un perfetto idiota, Felpato? Va bene, non lo dico»

Sirius sospirò sonoramente, mentre James aveva l'aria combattuta. Avrebbe voluto sgridarlo, ma vedendo l'amico già abbattuto decise di non farlo...

A quello avrebbe pensato Remus, si.

Non poté fare a meno di scoppiare in una sonora risata, però, notando le cinque dita di Mary perfettamente stampate sulla sua guancia.

«Cosa accidenti...?»

«Si... Sirius! Dovresti guardarti allo specchio, amico! Ahahahahahah»

Sirius si tastò la pelle che ora sembrava pulsare al suo contatto. Quella ragazza sapeva come fare a botte, pensò d'un tratto. Poi realizzò l'irrealizzabile, e sbarrò gli occhi.

«Il mio viso! Il mio bellissimo viso!»

James, mentre era affetto da un attacco di ridarella fulminante, avvolse con affetto Sirius per le spalle, e insieme si incamminarono fuori dal campo di Quidditch.

 

*

 

Mary MacDonald aveva saltato il pranzo, poi non era scesa in Biblioteca come d'accordo con le ragazze e, quella sera, giunta l'ora della cena, non ne voleva proprio sapere di uscire dal dormitorio del sesto anno.

«Ma... Mary! E' sabato, praticamente l'unico giorno della settimana in cui possiamo stare tutte insieme facendo tardi senza preoccuparci delle lezioni del giorno dopo...»

Alice Prewett era la ragazza più testarda, fastidiosa e rompipluffe del pianeta, pensò Mary guardando l'amica che non si era arresa, come sempre, al suo ennesimo no.

Lily se ne stava in silenzio, Mary sapeva che la osservava di sottecchi, mentre Marlene affiancava Alice, cercando di intenerire la ragazza con lo sguardo. Emmeline, d'altro canto, era troppo rispettosa delle decisioni altrui per insistere, anche quando si trattava delle sue amiche.

Questo era ciò che prevedeva il Bon Ton, questo era ciò che i suoi genitori le avevano insegnato.

Nessuno, però, aveva parlato ad Alice del Bon Ton, per grande sfortuna di Mary MacDonald.

«Ti rendi conto che non hai toccato cibo? Remus ci ha detto che hai bevuto solo un succo di lamponi, questa mattina! Dico io, ma non hai fame?»

Mary MacDonald ce la stava mettendo tutta, quel giorno, pur di non esplodere una seconda volta. Guardava un punto fisso di fronte a sé e continuava a ripetere "No" ad intervalli regolari, senza nemmeno ascoltare ciò che le stesse dicendo Alice.

Se Mary era infuriata, non era capace di ascoltare le parole di nessuno.

Lily lo sapeva benissimo, per questo se ne stava zitta. Risparmiava le sue energie per quando Mary sarebbe stata pronta a parlare.

La ragazza, infatti, dopo lo schiaffo dato in pieno viso a Sirius, era rientrata in dormitorio senza dire una parola, l'aria dapprima infuriata si era fatta pian piano indecifrabile, se fino a qualche ora prima lanciava ogni cosa in aria o la scagliava con forza, adesso si muoveva in maniera precisa e con movimenti meccanici, senza dire una parola. Così le ragazze avevano dovuto informarsi con gli altri per sapere cosa le fosse successo.

Prima o poi però, Lily sapeva, Mary avrebbe detto tutto ciò che ci sarebbe stato da dire, tutto e anche più del dovuto, ma quel momento non era arrivato ancora. Lily lanciò un'occhiata eloquente a Marlene, cercando di dissuaderla dal convincere Mary a scendere, perché la loro era una battaglia persa in partenza.

«Se dici, possiamo benissimo sederci ben lontane dai Malandrini! Eh, Mary?» disse Alice, ora con tono mieloso. Lily si alzò d'improvviso dal suo letto, e afferrò il braccio di Alice trascinandola fuori dal dormitorio, Emmeline e Marlene alle calcagna.

«Ma Lily!»

«Lasciala stare, non scenderà fin quando non lo vorrà... Starà bene, vedrai»

Lily avvolse una preoccupata Alice per le spalle, mentre gettava un'occhiata a Mary che, per la prima volta, sembrò notare la presenza delle ragazze, e rivolse un'occhiata di tacito ringraziamento alla rossa, che come sempre era sempre un passo davanti agli altri, quando si trattava di comprendere appieno ciò di cui avesse bisogno in qualsiasi momento.

Così Emmeline, lanciata un'ultima occhiata all'interno del dormitorio, si chiuse la porta dietro le spalle, e Mary rimase dinuovo da sola nella stanza. Si lasciò andare sul suo letto, emettendo un lungo sospiro, mentre osservava la luna, che era arrivata a metà della sua fase crescente, splendere nel cielo.

Chiuse gli occhi per un attimo, cercando mentalmente di calmarsi, ma ancora una volta avvertì la solita vena alla tempia pulsare.

L'unica cosa che l'avrebbe calmata, pensò, sarebbe stato vedere Sirius Black esalare l'ultimo respiro tra le sue mani. Represse un risolino, prendendosi un po' in giro in quanto si riteneva normalmente praticamente incapace di uccidere, pensando per la prima volta di avere dubbi però in merito sulle sue capacità da Killer. Sentì dei passi salire le scale, probabilmente qualcuna delle ragazze aveva dimenticato qualcosa in dormitorio, così alzò leggermente la testa per vedere chi avrebbe varcato la soglia.

«Ci sei riuscito? Grande!»

Quella era la voce di Peter.

Ma era ben lontana, però. Sembrava provenire dal pianerottolo alla base delle scale del dormitorio delle ragazze... Ma allora, chi...?

«Mary, sono io... Posso entrare?»

Mary subito si mise in piedi, udendo la voce di James Potter per la prima volta, quel giorno.

Avrebbe riconosciuto tra mille la voce del suo migliore amico, nemmeno in un milione di anni l'avrebbe dimenticata o confusa con quella di qualcun altro.

«Si...» disse Mary a voce alta, scoprendo di avere ancora una voce, dato che l'ultima volta che aveva fatto vibrare le sue corde vocali era stato quella mattina, quando aveva urlato contro Sirius Black.

La maniglia si abbassò, un leggero bagliore proveniente dalla Sala Comune invase la stanza che era rimasta al buio da quando le ragazze erano uscite. Mary indossava ancora la divisa da Quidditch, la treccia era sfatta e lo stomaco brontolava in maniera, per fortuna, impercettibile.

James Potter, l'aria come sempre allegra e gli occhi nocciola brillanti dietro gli occhiali squadrati, fece capolino nella stanza reggendo un vassoio in legno scuro.

«Ho fatto un salto nelle cucine, c'è una piccola elfa che praticamente mi adora e prepara ogni cosa che io gli chieda di prepararmi... Ti va di mangiare insieme?»

L'ampio sorriso sul viso di James e il suo quasi saltellare ad ogni passo non potevano non migliorare di un minimo l'umore di Mary, anche se non si vedeva ancora l'ombra di un sorriso dietro la sua espressione seria e imperscrutabile.

James attraversò la stanza e appoggiò il vassoio sul tavolino che vi stava al centro, prendendo posto su una delle cinque sedie e continuando a parlare, mentre apriva la scatola contenente chissà quale leccornia.

Mary sbarrò gli occhi alla vista di ciò che non si sarebbe proprio aspettata di vedere lì, tra quelle mura.

«Fish&Chips del Blue Marlin? Cosa? Ma come hai fatto?» il tono sorpreso ed eccitato di Mary fece ridacchiare James, che ora aveva assunto un'aria piuttosto compiaciuta, ai limiti dell'inversosimile.

Il Blue Marlin era un famoso Take Away babbano di Birmingham, presso cui andavano James e Mary quando si trovavano nella loro città praticamente da sempre.

I due, infatti, essendo fin da quando hanno imparato a camminare molto amici, solitamente si vedono quasi ogni giorno durante le vacanze estive, e amano girare per la Birmingham babbana; in particolare non c'era mai stata una volta in cui non si erano fermati a mangiare qualcosa presso il Blue Marlin, un posticino davvero carino che si trovava in una zona molto popolata della città.

«Ho parlato ad Ania, questa piccola elfa che è pazza di me, del Blue Marlin e le ho detto che avrei tanto voluto mangiare qualcosa di simile, questa sera... Così, mi ha chiesto dove si trovasse questo locale. Non ci crederai, ci è subito andata ed è tornata in dieci minuti scarsi portando con sé una porzione di Fish&Chips! Ne ha fatta un'altra uguale, guarda!»

Mary lo guardava affascinata e grata insieme.

Avrebbe pianto per la felicità di sentirsi così amata.

Lei e James adoravano quel posto, il secondo però molto spesso si lasciava convincere dalla ragazza ad andarci perché in realtà sapeva quanto lei adorasse il Fish&Chips che solo loro, a suo parere, riuscivano a preparare così bene.

James si accorse dello sguardo della ragazza, e non poté fare a meno di interrompersi e sorriderle di rimando.

«Ovviamente, lascio a te la porzione originale... Io mi accontenterò dell'ottima copia di Ania...» disse, con gli occhi socchiusi e il suo solito fare istrionico, mentre sventolava una mano, fingendosi incurante ma allo stesso tempo apparendo la vittima sacrificale della serata.

Mary si avvicinò in uno slancio carico d'affetto a James, stringendolo forte a sé, così il ragazzo interruppe il suo monologo, appoggiando il suo mento tra i capelli biondi della ragazza.

«Sei la persona più incredibile, gentile, meravigliosa che io conosca, James Potter»

Mary sorrise, mentre chiudeva gli occhi sentendo James ricambiare la stretta ancora più forte di quanto lei non avesse fatto.

«Attenta Mary, Lily potrebbe sentirti...» sussurrò lui, ridacchiando. Mary rise di rimando, mentre ancora non riusciva a staccarsi da quelle braccia che la avvolgevano e la facevano sentire al sicuro, come solo tra le braccia del fratello più caro al mondo ci si può sentire.

«Lily mi darà ragione, prima o poi... Adesso, vogliamo per Godric mangiare tutto questo ben di Dio, prima che si freddi?»

James si allontanò dalla ragazza che ora sorrideva e annuì vivacemente, afferrando le posate e porgendone delle altre alla ragazza che ora sedeva di fronte a lui.

Consumarono la loro ottima cena tra risa, schiamazzi, chiacchiere che riguardavano Birmingham, racconti sulle cose che avevano combinato da piccoli a casa dei Potter che avevano fatto tanto infuriare Dorea; rievocarono i ricordi del primo natale passato insieme a casa MacDonald, di cui nessuno dei due aveva memoria poiché troppo piccoli. Conoscevano ogni minimo dettaglio della prima volta che si erano rivolti la parola, all'età di quasi tre anni, grazie ai loro genitori, che usavano scattar loro tante foto che spesso guardavano insieme, non riuscendo a fare a meno di sorridere.

«E comunque, per quello che vale, questa mattina hai dimostrato di poter essere un ottimo Capitano, Mary»

Il sorriso che fino a quel momento non aveva lasciato il viso della ragazza, si gelò all'istante udendo quelle parole. James la osservava di sottecchi, mentre mangiava le ultime patatine rimaste sul suo piatto. Mary aveva già finito, come sempre era il più lento a finire di mangiare dato che si perdeva spesso in chiacchiere, a differenza della ragazza.

«Ti sbagli, James» disse la ragazza, facendosi d'improvviso cupa. Il ghigno di James minacciò di mostrarsi mentre l'aria del ragazzo era evidentemente combattuta; non sapeva bene cosa fare.

«Lo dico perché c'ero... Dico sul serio, Mars»

Il tono convincente di James fece capire a Mary che non stava mentendo. La ragazza si soffermò a fissarlo, gli occhi blu stralunati, mentre giungeva alla conclusione.

«Ma io non ti ho... visto»

«Esattamente...» aggiunse in fretta James, con aria eloquente, mentre poggiava le posate sui resti di una cena ormai terminata.

«Aspetta un momento... Il mantello?» disse piano la ragazza, sbarrando gli occhi d'improvviso. James ridacchiò, l'aria colpevole.

«Beh... Ma certo! Non l'avresti mai lasciato a Birmingham! Ma come hai fatto a tirarlo fuori dall'armadio di tuo padre?»

«Non l'ho mai detto a te, ma... E' stato lui a regalarmelo, l'ho sempre avuto con me a Hogwarts da quando ci sono»

James sorrise con aria colpevole, mentre il sorriso di Mary si faceva più largo sul suo viso.

Adesso riusciva a spiegarsi tante di quelle cose!

«Chi avresti scelto, tu?» chiese la ragazza, abbassando lo sguardo mentre James si alzava e riponeva i piatti nel vassoio di legno.

«Adams era senz'ombra di dubbio il miglior candidato – affermò sicuro, e Mary seppe che stava dicendo la verità. James, sentendosi incoraggiato dalle labbra rosse incurvate all'insù della sua amica, continuò a parlare, con cautela – Devo dire però che Olivia non era malaccio...»

«Quell'arpia...» borbottò Mary, e James represse con fatica un risolino.

«Su, ci sono un sacco di ragazze così a Hogwarts che hanno un debole per i giocatori di Quidditch...» disse James in maniera giocosa. Mary lo fulminò con lo sguardo, e James seppe che era giunto il momento di ridestarsi e comportarsi da persona seria.

Non ci trovava proprio niente da ridere Mary, parlando di quelle oche starnazzanti.

«Bel destro, a proposito» aggiunse James, audace, lanciandole un'occhiata in tralice.

Mary finse di abbassarsi per prendere qualcosa sotto al letto, la verità era che cercava di nascondere l'aria imbarazzata. Ma James lo sapeva, conosceva perfettamente l'amica, così evitò di ridacchiare e represse il risolino che aveva minacciato di uscire.

«Se l'è meritato... E' un maledetto idiota, lo odio!» esclamò la ragazza, accendendosi poi d'improvviso, incapace di trattenersi.

«Uhh, quante volte mi sono sentito ripetere questa stessa frase!» disse James con aria da vittima, sconsolato.

«Infatti voi due siete Potter e Black, idoli delle folle, celebrità di Hogwarts... No James, questo non ti rende figo. Sei un'idiota anche tu»

Dopo aver udito il tono canzonatorio di Mary, James l'aveva stretta nuovamente a sé, per calmarla.

«Mi costa ammetterlo, è mio fratello, lo sai, e hai ragione quando dici che è stato un'idiota, ma...»

«Ma?»

«Ma non vedi? Non vedi come si impegna per attirare la tua attenzione?»

«Come sa farmi infuriare per benino, vuoi dire! Mi ricorda proprio...»

«Me con Lily? Già... Anche se io, pensandoci, non ho mai dato a Lily dell'incapace... Ma c'è un fattore comune però, in tutto questo...»

«Non le avresti mai dato dell'incapace... Infatti, tu ti sei innamorato di Lily!» osservò Mary lucidamente, dato che la situazione non la riguardava. Sentir dire quelle parole dalla sua amica, gli fece sentire uno strano pizzico all'altezza del cuore.

«Hai centrato il punto, brava la mia Mary»

La voce di James sembrò raggiungerla da miglia e miglia di distanza.

James amava Lily, per questo faceva di tutto per attirare la sua attenzione. Da quando l'aveva notata, esattamente sull'Espresso per Hogwarts al primo anno, James aveva praticamente fatto di tutto per farsi notare da quella dolce ragazzina dai capelli rossi e gli occhi verde smeraldo.

Per molto tempo, aveva creduto che lo facesse per passatempo; Lily era sempre stata, fino a quell'anno, la sua vittima preferita per gli scherzi geniali che architettava insieme al suo braccio destro, Sirius Black.

Quello stesso Sirius Black che l'aveva umiliata più volte davanti a tutti, in quei giorni.

Quel Sirius Black che quello stesso giorno l'aveva sminuita e l'aveva fatta sentire in imbarazzo come mai nessuno in vita sua.

«Lui non può... Non è possibile, James. Non vedi come mi tratta?»

James sorrise lievemente alla frase dal tono poco convincente della ragazza, che in quel momento era troppo immersa nei suoi pensieri e troppo accecata dalla rabbia per realizzare ciò che sarebbe stato evidente e chiaro a tutto il resto della popolazione britannica.

«Se vuoi, possiamo parlarne un'altra volta... Adesso, che ne diresti di aiutarmi a sparecchiare e a riportare tutto nelle cucine?»

«Beh, possiamo anche lasciare tutto qui dentro, gli elfi comunque porteranno via tutto...»

«E rinuncieresti ad una passeggiata fino ai sotterranei sotto al mantello dell'invisibilità?»

Mary sorrise con aria incredibilmente scaltra all'amico, che la prese sottobraccio mentre avvolgeva entrambi con il suo mantello invisibile, lasciando come ultima immagine di sé a quel dormitorio il suo sorriso sfavillante e una Mary che ridacchiava felice.

«Mi dispiace di non aver chiesto il tuo aiuto per le selezioni, James. Ho capito che ce l'avevi con me per questo, stamattina...»

«Ahh, sciocchezze!» concluse James, sorridendo sornione alla ragazza.

La ragazza restava sempre affascinata dalla luce che riusciva ad emanare James Potter quando c'era. Nessuno, nessuno può sapere come ci si sente bene ad avere un amico come James Potter.

Ma lei era fortunata.

Era stata così arrabbiata quel giorno, ma adesso...

Andava tutto bene.

 

Lights will guide you home

and ignite your bones

and I will try to fix you.

 

 

*

 

«Il rosso ti donava tanto stamattina, Sirius, ma devo dire che il viola è proprio il tuo colore»

Remus scostò La Gazzetta del Profeta dalla sua vista appena per notare che il livido di Sirius era diventato violaceo e rimaneva piuttosto evidente, nonostante il ragazzo facesse di tutto per nasconderlo grazie ai capelli neri lunghi fino alle orecchie.

L'espressione infastidita di Sirius si intensificò ancora di più quando sentì ridacchiare, vicino a lui, Lily Evans e Peter Minus che avevano udito Remus.

«Siete odiosi... Proprio odiosi»

Il broncio di Sirius Black minacciava di esplodere da un giorno intero, ma adesso sembrava gonfiarsi a dismisura mentre rivolgeva delle occhiate nervose di continuo verso le scale dei dormitori, aspettandosi di vedervi scendere James.

«Ti fa male?» chiese Emmeline, gentile.

«No... Grazie per l'interessamento, Mel... Almeno c'è qualcuno che prende sul serio le mie ferite...»

«Oh, e smettila di lagnarti, Black! Almeno tu hai messo qualcosa nello stomaco...» emerse Alice, seduta in braccio a Frank a pochi metri di distanza, abbastanza vicina da riuscire a seguire l'intero discorso dei suoi amici.

La ragazza aveva provato più volte a salire nei dormitori per portare giù con la forza Mary a mangiare qualcosa. Peter, però, le aveva assicurato che con lei ci fosse James, che le aveva portato qualcosa da mangiare.

«Non vedo l'ora che arrivino le vacanze...» esclamò Sirius nuovamente, guardando Remus e aspettandosi un cenno d'assenso da parte sua, che non arrivò.

Remus invece gettò un'occhiata a Lily, che sembrò ridestarsi.

«Io... Non ve l'ho ancora detto, ma non ci sarò a Birmingham dai Potter almeno fino al lunedì di Pasquetta, Sirius...»

Sirius corrucciò lo sguardo, tirandosi ritto sulla schiena per osservare meglio Remus.

«Come sarebbe a dire?» disse questo, seccato. Remus si ritrovò immediatamente in difficoltà; non sapeva se Lily avesse già avvertito le ragazze, non voleva allo stesso tempo mentire a Sirius per poi mettere nei guai la sua amica con le altre.

«Viene da me, Sirius...»

Sirius si volse di scatto a guardare Lily, sbattendo le palpebre con aria confusa. La ragazza guardò le sue amiche cercando di attirare la loro attenzione, riuscendoci, dato che già Alice sembrava essersi offesa perché credeva che Lily si fosse dimenticata della loro gita in Cornovaglia da Marlene.

«Mia... Mia sorella si sposa, ecco. Mia madre mi ha chiesto di invitare qualcuno, così ho invitato Remus»

L'aria incuriosita di Sirius non scomparve a quella risposta.

Pensava a cosa avrebbe detto James, una volta che avrebbe saputo. Certo, non se la sarebbe mai presa con Remus; sapeva quanto lui e Lily fossero da sempre legati da un rapporto di amicizia, però ci sarebbe rimasto male perché non avrebbero passato le vacanze insieme, come avevano sempre fatto...

«Quindi... Non ci sarai per tutte le vacanze?» chiese Peter, visibilmente dispiaciuto.

«Beh, non saprei...» rispose sinceramente Remus guardando Lily.

«Ho pensato che potrei raggiungere le ragazze dopo il matrimonio, così tu potrai raggiungere Sirius e gli altri a Birmingham...»

Sirius sorrise alla proposta di Lily. Era davvero un'ottima idea.

Così facendo, Remus avrebbe trascorso comunque con loro metà dei giorni di vacanza.

Era sempre meglio che niente!

«E' vero! Potremmo fare strada fino a Birmingham insieme, tu potresti andare da Mary per raggiungere le altre in Cornovaglia e io potrei andare da James...» concluse Remus, sorridendo soddisfatto. Lily annuì, convinta che quello fosse davvero un ottimo programma.

«Anch'io sarò a Birmingham da Frank, potrei raggiungere te e Mary per andare insieme in Cornovaglia!» trillò Alice, felice che avessero trovato un perfetto compromesso.

Sirius aveva emesso l'ennesimo sbuffo della serata, troppo annoiato senza James accanto e troppo giù di corda per non aver più rivisto Mary quel giorno. Appoggiando la mano sulla tasca dei pantaloni, notò un rigonfio e si ricordò di avere la Mappa del Malandrino.

«Ottimo, io vado a dormire. Sono stanco...» disse infatti alzandosi, emettendo un lungo sbadiglio. Remus, al suo fianco, osservò il suo orologio, così si alzò intenzionato a seguire a ruota il suo amico.

«Pet?» chiese Sirius all'amico che rideva con Frank.

«Oh, io salgo dopo con Frank! Non ho per niente sonno...» esclamò, sorridendo imbarazzato. Sirius annuì, mentre Remus era già vicino alle scale.

«Hai la mappa, non è vero?» chiese Remus sottovoce, e Sirius annuì vivacemente. Remus alzò gli occhi al cielo e sospirò sonoramente, mentre apriva la porta dei dormitori.

«Vorrei proprio vedere dov'è che si sono cacciati quei due!» disse Sirius, con tono canzonatorio dispiegando la mappa, mentre Remus slacciava la cravatta rosso e oro dal collo.

«Lo sai che James non farebbe niente con Mary, vero? Sono come fratello e sorella... Tienilo a mente, canide dei miei stivali!» esclamò Remus divertito, lanciando a Sirius un cuscino che lo colse in pieno viso. Il malcapitato scostò il cuscino con una lentezza disarmante, cosa che mise in allarme Remus all'inizio, che poi però si distrasse per fare altro vedendo che l'amico non aveva prontamente replicato come suo solito.

«Lunastorta...»

Remus si era chinato a rovistare dentro il suo baule in cerca del suo pigiama pulito, quando si volse a guardare preoccupato il ragazzo che l'aveva chiamato con il suo soprannome con una tale serietà nella voce...

«Mmh?»

SBAM.

Il cuscino era tornato dal suo legittimo proprietario, stendendolo a terra stordito, mentre l'unico rumore che riusciva ad avvertire era la risata simile ad un latrato invadere le mura di quella stanza.

 

*

 

Si svegliò di soprassalto a causa dello sfregare dei freni del treno, che a quanto pare si trovava in prossimità di una svolta che andava affrontata ad una velocità minore rispetto a quella a cui viaggiavano poco prima.

Scostò una ciocca dei lunghi capelli neri e ondulati e si accorse che la gonna aveva assunto una piega che lasciava intravedere forse un po' troppo le sue gambe pallide.

«Mel, bentornata tra i comuni mortali!»

«Ci stavamo giusto chiedendo come fosse possibile dormire così come fai tu...»

Mary e Marlene la osservavano divertite, mentre si tirava su ed emetteva uno sbadiglio silezioso, la mano allungata le copriva la bocca.

«Così... Come, esattamente?»

«Ma in maniera così composta e silenziosa, ovviamente! Insomma, Lily parla degli ingredienti delle pozioni quando dorme...»

«Alice ha russato qualche volta! E tu urli contro tuo fratello, Lene...»

«Non dire baggianate, MacDonald!»

Emmeline sorrise vedendo le due immerse in quel battibecco, mentre si chiedeva dove fossero Lily e Alice.

Iniziava a farsi buio, là fuori. Non dovevano essere lontani da Londra, in effetti!

A breve, si sarebbe trovata dinuovo a Villa Vance, ad Oxford, tutta sola con i suoi rispettabili e nobili genitori...

Sbuffò, attirando involontariamente su di sé l'attenzione delle due bionde.

«Tutto bene, Emmeline?»

Emmeline osservò d'improvviso Marlene, che aspettava una sua risposta, mentre Mary la fissava preoccupata.

«Beh, mi dispiace un po' ritornare ad Oxford... Sarò costretta ad indossare vesti eleganti ogni giorno, partecipare a cene importanti... Una seccatura!»

Il tono esasperato di Emmeline fece venire un'idea a Mary, che pensò ad un modo per tirare fuori da quella situazione la sua amica.

«Teniamoci in contatto, va bene? Ti manderò una lettera non appena arriverò a casa...»

Il sorriso di Mary coinvolse le altre due, che avevano intuito che l'amica avesse qualcosa in mente, mentre il carrello dei dolci ora attirava l'attenzione delle tre che si scoprirono incredibilmente affamate.

 

 

*

 

La luce invase d'improvviso l'ampia e sontuosa stanza, prima che la ragazza si ricordasse di essere tornata a casa una voce familiare la raggiunse.

«Buongiorno signorina Ain, la colazione è servita, signorina»

Emmeline aprì gli occhi, infastidita come sempre quando si sentiva chiamare a quel modo dall'elfa che la serviva da quando era solo una bambina.

«Buongiorno Jackie, puoi chiamarmi Emmeline, senza aggiungere signorina o Ain...»

Il tono seccato della ragazza rimaneva comunque gentile nei confronti della piccola elfa, che di certo non agiva così per sua spontanea volontà.

L'elfa fece un inchino tanto profondo che la fece quasi cascare a terra. Emmeline se ne accorse, sporgendosi dal letto e tirandola su per i fianchi, con estrema delicatezza.

«Jackie, su, non devi! Abbracciami, piuttosto»

Jackie sorrise alla ragazza, ma prima di accontentare la sua richiesta con le lacrime agli occhi per la sua cotanta gentilezza, osservò più volte la porta, quasi come se avesse paura che si aprisse da un momento all'altro, cogliendola mentre stava compiendo il peggiore tra i crimini.

«Il signore mi ha ripetuto più volte di non avvicinarmi a voi, dice che devo trattarvi da degna erede della casata, mentre io sono solamente la piccola elfa al vostro servizio...»

Emmeline sorrise teneramente all'elfa, stringendola ancora di più a sé.

Era molto affezionata a Jackie, che fin da quando era piccola era stata quasi come un misto tra una sorellina da proteggere e, per moltissimo tempo fino all'età di undici anni, la sua unica amica.

Andare ad Hogwarts, per lei, aveva significato davvero tanto.

Aveva potuto, per la prima volta, avere degli amici con cui confrontarsi, senza nascondersi o guardare al loro status sociale o alla loro discendenza o specie.

I suoi genitori erano stati tanto restii dal mandarla a studiare in Scozia, ma alla fine il padre si era lasciato convincere dalla sua unica figlia a cui era tanto affezionato, anche se non lo dimostrava mai poiché la gente nobile, non poteva abbassarsi alle dimostrazioni d'affetto.

«Il Signore mi ha detto di dirvi che dovreste mangiare in fretta e scegliere un bel vestito, oggi attendiamo degli ospiti importanti»

Emmeline sbuffò, mentre l'elfa l'aiutava a svestirsi della sua camicia da notte in pizzo e in seta di un blu reale, colore che la ragazza amava particolarmente.

Gli ampi vetri delle finestre della sua stanza erano coperti dai tendaggi più pregiati, di un colore lilla, come il resto della stanza. I mobili, di un mogano prezioso, erano arricchiti da dettagli in oro.

Il letto, a baldacchino ma per niente simile a quello di Hogwarts che amava molto di più, era ampio, e le tende che lo circondavano erano color cipria, semitrasparenti.

«Che genere di abito dovrei indossare, secondo te?» chiese la ragazza, aprendo la porta di fronte al letto che si affacciava ad un armadio molto assortito che in realtà era una stanza priva di finestre, ampia e con un lampadaio impreziosito da cristalli pendenti.

In un angolo, quasi sembravano nascosti, vi erano i vestiti che amava indossare quando si trovava ad Hogwarts.

A questi, notò, si aggiungeva una catasta di vestiti che non aveva mai visto.

Vi erano per lo più jeans, maglioncini di colori tenui come il beige, lilla, pervinca o bianco panna e blu cobalto; qualche camicia in azzurro, bianco, arancio o del colore dei jeans attirò particolarmente la sua attenzione, mentre sotto di essi vi erano numerose scatole di scarpe da ginnastica di diversi colori.

Tutti quegli abiti erano ancora etichettati, era la prima volta infatti che li vedeva; sapeva che la madre li aveva sicuramente riposti lì per nasconderli dal padre, che non tollerava che la figlia si atteggiasse da perfetta babbana quando non era in casa.

Quanto avrebbe voluto indossare quei vestiti, quel giorno!

Ma poi Jackie attirò la sua attenzione mostrandole una serie di abiti, appesi nella parte opposta della stanza, che la ragazza non aveva mai visto, poggiandoli sulla poltrona della sua stanza, uno sopra l'altro.

«La Signora ha fatto arrivare questi abiti direttamente dalla Francia, mentre voi eravate ad Hogwarts... Non sono bellissimi?»

Gli occhi sognanti di Jackie le fecero capire che lei era l'unica in quella stanza ad adorare davvero gli abiti sfarzosi ed eccessivamente eleganti che era costretta ad indossare.

Quello era ancora il primo giorno di rientro dalle vacanze, e avrebbe voluto avere un po' di tempo per sé per potersi chiudere nella biblioteca che stava dall'altra parte della casa, ma come sempre i suoi piani erano secondi a quelli che i genitori progettavano per lei.

Un lungo abito di un rosa confetto attirò quasi subito la sua attenzione; aveva una semplice fascia in vita dello stesso colore dell'abito, che si legava con un fiocco dietro la schiena. Era a forma di tubino, ma aveva un piccolo strascico in pizzo che partiva dalle ginocchia, e si apriva fino a formare un triangolino. Le maniche erano semplici, fino al gomito, e la scollatura era a barca, poco pronunciata.

«Questo andrà bene...» disse, sorridendo lievemente, e Jackie sembrò saltellare, felice che la sua padroncina avesse scelto l'abito che preferiva.

In realtà, Emmeline si era accorta che Jackie continuava a lisciare la stoffa di quell'abito in seta, così aveva deciso di renderla felice indossandolo, dato che per lei ogni abito era uguale e ai suoi occhi non faceva differenza indossarne uno o l'altro.

Con l'aiuto di Jackie, riuscì ad indossare in poco tempo l'abito; l'elfa legò con un fiocco la fascia all'altezza delle fossette di venere. La ragazza indossò senza pensarci due volte un paio di ballerine marroni, privi di merletti o pizzi, che si abbinavano perfettamente all'abito ed erano comode da indossare.

Pensò ad Alice, che se avesse visto tutti quegli abiti da perfetta principessa, gli accessori luccicanti e le preziose scarpe di tutti i modelli esistenti, sarebbe impazzita di gioia e avrebbe voluto provare ogni singola cosa.

Con il sorriso ampio scaturito dal ricordo di una delle sue più care amiche, Emmeline Vance aprì la porta a due ante in mogano scuro della sua stanza e la richiuse alle sue spalle, ritrovandosi davanti subito la madre che passava di lì e le sorrideva di rimando, convinta forse che il sorriso della figlia fosse rivolto a lei.

«Bonjour Emmeline, questo abito ti sta d'incanto!» disse infatti la donna dall'accento francese, con un sorriso gentile ma trattenuto alla figlia, che sorrise di rimando forzatamente.

L'avrebbe voluta abbracciare, ma quelle poche volte che ci aveva provato la madre le aveva fatto intendere che non gradiva quei gesti così affettuosi e da gente comune.

I lunghi capelli neri così simili a quelli di Emmeline erano legati in una crocchia elegante, che non lasciava sfuggire nemmeno un capello.

Il viso, non più così giovane, era molto simile per i suoi lineamenti a quello della figlia, che sembrava comunque illuminata di una grazia che alla madre, per quanto si sforzasse, mancava. Gli occhi erano grandi, di un azzurro brillante. Per quanto il colore fosse simile a quello della sua amica Mary Macdonald, non potevano essere più diversi per espressione; il barlume sempre acceso di vitalità della ragazza non si avvicinava minimamente all'aria austera e glaciale che i simili donavano alla donna.

«Buongiorno, madre» disse Emmeline, osservando incurante la madre, che sembrò nascondere un'aria dispiaciuta di fronte all'espressione improvvisamente infelice della figlia, che prima aveva sorriso così ampiamente.

«Cara, hai visto i tuoi vestiti? Li ho fatti arrivare da Londra... C'è un posto molto carino che ha abiti di quel genere che mantengono comunque un certo charme»

La donna adesso sembrava essersi lasciata andare, sussurrando quelle parole alla figlia che continuava a camminare in maniera quasi meccanica verso l'ampia scalinata di marmo che si trovava alla fine dell'ampio corridoio, pieno di quadri incorniciati d'oro e di pietre preziose e mobili antichi e pregiati.

Cercava sempre di farsi perdonare per la vita a cui era sottoposta la figlia che la rendeva infelice cercando di accontentarla come poteva. Emmeline sorrideva davvero solo quando si trovava in partenza per Hogwarts, sapendo di liberarsi per un po' di mesi dalle torture a cui era sottoposta.

La vita alla Tenuta Vance era più difficile e noiosa di quanto si pensasse, tra tutte quelle cene formali e incontri in cui Emmeline doveva preoccuparsi solamente di mantenere un'aria composta e di non sfregare le posate contro le preziose porcellane, causando quasi un colpo di stato.

Odiava tutta quella gente con la puzza sotto il naso che utilizzava un linguaggio che amava definire preistorico, odiava i loro discorsi agli occhi del padre lodevoli che discriminavano i Babbani e la gente che proveniva da famiglie magiche modeste.

Mentre questi amari pensieri attraversavano la sua mente, quasi per imporsi mentalmente di abituarsi in fretta a ciò che avrebbe dovuto sopportare, quasi inciampò sul lungo tappeto rosso alla fine del corridoio, mentre la madre prontamente la resse per un braccio, avvicinandosi per la prima volta dopo mesi alla figlia, che si riscosse e sorprese di quel contatto.

«Signorina Ain, vi siete fatta male?» chiese prontamente Jackie, che camminava dietro le due donne, poi Emmeline si volse indietro a guardarla e la rassicurò con un lieve buffetto sulla fronte.

«No Jackie, sto bene, grazie...»

La madre strinse le labbra di fronte a quel gesto così gentile per cui la figlia sembrava sempre esser stata particolarmente portata; fin da piccola, infatti, l'unico motivo per cui era sempre stata rimproverata era per il modo troppo gentile con cui si rivolgeva con così tanta naturalezza a tutti gli elfi domestici della casa.

Si trattene, Cèline Vance, dal rimproverare ancora una volta la figlia. La sentiva sempre più distante, man mano che crescesse, e capiva dallo sguardo di Emmeline che non provava, probabilmente, alcun sentimento per la madre che non fosse disgusto e astio, per non averla mai trattata come una figlia.

Sapeva che Emmeline, che aveva ricevuto tutto ciò che voleva tranne che l'affetto dei suoi genitori, era comunque una bella persona, buona e di sani principi, e si sentiva orgogliosa per ciò che era diventata nonostante sapesse che non fosse suo, il merito.

«Signora, volete una mano?»

Cèline scosse la testa quasi sforzandosi di sorridere a Jackie, che sembrò allarmarsi di quello strano comportamento della donna.

Emmeline scese per prima dalle scale, con una grazia disarmante che aveva subito attirato l'attenzione del signor Vance, che osservava con la bocca socchiusa la figlia, che stava diventando davvero una splendida donna, degna della Casata.

«Buongiorno, padre» disse la ragazza, e il padre sorrise lievemente alla sua bambina annuendo piano, porgendole una mano in segno d'aiuto per scendere gli ultimi scalini che la separavano dal salone così pomposo e sfarzoso.

«Hai dormito bene, Emmeline Ain?» chiese l'uomo, composto.

«Si, padre, vi ringrazio. Spero che voi abbiate passato una notte altrettanto appagante»

L'uomo si lasciò andare ad un sorriso leggermente più ampio, mentre un leggero vociare sembrava farsi più chiaro mentre Emmeline, il signor Vance e la signora Vance attravarsavano l'ampio corridoio che si affacciava alle diverse stanze della villa.

«E' arrivata della posta per te, cara, da Birmingham... Dei tuoi compagni di scuola, immagino...» chiese l'uomo, guardingo.

«Oh, sarà Mary Macdonald o il figlio dei Paciock o dei Potter...»

«Credo di si. Potrai avere la tua posta più tardi, ad ogni modo...»

Il padre aveva un'espressione compiaciuta; seppur non ritenesse nessuno all'altezza di poter frequentare la figlia, ed era per questo motivo che al rientro dalle vacanze Emmeline stava spesso reclusa nella tenuta, era felice del fatto che la figlia frequentasse ad Hogwarts gente comunque discretamente rispettabile come i MacDonald, i Potter e i Paciock, che erano tra le famiglie di più alto lignaggio della comunità magica, anche se li rimproverava di trascurare le buone maniere e usanze a cui i Nobili come loro erano naturalmente predisposti.

«Nella Sala Celeste ci attendono i nostri ospiti, Emmeline. Vorrei che tu mantenessi il tuo solito riserbo»

Emmeline annuì piano, lasciando intendere al padre che avesse capito, mentre erano quasi arrivati nella stanza che ospitava già gli invitati.

«Sarà molto cresciuta, immagino... E' da un po' di tempo che non vedo la cara Emmeline... Frequenta Hogwarts?»

La voce profonda e lenta di un uomo fu seguita da quella fastidiosa di una donna, che suonava di un'allegria quasi macabra.

«Dovrebbe essere al sesto anno, è più grande di un anno del figlio rimasto alla cara zia Walburga»

Lo sguardo di Emmeline si fece curioso, poi si avvicinò cauta all'orecchio del padre, che si abbassò per ascoltare cosa avesse da chiederle prima di fare il loro ingresso nella Sala.

«Chi c'è nella Sala?»

Emmeline notò l'espressione che si fece improvvisamente contrariata nel viso della madre, che strinse le labbra visibilmente infastidita.

Evidentemente, quegli ospiti non dovevano esserle tanto graditi.

Questo non faceva altro che preoccupare notevolmente la ragazza, che comunque non aveva occhi che per il padre che boccheggiava, fingendo di non aver notato l'espressione della moglie.

Il signor Vance attese prima di rispondere alla figlia, osservando la ragazza con espressione quasi desolata che si sforzava di essere cordiale e piacevole.

«Due delle nipoti di mia madre... Bellatrix Black con sua sorella Narcissa e il suo promesso sposo, Lucius Malfoy»



Hello, it's me. 

Allora!! 
Ciao :3
Non vi aspettavate un aggiornamento a così pochi giorni di distanza, eh? 
Già, mi sono proprio messa in testa di riconquistare la vostra fiducia dopo esser sparita per così tanto tempo, dunque eccomi qua! Ad ogni modo, ci terrei tantissimo se qualcuno di voi potesse farmi sapere cosa ne pensa a questo punto degli ultimi avvenimenti, se vi piace il modo in cui tutto si sta evolvendo e man mano cambiando! Ci tenevo a ringraziare davvero tanto Flavia1008 che ha recensito con così tanta tempestività l'ultimo capitolo; cara, non appena pubblicherò quest'aggiornamento, risponderò alla tua recensione!! :D Ringrazio tutte quelle persone che continuano ancora oggi, dopo essere arrivati al Capitolo Cinquantatreesimo, a leggere con la stessa costanza e con lo stesso interesse Lilium, che continua ad essere inserita tra le seguite, preferite o ricordate! Davvero, siete degli angeli... Cosa ho fatto per meritarvi? *-*
Beh, adesso non mi resta che augurarvi una buona serata. Ci sentiremo molto presto. Vostra affezionatissima,
Marauder11. 


 
  
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