Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Diomache    25/02/2016    3 recensioni
Immaginate una prima stagione diversa da quello che abbiamo visto. Viserys muore, il matrimonio con Drogo salta, Sir Jorah deve consegnare Daenerys ma la porta al Nord, da Eddard Stark, che sa che non l'ucciderà mai. Dany viene accolta ed adottata dal Nord, ma la sua vita ha un prezzo per la casata Stark e tutto sembra andare a rotoli. Sansa la odia, Catelyn deve darle in sposa il suo primo figlio, eppure lei si innamora del bastardo, Jon, che la ama dal primo momento ma ha già promesso che prenderà il nero e mai nella vita tradirebbe suo fratello. Con i Lannister di nuovo sul piede di guerra, i sensi di colpa, le strane visioni, e le uova di drago, sarà così semplice per loro mettersi contro il destino?
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daenerys Targaryen, Jon Snow
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Eccomi, sono tornata!!! Scusate, amici, per il mio spaventoso ritardo! Diversi impegni ed una brutta influenza mi hanno decisamente remato conto ma eccomi qua! Voglio ancora una volta scusarmi se i fan di questa meravigliosa saga che è Game of Thrones (che non mi appartiene, of course) troveranno questa storia decisamente bizzarra ma era da troppo tempo che la mia mente la elaborava… non ho potuto fare a meno di buttarla per iscritto!

Un grazie sincero a tutti i miei lettori, in particolare a chi ha recensito il precedente capitolo: Dance, Joanna Snow, Laucace_Giuls17_ e Geneve: grazie!

aspetto con ansia, come sempre, le vostre opinioni! Per il momento vi auguro una buona lettura!

Vostra, D.

 

 

 

 

I’m Daenerys Stark.

(After all, dragon plants no tree)

 

 

 

 

PARTE 4

 

 

Ultimamente i giorni trascorrevano veloci, tutti uguali e statici ed Arya aveva spesso l’impressione che le scivolassero dalle dita, come se fossero liquidi.

Finalmente, dopo tanto tempo, era arrivata una lettera da sua sorella Sansa ma era così piatta e vuota che non poteva quasi credere che fosse davvero stata lei a scriverla. Certo la calligrafia combaciava e c’erano anche diverse delle espressioni che sua sorella effettivamente usava abitualmente, nel parlare, ma nel complesso era uno scritto straniante e vuoto e Arya si rifiutava di credere che avessero in poco tempo trasformato sua sorella in un abito con le trecce, senza un minimo spessore.

Per questo avrebbe voluto non riceverla mai, quella lettera, perché invece di placare in qualche modo la sua ansia l’aveva aumentata rendendola schiava del dubbio che qualcuno li controllasse e che le cose andassero talmente male che non v’era modo di comunicare, nemmeno per iscritto, nemmeno per la promessa regina dei Sette Regni.

In tutto questo le lezioni con Sirio erano un balsamo a cui non poteva pensare di rinunciare. Il suo maestro le aveva insegnato in poco tempo la leggerezza e la grazia dei movimenti giusti in un combattimento e oltre ad istruirla a padroneggiare la spada, e le aveva assegnato anche diversi compiti buffi come acchiappare gatti o topi all’inizio, e poi le aveva chiesto di imitarli, strisciando e camminando come loro, senza essere vista, leggera e letale, le diceva spesso Sirio, parlando di lei, della lotta, della morte.  

Lei pensava che quegli allenamenti l’aiutassero a capire qualcosa in più di se stessa, lo scopo finale era conoscersi e poi sfruttare le proprie abilità a suo vantaggio, ma quel tardo pomeriggio, Arya Stark capì che non avrebbe scoperto qualcosa solo su stessa, ma in un modo o nell’altro, anche su qualcun altro.

Stava esplorando la Prima Fortezza, un luogo che lei reputava magico, perché solitario, vecchio, dimenticato, un po’ fuori posto e a lei piacevano le irregolarità dei mostruosi visi dei Gargoyle che stavano a guardia della rocca, e la pesante malinconia che si respirava, visitandola. L’aveva costeggiata con leggerezza, prima seguendo un gatto, poi quando il gatto aveva cambiato strada e il seguirlo l’avrebbe portata altrove, si era fermata, incuriosita, dall’impressione di udire delle voci, provenienti dall’interno.

“Non è possibile. Nessuno viene qui.” Mormorò scegliendo di circumnavigarla dall’altro lato, la struttura era bassa e tozza, non era che un ricordo delle vecchie costruzioni e per poter sbirciare dentro non c’era quasi bisogno di arrampicarsi, bastava salire di un piano, come fanno i gatti.

Le voci non se le era inventate. C’erano ed erano stranamente familiari.

Arya si mosse leggera, curiosa, e man mano che si avvicinava aveva l’impressione di non dover essere lì, uno strano brivido percorreva la sua schiena ma non ne capiva il motivo. Poteva andarsene ma ormai non aveva senso essersi spinta fin là e non avere una risposta, ed era ancora un po’ distante, non poteva quasi distinguere nessuna parola. Tanto valeva avvicinarsi un po’ di più e capire che succedeva, di gran segreto, nella Prima Fortezza.

Arrivò appena sotto uno dei muri crollati e non poteva proseguire oltre o l’assenza di pietre l’avrebbe smascherata. Doveva appena sporgere il capo ma doveva farlo in modo cauto e ragionato, senza fare rumore o l’avrebbero vista. Si prese qualche istante e ne approfittò per cercare di capire chi fosse la donna, la più familiare delle due voci, e perché fosse così agitata. Parlava velocemente e a bassa voce, il suo interlocutore era un uomo e sembrava spazientito ed arrabbiato.

Lui parlava ancora più piano rispetto a lei, ma aveva un tono più profondo ed Arya riuscì ad intendere diverse parole, prima senza senso tra di loro, poi man mano, acquisirono significati strani ed assurdi come unione aberrante, matrimonio segreto.

Ma fu quando sentì tradimento agli Stark che Arya capì di non poter più aspettare altro tempo. Prese un respiro come gli aveva insegnato Sirio, contrasse i muscoli dei lombi e sporse il capo dalla rovina del muro, appena quanto bastava per vedere. Il suo cuore mancò di un battito e una feroce rabbia rischiò di toglierle la vista.

Aveva visto e sentito abbastanza.

Tornò indietro velocemente, come un felino in fuga, gli occhi che minacciavano di trasformare la rabbia in lacrime, e uno strano senso di sudore freddo che l’accompagnava nel ritorno. Non poteva credere che Daenerys potesse essere in quella stanza, in una stanza dove aveva chiaramente sentito qualcuno dire le parole tradire gli Stark.

Eppure non c’erano dubbi. L’uomo non lo conosceva, lui poteva vederlo di fronte ma la distanza non gli permetteva di distinguerne bene i tratti del viso, ma lei, oh su di lei non aveva dubbi. Nessuno era tanto tracciabile al Nord come Daenerys Targaryen, i suoi capelli bianco argento erano il suo biglietto da visita, e poi la conosceva così bene ormai da saperla riconoscere anche senza quel dettaglio, passava con lei molto tempo sapeva quali erano i suoi abiti e quella voce, sì tutto tornava, adesso sapeva perché le era così familiare.

Un qualunque pensiero dei loro pomeriggi insieme la portò a considerare che Daenerys poteva essere lì per sventare un tradimento agli Stark, perché forse aveva scoperto qualcosa. Purtroppo anche se il suo cuore desiderava ardentemente che fosse così, sapeva che non poteva essere vero. Era l’uomo che appariva indignato, era lui che aveva detto sarebbe come tradire gli Stark.

Era lei che macchinava. Era lei che… tradiva? Com’era possibile? Pensò a sua madre e a Sansa e si ricordò delle tante volte che l’avevano messa in guardia su di lei, intimandole di non legarsi troppo alla straniera perché non era una di loro e presto o tardi sarebbe venuto fuori.

Una delusione cocente riportò Arya nella sua stanza. A breve sarebbe dovuta scendere per cena, ma non aveva alcun appetito, solo una gran voglia di piangere.

 

***

 

“Niente, e tu?”

“Niente.”

Sospirò lui, all’imbocco della Torre della Biblioteca, il luogo in cui si erano dati appuntamento, per parlare, prima di scendere a cena. Jon sembrava incupito ed era nervoso come un cane in gabbia, i suoi occhi erano inquieti come quelli di un uomo che non si era mai fermato, negli ultimi giorni. In effetti era così: nelle ultime ore non v’era paesano che Jon non avesse consultato alla ricerca di un septo o di una septa, possibilmente in viaggio, di passaggio, come quelli dell’ordine dei poveretti che rimanevano poco in ogni luogo, cercavano adepti e, magari, avevano voglia di celebrare anche un matrimonio scomodo, per così dire. Ma non aveva avuto fortuna e la cosa lo stava progressivamente deteriorando, rendendolo nervoso ed insofferente.  Gli uomini di culto che era riuscito a consultare avevano strabuzzato gli occhi e parlato amaramente, i più sgradevoli, mentre avevano solo negato col capo ed augurato alla coppia di ravvedersi presto, i più misericordiosi.  

Una parte di lui continuava a pensare di stare commettendo un grosso sbaglio: la mente gli ricordava di non avere diritto di compiere quel passo come figlio bastardo mentre il cuore gli suggeriva che era un abominio, come fratello di Robb.

Anche Dany sembrava un po’ stanca. I lunghi capelli erano stranamente sciolti e poco intrecciati ed un velo di tristezza incupiva anche lei. Nemmeno le sue ricerche avevano dato buon esito. Si era informata leggendo alcuni libri circa la religione dei Sette Regni ed aveva cercato di capire come fossero organizzati gli ordini religiosi qui ad Ovest e come poteva fare per contattarli. Ovviamente la Septa Mondane di Casa Stark era stata esclusa a priori ma si era resa conto che nessun’altra donna si sarebbe prestata, ad aiutare una Targaryen. Quindi aveva saputo di un sacerdote di Essos, proveniente dalla Valyria, che transitava in casa Stark in quei giorni, per alcuni affari ed aveva sperato, invano, di farcene anche lei.

“ … il mio incontro con il sacerdote di Essos è stato pessimo.”

Jon si avvicinò, accarezzandole il viso. “Da come sei cupa, non deve essere stata una conversazione piacevole.”

 “Neanche un po’. A quanto pare anche chi commercia vino si sente in diritto di darci lezioni di fedeltà.”

Jon non potè fare a meno di ridere, amaramente. “Bene sono ridotto a questo ormai, a chiedere l’elemosina per sposarmi e a farmi dire da idioti qualunque che sto tradendo mio fratello.”

La giovane Targaryen capì di aver parlato troppo. Forse non avrebbe dovuto fare menzione di quello che il septo gli aveva urlato, fino a poco tempo prima, nella Prima Fortezza, non avrebbe dovuto ricordare ad entrambi ma soprattutto a Jon, quello che tutto ciò rappresentava agli occhi di un esterno alla faccenda, quello che avrebbe rappresentato per Robb.

“Jon…” iniziò, cercando di prendergli il braccio ma lui lo scostò con un gesto spazientito. “Per favore, Daenerys.”

Il cuore gli si stringeva in una morsa amara ogni volta che guardava negli occhi suo fratello, ogni volta che pensava a quello che stava organizzando alle sue spalle e si sentiva un uomo ingrato, senza onore, senza una morale, diviso tra i due amori che gli avevano cambiato la vita, quello per Daenerys e quello per la sua famiglia, nella persona di Robb. Diviso tra l’amore e il dovere.

Spettro sembrò trovarli, ad un certo punto, come se lo stesse cercando da tempo, in apprensione. Ignorò Dany come d’abitudine e corse incontro a Jon facendogli le feste, felice. I suoi occhi rossi sembravano porgergli indietro tutti gli interrogativi che avevano già albergato nella sua mente e il lupo appariva quasi dispiaciuto di portare solo se stesso, al padrone, e non le risposte che cercava.

Jon camminò avanti e indietro per qualche minuto, poi si fermò di colpo a guardarla. Lei sembrava aspettarlo, con il volto insolitamente deciso.

“Jon so quello che significa per te.- disse avanzando verso di lui.- Ma io non intendo farmi dire da nessuno quello che devo fare, tanto meno da grassoni che predicano una misericordia che non hanno voglia di applicare.”

Ma quelle parole non ebbero presa su di lui. L’osservò per qualche istante, poi s’avvicinò per lasciarle un bacio a stampo, fin troppo veloce per lei. “Devo stare un po’ da solo.” Le voltò le spalle e in un secondo scomparve tra i corridoi del castello, lasciandola da sola, sulla soglia della grande biblioteca.

Spettro le mostrò i denti, prima di seguire fedelmente il suo padrone.

 

***

 

 

Era da poco finito il pranzo.

Quel giorno il sole di Grande Inverno sembrava ancora più pallido, l’avanzare della stagione fredda portava con se giornate sempre più brevi e il sole sembrava soffrire di una stanchezza irrimediabile come se avesse esaurito il grosso dei suoi raggi nella stagione estiva.

Il pranzo era trascorso velocemente, Dany aveva impiegato gran parte delle proprie energie a chiedersi perché Arya avesse scelto di sedersi accanto a sua madre e non al suo fianco, come sempre, e aveva quasi non notato che Robb l’aveva fissata per tutto il tempo. La cosa però non era sfuggita a Jon, che aveva mangiato in fretta e male e lamentando di aver un appuntamento, si era velocemente alzato da tavola.

Daenerys l’avrebbe volentieri imitato se non fosse stata intercettata in tempo da Catelyn. La donna le si era parata dinnanzi con un cesto di baccelli di piselli verdi e l’aveva lasciato cadere pesantemente nel tavolo davanti a lei. “Diamo una mano con questi Daenerys, ti va?” Era una retorica, ovviamente. “Arya, anche tu.”

La piccola Stark era tornata indietro, dopo che sia lei che Nymeria avevano appena varcato la soglia della Sala Grande. “Madre, ho la lezione con la Septa tra un’ora.”

“Me ne compiaccio, avremmo finito in molto meno che un’ora.”

Le due obbedirono. Dany si sedette al suo posto e cercò lo sguardo complice della piccola Stark ma quella la evitò accuratamente. Uno strano rossore si dipingeva sul suo volto allungato.

“Bene.” Esordì Catelyn, iniziando l’opera. “Arya, volevo parlarti della tua educazione. Sono molto contenta che tuo padre abbia esaudito la tua necessità di… impratichirti nelle arti della lotta, due insegnanti sono venuti qui per te, sbaglio? I tuoi genitori ti hanno ascoltata ed hanno esaudito le tue richieste.”

Non prometteva bene.

Gli occhi scuri della giovane non osavano alzarsi per osservare in faccia la madre, temeva che anche sbagliando a muovere un singolo muscolo tutta la conversazione sarebbe volta al peggio. “Sì, ve ne sono molto grata.” Disse soltanto, continuando a pulire i baccelli e a liberare i piccoli piselli verdi dal loro involucro. “Infatti il mio insegnante, Sirio, è fenomenale…” continuò timidamente, ma Lady Stark l’interruppe velocemente. “Lo so, lo so. Veniamo al punto, però. Circostanze… sfavorevoli…”

I suoi occhi verdi si puntarono su Daenerys che ricambiò lo sguardo, dura.

“Ti hanno portato ad alimentare la tua natura… selvatica, Arya. Te lo dico senza mezzi termini, sono tua madre, lo sai che ti voglio bene e che faccio tutto per il tuo bene.”

“Ma questo non ha senso…”

“Sì, ne ha. Grande Inverno ha bisogno dei suoi lord e delle sue lady, e tu devi diventare una di queste.”

Arya tirò il baccello che aveva in mano sul tavolo. “Mio padre ha detto che potevo diventare cacciatrice!”

“Sì ma tuo padre non c’è, Arya. E quando sarai una lady potrai anche cacciare se lo vorrai! Se tuo marito non lo troverà inopportuno…”

“Marito...? Cosa?”

“Ho deciso.- continuò sua madre, in un tono non senza privo di dolcezza ma molto fermo.- che per il tuo bene dovresti andare per un po’ di tempo a Delta delle Acque, dalla mia famiglia. Ti farà bene cambiare un po’ ambiente, e starai anche più al sicuro.”

“Che cosa? Non ci penso nemmeno!” urlò la piccola alzandosi in piedi. “Come farò con le mie lezioni? E…”

“Le tue lezioni avrebbero dovuto finire da un pezzo. Andiamo Arya, hai bisogno di un cambiamento, te lo assicuro.”

La giovane Stark rimase in silenzio, in piedi. Le sue guance erano paonazze ormai e teneva gli occhi bassi, i pugni stretti di rabbia. “Perdonate madre ho mal di testa, torno in camera mia.”

Senza aspettare di essere congedata, fuggì via da quello che sembrava l’ennesimo incubo, e Nymeria le fu subito dietro. Daenerys la seguì con lo sguardo finchè non lasciò la stanza e poi tornò a fissare lei, Lady Stark. “Perché l’ha fatto?” chiese, smettendo di lavorare.

“Non ti immischiare negli affari di questa famiglia” La freddò Cat, prontamente. Il suo tono si fece più basso e cupo. “Allora? Perché stai perdendo tempo? Dovevi già essere in viaggio.”

Dany serrò le mandibole “Devo organizzarmi.”

Devo o dobbiamo?” battutina sagace e corretta, osservò la bionda.

“Devi partire entro la fine di questa settimana”

“Forse dovremmo dirlo a Robb.”

In realtà non ci aveva ancora ragionato, ma sapeva che questo avrebbe alterato Catelyn.

“Non osare. Lascia Robb fuori da questo piano. Lui non lo approverà mai e vorrà venirti dietro!”

Daenerys inarcò un sopracciglio. “Non può controllarci tutti, Catelyn.”

“Stammi bene a sentire” la donna le prese il polso, in uno scatto. Dany non se l’aspettava e sobbalzò “Mio marito non c’è ed io devo tenere i miei figli al sicuro. Anche da te, e lo farò con ogni mezzo che posseggo. Eddard ti ha protetta, adesso è il tuo turno, devi fare tu qualcosa per lui e per la sua famiglia. Questa non è la nostra battaglia, Daenerys, lasciaci fuori.”

“Non è neanche la mia, di battaglia.” Tentò di liberare il polso ma la donna non mollò la stretta.

“Ah no? La ribellione, i dorniani, non aspiri alla guerra, al Trono? Vuoi davvero farmi credere che la tua famiglia non conti nulla per te?”

Daenerys si trovò ad ammutolire. Deglutì lentamente e la gola le bruciò forte. “Cosa c’entra la mia famiglia.”

Catelyn le lasciò il braccio, con un sorriso soddisfatto, e riprese a lavorare, sbucciando i piselli, in silenzio. Quando rialzò lo sguardo non era più lei.

Daenerys sobbalzò nel vedere che il volto di Lady Stark aveva lasciato il posto a quello di una donna dai capelli argento, con i suoi, pallida in modo innaturale, con profonde occhiaie nere a circondare gli occhi ametista dei Targaryen e gli angoli della bocca pieni di sangue. Non lo sapeva ma il suo cuore parlò per lei, dicendole che si trattava di sua madre, Rhaella Targaryen.

Aveva la gola chiusa dal terrore, avrebbe voluto andarsene ma quella visione la inchiodava alla sedia.

Due uomini si avvicinarono a Rhaella, Dany riconobbe senza difficoltà suo fratello Vyseris e l’altro uomo, affascinante e regale, doveva essere Rhaegar.

“Ci hai uccisi tutti, sorella.” Disse il primo.

“No, io…” provò a dire lei, ma con orrore notò solo in quell’istante che Rhaegar aveva una mazza conficcata nell’addome, che continuava a sanguinare, come il collo di Vyseris, palesemente tagliato.

“Continui ad ucciderci.”

“Daenerys.” Disse Rhaella cercando di sorridere ma i suoi denti erano neri ed un fumo denso uscì dalla sua bocca, e poi fuoco e fiamme e sua madre divenne un drago, seduto davanti a lei, e poi anche i suoi fratelli si trasformarono ed iniziarono a sputare fuoco, fuoco che l’inondò dalla testa ai piedi.

“Daenerys!”

Urlò più forte Catelyn, di nuovo se stessa, davanti a lei.

Per Dany fu come risvegliarsi da un incubo. Il cuore le batteva forte, si sentiva sudata e strana, l’immagine della sua famiglia le aveva ricordato come erano stati brutalmente assassinati ma il fuoco di cui l’avevano ricoperta non le aveva fatto male e non solo perché era il prodotto della sua immaginazione, l’aveva fatta bruciare d’emozione e di vendetta. Di ambizione.

“Hai sentito quello che ho detto?” la rincalzò Lady Stark, lievemente turbata dal vederla così distaccata dalla realtà.

Senza accommiatarsi, senza chiedere scusa, Daenerys tirò in malo modo i piselli che reggeva ancora in mano e lasciò la Sala Grande, con le critiche della Stark ad accompagnarla.

 

***

 

“Io non andrò mai, a Delta delle Acque, mai!” sbraitava Arya a voce abbastanza elevata, anche se, lì, immersi nella Città d’Inverno la sua voce poteva solo confondersi e mischiarsi alle altre, brulicanti chiacchiere che il popolino intesseva intorno al loro.

Tante volte le avevano raccontato di come fosse allegra e ridente la Città d Inverno, quando le famiglie, i mercanti e i bambini tornavano a popolarla, dopo l’Estate. E in effetti era così e sembrava mettere tutti di buonumore, lei Jon ed Arya chiacchieravano animatamente come avevano sempre fatto. Certo, Arya era costantemente schiva nei suoi confronti, ma quell’uscita sembrava parzialmente recuperare la freddezza che la piccola Stark aveva iniziato a nutrire verso di lei. Daenerys comunque, continuava a non spiegarsi il suo comportamento.

Viaggiavano senza scorta. Jorah Mormont li seguiva passo passo, discreto come se fosse uno della compagnia, solo più silenzioso e con la mano fissa sull’elsa della spada.

“Sorella, forse stai esagerando. Delta delle Acque ha un clima più mite, è piena di boschi e poi ci sono i fiumi… c’è tuo nonno, tuo zio…” Jon cercava di tirarle su il morale ma non era semplice tranquillizzarla e non sapeva davvero cosa trovare di eccitante da dire, su Delta delle Acque.

“Capirai!” sbuffò infatti la sorella, facendoli ridere tutti e tre.

Jon e Dany si scambiavano teneri sguardi segreti. Non si erano più chiariti da quella sera in cui lui l’aveva piantata come una sciocca sulla soglia della biblioteca, ma lei non sembrava risentita così lui si azzardò a prenderle la mano, un gesto un po’ ardito visto che non erano soli, ma ebbe il suo effetto perché Dany si lasciò sfuggire un sorriso.

Lei cercò quindi di sfilarla ma lui la teneva salda nella sua, in un piccolo gioco di strattoni e sorrisi che sembrava passare inosservato ad Arya, intenta ad osservare la bancarella dei giochi di prestigio, ma che non sfuggì di certo a Sir Mormont che non mancò di schiarsi la voce, infastidito.

Imbarazzata, Dany si avvicinò velocemente al banco delle magie “Ehi Arya che guardi di bello…” iniziò la bionda ma venne subito interrotta dal maestro di prestigio che, vedendola, fermò all’istante i suoi trucchi, scatenando i mormorii di dissenso dei presenti. “Mia signora! Lei è o non è Daenerys Targaryen Nata dalla Tempesta?”

Tutti si voltarono a guardarla, accigliati.

 “Non sei al massimo della popolarità, eh” commentò Arya, infastidita dal fatto che qualcuno si azzardò perfino a sputare in terra. Per fortuna né Jorah né Jon sembravano averlo notato. Nonostante quello che aveva visto e sentito dovesse portarla a stare dalla parte di chi la disprezzava, qualcosa dentro di sé continuava ad impedirglielo.

“Prego, mia Lady, lasci che le mostri i miei giochi! Tutta la vita ho aspettato prima di esibirmi davanti all’ultimo dei draghi” esclamò con enfasi, buttandosi a capofitto dentro la sua baracca.

“È meglio rientrare.” Sibilò Jon cercando il braccio di Dany. “Non mi piace”

“Su aspetta, Jon! Non si è ancora esibito!” sbuffò Arya.

Daenerys si sentiva inquieta ma cercando un po’ di compiacere la piccola Stark, rincalzò. “Sì, dai, aspettiamo cosa ha da farci vedere, poi rientriamo”

Jon cercò lo sguardo di Jorah che era teso e concentrato quanto lui; gli annuì lievemente.

Il prestigiatore uscì dalla tenda avvolto dal fumo e come per magia apparve tra le sue mani, dissolta dal fumo, un cesto di vimini rosso avvolto in una bandiera su cui era stampato lo stemma dei Targaryen. L’uomo lo porse a Dany e intanto un discreto gruppetto si stava radunando intorno a loro, curiosi. La donna fissò alternativamente lui e la cesta, sospesa a metà tra di loro. “Cosa c’è dentro?”

“è apparsa per magia, l’avete visto tutti! Chi può sapere cosa contiene?”

“Scoprilo tu.” Propose Jorah Mormont facendo un passo avanti.

“Ma mio signore…”

“Aprila.” Rincalzò Jon, estraendo la spada ma non realmente intenzionato ad usarla.

La folla iniziò ad acclamare, intorno a loro, volevano vedere il contenuto della cesta, l’uomo continuava a porgerla a Dany ma era sempre più nervoso, lei non aveva intenzione di prenderla ma non sapeva che fare, sentì Jon prenderle delicatamente il braccio, e il ricordo di quel tocco fu l’ultima cosa che capì, di quello che accadde; durò un secondo ma si scatenò il parapiglia. Qualcuno, forse un bambino, colpì la cesta con un sasso, l’uomo la lasciò cadere e da lì uscì uno sciame d’api che iniziò a ronzare all’impazzata, addosso a loro.

Persone iniziarono a correre ovunque, Daenerys ed Arya scattarono all’indietro, Jon e Jorah le trascinarono nella corsa, lontane da quella marmaglia di persone impaurite che cercavano di mettersi al sicuro.

Fortunatamente quelle api erano chiaramente troppo tonte ed infreddolite e nessuno sembrava essersi fatto veramente male. “Che stupido scherzo!” ansimò Arya, infilandosi in bocca il dito su cui un’ape assonnata aveva appoggiato il pungiglione.

“Dubito che fosse uno scherzo. Se Dany avesse aperto quella cesta, le avrebbero invaso la faccia!” urlò Jon, furioso. “Prendete quell’uomo!” ordinò a due guardie, sopraggiunte in                quell’istante.

My grace, state bene?” sussurrò Jorah, al suo orecchio, mentre estraeva un pungiglione dalla pelle delle sua guancia sinistra. Daenerys si allontanò di colpo. “Che hai detto?” chiese, inquieta, sperando di non aver capito bene. Ma lo sguardo di Jorah Mormont non lasciava dubbi, in proposito.

“Daenerys!” Theon Greyjoy sembrava essere apparso dal nulla. Se la rideva, trattenendo la testa del sedicente mago tra l’ascella e il dorso. “L’hai saputo, quindi! Il Re ha riaperto la caccia!”

 

***

 

Era vero.

Ma nessun messo era arrivato a casa Stark per avvisarli quando si era sparsa la notizia che ad Approdo del Re qualcuno, forse un ribelle, avesse teso un agguato, fortunatamente fallito, a Lord Eddard Stark, il Primo Cavaliere. Forse non era andata proprio così, sosteneva qualcun altro, fatto sta che la reazione del Re era stata immediata, com’era prevedibile che fosse: era stato convocato un consiglio speciale, a cui stranamente il Primo Cavaliere non aveva partecipato, che aveva pertanto considerato inaccettabile la presente situazione ed aveva dichiarato la giovane Daenerys Targaryen, protetta in casa Stark, colpevole di Alto Tradimento come istigatrice della rivolta, con l’aggravante di essere anche ingrata e traditrice nei riguardi della Famiglia che l’aveva salvata. Ovviamente erano decaduti gli obblighi di matrimonio, per gli Stark, e c’era una grossa taglia sulla testa della principessa perché venisse riconsegnata, preferibilmente viva, ad Approdo del Re.

 Robb sapeva che questo momento sarebbe arrivato. L’aveva fiutato da qualche giorno, da quella strana lettera di Sansa di cui le aveva parlato Arya e anche dal nervosismo di sua madre, Catelyn, che come tutte le madri hanno il dono di una sottile preveggenza per quanto riguardano le sorti dei figli.

“Convocherò i vassalli di mio padre…”

“Non puoi convocarli senza il parere di tuo padre! Loro non ti darebbero credito e faresti la figura dello sciocco!”

Troppe cose si potevano dire di lui, oltre a quelle che già senza dubbio giravano sul proprio conto: che era un ingenuo, un avventato, un debole e senza esperienza alcuna. Ma di certo non si poteva dire che fosse uno sciocco. Quindi non poteva permettere che sua madre lo insinuasse o arrivasse a pensarlo, nemmeno per un attimo. “Siamo già in contatto da settimane, ovviamente! E quanto a mio padre credo che non possa comportarsi liberamente e come desidera, in questo momento!”

“Lo metterai alla forca, se marcerai su Approdo del Re!”

Arya non era stata ammessa a quella conversazione; fuori dalla porta, cercava di carpire quante più parole possibili, l’orecchio attaccato al freddo legno dell’uscio, l’ascolto ostacolato dal rumore del battito impazzito del proprio cuore. Si parlava del destino di Daenerys, certo, ma soprattutto di quello di Sansa e di suo padre, di Grande Inverno, e sulle ripercussioni che ogni loro tentativo di proteggere Daenerys avrebbe comportato.

Poi venne fuori una storia strana. Robb urlò più forte quando sua madre iniziò a raccontare che il principe di Dorne aveva scritto a Daenerys e che questa era in partenza. Lui era stato estromesso, certo, ma per il suo bene, perché era troppo accecato dal sentimento per vedere che quella era l’unica via possibile da seguire.

Arya si sentiva un fascio di nervi. Le voci all’interno erano concitate, sapeva che sua madre era nel giusto, ma lo era anche Robb, non voleva nemmeno lei che Daenerys partisse rischiando di cadere in un’imboscata o di essere catturata, uccisa o consegnata durante il tragitto. Però.

Però c’era quello che aveva sentito nella Prima Fortezza. C’era il tradimento nelle intenzioni di Dany, c’era un altro uomo con cui compiere un’unione aberrante, un matrimonio segreto, c’era qualcosa che Robb di sicuro non sapeva e poteva lei permettere che suo fratello mettesse tutti nei guai per amore di una donna che non lo voleva, che tradiva lui e tutti gli Stark?

Senza pensarci due volte, spinse l’uscio ed entrò nella stanza.

“Arya!” esclamò Catelyn, stanca. “Ti prego, tesoro, io e tuo fratello stiamo parlando.”

“Anche io ho qualcosa da dire.” Esclamò, le gote rosse d’agitazione, gli occhi puntati su Robb. Questi si avvicinò a lei e si abbassò fino a metterle una mano sulla spalla. L’incitava a parlare ma era troppo difficile da dire. “Non fare la guerra per lei.” Alla fine bastava avere la forza di iniziare, la lingua le si scioglieva da sola, da lì in poi. “Io l’ho sentita di nascosto… sta tramando alle tue spalle, di unirsi con qualcuno, lei ti tradisce, Robb. Non fare la guerra per lei”

Robb Stark si rialzò. “È così dunque…” mormorò, gli occhi velati di rabbia. Non osava voltarsi verso sua madre, vedere il suo sguardo di vittoria l’avrebbe umiliato ancora di più. Lui stava mettendo tutto in gioco, la sua famiglia, il proprio onore, per una donna, per una donna che lo stava tradendo sotto il suo naso. Arya l’aveva scoperto per caso, magari sua madre già lo sapeva e chissà quanti altri se l’erano risa alle sue spalle mentre lui sognava di salvarla da Re Robert.

Si sentì tremendamente sciocco. E Robb detestava fare la figura dello sciocco.

 

***

 

“Che cosa stai facendo?”

Daenerys era da poco rientrata nel castello e stava in quell’istante varcando la soglia della sua stanza, che immaginava vuota; sicuramente non credeva che vi avrebbe trovato dentro Jorah Mormont, intento ad armeggiare con le sue uova di drago, inoltre.

L’uomo riappoggiò il braciere a terra, si voltò verso di lei accennando un saluto con un piccolo movimento del capo. “Preparo le vostre cose, Daenerys. C’è un capanno appena fuori dal castello, le sto portando lì. Non possiamo più rimandare la partenza.”

Lei distolse lo sguardo. “Perché l’hai detto?” la sua voce tremava, e non sapeva il motivo. “Perché mi hai chiamato in quel modo, in paese?”

Jorah si apprestò a chiudere l’uscio della stanza mentre Daenerys iniziava a camminare su e giù, nervosa. “Perché è quello che penso. Ed è quello che sei.”

“Io non sono una regina!” si stava arrabbiando, ogni parola che l’uomo pronunciava sembrava infiammarla di una rabbia immotivata e viscerale.

Jorah interruppe la sua nervosa camminata, parandosi davanti a lei. “Invece sì. Sei l’ultima erede Targaryen, la legittima erede al trono- la costrinse a guardarlo- non avere paura di essere ciò che sei.”

I suoi occhi ametisti diventarono umidi di rabbia. “Non ne ho paura, Sir Jorah. Ne sono ossessionata, e lo detesto. Come posso io, da sola, vendicare la mia famiglia? O riprendermi il trono?”

 “Non sei sola, i Dorniani vogliono che ti rifugi da loro, vogliono sicuramente offrirti un esercito e cavalcare con te su Approdo del Re”

“E se così non fosse? Se le loro condizioni fossero inaccettabili per me o se cambiassero idea? Se i Lannister o i Baratheon o chiunque altro offrisse loro qualcosa di meglio, di un cognome come bandiera?”

Jorah non trovò risposte ai suoi interrogativi, ma ad ogni modo lo riteneva piuttosto improbabile. “Dorne non stringerà accordi con i Lannister, questo è sicuro”

“Ad ogni modo, sono ancora una stupida pedina! Senza i Martell non ho nesuno.”

“Ma i ribelli continuano a seminare panico. La vostra sola esistenza scatena la rivolta, questo non può essere niente, Daenerys.”

“Sono solo dei sicari pagati da chissà chi” esclamò lei, sfuggendo quell’idea. “E io non ho nemmeno il denaro per pagarli. E senza soldi, perché qualcuno dovrebbe seguirmi? Perché dovrebbero credermi? – si appoggiò sul letto, dando le spalle al suo interlocutore- Vyseris cercava l’esercito dei Dothraki, per il loro appoggio io sono stata venduta, e adesso, io cerco i Dorniani, cosa dovrò vendere per il loro appoggio?”

Jorah Mormont appoggiò la schiena al muro. “Immagino il giovane Jon Snow. Un matrimonio con Quentyn o con un loro protetto vi permetterebbe un accordo più solido.”

Lei rise, nervosa. “Questo è fuori discussione. Io e Jon ci sposeremo, e Dorne potrebbe essere tanto gentile da accettarlo oppure potrebbe legarci come salami, in memoria del fatto che anche Raegar invece di essere fedele alla loro Elia, finì con Lyanna in un modo o in altro, e portarci dal Re in un sacco di iuta”

L’uomo alzò le spalle. “È possibile.”

“Appunto!” soffiò Dany, riprendendo a vagare. “L’unico motivo per andarmene verso Dorne, è salvare in qualche modo gli Stark. Non voglio essere responsabile della loro rovina”

Jorah annuì. “I vostri ragionamenti sono validi, Daenerys, e condivido le vostre preoccupazioni. Ma io sono qui per voi, per mantenere fede alla parola che diedi a Vyseris, e sono sicuro di essere solo il primo di coloro che vogliono vedervi sul trono, come regina.”

Daenerys continuava a sentirsi troppo arrabbiata con lui. Perché continuavano a pensare che lei potesse fare la differenza? Perché lui, i fantasmi dei suoi morti, continuavano a tormentarla con l’idea della vendetta? Lei non era Aegon, non aveva i Draghi, non aveva che se stessa e la sua forza di combattere ma alle sue regole, sotto le sue leggi.

“C’è una taglia sulla mia testa, Sir Jorah, ma nessun esercito ripagherà questo disonore o farà pagare a quel porco che chiamate Re l’omicidio della mia famiglia, gli Stark mi hanno protetto ma io non posso che scappare per difenderli e vorrei fare molto di più- si voltò verso di lui- Ci sarà un giorno in cui tutti quelli che si affideranno a me saranno al sicuro, io li proteggerò, e chi vorrà torcere loro un capello morirà urlando, e dove sarà ingiustizia, noi applicheremo giustizia. Ma per il momento, sono solo un topo in fuga. Ci vedi qualcosa di regale?”

L’uomo si avvicinò, fino ad appoggiarle timidamente una mano sulla spalla. “Sì.”

 

***

 

La stessa notte, Jon Snow scendeva segretamente le scale del Castello, circondava con passi cauti la parte più ad Est ed arrivava qualche minuto dopo, protetto da una notte senza stelle, al loro punto di ritrovo, la Prima Fortezza. Era una costruzione molto antica, in parte il muro aveva anche ceduto ma non c’erano pericoli di crolli perché non v’erano piani oltre al primo ed era ancora considerata stabile. Tuttavia era pressoché abbandonata e lui e Daenerys avevano da tempo stabilito di trovarsi lì, per parlare, visto che la Tana era spesso un po’ pericolosa da raggiungere.

 Quello che era accaduto al mercato era chiaramente un segnale e non potevano più aspettare ad agire. Non potevano più rimandare la partenza e al diavolo se non riuscivano a trovare un sacerdote per le nozze; l’avrebbero trovato a Dorne o in qualcunque altro buco di paese in cui si sarebbero rifugiati.

Lui e Robb non avevano avuto ancora modo di parlare ma l’avrebbero fatto presto. L’unico modo per non sentirsi un traditore, era chiedere il suo permesso e la sua benedizione. Era rischioso ma ormai non c’era più niente che non lo fosse.

Nel frattempo aveva chiacchierato abbondantemente con Sir Jorah Mormont, uomo esperto e molto acuto, anche se fin troppo protettivo nei confronti di Daenerys. Avevano elaborato diversi piani alternativi in caso la via per il Sud fosse impraticabile, compresa l’idea di scappare anche da Westeros, e rifugiarsi in Essos.

Onestamente, era la via che avrebbe percorso meno volentieri. Da sempre aveva sognato di battersi per qualcosa per cui valesse veramente la pena combattere, qualcosa che gli scorresse nelle vene, che gli riempisse il petto d’orgoglio verso se stesso; leggendo aveva da sempre ammirato le gesta del Giovane Drago e immaginava di poter fare altrettanto per Dany, di poter combattere al fianco dei Martel e della sua donna, di comandare delle armate contro Approdo del Re. Per questo, scappare come un topo verso paesi di cui non parlava nemmeno la lingua era la cosa meno allettante di tutte, ma non si sentiva di escluderla: poteva capitare di tutto.

Arrivò alla fortezza qualche minuto dopo e Daenerys era già lì. Non gli bastò che uno sguardo, e la trovò diversa.

Lei uscì dalla penombra, dandogli un bacio e poi una torcia per guardarla. Aveva una corona di fiori appoggiata al capo, gli ultimi fiori d’inverno prima dell’arrivo della neve. “Benvenuto al nostro matrimonio, Jon Snow.”

Lui si guardò intorno, ma lei era sola, bellissima e sola, nella piccola fortezza di pietra. “Cosa?” domandò, senza che un sorriso si dipingesse sul suo viso.

“Non voglio più passare una notte senza essere tua moglie.” Rispose lei avvicinandosi di nuovo a lui. “Ci sposeremo da soli. In attesa che qualcuno lo faccia ufficialmente.”

Lui la baciò, in risposta, e quando si distaccarono, la prese per mano. “Vieni con me.”

Presero a camminare nella notte, concitati. L’oscurità era loro amica e li protesse, fino all’uscita dalle mura del Castello, dove il vento e il bosco avrebbero garantito la loro sicurezza, il rumore dei loro passi sulla ghiaia era coperto dal chiacchiericcio delle foglie agitate dall’aria e una volta nel parco, nessuno avrebbe potuto dire che fossero effettivamente passati di lì. Jon scoprì la torcia dal mantello e Dany capì che l’aveva condotta nel Parco degli Dei. “Perché?” sussurrò.

“Qualsiasi rito deve avvenire qui. Cerchiamo l’albero del cuore.”

Era così, Daenerys era stata abbastanza a Nord per sapere quanto fosse importante per loro, ma passare in quel parco aveva sempre lo strano potere di metterle i brividi. Era il vero cuore del Nord e lei era un’estranea, qualsiasi cosa sembrava ricordarglielo, le foglie, i sassi, tutto sembrava girarsi al suo passaggio per fissarla, incuriositi, come si osserva un ospite straniero. “Tranquilla, mette un po’ a disagio anche me” le sussurrò Jon, quando notò che Dany si stringeva di più attorno al suo braccio.

Illuminati dalla torcia, arrivarono di fronte all’Albero del Cuore e anche nella poca illuminazione Dany riusciva a scorgere quella corteccia bianca, quel volto malinconico che ne era intagliato e quelle foglie rosse come sangue che si agitavano ad ogni minuto di più, anche se il vento non sembrava mutare.

“Ci siamo.”

“Bene, tieni…” Daenerys aveva preso un piccolo nastro rosso. Ne consegnò a Jon un capo, poi prese la sua mano e fu lei a fare il primo giro di nastro attorno alle loro mani, unite.

“Aspetta.” Jon sospirò, prendendole il volto tra le mani. “Sei sicura? I miei natali non sono all’altezza dei tuoi”

“Jon Snow!” esclamò lei pestandogli un piede. “Non sono in vena di ascoltare queste sciocchezze!”

“Ahi! Ehi, non riprovarci! Stai buona o mi costringerai a legarti davanti a tutti gli dei!” risero, poi Dany gli strinse forte le mani, e anche lui tornò più serio, a guardare le ombre che la luce della torcia disegnava sul suo viso: era talmente bella da non sembrare reale.

“Non esistono le nostre famiglie, i nostri natali. Siamo io e te, e tu Jon Snow, sei un uomo che è degno di qualunque cosa desideri il suo cuore. Per cui, a meno che tu non abbia cambiato idea, io sarò tua moglie, se mi vorrai, prima che venga l’alba.”

L’uomo piegò le labbra in un sorriso che a Dany fece accapponare la pelle, poi prese il nastro e fece un nuovo giro intorno alle loro mani. “Io, Jon Snow, figlio di Eddard Stark, al cospetto dei Primi Uomini e degli Antichi Dei, mi unisco a te.”

“Mi chiamo Daenerys Targaryen…- disse, al suo sposo, all’albero-diga, a se stessa – e al cospetto degli dei del Nord, mi unisco a te.”

Fecero altri due giri, attorno alle loro mani. “Giuro di esserti fedele e che il mio cuore non vivrà che per te, fino al suo ultimo battito.”

Daenerys sentì le gambe farsi leggermente instabili e tremanti. “Sono tua. E questo, è per sempre.”

Jon appoggiò le sue labbra alle sue, un bacio dolce e tenero ma quando si staccò, Daenerys, ridendo, lo baciò con impeto, riuscendo anche ad abbracciarlo, col braccio libero. Jon prese a baciarle il collo, Dany cercò di slacciargli la tunica anche se il freddo del Nord sembrava pungere più del dovuto sulle loro carni. “Ehi aspetta!” disse ad un certo punto la giovane, fermandolo.

“Cosa? Vuoi privarmi della mia prima notte di nozze?”

Lei gli indicò il volto intagliato sull’albero. “Mi fa impressione. Sembra guardarci con biasimo e non voglio che i tuoi dei si offendano subito”

“Hai ragione”

La condusse dietro l’albero diga, su una piccola radura notturna, circondata dagli alberi sacri e dai mille volti degli dei, a proteggere la loro unione. “Meglio no?” disse, lasciando cadere parte della tunica, ai suoi piedi.

“Oh sì.” Rispose lei, maliziosa, non riferendosi certo alla radura, in quell’istante. Daenersy si sedette sopra di lui e lui la strinse spingendo il viso tra i suoi seni, e mentre i loro movimenti si facevano più forti e veloci, la ragazza immerse il viso tra i capelli ricci dell’uomo che amava, strinse con le mani la sua schiena d’avorio cercando di trattenerlo a se per sempre.    

Anche se si erano amati molte volte, in condizioni migliori, senza i vestiti e su comodi giacigli, quella notte sentirono d’appartenersi veramente e per la prima volta, anche se i loro voti nuziali non erano ufficiali, erano davvero marito e moglie, legati per sempre, anche se il mondo non l’avrebbe riconosciuto, loro erano in procinto di fondarne uno nuovo, il loro mondo, di vivere alle loro regole, o per lo meno, di combattere per quel destino che desideravano con la promessa di vivere, felici, o di morire tentandoci.

Rientravano nel buio tenendosi per mano. “Sai, non abbiamo invocato i tuoi dei.”

“Quali?”

“Quelli di Westoros? O di Essos… non so…”

“Oh, non li conosco, gli dei di Westeros, e quelli di Essos non li ho mai venerati. I tuoi mi andranno benissimo.”

“Senti.” Riprese lui, mentre ormai erano alle porte del Castello. “Devo parlare con Robb. Voglio la sua benedizione.”

Dany si fermò. “E se lui rifiutasse?”

Il ragazzo sospirò. “è un rischio ma… non voglio fare altrimenti. È mio fratello.” Daenerys riprese a camminare, al suo fianco. Non osava immaginare cosa potesse accadere, se Robb rifiutava il suo consenso, se non li perdonava, se gli proibiva di partire, se sfidava Jon a battersi con lui.

Ma forse erano solo paure infondate. Robb era un uomo buono ed amava sinceramente suo fratello. Se andavano da lui col cuore in mano, nulla poteva accadere di irreparabile.

 

 

***

 

Invece accadde.

Come molto spesso ci immaginiamo, il destino tesse le sue trame in un modo che ci è oscuro ed ostile e anche quando abbiamo preso, a fatica, la migliore decisione del mondo, possiamo essere comunque in torto, perché non siamo stati al nostro posto, perché l’abbiamo sfidato, il destino, e lui ci presenta il conto.

Prima che potessero entrare nel Castello, la luce della torcia illuminò i volti di tre uomini, appostati davanti alla sua entrata. Non se l’aspettavano ed entrambi trasalirono a quella vista. “Chi è?” domandò Jon, stringendo più forte Dany, al suo fianco.

“Qui le domande le faccio io.”

Due di loro erano soldati ma il terzo, l’uomo che aveva parlato, era suo fratello Robb Stark.

Il cuore di Jon mancò un battito, sospirò, guardandosi intorno come se cercasse qualcuno da incolpare o qualcuno che potesse garantire per lui. “Robb ti prego, fammi spiegare.”

“Quindi le cose stanno così.”

Un soldato passò una torcia al primogenito Stark e questi illuminò il volto di Jon, davanti a lui. Anche alla luce della torcia i due fratelli non smettevano di essere diversi, ma nella loro diversità, erano sempre stati complementari, Robb così somigliante ai Tully di sua madre, e lui, Jon, bruno e cupo come un vero Stark.

Si fissarono qualche secondo negli occhi, entrambi colmi di troppe emozioni che non riuscivano nemmeno ad esprimere. Daenerys li osservava, impotente, in attesa dell’esplosione di rabbia di Robb.

Ma anche questa volta, si sbagliava. Ci fu un’esplosione ma fu reale e non figurata e nella notte subito si alzarono grida di terrore e un fuoco alto si stagliò nel cielo, dalla Torre della Biblioteca.

“Presto!” gridò Jon, prendendo suo fratello per un braccio, e Robb, dopo un attimo di esitazione, lo seguì, correndo verso il Castello, accompagnato dalle guardie. Qualcuno arrivò dal castello urlando al fuoco, e subito i due fratelli lo mandarono a chiamare quanti più soldati poteva affinché li raggiungessero con catini d’acqua, qualcuno urlò il nome di Bran Stark ma nel parapiglia nessuno riuscì a capire il collegamento e non furono sicuri nemmeno d’averlo udito davvero.

Daenerys scattò per correre con loro ma qualcuno la trattenne per un braccio e nello scatto per poco non cadde a terra.

“Non così in fretta, mia signora”

“Ma che diavolo!!!” gridò lei, di disappunto, voltandosi verso colui che la tratteneva.

Apparso dal nulla, il volto divertito di Theon Greyjoy.

 

 

                                                                                                                      [to be continued]

 

 

 

 

 

  
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