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Autore: WaterfallFromTheSky    23/02/2016    1 recensioni
Haruko è solo una innocente ragazzina quando Lady Kagami irrompe nella sua vita, stravolgendogliela. Da quel momento, la giovane sarà costretta a fingere, a fare cose che logoreranno la sua anima, tutto per salvare se stessa e suo fratello. Riuscirà nel suo intento? Sarà capace, la ragazza, di mantenere intatti i suoi principi?
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Il mattino dopo, Haruko aveva svegliato Rikimaru, come promesso, e gli aveva somministrato una bevanda a base di limone e miele. Il giovane stava molto meglio e la bevanda, sebbene non gli andasse particolarmente, gli fece bene. Gli fece mangiare anche molta frutta -per favorire la reidratazione- e, dopo che si fu lavato la faccia, si sentì quasi bene.
Nessuno dei due fece menzione di ciò che si erano detti la sera prima, come se nulla fosse accaduto; Rikimaru le disse invece qual era esattamente la loro missione. In breve, avrebbero dovuto scortare Lord Godha, sua figlia Kiku e il Consigliere Naotada presso la casa di un uomo ricco con cui il Lord doveva stipulare un accordo di tipo commerciale. La missione sembrava semplice e Haruko si augurò che così fosse: se nessuno li avesse attaccati strada facendo, sarebbe andato tutto liscio.
-Mi raccomando, ragazzi. Siate cauti e collaborate- disse il Maestro Shiunsai prima che partissero; in particolar modo, si soffermò su Ayame, ma lei non parve notarlo.
-C'è una cosa per te, Haruko- aggiunse. La ragazza, curiosa, attese in silenzio, seduta; il Maestro si alzò lentamente, aiutandosi col bastone, e tirò fuori una scatola, che porse alla giovane. Lei la prese e la aprì, stupita, sollevata e felice insieme: erano le sue armi! C'era tutto: l'asta, le sue boccette ricolme delle polveri più disparate, i fumogeni, le cerbottane, la polvere accecante, i kunai, i makibishi. Aveva smesso di pensare a tutti quegli oggetti, abituandosi a vivere senza di essi -anche perchè non ne aveva avuto bisogno in quel frangente- ma rivederli e riaverli tra le mani la fece sentire molto più sicura. E felice: finalmente si fidavano di lei tanto da restituirglieli. C'era solo da vedere se le avrebbero permesso di tenerli anche dopo la missione.
-Bene, ora andate. Che gli Dei siano con voi-
-E con voi, Maestro- replicò Rikimaru, solenne. Fu il primo a uscire, seguito a ruota dalle due ragazze.
Il viaggio avrebbe richiesto diverse ore. I tre ninja avevano portato con sè anche alcuni viveri oltre che le loro fidate armi. Si tennero a distanza dalla piccola carrozza di Lord Godha e dalle cinque guardie che li scortavano: avrebbero dovuto celare la loro presenza e intervenire in caso di bisogno. L'effetto sorpresa su eventuali aggressori avrebbe facilitato loro le cose. I tre si divisero, in modo da tenere d'occhio i reali da più angolazioni, mantenendosi nascosti tra gli alberi circostanti mentre la carrozza e le guardie a cavallo percorrevano le strade fortunatamente ben sterrate.
Haruko si tenne concentrata, tentando di ignorare la tensione. Per un attimo si maledisse di aver voluto partecipare alla missione, ma non aveva scelta: se voleva diventare più forte o almeno tenersi in allenamento per poter proteggere i suoi cari, non poteva semplicemente comportarsi come una paesana qualunque. Doveva tenere all'erta i propri sensi, far si che i suoi riflessi fossero sempre rapidi e pronti, il suo corpo ben allenato. Quale modo migliore se non quello di affiancare delle missioni vere e proprie all'allenamento quotidiano? Non le andava a genio, ma non trovava una soluzione diversa.
Ripensò alle parole del Maestro Shiunsai e di Ayame: avevano voluto sapere se fosse ancora una ninja, se facesse parte del loro clan. Bè...non avrebbe mai potuto smettere di essere una ninja, suo malgrado. Lo capì proprio in quel momento, mentre rifletteva immersa nella calma della vegetazione e nella placidità di quel lento viaggio. Per quanto riguarda far parte del clan Azuma...
Collaborare con loro in qualche missione la rendeva un ninja Azuma? Non ne era convinta. E non intendeva far parte di alcun clan: li avrebbe aiutati se ne avessero avuto bisogno -se non altro per sdebitarsi di tutto ciò che loro avevano fatto per lei- ma non le andava a genio l'idea di legarsi ad un clan. Limitava le sue decisioni. Lei voleva sentirsi libera di fare qualunque cosa, che si trattasse di partire e cambiare aria o di mettere su famiglia o semplicemente di non essere più una ninja. O qualsiasi altra cosa.
Il viaggio procedeva lineare, senza alcun intoppo; Haruko ne approfittò anche per fare rifornimento di piante e funghi, che avrebbe poi utilizzato al suo ritorno per ricavarne polveri e quant'altro. Ogni tanto la ragazza vedeva la testolina della principessina sporgersi oltre il piccolo finestrino: era tenera come una bestiola curiosa.
Intorno a mezzogiorno -Haruko lo dedusse dalla posizione del sole in cielo- ci fu una sosta per far riposare e abbeverare i cavalli, accanto ad un ruscello. Lord Godha, il Consigliere e Kiku uscirono dalla carrozza per sgranchirsi le membra; Ayame uscì subito allo scoperto per affiancarsi alla bambina e tenerla d'occhio. Rikimaru e Haruko, invece, restarono nascosti nel verde del bosco. Haruko osservò Ayame, che seguiva la piccola come una balia premurosa. Quell'atteggiamento la colpì e la intenerì: Ayame appariva sempre dura, a volte persino sfrontata, ma evidentemente anche lei celava un lato dolce nel cuore, che la piccola Kiku portava inspiegabilmente alla luce. Come mai Ayame era tanto legata a quella bimba? Haruko certo non poteva sapere che le due si erano legate quando Ayame aveva salvato Kiku dall'accampamento di Toda: Kiku considerava Ayame come una sorella maggiore, ora che non aveva più una figura femminile di riferimento nella sua vita. Le aveva regalato una delle sue "campanelle gemelle" per suggellare quel nuovo legame che si era instaurato in un momento tanto tragico. Agli occhi di Haruko apparivano davvero come sorelle, se non ci si concentrava sul loro vestiario, ovviamente differente per qualità e tipologia. La ninja notò anche che Ayame aveva nascosto le armi: un altro segno della sensibilità e del tatto che la giovane non lasciava mai trapelare. Un vero peccato, pensò Haruko. Non le sarebbe dispiaciuto conoscere il lato migliore di Ayame e stringere amicizia con lei. Ma pazienza, non si poteva certo piacere a tutti.
-Haruko-. Un sussurro interruppe i pensieri della ragazza, che si voltò in direzione di quel bisbiglio. In cima ad un albero era appollaiato Rikimaru. La giovane si arrampicò svelta e lo raggiunse.
-Voglio perlustrare la zona. Se ci sono dei briganti, li anticiperò ed eviterò di coinvolgere Lord Godha e gli altri-
-Va bene. Ma...ci vai da solo?-
-E' meglio di si. Loro hanno bisogno di protezione-
-Ma...e se venissi con te? Tanto qui c'è Ayame. E anche le guardie-. Rikimaru parve rifletterci qualche istante, poi disse:-D'accordo, vieni con me se vuoi-. Haruko annuì e i due balzarono via.
***
Rikimaru ci aveva visto giusto: poco lontano da lì, i due giovani trovarono un gruppo di banditi che si riposavano in una radura. Erano tutti uomini, ognuno dall'aspetto più minaccioso dell'altro. Erano in sei, tutti ben piazzati, seduti in circolo a mangiare della carne che avevano appena cotto attorno al fuoco. Bè, "sbranare" forse era il termine più corretto.
-Che barbari- commentò Haruko, che poco apprezzava il loro aspetto e i loro modi brutali.
-Sono dei banditi, non c'è da stupirsi-
-Comunque, non sono sulla traiettoria che seguiamo noi. E' necessario farli fuori?-
-Sono dei banditi- ripetè il ninja. Intendeva dire che non si poteva mai sapere se in seguito li avrebbero raggiunti; in quel caso, non avrebbero avuto la minima pietà. Rikimaru era un tipo da "prevenire è meglio che curare". Solitamente lo era anche Haruko, ma se si trattava della vita di qualcuno...
-Aspetta, ho un'idea- sussurrò lei, sperando che funzionasse.
***
-Tira fuori il vino!-
-Ehi, quello l'ho rubato io ed è mio!-
-Che schifoso spilorcio!-
-Siamo una squadra! Dividilo coi tuoi fratelli, bestia!-. I briganti smisero di litigare tra loro quando udirono un rumore provenire dalla vegetazione. Come di qualcuno che fuggiva. Gli uomini si scambiarono sorrisi da predatori bramosi; uno fece:-Potrebbe essere un viaggiatore ben fornito-
-O una donnetta ben fornita-. Gli altri sghignazzarono della battuta, dopo di che cinque di loro si alzarono e corsero via in direzione del suono di poco prima, smaniosi di acchiappare la vittima e tutto ciò di cui potevano appropriarsi. L'ultimo rimasto se ne stette lì placidamente, consumando il suo pasto...ma udì un altro rumore. Incuriosito, si alzò senza mollare il cibo -ma tenendo ben stretto un coltello nell'altra mano- e andò in direzione del rumore, insinuandosi nella vegetazione. Fu allora che Haruko spuntò fuori, lesta e silenziosa come un gatto: cercò velocemente il vino menzionato poco prima e, quando lo trovò, stappò la bottiglia e vi sciolse dentro una delle sue polveri soporifere; a quel punto, rimise il vino a posto e tornò a nascondersi, proprio nel momento in cui il brigante tornava, seccato. Dopo alcuni minuti, tornarono anche gli altri, lamentandosi a gran voce di non aver trovato nessuno, che forse si trattava di un qualche animale. Ripresero posto e anche il loro pasto, mentre Rikimaru riappariva al fianco di Haruko. I due ninja osservarono silenti gli uomini che finivano di mangiare e si interessavano di nuovo al vino...
Alla fine lo divisero più o meno equamente tra loro. E si addormentarono pochi minuti dopo, seduti esattamente dove erano, le teste abbandonate sul petto. Haruko sorrise trionfante e disse:-Se ne staranno buoni per qualche ora. Difficilmente ci raggiungeranno-
-E' stata una buona idea-
-Ti ringrazio-
-Prendo le loro armi. Non si sa mai-
-Ti aiuto-.
***
Arrivarono a destinazione nel primo pomeriggio; Godha e il Consigliere furono subito ricevuti dal padrone di casa, che era indisposto -ecco il motivo per cui era stato Godha a doverlo raggiungere, pensò Haruko- e sua moglie. Le guardie reali restarono fuori dalla stanza in cui avvenivano le trattazioni, mentre Ayame si assunse il compito di portare in giro per il piccolo villaggio la Principessa Kiku. Rikimaru e Haruko ne approfittarono invece per riposarsi, la prima sonnecchiando in una delle stanze che i domestici misero loro a disposizione, il secondo visitando il villaggio. Il sonno di Haruko però fu presto interrotto da una cameriera, che la scosse dicendo agitata:-La Principessa Kiku è stata rapita! Lord Godha ti vuole vedere!-.
Quando fu nella stanza ove si trovavano i padroni di casa, Lord Godha e Naotada, vi trovò anche Ayame e Rikimaru; il giovane sembrava arrivato poco prima di Haruko.
-Cos'è successo?- chiese lui ad Ayame. Lei, strinse i piccoli pugni, irata, e spiegò:-La Principessa Kiku voleva andare nel bosco qui vicino perchè ci sono dei fiori particolari, così l'ho accompagnata. Ma siamo state attaccate da dei ninja mascherati. Erano troppi. Sono riuscita a tener loro testa ma hanno rapito la Principessa-. La ragazza chinò il capo: era evidente quanto si vergognasse e si sentisse in colpa.
In realtà, Haruko trovò che fosse stata piuttosto brava e che la situazione avesse preso quella piega non certo per colpa sua: Ayame non aveva neppure un graffio addosso, il che significava che aveva tenuto testa a tutti quei ninja da sola, alla perfezione. Intanto, notò che il signore del posto, un omino esile e pallido, aveva la bocca coperta da un fazzoletto e non faceva che tossire forte; la moglie gli era vicino e gli porgeva dell'acqua, forse nel tentativo di sedare la sua tosse, inutilmente.
-Ninja Azuma, dovete trovare mia figlia!- esclamò Godha, disperato. Era sul punto di piangere, era evidente.
-Si, mio Signore- replicò Rikimaru a nome di tutti.
-Stava andando tutto troppo bene....- borbottò Haruko.
***
-E' qui che ci hanno attaccate- asserì Ayame. Li aveva portati sul luogo dell'attacco: erano alla base di una collina fitta di vegetazione. Il cinguettio degli uccellini era quasi assordante. Haruko notò che, in effetti, c'erano vari cespugli in cui occhieggiavano fiori gialli e bianchi molto graziosi, che non aveva mai visto. Se la situazione non fosse stata grave, si sarebbe concessa di osservarli da vicino. Nel frattempo, si concesse un respiro a pieni polmoni per inalare l'aria fresca e pura di quel bosco bellissimo.
Rikimaru, invece, si concentrò sull'accaduto: immediatamente si guardò attorno per trovare qualsiasi traccia da seguire. Ayame fece altrettanto.
Haruko le domandò:-Che aspetto avevano questi ninja?-
-Le loro tute erano marroni o grigie, comunque scure. Le maschere sembravano rappresentare un qualche demone, erano tutte diverse ma colorate. Avevano molte piume e collane. Più di questo non posso dire-
-Guardate qui-. Le due ragazze si avvicinarono a Rikimaru, che era accovacciato su un ginocchio: guardava un mucchio di perline sparse. Come se una collana di perle fosse stata rotta.
-Potrebbe essere una delle loro collane!- esclamò Ayame.
-Forse la Principessa ha tirato una delle collane del suo rapitore e deve averla rotta- riflettè Rikimaru. I tre ninja non toccarono nulla e andarono oltre, cercando altre tracce. Non ne trovarono, ma non cambiarono direzione.
-Forse dovremmo dividerci. Faremo prima- propose Ayame. Gli altri due annuirono e i tre presero direzioni diverse.
***
Haruko stava proseguendo verso l'alto. La strada in salita la rallentava, ma quantomeno le era più semplice evitare di farsi scoprire. Il cinguettio degli uccelli le riempì la testa tanto da impedirle di agitarsi, nonostante fosse nel cuore di una nuova missione fuori programma. Non incontrò nessuno per forse un'ora; incrociò solo qualche animale selvatico -una volpe, due scoiattoli e qualcos'altro che non vide bene- ma tutti fuggirono non appena la udirono. Iniziò a venirle sete, ma non si fermò, anche se aveva dell'acqua con sè. Quando, non trovando nulla, pensò di cambiare strada, intravide però l'entrata di una caverna. Si avvicinò di soppiatto, tenendosi nascosta dietro un albero. Non c'era nessuno ed era completamente buia, almeno a vederla da lì. Poteva essere vuota e cieca, ma aveva il dovere di controllare. Anche se la cosa non le andava a genio.
Si spostò verso un lato dell'entrata e sbirciò dentro, ma non vide nulla poichè il buio si impadroniva presto del posto.
"Speriamo vada tutto bene" pensò, quindi prese un ramo corto ma robusto che era lì tra l'erba e penetrò nella caverna con passo cauto e felpato, per quel poco che riuscì a vedere prima di immergersi nel buio. A quel punto, seppur riluttante, prese una pietra e la sfregò energicamente contro il ramo, che prese pian piano fuoco; la fiammella non era gran che, ma le permetteva di vedere dove metteva i piedi. Sperò che non le causasse guai, dato che la rendeva visibile.
La caverna era stretta e presto divenne fredda, ma asciutta. Proseguì diritta per un pò, lentamente e coi sensi all'erta per scorgere quanto prima un eventuale pericolo. Non trovò nulla, ma non seppe se fosse una fortuna o una sfortuna. Si chiese dove fossero Ayame e Rikimaru e sperò stessero bene...
Quel corridoio roccioso divenne man mano più largo, il soffitto più alto, ma Haruko provò comunque il bisogno di uscire da lì, sentimento che si sforzò di ignorare. D'un tratto si fermò: le sembrò di non essere sola. Non si sentiva o vedeva nulla di strano, eppure...
Che fosse semplicemente l'inquietudine dovuta a quel luogo ostile? Le venne anche la pelle d'oca, non seppe se per il freddo o l'inquietudine. Tuttavia non osò muoversi. Pensò di spegnere quel fuocherello, ma come avrebbe potuto vedere un eventuale nemico? Tirò fuori un kunai e deglutì, i sensi all'erta. Notò sulla destra un passaggio difficile da vedere e si chiese se fosse il caso di intraprenderlo. Tuttavia il cuore le balzò in gola quando udì un aggressivo:-Chi c'è?!-. Era una voce da uomo. Sollevò il kunai, preparandosi allo scontro, mentre realizzava che probabilmente aveva raggiunto il posto giusto. Questo non la consolò affatto, però.
I passi che si avvicinavano, veloci -troppo-, la agitarono: uno scontro frontale era proprio quello che avrebbe voluto evitare. Anche se era lì proprio per quello, in fin dei conti. Non riuscì a terminare il pensiero  che vide un individuo di quelli descritti da Ayame: maschera colorata somigliante ad un demone, una tuta larga e scura -forse marrone- e collane con perle colorate e piume di vario genere appese al collo, alle braccia.
-Chi diavolo sei?- le chiese, quasi ringhiando; lei non rispose, rimanendo immobile e tentando di riportare alla mente gli insegnamenti di suo padre circa il combattimento corpo a corpo. Doveva sopravvivere, anche se per farlo avrebbe dovuto uccidere quell'uomo. Punto. Era una ninja, no? Doveva uccidere. Volente o nolente.
Il nemico sfoderò una katana e si avventò su di lei. Pronta, la ragazza fece un balzo all'indietro, pronta ad attaccare, ma accadde qualcosa di inaspettato: un'ombra piombò dall'alto sul nemico. Haruko visualizzò Ayame, seduta sulle spalle dell'uomo; un attimo dopo lei si era piegata all'indietro, trascinando il nemico in giù, fracassandogli il cranio sulla nuda roccia della caverna. Haruko udì chiaramente le ossa craniche rompersi, un suono che le ricordò vagamente quello delle ossa della sua mano quando, da piccola, le faceva scrocchiare...
Scoprì di avere più stomaco di quel che pensava: quella visione e quel rumore così limpido e macabro le fecero impressione, tuttavia il sollievo di essere viva e non più sola fu decisamente superiore.
-Quando si dice "capitare a fagiolo"- commentò Ayame, tornando in piedi e lanciandole un'occhiata superba.
***
La strada da cui era arrivato il nemico era illuminata da torce appese ai muri. Si divisero di nuovo: Ayame prese quella strada, Haruko proseguì diritto. Sapere che anche Ayame era lì, seppur non con lei, diede ad Haruko una lieve sicurezza.
Poco dopo, Haruko si sentì nuovamente inquieta. Stava arrivando qualcuno o era solo agitata?
Chiuse gli occhi, tentando di cogliere un rumore, qualunque cosa, ma non udì nulla. Prudente, lasciò il ramo per terra, incastrato tra alcune pietre affinchè restasse diritto, quindi si accovacciò dietro una grossa roccia. Restò così, pazientemente, per diversi minuti. Fu premiata: apparvero due individui, vestiti similarmente a quello che Ayame aveva eliminato prima. I due restarono spiazzati dalla piccola trappola che aveva teso loro la ragazza; prima che iniziassero a cercarla, lei tirò fuori due cerbottane e li uccise in un attimo. Frugò velocemente tra le loro cose -era una cosa che odiava ma che era necessaria- ma non trovò nulla di utile, così li nascose dietro la roccia che lei aveva usato come riparo, ne spogliò uno e indossò i suoi vestiti, che le stavano parecchio larghi. Riprese il ramo e proseguì, più tranquilla per via del travestimento che senz'altro le avrebbe dato un certo vantaggio. Poco dopo vide dei fori lungo le pareti. L'istinto le suggerì che qualcosa non andava; per questo percorse quel tratto di corsa. In questo modo evitò di essere trafitta da una serie di lance che sbucavano proprio da quei buchi nelle pareti.
"Trappole. Forse più avanti c'è qualcosa da proteggere" pensò la giovane, curiosa. Dovette tuttavia lasciare il ramo, divenuto troppo corto. Fu comunque fortunata: più avanti c'era della luce. Il passaggio diventava quindi illuminato anche lì.
Prima di arrivare alla luce, udì rumori di lame che cozzavano: un combattimento. Rapida ma silenziosa, si avvicinò e si appiattì contro al freddo muro. Vide così Ayame, coinvolta in uno scontro con uno dei nemici.
Haruko uscì allo scoperto e si avvicinò al nemico, che le dava le spalle. Ricordò di quando suo padre tentava di insegnarle a uccidere qualcuno rompendogli l'osso del collo. Afferrare la testa dell'altro con due mani e ruotarla con una mossa rapida e forte, senza pensarci troppo. Haruko immaginò il fantoccio che era stato sua vittima quel giorno. Quando il nemico fu abbastanza vicino, gli prese la testa e la ruotò con un colpo secco.
Fu più semplice del previsto, ma la orripilò -non lo aveva mai fatto su qualcuno-. Lasciò andare la testa del malcapitato come se scottasse e lo guardò allibita e incredula. Sudava freddo.
"Un nemico è un nemico. Ti ucciderebbe senza esitare e senza ripensarci dopo. Tienilo sempre a mente quando ammazzerai qualcuno, cara. Non starci a pensare troppo, dopo".
Questo le disse suo padre quella volta. E così fece lei. Si impose di pensare a tutto il male che aveva ricevuto, a ciò che aveva perso, a ciò che non voleva più perdere...e alla povera principessa in mani nemiche. Poteva essere già morta. Ed era solo una bambina.
Ayame la guardava con la fronte corrugata e gli spadini alzati, immobile. Haruko la canzonò:- Quando si dice "capitare a fagiolo"-
-Haruko?-. Il tono della ragazza era incredulo.
-In persona-
-Non avevo bisogno di aiuto- replicò stizzita, riponendo gli spadini nei foderi.
-Non lo sapremo mai. E comunque, un grazie non sarebbe male-
-Zitta o ti scopriranno-. Haruko non aveva voglia di mettersi a discutere, così chiese soltanto:-Proseguiamo insieme?-
-Non vedo alternativa. C'è un'altra strada che ho sorpassato per arrivare qui. Imbocchiamo quella-. Entrambe annuirono e intrapresero quella via.
***
Haruko si offrì di camminare avanti, mentre Ayame la seguiva di soppiatto; sfruttarono così il travestimento della più grande e riuscirono ad eliminare altri tre nemici. Proseguirono per alcuni minuti senza interferenze di sorta, ma Haruko si sentì nuovamente inquieta. Osservata. Non smise di camminare, sicura del suo travestimento, ma un secondo dopo si ritrovò con una mano alla gola, che la soffocava, pigiata contro al muro. La mano, maledettamente forte, apparteneva a Rikimaru: i suoi occhi scuri erano di una freddezza che lei non aveva mai sperimentato, spaventosa. A questo si aggiungeva il fatto che, nell'altra mano, c'era la sua katana, pronta ad affondare nel suo petto...
Chiamò a raccolta tutte le sue forze e urlò, per quanto possibile:-Rikimaru!-. Lo stesso aveva fatto Ayame, ma con voce chiara, quasi autoritaria. Il giovane perse parte di quella terrificante freddezza, affiancata dallo stupore. Non staccò gli occhi di dosso da lei e non allentò la presa sulla sua gola, ma chiese, incerto:-Ayame?-
-E quella è Haruko. Mollala, è travestita-. Rikimaru ritirò la mano in men che non si dica e lei potè respirare, cosa che fece a pieni polmoni, massaggiando la gola con una mano.
-Mi dispiace. Non ti avevo riconosciuta. La prossima volta presterò più attenzione-
-Non ti preoccupare- fece Haruko a mezza voce, ancora un pò scossa. Pur sapendo che Rikimaru era un ninja, lei lo aveva conosciuto come una persona sostanzialmente buona e pacata; quello sguardo assassino su quel viso solitamente tranquillo era traumatico.
-Su, proseguiamo. Kiku ha bisogno di noi- incalzò Ayame, così Haruko ritornò in testa al gruppo, mentre Rikimaru si affiancò ad Ayame, più indietro.
Incontrarono altri tre nemici, che Haruko eliminò a malincuore con un coltello, ma con facilità. Ogni secondo che passava, la giovane sperava che la missione terminasse in fretta...e più si convinceva che uccidere servendosi delle lame, spargendo sangue, recidendo la pelle, trafiggendo i tessuti, non facesse per lei. E ciononostante non poteva mollare.
Quantomeno, stava facendo un pò di pratica...
Poco dopo, davanti a loro, si stagliò un lungo corridoio in roccia, stretto e in discesa. Era illuminato, ma non si vedeva la fine, solo un tondo buio.
"Non mi ispira fiducia" pensò Haruko. Come se le avesse letto nel pensiero, Rikimaru la raggiunse alle spalle con Ayame e disse:-Il mio istinto non mi suggerisce nulla di buono-
-Nemmeno il mio- convenne la ragazza, ma Ayame asserì:-Non ci sono altre strade, però-
-Forse non le abbiamo notate- fece Rikimaru.
-Ma non c'è tempo! Kiku....!-
-Vado io per prima. Starò attenta. Copritemi le spalle- li interruppe Haruko, ansiosa di terminare quella missione e comunque riluttante a vagare per quella caverna fredda e tetra. I due ninja non si opposero, quindi lei mosse i primi passi, cauti, coi sensi all'erta. Si sentiva vulnerabile, come se da un momento all'altro qualcosa avrebbe potuto nuocerle senza che lei potesse far nulla per evitarlo. Si chiese se non fosse arrivata la sua ora. Si chiese anche se, prima di morire, il malcapitato in qualche modo lo avvertisse in anticipo, come stava accadendo a lei in quel momento. Non potè riflettere oltre in quanto, un secondo dopo, si ritrovò a caracollare vertiginosamente lungo quel sentiero scabro, che la conduceva verso il buio. Questo perchè aveva un enorme masso sferico che le rotolava dietro. Se voleva evitare che la travolgesse e la riducesse in poltiglia, poteva solo correre alla massima velocità consentitale dalle sue gambe. Non poteva nemmeno tentare di evitare il masso: il corridoio era troppo stretto, il masso lo occupava quasi tutto. Ed era maledettamente veloce: non avrebbe potuto correre per sempre! Il cuore le batteva all'impazzata, quasi stesse per trapanarle in petto e abbandonare quel corpo, il cui destino sembrava ormai segnato.
-E' la fine! Accidenti!- fece a mezza voce, ripetendolo come un mantra, senza nemmeno rendersene conto. La cosa si fece ancor più difficile: di punto in bianco, dalle pareti spuntavano delle lance al suo passaggio, di lato oppure dal pavimento; lei le evitava per un soffio, balzando o semplicemente per fortuna, grazie alla velocità con cui stava correndo. Ma prima o poi quelle trappole l'avrebbero rallentata e il masso l'avrebbe spiaccicata senza pietà. Eppure, scoprì qualcosa che la rendeva ufficialmente spacciata: il corridoio era cieco!
-Dannazione!- esclamò, senza fiato, pronta a farla finita...
-Haruko!-. Haruko riconobbe la voce di Rikimaru. Non lo vide, nè capì da dove proveniva la voce, ma quando vide un rampino che penzolava dall'alto, lei spiccò un balzo, più in alto che potè, e ci si aggrappò con tutte le forze, serrando gli occhi e aspettando comunque di morire...ma invece avvertì una forza che tirava su e, il secondo successivo, si ritrovò avvinghiata al collo di Rikimaru, proprio mentre avvertiva un fortissimo tonfo provenire dal basso -il masso doveva essersi schiantato contro la parete-.
-Haruko. Stai bene?-. La voce di Rikimaru, così bassa e così vicina al suo orecchio, le fece provare un sollievo immenso, tanto da farla quasi piangere. Non riuscì a rispondere: era troppo affannata, il cuore le batteva troppo forte. Temette di essere colta da un infarto da un momento all'altro, ma fortunatamente ciò non avvenne. Anche Rikimaru ansimava maledettamente: doveva essersi fatto un bella corsa per starle dietro e poterla salvare in tempo. Haruko avvertiva perfino il suo cuore contro di lei...come lui avvertiva quello della ragazza.
-Haruko?-
-Sto...io...sto bene- riuscì a replicare lei, in un sussurro.  Rikimaru tolse la mano dalla sua schiena, sollevato, e lei se ne accorse solo allora. Si staccò da lui, respirando finalmente in modo regolare. Mormorò, guardandolo negli occhi:-Mi hai salvato la vita. Di nuovo-
-Di nuovo?-. Certo, lui non sapeva di averle salvato la vita già una volta, dandole un'opportunità per ricominciare. Lei annuì una volta. E si accorse di provare un profondo affetto per lui. Molto profondo. Sentì il bisogno di accorciare le distanze...
-Su, andiamo. Ayame ci starà aspettando- fece lui, recidendo quel momento di intimità e mettendosi in piedi.
-Certo- fece lei, il volto in fiamme. Si sentì dannatamente idiota. Il bisogno di scrollarsi di dosso quell'imbarazzo le fece notare che erano in un altro corridoio illuminato da torce, ma più ampio di quello in cui aveva quasi incontrato la morte.
-Come hai fatto a salvarmi? E dov'è Ayame?-. Rikimaru, riavvolgendo il rampino, spiegò, laconico:-Quando è uscito il masso, ti abbiamo inseguita per qualche metro, ma poi Ayame ha notato un passaggio in alto. Lo abbiamo preso e io ho continuato a seguire te e quel masso, finchè non ho trovato questo collegamento col tuo tunnel-. Così aveva calato il rampino e l'aveva tirata su, capì Haruko. Annuì e lo seguì in silenzio, così percorsero il corridoio a ritroso per raggiungere Ayame.
***
-Cavoli, la tua stella fortunata lavora sodo- scherzò Ayame quando li vide arrivare. Haruko non ebbe lo spirito di replicare nulla, scossa com'era per ciò che aveva appena passato. Ma la ragazzina non ci badò e aggiunse subito:-Da quella parte c'è un'altra strada. Sbrighiamoci-. Indicava indietro; i due ninja annuirono e la seguirono. Haruko tornò subito in testa al gruppo, anche se dubitava che potesse essere ancora utile: quel masso e le sue urla avevano provocato senz'altro abbastanza rumore da allarmare chiunque lì dentro. Tutti i nemici dovevano essere al corrente della presenza di intrusi nella grotta, vivi o morti che fossero.
I suoi pensieri furono confermati dopo pochi attimi: si ritrovò accerchiata da cinque nemici con le armi già sguainate. Lei fece altrettanto -tirò fuori una katana, l'arma del nemico a cui aveva rubato il travestimento- ma modificò la sua voce rendendola più maschile possibile e disse:-Sono io! Non mi attaccate!-
-Non recitare, impostore! Ti ho visto cadere nelle nostre trappole! Se fossi dei nostri, non sarebbe successo!-
-Chi diavolo sei?!-. Haruko non si era aspettata di riuscire a raggirarli, eppure li maledisse comunque, nervosa. Con lei c'erano anche Ayame e Rikimaru, nascosti, ma erano comunque in inferiorità numerica. Rinfoderò la katana -non intendeva utilizzarla, ma non voleva nemmeno che potessero appropriarsene i nemici- e tirò fuori la sua asta, allungandone le estremità; si sbarazzò della maschera che portava e puntò loro l'asta in metallo, dicendo duramente:-Avete rapito una principessa. Ditemi dov'è-
-Non essere ridicola, mocciosa-
-Perchè l'avete rapita? Cosa volete da quella bambina?!-. L'unica risposta che ottenne fu un colpo di katana, che evitò con un balzo all'indietro per poi spiccare in avanti. Fu rapida, difatti diede un colpo d'asta nel costato dell'avversario, che si piegò in due; a quel punto, gli diede un altro colpo alla nuca, facendogli perdere i sensi. Quasi si ritrovò trafitta dalla lancia di uno degli altri nemici se non fosse stato per Ayame, che gli tagliò la gola alle spalle; a quel punto, si dedicò ad un altro di loro, come stava già facendo Rikimaru. Haruko notò che anche un altro uomo era a terra, morto. Mentre loro se la sbrigavano coi nemici, lei sottrasse ai cadaveri tutto ciò che potesse rivelarsi utile e legò mani e piedi del nemico che aveva battuto ma non ucciso; quando i suoi compagni la ebbero vinta, proseguirono. Rikimaru disse:-Mi è venuta in mente una cosa. Quando ho girovagato per il villaggio, ho sentito alcune donne che parlavano di persone rapite. Pare che ogni tanto, in questo villaggio, qualcuno rapisca la gente ma non si sa per quale motivo. L'unica cosa certa è che nessuno è mai tornato indietro-
-Che bastardi- commentò Ayame, astiosa. Haruko non poteva che essere d'accordo. A quel punto, sembrava abbastanza evidente che i rapitori erano anche i responsabili della sparizione della piccola Kiku.
-Pensate si tratti di una specie di setta?- disse Ayame. Rikimaru rispose:-Non è da escludere-. Avvertirono dei passi frettolosi, di corsa; tutti e tre si nascosero dietro ad una stalagmite di dimensioni non indifferenti, che fu molto opportuna. Giunsero quattro individui, mascherati come i precedenti e con le armi sguainate. Si fermarono proprio lì ma non li notarono; uno di loro disse:-Dividiamoci. Noi due andremo a cercare l'intruso, voi tornate a sorvegliare quella bambina. E' troppo preziosa per il nostro affare-
-Il Maestro Ramitsu ce la farebbe pagare cara se andasse qualcosa storto- convenne un altro. Il gruppo si divise quindi equamente. Haruko, Rikimaru e Ayame si scambiarono un'occhiata, quindi seguirono di soppiatto i due che stavano tornando da Kiku. Notarono un bivio; i due uomini in maschera ne intrapresero uno, e loro anche, a debita distanza. Quella via, in discesa, sbucava in un ampio antro, molto illuminato grazie a una moltitudine di torce a parete. Al centro dell'antro, vi era un altare di roccia, sul quale era stesa la piccola Kiku, addormentata. Era legata mani e piedi e imbavagliata, ma sembrava star bene. Non le avevano nuociuto: i vestiti erano integri e in ordine, e lo stesso valeva per i capelli. Anche la sua pelle era pulita, senza nemmeno un graffio. I tre ninja restarono nascosti dietro delle rocce, a distanza gli uni dagli altri; Haruko notò che Ayame era molto agitata. Sembrava sul punto di mandare all'aria la prudenza per intervenire. D'un tratto, da una delle pareti di quell'antro si aprì un passaggio: sbucò fuori un uomo, vestito come tutti gli altri ma in rosso e privo di maschera. Era anziano ma visibilmente vigoroso.
-Maestro Ramitsu- esordirono i due, inchinandosi. Ramitsu chiese:-Avete notizie del mercante?-
-E' accampato nei pressi del villaggio-
-E avete riscosso i soldi dalla nostra signora?-
-Certamente-. "Mercante? E che signora?" si chiese Haruko.
-Molto bene. Allora prendiamo la bambina e portiamola a Tomaki-
-Maestro, c'è un intruso-
-Di chi si tratta?-
-Non lo sappiamo. Lord Godha è venuto con dei ninja, possiamo presumere che si tratti di uno di loro-
-Quanti ninja?-
-Tre-
-Potrebbero esserci tutti, allora. Se ne stanno occupando?-
-Si, sono tutti in allarme. Stanno setacciando la caverna. Prima o poi li troveranno, qualunque sia il loro numero-
-Bene. Allora noi dobbiamo sbrigarci, prima che ci mettano i bastoni tra le ruote-. I due annuirono, si alzarono e uno di loro prese Kiku. Il Maestro Ramitsu e i due uomini si avviarono verso il passaggio da cui era uscito il primo. Non potevano permettere che sparissero, altrimenti sarebbe stato difficile seguirli e trovarli. Haruko non perse tempo: tirò fuori una delle sue cerbottane, prese la mira e colpì a morte l'uomo che teneva Kiku. Mentre stramazzava a terra, eliminò anche il secondo. Tuttavia, Ramitsu fu lesto a prendere la piccola e a sparire nel passaggio.
-Maledetto!- sbottò Ayame, correndo verso la parete per tentare di aprire quel passaggio. Fu inutile.
-Idiota! Per colpa tua....!- scattò, rivolta ad Haruko, ma lei replicò velocemente:-Dobbiamo uscire da qui, subito! Penso che quel Ramitsu voglia vendere Kiku ad un mercante!-
-E come lo troviamo?!-
-Ci diviamo e perlustriamo i confini del villaggio. Di certo non è su questa collina- asserì Rikimaru, neutro. Ayame emise un verso di impazienza e corse verso l'entrata. Rikimaru e Haruko si lanciarono una rapida occhiata e la seguirono.
***
Percorsero la strada a ritroso, in fretta e furia. Riuscirono a eliminare alcuni nemici alle spalle, ma uno di loro diede l'allarme con un penetrante fischio che rimbombò in tutta la caverna: Haruko si tappò le orecchie, preparandosi al peggio. Presto furono raggiunti da una decina di nemici: Ayame si lanciò agguerrita verso di loro, seguita da Rikimaru. Haruko si difese da uno dei nemici, ma poi la fece finita ricorrendo ad una granata: trafisse al cuore il malcapitato in fiamme senza pensarci troppo -prima di perdere il coraggio- e poi affrontò il successivo, pronta, alla stessa maniera. La attaccarono in tre e per lei fu difficile tenere testa a tutti: riusciva a malapena a parare tutti i colpi con la sua asta. Rikimaru le venne in aiuto: li allontanò tutti e tre da lei e gettò alcuni chiodi per prendere tempo; disse ad Haruko:-Va via, li fermo io-
-Ma....!-
-Non abbiamo tempo da perdere. Va-. Ciò detto, parò il colpo di uno dei tre e lo respinse; Haruko, seppur a malincuore, capì di non avere scelta e obbedì, correndo via. I rumori di quello scontro, tuttavia, attirarono altri nemici: Haruko si fece coraggio, e corse verso di loro, travolgendoli con l'asta e gettandoli tutti a terra. La cosa le riuscì sebbene non fosse imponente o molto forte: merito forse del suo furore e dell'effetto sorpresa. Non perse tempo: lasciò per terra alcune manciate di chiodi e delle mine e riuscì a fuggire via, mentre alcuni di loro andavano a fuoco e altri semplicemente erano rimasti rallentati dai makibishi. Alcuni sfuggirono, tuttavia, ma lei si era già nascosta dietro un angolo: in quel modo, riuscì a trafiggere due di loro in corrispondenza della trachea, mentre un altro inciampò nei loro corpi, e lei potè spezzargli il collo con un colpo secco. La vista di quei cadaveri non la fece sentire affatto fiera, ma si impedì di pensare proseguendo di corsa. Udì altri nemici in avvicinamento; prima di poterli vedere, si servì del rampino per aggrapparsi al soffitto, quindi incastrò faticosamente le mani tra le sporgenze del soffitto, reggendosi sebbene fossero viscide. I nemici passarono di corsa sotto di lei senza notarla. Quando furono abbastanza lontani, balzò giù, si passò le mani sui vestiti per pulirle alla meglio e proseguì la sua corsa.
Raggiunse l'uscita. Trovarsi finalmente all'aria aperta le diede un'incredibile sensazione di benessere. Peccato che non potesse goderne: aveva un compito da svolgere.
-Ti troverò, Principessa- affermò, quindi si gettò in corsa lungo quel versante della collina.
***
Il ragno si calò lentamente, le zampette spalancate. Si fermò proprio davanti al suo viso, in mezzo agli occhi. Lei lo ignorò. Aveva qualcosa di più urgente a cui dedicare la sua attenzione.
Era nascosta sopra ad un albero; sotto di lei, alcuni nemici mascherati correvano lungo la collina. Più volte aveva rischiato di farsi scoprire: ce n'erano tantissimi e apparivano a piccoli gruppi. Aveva preferito celare la sua presenza lassù, ma non poteva restare lì ancora per molto. Doveva agire.
Presto, udì un altro gruppo in avvicinamento, così si affrettò a tirare fuori una polvere soporifera. Ci ripensò tuttavia: le maschere limitavano l'ingresso della polvere nelle vie aeree dei nemici, soprattutto visto che correvano e sarebbero passati troppo velocemente. Così lanciò una buona manciata di chiodi, che fermarono tutti e quattro i nemici. Haruko non perse tempo: ne uccise due lanciando un kunai al centro del loro cervello, un altro con la cerbottana e l'ultimo a mani nude, calando su di lui e spezzandogli il collo. Rapida, si impossessò dei vestiti e soprattutto della maschera di uno di loro e nascose il corpo nudo parzialmente sotto il cadavere di uno di essi e in parte con delle foglie, quindi corse via. Si accorse che stava imparando in fretta. La cosa le piacque e non le piacque allo stesso tempo, ma non si permise di pensarci.
Risalì la collina e, come previsto, incontrò un altro gruppo di nemici; modulò la voce per renderla meno femminile e urlò:-Ci attaccano! I ninja nemici!-
-Dove??- chiese uno di loro. Lei indicò verso il punto da cui era venuta, fingendo agitazione:-Da quella parte! Sono solo due, ma bisogna stare attenti! Quei bastardi!-. Un altro di loro sollevò la maschera quanto bastava per liberare la bocca ed emise un fischio acuto, probabilmente per chiamare rinforzi. Haruko disse:-Troveranno il capo e la Principessa! Dobbiamo raggiungerli! Venite con me!-
-Buona idea, tanto arrivano gli altri- replicò colui che aveva fischiato, che fu anche il primo a prendere la giusta direzione. Si diresse a destra: Haruko e gli altri cinque nemici lo seguirono di corsa.
***
Il paesaggio cambiò gradualmente: avevano percorso la collina sulla destra, attraversando il bosco, dopo di che erano scesi, così il bosco era diradato sempre di più, fino a che il terreno non era più in discesa ma pianeggiante, ed era comparso un piccolo lago. Il pianto di una bambina fece stringere il cuore ad Haruko: era la Principessa! E fortunatamente non era molto lontana.
Tutti loro si diressero verso il pianto e, presto, si imbatterono in Ramitsu, che trasportava la bambina su una spalla, come un sacco. L'aveva imbavagliata.
-Signore! La scorteremo dal mercante Tomaki! I ninja nemici ci stanno dando problemi-
-Accetto il supporto. Facciamo in fretta e poi occupiamoci di quegli scocciatori-
-Forse non è stata una buona idea far venire Lord Godha qui. Non avremmo quelle piaghe di ninja, adesso-
-Bè, era l'unico modo, dato che quel maledetto è malato. E comunque meglio badare a tre ninja che non all'esercito di Godha, ti pare?-
-Giusto, Maestro Ramitsu-. Il gruppo si incamminò, Ramitsu in testa, a passo svelto. Haruko si tenne all'erta per intervenire nel momento più propizio.
-Quanto incasseremo per la piccola principessa?- chiese uno dei nemici mascherati. Era un donna, per la verità.
-Lo vedrai. E' comunque parecchio. Sommato a quello che ci ha elargito la cara signora per il lavoro...-
-E quando suo marito non guarirà, che cosa le diremo?-
-La uccideremo. Il marito non sa nulla e morirà semplicemente della sua malattia. Sua moglie non gli dirà mai cosa ha cercato di fare nella speranza di guarirlo-
-Povera idiota! Davvero ha pensato che esiste un rito magico per guarire dalle malattie?! Col sangue di una bambina, poi!-. Risero tutti, meno Ramitsu; Haruko si unì alla risata generale, facendosi un quadro della situazione e provando molta pena per la moglie del commerciante. E un odio incontrollato per quegli animali.
Ramitsu si fermò e posò la bambina per terra con ben poca delicatezza. Tuttavia poi le carezzò il viso spaventato e in lacrime e disse, fintamente cordiale:-Tranquilla, cara. Tra un pò passerai in mani migliori. Sarai in compagnia-. Si rivolse poi al gruppo:-Due di voi raggiungessero Tomaki e lo portassero qui. In fretta-. Si fece avanti uno di loro -la donna- e Haruko fece altrettanto. La seguì lungo la sponda del lago per poi addentrarsi nuovamente nel bosco. Presto raggiunsero un piccolo accampamento. C'erano tre tende e un fuoco spento. La donna aprì con poca gentilezza una delle tende: Haruko vide una donna magrissima e vestita di stracci trasalire e tentare di allontanarsi dall'uscita. Ma poco poteva fare, dato che era legata mani e piedi. Ad Haruko si strinse il cuore: quella donna era sporca e scarmigliata, ma soprattutto il suo viso pallido ospitava due occhi sbarrati e terrorizzati. Si avvicinò a una delle altre due tende e vi trovò due ragazzini nelle stesse condizioni, solo che questi erano anche imbavagliati.
"Ma che diavolo...?".
-Oh, eccovi!-. Dalla terza tenda era comparso un uomo di mezza età, piccolo di statura, ben vestito e riposato. Sorrideva. Haruko lo odiò al primo sguardo.
-Il Maestro Ramitsu ti aspetta. Ti scorteremo da lui- esordì laconica la donna mascherata. Tomaki disse:-Gradirei che uno di voi restasse qui a sorvegliare i miei schiavi. Non vorrei che riuscissero a fuggire o che succeda qualcosa. Devo ancora venderli-
-Resto io- fece Haruko, mossa a compassione. I due si allontanarono. Haruko aspettò un pò, poi entrò nella tenda dei ragazzini, che emisero un gemito di penoso terrore, piangendo; tolse la maschera e disse loro:-Non sono una nemica. Sono un'infiltrata. Vi libererò e voi andrete via, chiaro? Ma prima aspetterete che liberi la donna nella tenda accanto. Dovete restare uniti-. I due, increduli, annuirono freneticamente. Haruko estrasse un kunai e li liberò recidendo le corde che li legavano con un colpo secco. Si recò poi dalla donna, le disse le stesse parole e fece altrettanto. Prima che i tre sparissero, Haruko domandò:-Quel Tomaki è un mercante di schiavi, vero?-. Annuirono tutti e tre; la donna disse, in lacrime:-E' stato mio marito a vendermi a lui. Non riuscivo a dargli un figlio. Si è liberato di me vendendomi a lui-
-Nostro padre ha fatto lo stesso. Non siamo molto forti e non riuscivamo ad aiutarlo nel suo campo. Ha guadagnato più vendendoci che non facendoci lavorare con lui...-. Anche i ragazzini piansero. Haruko era inorridita. Consegnò loro alcune piccole armi e dei soldi; disse:-Restate insieme e andate il più lontano possibile da qui. Rifatevi una vita. Tranquilli, ci riuscirete. Ci sono riuscita anch'io. Fidatevi delle mie parole-. Strinse le mani della donna e la guardò fisso negli occhi per convincerla delle parole appena pronunciate. Lo stesso fece coi due ragazzini. Fu lieta di vedere parte del dolore nei loro occhi dipanarsi per far spazio alla speranza, alla voglia di fuggire e di vivere, di prendere in mano le loro semplici vite.
-Andate. Presto-. I tre annuirono, racimolarono tutto ciò che poterono da lì -cibo, vestiti, qualunque cosa- e la ringraziarono di cuore, ancora in lacrime, sparendo nella foresta. A quel punto, Haruko rimise la maschera e si sedette accanto al fuoco spento.
***
Ci volle forse mezz'ora prima che Tomaki tornasse. Aveva con sè la piccola Kiku, talmente atterrita che non piangeva più, e la scorta di prima. L'espressione compiaciuta sul viso dell'uomo le fece apprezzare la velocità con cui aveva imparato a uccidere senza nascondersi o usare veleni. Fino a quel momento, pur avendo ucciso a mani nude, Haruko aveva fatto in modo di prendere il nemico alle spalle, limitare le sue sofferenze e soprattutto evitare di incontrare i suoi occhi. Per la prima volta, invece, la ragazza desiderò vedere il terrore di quell'uomo mentre lei lo uccideva.
-Ecco qua. Potete andare- disse lui, poggiando Kiku in una tenda. La donna che lo aveva accompagnato annuì e si voltò per andar via, sicuramente certa che Haruko l'avrebbe seguita, ma si sbagliava di grosso. La ninja la raggiunse alle spalle, afferrò saldamente la testa della nemica e le spezzo il collo con più forza del solito. Tomaki aveva visto tutto e, improvvisamente sgomento e bianco come un lenzuolo, prese a indietreggiare, senza parole. Haruko avanzò verso di lui. L'uomo aumentò il passo, ma inciampò e cadde goffamente, tentando di porre le distanze strisciando col sedere per terra e gemendo impaurito. Impaurito e soprattutto conscio di ciò che stava per succedere.
-M-ma tu...??-
-Io sto per darti ciò che meriti. Sei un lurido mercante di schiavi. Hai approfittato dei più deboli per guadagnare denaro dal loro dolore. Sei...un abietto. Uno schifoso. Per questo ti strapperò la vita. E credimi, lo farò poco a poco-
-No! No, io....!
-Tu che cosa?-
-Io non esisterei nemmeno se non ci fosse gente disposta a procurarmi schiavi!-. Haruko non rispose: era superfluo. Tomaki aveva ragione: sarebbe stato opportuno ripulire il mondo da gente ripugnante come lui e come il marito di quella povera donna o come il padre di quei due ragazzini. Ma era ben conscia di non poterlo fare. Non poteva pensare di vagare per il Giappone eliminando chi viveva del dolore altrui. Per il momento poteva bastarle togliere di mezzo quel verme e salvare la principessa.
Estrasse uno dei chiodi: trafiggere quell'uomo con uno strumento non pensato per quello scopo gli avrebbe procurato più dolore. Quello che meritava.
La giovane avanzò verso Tomaki, il quale indietreggiò ancora, tremando come una foglia, finchè non finì di schiena contro un albero. A quel punto iniziò a pregarla, piangendo:-T-ti prego! Ti darò ciò che vuoi! Tutto il mio denaro!-
-Denaro sporco non ne voglio-. Sollevò il makibishi e lo trafisse una volta, nel petto. L'uomo urlò come un maiale che veniva sgozzato, sebbene la ferita non fosse mortale. L'urlo di dolore e terrore ferì tuttavia il cuore di Haruko, che per natura non era una persona che amava infliggere dolore, seppur meritato. Non volle mollare, tuttavia: strinse i denti e, prima di perdere la determinazione, lo trafisse ancora, più e più volte, sempre più veloce, con rabbia, con odio. Immaginò di avere lì davanti Lady Kagami. Quella maledetta donna, la causa per cui aveva perso la sua famiglia, la sua vita. Il pensiero di lei che moriva per mano sua le impedì di udire le grida raccapriccianti dell'uomo in preda al dolore, alla paura, alla voglia di morire in fretta. Haruko continuò finchè non si accorse di essere in totale balia della rabbia. Spaventata da se stessa, trasalì e indietreggiò, ansimando. Tomaki era ormai morto, il corpo abbandonato contro quell'albero, i vestiti laceri e sporchi di sangue, il viso immobile in un'espressione di dolore e paura. I suoi occhi vuoti erano spalancati, la bocca aperta  grondante sangue. Haruko vide che non lo aveva solo trafitto: lo aveva squarciato. E non aveva più un solo chiodo, bensì due. Gli aveva inflitto il dolore che meritava, era morto soffrendo, sia di dolore che di paura. Tuttavia, la ragazza non era affatto fiera di ciò che aveva fatto. Al contrario, ne era inorridita e in parte spaventata. Sapere di poter essere così selvaggia...
Cadde in ginocchio, piangendo in silenzio ma copiosamente.
***
La Principessa Kiku era stata portata in salvo da suo padre da Haruko, mentre Rikimaru e Ayame avevano eliminato tutti i nemici, compreso Ramitsu, che avevano fatto fuori mentre tornava alla caverna. Haruko, che aveva compreso la situazione, aveva riportato tutto a Godha per filo e per segno: il commerciante che li aveva ospitati era gravemente malato e sua moglie, disperata, si era rivolta a Ramitsu affinchè eseguisse un rito religioso per salvargli la vita. Ramitsu aveva chiesto in cambio la principessa, con lo scopo di venderla al mercante di schiavi Tomaki e guadagnare una cospicua quantità di denaro, a spese della povera moglie del commerciante, ignara del tranello. Ciononostante, la donna fu portata a castello e chiusa in prigione. Lord Godha aveva tuttavia promesso al commerciante un guaritore di nota bravura affinchè ricevesse le cure necessarie alla guarigione o, quantomeno, per lenire le sue sofferenze nel caso in cui la guarigione fosse impossibile.
Tornarono al villaggio dopo il tramonto: Haruko cenò ma, nonostante la stanchezza, non aveva voglia di dormire. Si sistemò sul tetto della casa degli Azuma a contemplare il cielo stellato. Si mise a riflettere.
Ripensò a quello che aveva fatto, al modo brutale in cui aveva ucciso Tomaki...
Inorridì di nuovo, spaventata da se stessa. Fortunatamente, però, ricordò anche di aver liberato quelle tre persone, di aver dato loro modo di rifarsi una vita, esattamente come era stato per lei grazie a Rikimaru in principal modo. Già, lei aveva una nuova vita adesso. La sua vecchia vita non c'era più...restava solo prenderne atto e andare avanti. I suoi genitori, Akahito, il suo villaggio, suo fratello...non aveva più nulla. Era colpa di Lady Kagami. Ma lei era ormai morta. A che serviva serbare rancore contro qualcuno contro il quale non ci si poteva vendicare? Quella donna le aveva tolto tutto...ma non voleva che le togliesse anche se stessa. Haruko non intendeva diventare oscura come lo era lei. Haruko non era così.
"Io non sono così. Ora devo lottare per quello che ho. Per me stessa e per le persone a cui voglio bene". Se lo ripetè diverse volte...finchè non si addormentò, esausta ma non del tutto serena.
***
Haruko sussultò, sebbene il tocco che l'aveva svegliata fosse delicato. Riconobbe subito Rikimaru, nonostante il suo viso fosse ancora celato dalla maschera, che lasciava scoperti solo gli occhi.
-Va a dormire- le disse. Lei si sollevò sui gomiti, annuendo, tuttavia restò lì seduta. Il giovane le domandò:-Stai bene?-
-Si. Si, sto bene-. Non sapeva se fosse vero, ma non se lo domandò. Doveva essere vero. Rikimaru la scrutò, ma non disse nulla. Lei evitò di guardarlo, timorosa che potesse leggere qualcosa di troppo sul suo viso.
-Sei stata brava, oggi-
-Grazie. Ma non lo sarei stata se tu non mi avessi salvata. Sarei morta miseramente-. Rikimaru non rispose. Haruko disse:-Ho l'impressione che tu mi abbia sottovalutata. Non sono molto forte fisicamente e non sono un asso nello scontro frontale...ma, se non valessi nulla, non avrei fatto parte dei ninja di Toda. Se non valessi nulla, sarei morta prima che avessimo potuto incontrarci-
-Hai ragione. Ma non ti ho sottovalutata-
-E allora cos'era quel complimento? Non mi sembra che tu ne faccia spesso. A chiunque-. Il giovane restò interdetto a guardarla. Haruko si pentì di quelle parole: lo attribuì alla stanchezza e al fatto di essere stata svegliata. Non c'era altro.
-Scusami, io...non amo essere svegliata. Vado a dormire. E grazie di nuovo per avermi salvato la vita-
-A buon rendere-
-Già. A buon rendere-. La ragazza si alzò, balzò giù dal tetto e andò a mettersi a letto. 
  
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