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Autore: perpetuum    26/02/2016    1 recensioni
PREMESSA: oltre che ad essere in una clamorosa revisione, ho perso alcune parti della storia, non so se riuscirò mai a terminarla, anche se mi ferisce perché questo racconto è la cosa quanto più vera di me. Desolata e amareggiata, V.
“ Il sole leggero le solletica la fronte, i capelli, le guance. Gli occhiali da sole le coprono gli occhi azzurri, ma è costretta a strizzarli comunque per impedire che la luce la accechi.
Il rumore di foglie secche calpestate la riscuote e inconsciamente si irrigidisce sulla difensiva. Lascia uscire le ultime nuvolette di fumo prima di schiacciare la sigaretta a terra.
«Dovremmo parlarne prima o poi.» le sembra un'eternità dall'ultima volta che ha sentito quella voce, che ha sentito lui. Si alza repentinamente cercando di evitare il suo sguardo. Non dice una parola, non ne ha o forse ne ha talmente tante da non riuscire a tirarne fuori una.
Si allontana silenziosa, lasciando Cristian sui gradini dell'albergo con le mani in tasca e un sospiro sulla bocca. "

~
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo, Violenza | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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- When you were here before

 

 

" È ai maschi e non alle femminucce che piace giocare alle bambole,
svestirle, smontarle, scartocciarle come una caramella,
anche se alla fine di questo gioco inesausto c'è sempre la solita, deludente, cosa. "




 

«Ehi, bambolina.» lei odia quel soprannome eppure tutti la chiamano così: i suoi compagni di scuola, Kendra, sua madre. Elyna odia quello stupido nomignolo, affibbiatole di fatto per la sua somiglianza ad una bambola, dovuta ai suoi lineamenti dolci e puliti, quasi finti: il volto un ovale perfetto, il naso alla francese, gli occhi azzurri dal taglio profondo e dalle ciglia lunghe, le labbra sottili e delicate di un rosa pesca. Nonostante tutto, lei odia esser paragonata ad una bambola, le dà quel senso di perfezione fragile, una bambola di porcellana così bella allo sguardo, ma tanto delicata al tatto che rischia di rompersi e sgretolarsi in mille pezzi.

No, Elyna non si sente una bambola, non lo è mai stata e ciò che ha passato la rende ancora più forte di quanto le persone possano credere, di quanto lei stessa spesso possa credere. Forse nemmeno è a conoscenza del suo potenziale, nemmeno si rende conto di ciò che ha superato negli anni, ma sa per certo di non essere una bambola.

«Liam...» dice dolcemente alzandosi dai gradini dove è stata seduta aspettandolo. Lo abbraccia come è loro consuetudine, ogni volta si stupisce di scoprire quanto il suo corpo combaci perfettamente con quello del ragazzo. Posa la testa sul suo petto, il mento di lui che le struscia piano sui capelli, solleticandola con il suo respiro, percependo le sue braccia intorno alle sue spalle, mentre Elyna le stringe saldamente alla vita asciutta.

«Tutto bene?» le chiede con la sua voce roca e bassa di chi fuma più di un pacchetto di sigarette al giorno. Elyna annuisce, è solo che vorrei poter rimanere per sempre fra le tue braccia.

Liam si allontana lentamente da lei, prendendo una sigaretta fra i denti e posando i suoi occhi chiari sulla ragazza. Elyna ama quel suo sguardo, un po' assente, come se non vedesse leiveramente, come se stesse pensando ad altro, ma che riesce ad avere una tale forza da scavarle un solco nelle ossa.

«Stesse cose. Mamma è sempre in giro, la scuola una menata...»

«Vedi che ho fatto bene ad andarmene prima che fosse troppo tardi?» si accende la sigaretta piegando la testa di lato, Elyna si incanta sulle labbra che stringono il filtro e poi sputano fuori una nuvoletta di fumo grigio. Ringrazia sempre che Liam sia troppo fumato per rendersi conto del modo in cui lei lo guardi la maggior parte del tempo.

Adorante.

Sei una stupida.

«Oh certamente, se la tua ambizione è quella di passare il resto della tua vita a lavorare in una fotocopisteria...» Liam gira la chiave nella toppa facendo segno ad Elyna di seguirlo in casa. Una volta dentro la ragazza si toglie le scarpe e scaraventa lo zaino in qualche parte della sala come se fosse a casa sua – ed in effetti è un po' come se lo fosse - gettandosi di peso sul divano sospirando di sollievo. Liam ed Elyna si conoscono da quando sua madre e lei avevano deciso di trasferirsi in quel quartiere di New York, il Greenwich Village, fuggendo il più lontano possibile da suo padre. Elyna ricorda ancora il momento in cui aveva incontrato Liam per la prima volta, quattro anni indietro.

 

Il taxi giallo si ferma di fronte ad un alto palazzo color cenere. Le lunghe vetrate specchiano la luce del sole dandole fastidio agli occhi tanto da portarsi una mano sulla fronte per coprirsi.

Elyna posa lo sguardo sul palazzo notando come ogni appartamento sia munito di un piccolo terrazzino in muratura, dandole modo di cercar di indovinare la tipologia di persone che abitano lì e che presto saranno suoi vicini. Elyna riesce a vedere una cuccia da cani spuntare da un terrazzo, mentre in quello accanto ciò che la colpisce è la quantità di piante di limoni e pomodori che quasi ostruisce la vista dell'appartamento stesso, in un altro terrazzo due bambini non più grandi di otto anni giocano rincorrendosi ed urlando, ed infine il suo sguardo si posa all'ultimo piano dove una donna bionda con indosso un bikini striminzito sta fumando una sigaretta guardando proprio verso la loro direzione. Accanto al suo terrazzo ce n'è un altro, totalmente vuoto. Elyna non ci mette molto a capire che quello sarà l'appartamento per lei e sua madre.

Distoglie lo sguardo dalla donna aiutando sua madre a prendere le valigie dal bagagliaio del taxi e poi lo osserva sfrecciare via lungo la strada stretta di Greenwich Village. Si è informata su quel quartiere prima di trasferirsi. Non le andava l'idea di poter andare a vivere in un quartiere malfamato della grande mela e nemmeno saperlo. Aveva così fatto delle ricerche, scoprendo che quello non è in nessun modo un quartiere da evitare, anzi. Per quanto non sia fra i piú "in" della città, ciò che ha visto passando in taxi le è senza dubbio rimasto impresso, come la strabiliante bellezza dell'architettura semplice dei palazzi, richiamandole alla mente sensazioni di pace e tranquillità e non di caotica frenesia che si è soliti associare a New York. Aveva letto da qualche parte che quello una volta era stato uno dei quartieri più frequentati da artisti e si era subito sentita emozionata e curiosa all'idea. Quel quartiere è di certo un posto dove rilassarsi, vivere in tranquillità e magari dimenticare tutto.

«Andiamo, bambolina.» le dice sua madre trascinandosi le valigie lungo le grandi scale del palazzo ed è ancora assorta nei suoi pensieri quando sente una mano poggiarsi sulla propria. Si volta sorpresa e quasi impaurita quando invece incontra un paio di occhi azzurri, più scuri dei suoi – che spesso tendono al grigio – sorridenti e birichini. Un ragazzo più o meno della sua età sta tenendo la mano sulla maniglia del suo trolley ed un sorriso gentile gli colora il volto pallido.

«Posso darvi una mano?» chiede sicuro mentre Elyna si sente avvampare dalla vergogna. Impacciata cerca lo sguardo di sua madre.

«Non preoccuparti. Possiamo farcela.» gli dice la donna con voce calda e rassicurante, ma il ragazzo non molla la presa e prende la valigia in mano, quasi strappando il bagaglio di mano ad Elyna.

«Insisto, signora.» Elyna guarda sua madre sorridere al giovane acconsentendo. Tutti e tre salgono insieme nell'ascensore, dando vita ad un silenzio pesante e teso. Elyna porta il suo sguardo sulle sue vans bordeaux sperando che il ragazzo si dilegui in fretta.

«Che piano?» chiede lui, Elyna lo osserva in silenzio torcendosi le dita dal nervoso. Non è abituata a far conoscenza così, fin da subito, spogliandosi delle sue barriere. Elyna è una ragazza vergognosa e a tratti timida, ha bisogno dei suoi tempi, dei suoi spazi, dei suoi modi. È come un gatto che esce dalla sua tana, dice sempre, prima una zampetta con riluttanza, poi un balzo timoroso, annusando a fondo il terreno ed infine, tutto il resto del corpo. Non riesce proprio a lasciarsi andare, non su due piedi.

«Ultimo.» risponde la madre togliendola dall'imbarazzo, conoscendo bene la figlia.

«È lo stesso mio, quindi possiamo dire che avete appena conosciuto il vostro vicino!» il ragazzo sorride facendo l'occhiolino ad Elyna che di getto abbassa di nuovo lo sguardo sulle sue scarpe.

Quando le porte dell'ascensore si aprono la ragazza si lancia fuori tirando un sospiro di sollievo. Sua madre le sussurra di raggiungerla in casa, ma di fare prima due chiacchiere con il ragazzo.

«Ma mamma...» lei le sorride facendole una carezza.

«Dovrai farti degli amici prima o poi, meglio giocare d'anticipo.»

«Non lo conosci nemmeno... Potrebbe essere uno spacciatore o peggio!» sua madre osserva il giovane da sopra la spalla della figlia portare le valigie dentro il loro nuovo appartamento.

«A me sembra a posto.» detto questo la lascia da sola sul pianerottolo. Pochi minuti ed il ragazzo la raggiunge con un sorriso a trentadue due denti. Quando sorride è davvero un bel ragazzo... si ritrova a pensare fissandolo appoggiandosi al muro con un piede puntellato contro.

«Io sono Liam, comunque. E te?» le porge la mano prendendo una sigaretta dal pacchetto mezzo vuoto che teneva in tasca dei jeans slavati.

«Potete fumare qui?» chiede lei ignorando la domanda.

«No, ma chi se ne fotte.» alza le spalle e gliene offre una allungandole il pacchetto, ma Elyna scuote la testa sorridendo mesta.

«Mia mamma non sa che fumo, se mi sente puzzare...» Liam annuisce riponendo il pacchetto e passandosi una mano sulla faccia. Quando sospira esce anche un po' di fumo.

«Dall'Europa?» si appoggia con la schiena al muro socchiudendo gli occhi. Elyna non sa cosa pensare di lui, sembra davvero un bravo ragazzo, ma non lo conosce nemmeno, fare amicizia non è mai stato il suo forte e l'essersi trasferita a New York non cambia niente sostanzialmente.

«Cosa?» Elyna si tiene a debita distanza, circospetta,

«Vieni dall'Europa?» lei aggrotta le sopracciglia non capendo.

«Hai l'aria francese.» dice lui osservandola con un sorriso sghembo sul volto. Di francese ho solo il naso, vorrebbe dire, ma si trattiene.

«New Providence, comunque.» Liam la scruta con sguardo attento per qualche altro secondo, poi si fissa su un punto indistinto, con aria assente, come se stesse pensando ad altro.

«Avete fatto molta strada...» sussurra poi incurante del brivido che ha appena attraversato la schiena di Elyna.

«Quella che serviva.» taglia corto lei irrigidita. Liam sembra non far caso al suo cambio repentino di umore e spegne la sigaretta con la suola della scarpa.

«Allora in questi casi com'è che si dice? Benvenuta a New York?!» le fa l'occhiolino di nuovo prima di passarsi le dita fra i ciuffi castani chiari scompigliandoli in una nuvola vaporosa e voltandosi verso la sua porta aggeggiando con la toppa.

«Quando te la senti puoi dirmi anche il tuo nome, bambolina.» è sicura di sentirlo ridere per quel piccolo soprannome che le ha appena dato non sapendo quanto lei in realtà lo detesti giù abbastanza per sentirlo anche in un bocca ad un totale estraneo. Reprime l'istinto di mandarlo a farsi fottere mordendosi le labbra e guardandolo scomparire nel suo appartamento.

 

I giorni erano trascorsi lenti e noiosi, Elyna doveva ancora abituarsi alla nuova scuola, alla vita in una grande città come New York, alla totale assenza di amici. Non che nella vecchia scuola avesse molti amici, aveva da sempre cercato di vivere il più solitariamente possibile, ma almeno conosceva più o meno bene tutti e non aveva ogni giorno gli sguardi puntati contro. Si chiedevano chi fosse, da dove venisse, il suo passato, come vivesse prima di arrivare a New York. Sapeva come funzionavano queste cose al liceo, aveva visto abbastanza film da farsene un'idea e forse Mean Girls non aveva per niente aiutato. Tutti erano curiosi, tutte erano gelose della nuova arrivata, se poi aveva anche un bel faccino come il suo era anche peggio. Eppure ad Elyna non era mai importato niente del suo viso, dei suoi capelli corvini, del suo aspetto fisico. Per questo si nascondeva da sempre dietro i cappucci delle felpe o maglioni grandi abbastanza da coprirla interamente. Odiava gli sguardi su di sé, odiava che la gente parlasse di lei, odiava l'attenzione degli altri. Con i giorni, fortunatamente, l'interesse dei suoi compagni sembrava andar scemando, accentuato anche dal fatto che Elyna praticamente non desse confidenza a nessuno, nessuno.

 

«Elyna, Elyna Reyes.» così quando decise di presentarsi a Liam fu del tutto una decisione spontanea e maturata nelle prime settimane di permanenza nel palazzo.

Sta tornando da scuola quando vede il biondino uscire dal portone con due sacchi neri in mano, la schiena leggermente curva sotto il peso della spazzatura. In quei giorni le è capitato spesso di incontrare Liam, sulle scale, sul pianerottolo, affacciato al terrazzo, sulla porta... e ha dovuto ammettere che l'idea di avere un amico in una città gigantesca come New York non fosse tanto male. Avere un amico, un conoscente, qualcuno con cui parlare in una metropoli come quella può solo un bene per una ragazza come Elyna che lascia che i suoi fantasmi influenzino il suo presente.

«Un nome particolare...» il ragazzo si siede sulle scale logore e consumate dal tempo e si accendende una sigaretta rinnovandole l'offerta di dargliene una, ma lei scuote la testa.

«È l'unione di Elyse e Mina, i nomi delle mie sorelle.» spiega sorridendo leggermente sedendosi vicino a lui e mettendo le mani sotto le ginocchia, accanto a lei Liam butta fuori un po' di fumo alzando un sopracciglio.

«Non credo di capire...»

«Be' loro sono morte dopo poco la nascita. Mamma iniziava a perder le speranze quando ha avuto me.» gli spiega con voce atona, gli occhi azzurri persi su un punto davanti a lei, con la mente a vagare chissà dove come suo solito.

«Ah... be'... mi dispiace...» lo sente dire ed Elyna scrolla le spalle.

«Non occorre, in fondo, non le ho conosciute. È molto più triste per mamma.» Liam annuisce dopo qualche istante e lancia il mozzicone della sigaretta lontano, alzandosi gli scrocchiano le ginocchia.

«Non frequenti il Greenwich High School?» gli chiede a bruciapelo quando ormai il ragazzo è quasi fuori dal cancellino.

«Mmh... ma me ne andrò presto.» lo dice con una sorta di amarezza nella voce ed Elyna si domanda il perchè, incuriosita.

«Lasci la città?» Liam ride, la sua risata sembra lo scoppiettio delle braci sul fuoco.

«Solo il liceo, bambolina.»

 

 

«Dov'è tua madre?» gli chiede posando i piedi sul tavolino di fronte a sé, cercando il telecomando fra i cuscini.

«Sarà con un cliente... - risponde vago Liam dalla cucina - che ti va di mangiare?» chiede poi.

«È lo stesso.» accende la tv avendo finalmente trovato il telecomando, mettendo sul canale della musica e alza un po' il volume. Chiude gli occhi posando le mani dietro la testa, rilassandosi.

Liam è stato il primo amico a New York, le aveva fatto conoscere la città ed i suoi segreti, almeno in parte. All'età di quattordici anni era una ragazzina ingenua e credulona, non che adesso non lo sia, ma Liam le aveva mostrato i demoni delle grandi città, le tentazioni e gli effetti di esse, facendole di certo acquisire una certa conoscenza sulle persone e su quanto poco affidabili potessero essere.

Elyna oggi, all'età di diciotto anni, è molto matura, forse troppo le ricorda spesso l'amico, ma senza di lui non sarebbe riuscita a sopravvivere lì, si sarebbe chiusa a riccio nel suo guscio più di quanto già non fosse e non avrebbe lasciato entrare nessuno.

Liam torna dalla cucina con una bottiglia di birra in mano e si lascia cadere vicino a lei.

«A che ora hai il turno?» gli chiede lei cercando di non guardarlo. Ne è terribilmente attratta, dannatamente attratta, ma fortunatamente Liam fuma troppe canne per essersene mai accorto.

«Alle cinque.» Elyna gli sfila la bottiglia dalle dita bevendone un sorso. Liam lavora in una fotocopisteria in fondo all'isolato, la paga è buona, ma non ottima. Oltretutto, a distanza di anni, lei non ha ancora capito per quale motivo Liam abbia abbandonato la scuola ad un anno dal diplomarsi, soprattutto perchè è un genio, un genio bastardo. Aveva ottimi voti e frequentava corsi come fisica e chimica in cui praticamente era il primo della classe. Ogni volta che lei solleva la questione, però, lui si rifiuta di darle spiegazioni.

«Quando torna tua mamma?» le chiede osservandola da sopra la sua spalla.

«Domenica, forse...»

«Dov'è a 'sto giro?» Liam si alza per andare a prendere da mangiare correndo in cucina nell'istante in cui le fa la domanda. Elyna si volta ad osservarlo. Ama tutto di Liam. E piú vorrebbe odiarlo, più cerca di trovare dei difetti in lui e più finisce per amarlo. Non sa da quando questa cosa vada avanti, nè da cosa sia nata, sa solo che ogni volta che si ritrova da sola con lui vorrebbe semplicemente che il tempo si fermasse per sempre. Sospesa, a mezz'aria, con lui si sente bene, se stessa, libera dai suoi vincoli, dalle sue paure.

E pensare che passo con lui tipo ventiquattro ore al giorno.

«New Orleans, credo. Non so, non gliel'ho chiesto. Tanto si ferma sempre per qualche giorno e riparte, lo sai.» Liam sbuca dall'angolo con due piatti fumanti. Elyna sorride osservandolo districarsi fra i mobili con agilità senza far cadere tutto quanto.

«Lasagne.» le dice prima di addentarne un pezzo tenendolo con le mani. Elyna lo fissa scoppiando a ridere.

«Che c'è? Ho fame!» si difende lui con il boccone in bocca mentre lei lo imita prendendone un pezzo e appoggiandosi a lui masticando con calma. Liam le posa un braccio intorno alle spalle ed il suo cuore perde un colpo sprofondandole in fondo allo stomaco. È questo il problema di loro due, Kendra lo dice sempre. Sono tutte coccole e baci, ma se per Liam è solo amicizia lo stesso non vale per Elyna che di quelle attenzioni ci vive da quattro anni.

«Ho conosciuto un tipo, stamani...» dice per smorzare la tensione che le irrigidisce il corpo mandando giù il boccone. Liam annuisce, bevendo un po'.

«È quello giusto? È la volta buona?» Elyna per poco non si strozza con un pezzo di lasagne ancora in gola, tossicchia un po' quando alza lo sguardo sull'amico risentita ed irritata. Rimangono così per un po' di tempo, azzurro contro azzurro, lei con il broncio ad arricciarle il naso e lui con le sopracciglia all'insù come se avesse detto la cosa più saggia del mondo. Scoppiano a ridere insieme, Elyna si porta una mano sulla bocca cercando di riacquistare lucidità e calma e, al tempo stesso, di cancellare dalla mente l'accenno di Liam alla sua verginità.

 

Si rende conto di aver fumato parecchia erba quando saluta Liam con un bacio sulla guancia. Le iridi azzurre dell'amico sono circondate dal rossore dovuto all'assunzione di cannabis, facendole apparire ancora più chiare, più lucenti, più belle. Quanto vorrei tuffarmici dentro, Cristo santo.

Elyna si stringe nelle spalle trattenendo una risata istintiva.

«Vado a letto, domani ho un compito.» gli dice sotto voce quasi voglia esser interrotta ed invitata a rimanere con lui, ma Liam si limita ad annuire e farle una carezza con fare fraterno.

«In bocca al lupo, bambolina.» prima che possa ribattere dicendogli quanto odia quel soprannome, soprattutto sulla sua bocca, la porta col numero 5 che corrisponde all'appartamento di Liam viene chiuso con un piccolo click della serratura. Elyna rimane a fissare quel dannato numero per qualche minuto sospirando esaurita.

Si trascina nel suo appartamento con la testa piena di pensieri, che rischia di scoppiarle. Elyna si malediceva ogni volta perchè sapeva che fumare erba non aiutasse, non aiutasse mai. Può farti ridere, tanto ridere, ma con i pensieri è un casino. Se solo hai una piccola idea che ti solletica il lato destro del cervello, dopo pochi tiri avrai il cervello completamente invaso da un groviglio di idee, come un filo di lana che si aggroviglia intorno ad un bastoncino a formare un gomitolo gigantesco; e per una persona come Elyna non è mai un buon momento per fumare erba. Ma Liam coltivava marijuana da una vita, le aveva detto, ed è veramente buona, deve ammetterlo. E la cosa all'inizio le era sembrata strana, ambigua, si era sentita in colpa per diversi giorni: lei che prima che arrivasse a New York aveva a stento fumato qualche sigaretta, lei che non sapeva nemmeno cosa volesse dire "farsi uno shot", lei che aveva da sempre schivato qualsiasi sostanza potesse alterarle la mente perchè sapeva bene l'effetto devastante che avrebbe potuto avere su una psiche come la sua, o come quella di suo padre.

Eppure si era ritrovata a rollare una canna in un pomeriggio particolarmente afoso di metà luglio. Non si nascondeva dietro un dito con banali scuse come “Mi ha costretta Liam io non volevo nemmeno”, quel giorno aveva provato perchè le era andato, perchè voleva scoprirne gli effetti, lei così tanto curiosa. Era stata una tentazione, una lecita tentazione che aveva avuto dopo mesi trascorsi con Liam in giro per la città, in un posto nuovo, in una metropoli come New York che aveva tanti di quei demoni nascosti dietro i grattacieli da far venire i brividi. E così, una sera erano andati ad una festa di un compagno di classe di Liam dove le aveva mostrato la movida dei ragazzi in della Grande Mela, ubriachi fradici, fatti di coca e di roba come il ghb. Elyna non solo aveva passato la sera a vomitare dal disgusto, ma aveva anche giurato di non metter mai più piede in un posto del genere.

Il giorno dopo Liam si era preoccupato di portarla in giro a farla divertire, cercando di farle dimenticare della sera precedente ed alla fine se n'era uscito con una delle sue perle: «In fondo, dopo tutta questa merda, che ti può fare un tiro di questa? È una pianta, insomma... Guardala

Elyna sorride al ricordo, infilandosi nelle coperte con la maglia del pigiama larga tre volte lei da farle da vestito, tirandosi le lenzuola fin sopra la testa per coprire anche i suoi drammatici ricordi.

Sorride ancora chiudendo gli occhi, ricordando il viso implorante e gli occhi supplicanti di Liam che alla fine non era riuscita a rifiutare e aveva acconsentito a provare. Avevano fumato insieme, seduti sul terrazzo di casa dell'amico, ridendo dei passanti, delle loro avventure passate, delle loro stesse espressioni. Si tenevano per mano, guardandosi fittamente, i loro volti sempre vicini, spalle contro spalle, in un groviglio di sensazioni.

Fu quel giorno che per la prima volta Elyna comprese quanto tenesse a Liam. La consapevolezza la raggiunse quel pomeriggio, realizzando di sentirsi attratta da lui come una falena dalla luce di un lampione, di sentirsi legata a lui in modo mai provato, di sentirsi al di là dell'amicizia. Fu sempre quel giorno che gli disse quanto detestasse esser chiamata "bambolina" ed ancora oggi sente un groppo alla gola riaffiorando quei ricordi, quella risposta, che risuona vivida nella sua testa con la capacità di trasportarla in quel preciso momento, sentendo di nuovo quelle sensazioni sulla sua pelle.

«Ma tu sei una bambolina, sei bellissima, lo sai?» ed illusa sognatrice romantica aveva creduto che quella frase, quella stupida frase, potesse aver avuto qualche altro significato. Ma non era stato così allora e non lo era nemmeno dopo quattro anni.

Elyna si porta le ginocchia al petto, stringendole forte, lasciando che una lacrima le bagni il cuscino. Quante notti ha trascorso esattamente come quella?

Tutte, è la risposta sconcertante.

La verità è che Liam era piombato nella sua vita così inaspettatamente ed in un momento particolarmente doloroso per lei che le aveva sconvolto l'esistenza senza nemmeno rendersene conto, senza nemmeno fare chissà cosa. Si era a lungo chiesta come avrebbe potuto, dopo tutto quello che aveva passato, affezionarsi ancora? Come avrebbe potuto dare fiducia alle persone?

Eppure l'aveva fatto, nel momento stesso in cui i suoi occhi azzurri, scuri, avevano incontrato quelli chiari e limpidi di Liam. Non c'erano spettri dentro di essi, non c'era cattiveria, troppo luminosi per esser sporcati dal male. E lei di occhi cattivi ne aveva conosciuti. Si era aggrappata a Liam come ci si aggrappa ad un salvagente quando si sta affogando in mezzo al mare impetuoso, si era gettata fra le sue braccia come si attracca in un porto sicuro, senza condizioni, senza ripensamenti. Troppo svuotata, troppo sola per poterlo respingere.

Ormai i singhiozzi irrompono nel silenzio della sua casa vuota.

Ogni notte.

Ogni lacrima aveva sperato si portasse via anche i suoi fantasmi, i suoi demoni che si divertivano a tenerla sveglia la notte.

Anche dopo tutti quegli anni, anche dopo la sua seconda vita. Quella che a Elyna piaceva credere di avere con Liam, ma che in fondo non era nemmeno tanto sicura di avere.



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