Ciao!
Ecco
a voi il terzultimo cap, in cui uno dei più grandi desideri di Debora diventerà
realtà!
Voglio
ringraziare le 30 persone che hanno inserito la fic tra i preferiti dato che
nelle ultime due settimane sono aumentate a dismisura, tutti coloro che hanno
letto e che mi seguono anche se non hanno mai recensito e tutti coloro che mi
recensiscono sempre!
Grazie
mille a:
Giulls:
Tesoro! Possibile che arrivi sempre in ritardo? Eh si, perché da questo cap in
poi Daniele ha la ragazza! Ma possiamo eliminarla, tranquilla… xD Paris non
disturberà più, promesso, anzi, farà un piccolo “regalo” a Deb nell’epilogo,
impossibile ma vero! Curiosa per l’ultima parte delle anticipazioni? Fai bene a
esserlo! xD Un bacione,ti voglio bene!
Gemellina
Dolly: Ciao, carissima! Non preoccuparti, hai rimediato, anzi, speravo che
avresti continuato a leggere! Ti ringrazio, sei sempre gentilissima con tutti
questi complimenti! Lo zio Max comparirà nel prossimo cap, ma nel continuo che
sto scrivendo ritornerà ad essere presente come prima! Ancora grazie per il
commento ^^ Un bacione!
giunigiu95:
Grazie, a me descrivere la parte in stile James Bond e Bond Girl mi ha fatto
morire dalle risate, sono contenta che ti sia piaciuta! E Niko è disperato perché…
Beh, te lo lascio scoprire lasciandoti leggere il cap! ^^
Smemo92:
Ciao! Non preoccuparti, come si dice, meglio tardi che mai, ihih! =D Anzi, mi
fa piacere il fatto che la storia ti sia piaciuta insieme alla protagonista, è sempre bello sapere che si è riusciti nel
proprio intento! Grazie mille per i complimenti! ^^ Non so cosa ne pensi del
fatto che abbia deciso di scrivere anche il continuo, ma spero che ti faccia
piacere e che continuerai a farmi sapere cosa ne pensi! ^^
A
sabato, visto che d’ora in poi sarò impegnatissima fino alla fine della
settimana =’(
La
vostra milly92.
Capitolo 53
Confessions Of A Teenage Drama Queen
Quando
si è felici, si sa, il tempo passa velocemente. Me ne resi realmente conto
quando mi ritrovai davanti alla bacheca dell’università, dove erano stati
affisse le date degli esami del secondo semestre.
Ormai
quell’edificio era la mia terza casa, dopo la mia casa e il mio ufficio. Ero riuscita ad entrarci, totalizzando
un buon numero di punti, e da quel unto la mia vita si era modificata
ulteriormente. Studiavo con piacere, a volte nel mio ufficio stesso, quando
c’era poco da fare.
Certo,
le prime settimane erano stati impegnativi, i vari assistenti mi guardavano in
un modo un po’ diffidente quando, il 7 di ogni mese, trovavo una rosa rossa
sulla mia scrivania, regalo del mio ragazzo che di conseguenza era anche uno
dei loro “capi”, ma già verso novembre le cose si erano messe bene.
Quindi,
leggere quel piccolo “30 aprile” vicino
al mio nome mi portò bruscamente alla realtà, la vera realtà, non quella di Debora
studentessa-lavoratrice-coinquilina-fidanzata-futura zietta.
“Cavoli.
Ma quando ne abbiamo oggi?!” domandai ad Erika, una mia carissima amica che
seguiva i miei stessi corsi.
Lei,
impegnata a trovare il suo nome sulla lista, con i capelli corvini legati in
una crocchia scomposta, rispose distrattamente: “5 aprile, perché?”.
5
aprile. Cavoli. Chissà perché, udendo quella data, ero convinta di avere un
particolare ricordo associato a quel giorno, ma non mi veniva nulla in mente.
“Ero
convinta di stare ancora a marzo” ammisi.
“Certo
che certe volte vivi propri sulla luna, eh” disse. “Andrea ti fa un brutto
effetto! Argh! Ho l’esame il 29!” urlò quasi, agitandosi tutta, tanto da far
crollare definitivamente la crocchia traballante e facendo cadere la penna che
la reggeva chissà dove, mentre tutti si voltavano a guardarla.
“Ma
che, è solo che sono così impegnata che non mi rendo conto di nulla” mi difesi,
prima di domandare: “Cos’hai contro il 29 aprile?”.
“E’
il mio 20° compleanno, uffi” si lamentò.
Ridacchiai
della sua espressione, facendole segno di seguirmi a lezione di letteratura
spagnola.
Per
tutta la lezione non feci altro che pensare al fatto che tra due giorni sarebbe
stato il nostro ottavo mesiversario,
mentre prendevo appunti distrattamente, e che mancava una settimana
all’ufficiale parto di Eliana.
Sorrisi
all’idea, ormai la sua pancia era enorme, e lei era affezionatissima alla bimba
che vi era lì dentro. Anche Niko amava
già la sua futura figlia, tutte le sere li vedevo sul divano intenti nel
parlottare con quella creatura. L’ansia era scomparsa, entrambi volevano
diventare genitori, senza avere rimpianti come all’inizio.
La
cosa più bella, però, era stato proprio ricostruire un rapporto con Niko :
Eliana era sempre confortata da Rossella, ed io mi ero ritrovata a parlarci e a
confortarlo numerose volte in quei mesi, tanto che a quel punto lo vedevo come
un ottimo amico, ma non il migliore, certo, perché ormai quel ruolo spettava a
Daniele, che dalla “sconfitta” di Paris veniva a trovarmi spesso con Sabrina,
la sua ragazza.
Fu
con una particolare spensieratezza- ma anche consapevolezza del fatto che mi
toccava studiare per gli esami imminenti- che ritornai a casa all’ora di
pranzo.
“Eccomi!”
dissi, aprendo la porta con le chiavi, sperando che ci fosse qualcuno.
“Ehi,
sei già qui?”.
Ad
accogliermi fu proprio Niko, vestito da chef improvvisato.
“Si,
oggi è il mio giorno libero dal lavoro” spiegai, togliendomi il giubbino e
appendendolo vicino agli altri. “Eliana?”.
“Dorme,
ultimamente fa proprio fatica a muoversi, non ha nemmeno voluto pranzare dopo
che le ho fato gli spaghetti con il pesce” brontolò. “Ma spero sarai lieta di festeggiare con me,
mentre gli altri ritornano!”.
Sorrideva
apertamente, e sembrava davvero entusiasta.
“Festeggiare?”
domandai, sentendo di essermi persa qualche pezzo.
Mi
guardò deluso, scuotendo il capo.
“Che
giorno è oggi?!” domandò spazientito, spegnendo il gas e scolando la pasta.
“Il
5 aprile, e allor…?”.
Ma
nel momento in cui risposi mi si bloccò il fiato, mentre un flashback molto
remoto si impossessava della mia mente.
“Oggi è un mese che ci conosciamo, ricordi?”
“E’ vero! E’ il
5 maggio!”
“Oh! Sono… Quattro anni che
ci conosciamo!” urlai, come in preda ad una crisi epilettica.
Niko rise, annuendo. “Te lo
sei ricordata!” disse sollevato.
“Si, scusami. Quattro anni,
wow” dissi tra me e me. “Sembra passata già una vita”.
Lui annuì, dopo aver servito
in tavola. “Chi lo avrebbe mai detto, che quattro anni dopo ci saremmo trovati
qui, io quasi padre, tu studentessa universitaria fidanzata con Andrea…”.
“Eh si” riuscii solo a dire,
mossa da una commozione improvvisa.
Forse comprese, perché mi
abbracciò forte. “Per me è stato un bene
conoscerti, davvero, ho capito tante cose. E mi dispiace solo per qualche
incomprensione, ma… Sappi che è grazie a te che ho capito di cosa è capace
l’amore, giuro. Non amerei Eli così tanto se…” si interruppe, preso ad
accarezzarmi i capelli. Non aveva senso terminare, no. Aveva già detto tutto.
Lo strinsi a mia volta,
sentendomi quasi come quattro anni prima. Ma quella volta era diverso, eravamo
cresciuti, e tra di noi non c’era altro che affetto.
“Chissà cosa sarebbe successo
se non mi fossi presentata ai provini” mormorai quando ci separammo, con una
vena di curiosità che voleva semplicemente scacciare l’emozione.
“Chissà! Chi ti dice che non
ci saremmo conosciuti lo stesso, se tu avessi deciso comunque di venire ad
abitare qui a Roma?” ipotizzò Niko, invitandomi a prendere posto e a pranzare
con lui.
“Mmm…” dissi semplicemente.
Pranzammo, e poi lo aiutai a
lavare i piatti. All’improvviso sembrò nervoso, pensieroso, tanto che fece
cadere un bicchiere a terra e per un pelo riuscii a recuperarlo senza farlo
rompere, per non far svegliare Eliana.
“Ma che hai?” gli domandai;
lo conoscevo troppo bene, e quando faceva così voleva dire che c’era qualcosa
che lo turbava.
Si asciugò le mani,
sospirando. “E’ un mese che te nn voglio parlare, ma non trovavo mai le parole”.
“Dimmi”
lo incitai, incuriosita.
“Vedi,
il fatto è che…” iniziò, prima di allontanarsi e ritornare mezzo minuto dopo.
“Cosa
c’è?” domandai spazientita.
Niko
sospirò nuovamente, appoggiandosi al lavandino e guardandomi fisso negli occhi.
“Ehm…
Il fatto è che…” abbassò la voce, cacciando uno scatolino dalla tasca,“Vorrei
chiedere ad Eliana di sposarmi”.
Udendo
ciò scoppiai a ridere. Chissà che guaio mi ero immaginata!
“Wow,
che bello! E allora? Cosa aspetti?” domandai, immaginandomi lui e Eliana con
indosso gli abiti nuziali e comprendendo il significato di quella scatolina.
Lui
fece una smorfia, smorzando il mio entusiasmo. “Ti sembra facile? Sta per
partorire, dopo il parto sarà in crisi per i chili di troppo, conoscendola ci
metterà secoli per trovare l’abito…”.
Non
conoscevo Eliana sotto quel punto di vista, ma annuii debolmente. “Senti, tu
chiediglielo, l’importante è che ti dica di si, pi potrete anche sposarvi tra
qualche mesetto, non è detto che
dobbiate correre!” tentai di incoraggiarlo, sorridendo.
“Tu
dici?” domandò, un po’ più animato.
“Si.
Senti, ricordi quando Daniele vi intervistò? Lì dicesti che avevate deciso di
sposarvi a breve, e lei fece una faccia rattristita! So che vorrebbe che
quell’anello fosse già al suo dito da nove mesi” spiegai, indicando la scatola.
Fece
una faccia scettica, scuotendo il capo. “No, sono sicuro che penserà che la
voglio sposare solo per la gravidanza… In parte è anche per questo, voglio dare
una vera famiglia alla bambina, ma voglio sposarla anche perché mi sembra
inutile aspettare, è lei l’amore della mia vita”.
“Guarda
che queste cose devi dirle a lei, non a me!” ironizzai, spingendolo lievemente.
“Senti, dopodomani io ed Andrea facciamo otto mesi, quindi usciremo e Rossella
sarà nello studio fino a tardi con il produttore. Organizza una cena qui, senza
dover uscire e dover sopportare i paparazzi, parlate un po’ e poi, con tutta la
calma che vuoi, chiedile di sposarti” aggiunsi, colta da un’idea improvvisa.
Finalmente
si illuminò un po’, sorpreso dal mio piano. Stava per ribattere quando
bussarono alla porta, così mi fece segno di zittire quando andai ad aprire.
Annuii
silenziosamente, prima di raggiungere la porta, aprirla e trovarmi avanti Andrea.
“Amore!”
esclamai, facendolo entrare e
gettandogli le braccia al collo. Anche se erano passati otto mesi ancora
mi abituavo alla fortuna a cui ero andata incontro mettendomi con lui, sentivo
di amarlo di più ogni giorno che passava, tanto che mi ero decisa a dirlo a mia
madre. “Davvero? Oh Dio! E’ fantastico!” mi aveva detto, e ci era voluta tutta
la mia pazienza per convincerla a non dire niente a papà, che era noto per la
sua gelosia.
“Ehi,
piccola, sono appena tornato dallo studio” mi salutò, baciandomi. “Tutto bene
all’università?”.
“Si,
ho gli esami a fine mese” brontolai, prendendolo per mano. “C’è Niko di là! Mi
ha appena fatto ricordare che oggi sono quattro anni che ci conosciamo”.
Andrea
annuì, sorridendo beato. “Si, me ne sono ricordato poco fa” disse, stringendo
la mia mano ancora di più mentre si sedeva sul divano del soggiorno. Salutò Niko
con la mano quando passò davanti a noi per andare da Eliana , poi mi strinse a
sé, accarezzandomi i capelli. “Come ho fatto a non innamorarmi subito di te
proprio non lo so…” mormorò, cingendomi la vita e continuando a stringermi a
sé, facendomi sentire in Paradiso.
“Me
lo domando anch’io” mormorai, accarezzandogli una guancia. “Ma l’importante è
che ora stiamo insieme” terminai decisa.
“Giusto,
hai sempre ragione, amore mio” concordò.
In
quel momento mi sentii la ragazza più fortunata del mondo, proprio come mi
sentivo ogni mattina che mi svegliavo e lo trovavo al mio fianco. Il fatto che
dormisse da me era un’abitudine, ma tra noi non era successo ancora niente, e
ad essere onesta, ero contenta così; tra di noi c’era così tanta dolcezza che
non c’era bisogno di altro per il momento, e poi anche l’esempio di Niko ed
Eliana ci aveva insegnato qualcosa.
“Stiamo insieme da soli quattro mesi,
non voglio correre questa volta. E poi preferisco che il nostro rapporto resti
così, non ho bisogno di altro per stare con te” mi aveva detto la sera di
Natale, quando ci eravamo trovati da soli a casa e, come tre mesi prima, ci
eravamo ritrovati quasi senza indumenti addosso senza sapere come.
Dal canto mio iniziai ad indossare il
maglione che mi aveva sfilato poco prima, rossa in viso. “Hai ragione, forse è
meglio spettare ancora un pò. Solo che quando ci troviamo così è difficile
mantenere il controllo” concordai.
“Non dirlo a me, amore” dichiarò mentre
si abbottonava la camicia, da cui si intravedevano i suoi pettorali perfetti.
“Però voglio farlo per la prima volta, e
tutte le altre a seguire, solo ed esclusivamente con te” dissi decisa quando mi
fui completamente rivestita, accoccolandomi accanto a lui. “Sei tu l’uomo della
mia vita”.
A quelle parole sorrise, accarezzandomi
il viso con delicatezza. “Anche io la penso così” affermò. “Sei tu la donna
della mia vita”.
Così,
la sera del 7 aprile mi ritrovai a casa sua, dopo aver gentilmente allontanato
gli altri ragazzi. Per le nove tutto era perfetto: la casa era adornata con
candele profumate, e sul tavolo della cucina lo aspettava il mio regalo, un
album con tutte le nostre foto.
“E’
stupendo” disse, dopo aver cenato. “Ma anche io ho un regalo per te” aggiunse,
“Un regalo che sarà qui a momenti”.
Lo
guardai incuriosita, ridendo. “Un regalo che ha le gambe?!” azzardai,
avvicinandomi a lui che aveva preso posto sl divano.
“Si,
ne ha due paia” mi rispose, stando al gioco e facendomi sedere sulle sue gambe
e iniziando a giocare con i miei ricci come faceva sempre.
Invece
io restai immobile a scrutare il suo viso, tracciandone i contorni con le dita,
finchè non bussarono alla porta.
“Ecco
il tuo regalo!” esclamò sollevato, andando ad aprire e lasciandomi da sola nel
soggiorno.
Chi
poteva mai essere questo regalo? Ipotizzai che fossero i miei genitori, e al
solo pensiero mi si annodò lo stomaco: non ero ancora pronta per le presentazioni
ufficiali con papà…
Quindi
restai sconvolta quando, al posto dei baffetti di papà e della chioma ramata di
mamma vidi la barba di Camillo Santorini e la chioma bionda di Silvia Fortuna.
“Oh”
dissi senza fiato, mentre alle loro spalle Andrea sorrideva. Me ne stavo
immobile, non tanto per Silvia quanto per Camillo, il capo della casa editrice
Albero Bello. “Salve”.
“Ma
guardala! Non ci vediamo da un mese e così mi saluti?” mi rimbrottò
allegramente Silvia, ridendo e correndo verso di me, abbracciandomi.
“Si,
scusa, Silvia” mormorai, lo sguardo fisso ancora su Camillo. “Piacere di
conoscerla, signor Santorini, io sono Debora” dissi senza fiato, domandomi
ancora cosa ci facesse lì quell’uomo che desideravo incontrare con tutta me
stessa da tre anni, dopo il successo della casa editrice di cui avevo la
maggior parte dei libri.
“Lo
so, lo so, e ti conosco anche meglio di quel che tu creda, grazie a questo”
disse cordiale, mostrandomi un libro abbastanza massiccio con la copertina
azzurro cielo. Sopra vi era scritto, in fuxia: “Confessions Of A Teenage Drama
Queen!”.
Leggendo
ciò trattenni il respiro, e dovetti appoggiarmi al divano per non cadere.
Quello era il titolo che avevo dato al romanzo che avevo scritto!
Non
potevano avermi plagiata!
“Lei
ha l-letto…?” iniziai,senza riuscire a terminare una domanda di senso compiuto.
“Si,
il tuo gentilissimo fidanzato mi ha contattato un mese fa per farmi leggere il
tuo romanzo, e l’ho terminato in tre giorni, lavoro permettendo. Ne sono
rimasto innamorato, hai una stile particolare che mi ha affascinato a partire dal terzo rigo
del primo capitolo!” spiegò, sedendosi al mio fianco mentre Silvia ed Andrea ci
guardavano entusiasti. “Perciò, mi sono permesso di stamparlo dato che vorrei
chiederti se ti andrebbe di pubblicarlo con la mia casa editrice, sono sicuro
che nel giro si poche settimane sarà al primo posto nelle classifiche
italiane!”.
Inutile
dire che al suono di quelle parole iniziai a tremare per l’emozione. Il mio
sogno di sempre, quello di pubblicare un libro, di fare qualsiasi cosa che
potesse darmi il titolo di “Scrittrice”, si stava per avverare.
“Ma
certo che lo voglio!” dissi subito, voltandomi verso Andrea che fece un sospiro
di sollievo.
“Perfetto
allora! Sono davvero contento, il pubblico ama le verità sui reality show oltre
che alle storie d’amore. Non ti darà fastidio che tutti sappiano la verità,
no?”.
“No,
onestamente no. E’ una cosa sentita, e mi piace per questo, se così non fosse
stato non sarei mai riuscita a scriverlo” dissi emozionata.
Camillo
sorrise incoraggiante. “Bene, ora non devi far altro che firmare qui” dichiarò,
porgendomi un foglio.
Fu
una serata speciale, in cui dovetti sforzarmi per non urlare dalla gioia. Non
facevo altro che ringraziare Andrea – “Guarda che è da agosto che ci sto
pensando” mi aveva detto- e parlare eccitata con Silvia, che era venuta per
fare da testimone a questo evento, dato che conosceva benissimo Camillo.
“Per
questo ti aspetto appena uscirà il libro al mio talk show” disse davanti all’ennesimo
bicchiere di champagne. “L’ho letto anche io e devo dirti che mi sono
emozionata, specialmente nella parte in cui dici che mi avevi perdonata e che
mi ritenevi un’amica”.
“Oh,
quella è la parte migliore del racconto” ironizzai.
“Allora
ci vieni in trasmissione?” domandò, con un’aria che non ammetteva repliche.
“Certo
che ci vengo, ma solo se può venire anche Andrea” acconsentii decisa. Volevo
rivelare al mondo intero che stavo con lui, dopo quel gesto potevo affermare di
amarlo cento volte di più.
“Vuoi
che ci esponiamo alla stampa?” domandò incredulo.
“Se
per te non è un problema…” dichiarai, mentre Silvia ci guardava con gli occhi
dolci.
“Certo
che no!” esclamò subito, gioioso. “Non vedo l’ora!”.
Scoppiammo
tutti a ridere, e quella sera potetti affermare di aver fatto qualcosa di buono
nella mia vita. Pensare che il mio romanzo sarebbe stato pubblicato mi faceva
girare la testa, era davvero troppo per me, che ero abituata a restare
nell’ombra di tutti gli amici famosi che avevo.
Stavo
ancora ringraziando Andrea con qualche smanceria quando, alle undici e mezzo,
il campanello iniziò a bussare freneticamente.
Senza
capire, ci avviammo verso la porta per aprirla, e ci trovammo davanti un Niko disperato.
“Ragazzi,
Eliana ha rotto le acque!” urlò in preda al panico, e prima che potesse
aggiungere altro io e Andrea eravamo già fuori, pronti a portare la ragazza
all’ospedale con la macchina.
Qualche Anticipazione:
“Oh,
ti amo per il fatto che tra un po’ sarai la scrittrice preferita di tutti i teenagers,
ovvio, no?” ironizzò, facendomi ridere.
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“Non anc…” iniziai, ma fui
zittita da Niko che iniziò a correre verso di noi, come se fosse impazzito.
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“E
comunque io e Niko dobbiamo dirvi una cosa… Abbiamo deciso di sposarci!”
aggiunse la ragazza, mostrandoci l’anello che portava all’anulare sinistro.
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“Ricorda
che sei tutta la mia vita” sussurrò contro il lobo del mio orecchio destro,
mentre mi sfilava delicatamente la maglietta.
_____________
“Grazie,
Max, quanto mi sei mancato!” esclamai.