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Autore: Manu75    27/02/2016    3 recensioni
"…e tu, femmina dai capelli chiari e dagli occhi freddi e algidi, nel tuo orgoglio soccomberai…prigioniera in una cella di ghiaccio, né calore, né gioia, né amore…tutti voi sarete condannati…io vi maledico! Black, da questa sera, vorrà dire disgrazia e sofferenza e prigionia…e morte! Così è stato detto, che così accada!"
Quando il dovere e l'orgoglio ti spingono contro il tuo cuore, quando una maledizione incombe con tutto il suo potere, quando i sentimenti infuriano nel petto senza poterli placare, il destino sembra solo una gelida trappola. Narcissa Black lo sa bene.
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Evan Rosier, Lucius Malfoy, Narcissa Malfoy, Severus Piton, Sorelle Black | Coppie: Bellatrix/Voldemort, Lucius/Narcissa, Rodolphus/Bellatrix, Severus/Narcissa, Ted/Andromeda
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra, Più contesti
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Grazie a chi legge questa ff e grazie a LostHope92 e miss Gold_394 per aver lasciato una recensione! Buona lettura ^_^



‘Un gelido destino’

 

Trentasettesimo capitolo

 

(Cuori senza voce - ultima parte)


Immersa nella vasca piena di acqua calda e aromatizzata alla rosa, Narcissa si stava lentamente rilassando. La giornata era calda e afosa ma la casa dei Black a Londra era fresca e quindi un bagno caldo era piacevole anche in agosto.
I vapori le avevano aperto i pori della pelle e avevano appannato tutti gli specchi della stanza, i lunghi capelli penzolavano fuori dalla vasca gocciolando per terra, con gli occhi chiusi e la bocca leggermene socchiusa, Cissy si sentiva finalmente libera di lasciarsi andare e godersi un po' di solitudine.
Rimase ammollo per molto tempo, tanto che l’acqua divenne fredda; con un sospiro si alzò in piedi mentre l’acqua le scivolava lungo il corpo, stava per afferrare il telo di morbida spugna per asciugarsi e mancò poco che lanciasse un grido.
Sua sorella Bellatrix era lì, nella stanza, e la osservava con uno sguardo cupo e indagatore.
- Bella!- esclamò Narcissa - Da quanto sei li?- le due ragazze non si vedevano da quel giorno a Notturn Alley, quando la maggiore delle due aveva palesato senza problemi la sua relazione con il giovane Rosier. Bellatrix teneva in mano il telo di spugna e lo accarezzava lentamente, come avrebbe potuto fare con un gatto, lasciò scivolare lo sguardo scuro sul corpo di sua sorella, con un disprezzo intenzionalmente  offensivo.
- Bene!- esclamò infine, incontrando lo sguardo di Narcissa - Lucius dopotutto non avrà di che lamentarsi, ha sempre avuto un debole per le bambine...non sei cambiata molto da quando avevi undici anni!- Narcissa non si lasciò ingannare, sapeva che il suo corpo non era più quello di una bambina e che Bella voleva ferirla e basta.
Tuttavia era passato il tempo in cui le parole di sua sorella avevano il potere di colpirla impunemente, sapeva che Bellatrix era infelice e che voleva sfogare su di lei la sua rabbia e la sua frustrazione, decise di non raccogliere la provocazione e uscì dalla vasca con leggiadria.
Il fastidio passò sul volto dell’altra ragazza che si limitò a porgerle il telo e lasciare che Narcissa si coprisse.
- Cosa vuoi Bella? Dubito che tu sia passata solo per aiutarmi ad uscire dalla vasca da bagno- Bellatrix spostò il peso da un piede all’altr,o socchiudendo gli occhi malevoli; il suo sguardo indugiò sulle braccia bianche di sua sorella, lisce e senza traccia di oscuri tatuaggi.
- Non posso passare a salutare la mia sorellina che finalmente è ritornata a casa?- le chiese, caustica.
Narcissa sollevò un sopracciglio con aria ironica e Bella fece spallucce.
- Sono qui perché mi ha convocato papà- ammise, infine.
Narcissa non nascose la sua sorpresa, questa volta - Papà è rientrato?-
L’altra la guardò con sarcasmo - Come? Non l’hai ancora visto? Non ti ha accolta come si confà ad un’eroina? - Cissy la guardò senza capire e Bella proseguì -Tutti parlano della tua permanenza a Malfoy Manor e del fatto che sei stata vista in compagnia del giovane e affascinante Lucius Malfoy a Diagon Alley! La Gazzetta del Profeta ha scritto un lungo articolo su di te, chiedendosi se la giovane, bella e promettente figlia dei Black farà si che le due casate più in vista del Mondo magico si uniscano in un matrimonio da sogno!- la voce della ragazza era beffarda e pungente.

Narcissa trasecolò: non sapeva nulla di tutto ciò. La sua espressione era facilmente interpretabile e Bellatrix fece una smorfia di derisione.
- Hanno tolto spazio persino alle “preoccupanti” notizie che arrivano da tutta l’Inghilterra...Sei proprio la reginetta del Regno, Cissy!- la prese in giro - Peccato che la strada per arrivare in cima passi per quel buono a nulla di Lucius Malfoy!-
Narcissa si accigliò, cominciava a sentire freddo così bagnata ma non aveva intenzione di lasciare a sua sorella l’ultima parola.
- Vorrei davvero capire perché ce l’hai così tanto con Lucius, Bella! Dopotutto avete molte cose in comune...- le disse con calma, notando un guizzo nella sguardo della sorella.
- Si, in fondo hai ragione- ammise Bellatrix, dopo un attimo, conciliante - Ora che ci penso è molto affascinante: alto, biondo, nobile! Un perfetto principe purosangue- fece una pausa e poi riprese a parlare, con un’espressione davvero cattiva in volto - Ci sono dei momenti in cui lo guardo e mi scopro a desiderarlo…quei momenti in cui tortura le persone o quando le uccide senza pietà! In quei frangenti è davvero virile, forte, potente e vorrei che mi facesse sua, sento il mio corpo infiammarsi per lui, non posso negarlo…- la ragazza osservò il volto di sua sorella con gli occhi malevoli - Potrei anche offrirmi di colmare il vuoto del suo letto negli anni che vi separano dalle nozze: un uomo come lui non può certo votarsi alla castità!-
Narcissa seppe celare perfettamente lo sgomento che quelle parole le suscitarono.
-  E’ sufficientemente forte per essere casto e anche per sopportare le tue avance! - le rispose poi, sfoderando le unghie e nascondendo la paura.
Bella le si avvicinò - Ma si, goditi il tuo bel sogno, il tuo posto al sole! Forse ti aiuterà a scioglierti un po’, gelida bambolina che non sei altro! Ma ricordati che sarai solo l’ennesima tacca sulla sua cintura!- concluse, ridendo senza gioia.
Narcissa ignorò il vuoto che le si era creato nello stomaco, decisa a non essere il punching ball emotivo di sua sorella.
- Davvero, non dovresti disprezzarlo né tanto meno disprezzarci come coppia, soprattutto visto e considerato chi hai sposato! La tua strada passa per Rodolphus Lestrange e non arriva nemmeno in cima, non trovi che la tua situazione sia più triste della mia?- fu come se le avesse gettato addosso un incantesimo raggelante.
Bellatrix impallidì ma rimase muta e sconfitta.
Le due si fronteggiarono per qualche istante ancora, poi la bruna ragazza si voltò e uscì, senza aggiungere una parola.
Narcissa sospirò piano, stremata da quel duello verbale, e si chiese se lei e sua sorella sarebbero mai state in grado di avere di nuovo un rapporto normale, “probabilmente no” ammise.
Ogni giorno che passava la distanza che le separava aumentava a dismisura.
“Prima o poi ci perderemo…”pensò, cercando di controllare l’impressione che le parole di sua sorella le avevano lasciato dentro.
Lucius era sempre stato un donnaiolo, le ragazze gli cadevano ai piedi o gli si buttavano tra le braccia, non serviva nemmeno che facesse qualcosa di particolare per attrarle.
Ricordò i tempi della scuola, quando l’aveva visto baciare Susele Andrews.  Ora che anche lei aveva baciato Lucius, sapeva perfettamente cosa aveva provato l’altra ragazza e non solo, anche tutte le varie Susele che l’avevano preceduta e poi tutte le Susele che si erano accompagnate a lui negli anni successivi.
Da quando Lucius aveva lasciato Hogwarts gli erano stati attribuiti molti flirt ma, ingenuamente, lei non aveva mai considerato il lato fisico della questione.
Non poteva capacitarsi di non aver mai pensato cosa comportassero per Lucius quelle relazioni, semplicemente non vi si era mai soffermata perché, se ne rese conto all’improvviso, fino al bacio scambiato con lui, quel bacio vero e passionale, non se ne era mai preoccupata.
Troppo presa dall’eccellere a scuola, dai problemi della famiglia, dai complotti, dalle maledizioni, dai raduni di maghi oscuri, dagli incubi.
Rammentò che sua sorella, alla sua età, aveva intrattenuto una relazione con un uomo che aveva più del doppio dei suoi anni.
Lucius con il suo bacio e Bella con le sue parole l’avevano svegliata da una specie di letargo, era giunta anche lei al punto in cui tutte le sue coetanee erano già arrivate da tempo.
Chissà cosa pensava di lei, Lucius! Chissà quante risate si era fatto dentro di sé quando l’aveva conosciuta.
Si sentì arrossire per la vergogna e per l’umiliazione: dopotutto Bellatrix era riuscita a ferirla ancora.
Sua sorella sapeva, sapeva che il fidanzamento tra lei e Lucius era qualcosa di astratto, sapeva che la differenza d’età era un ostacolo, sapeva che lei era troppo ingenua e lui troppo esperto e, probabilmente, sapeva cose su di lui che lei non poteva nemmeno immaginare.
Sentiva che Bellatrix non era una minaccia, una rivale in senso sentimentale, ma era consapevole che sua sorella avrebbe potuto cercare di sedurre Lucius solo per il gusto di farle un dispetto e dimostrare di esserle superiore.
“Ma a lui lei non piace!” pensò con forza, ricordando l’espressione carica di disprezzo che Lucius assumeva ogni volta che incontrava Bellatrix.
Poi ricordò il bel volto sofferente di Evan, rammentò lo sguardo del tutto soggiogato del Signor Alderman, l’espressione con cui Rodolphus Lestrange aveva guardato la sua sposa per tutta la durata della cerimonia nuziale, le occhiate che tutti gli uomini avevano sempre lanciato a sua sorella e il cuore le si strinse.
Se avesse voluto, probabilmente, Bellatrix avrebbe potuto ammaliare anche  Lucius.
La verità era, si rese conto all’improvviso, che non si fidava di lui.
Sospirò, il beneficio datole dal bagno caldo era sparito, finì di asciugarsi e si vestì, indossando un leggero abito verde menta che regalava ai suoi occhi chiari riflessi di giada, raccolse i biondi capelli in un semplice chignon e rientrò nella propria camera.

 

Quando sua madre era morta, Lucius aveva da poco compiuto dieci anni.
Gwenhwyfar Bryn Arundel in Malfoy era stata una strega eccezionale, una moglie devota e una madre straordinaria.
Lucius l’aveva amata molto, aveva amato ascoltare i suoi racconti sulla Cornovaglia, la sua terra di origine, le leggende affascinanti sul Morgawr o sui Muryans, le fiabe piene di magia che lei sapeva narrare così bene. Aveva amato la sua forza e la sua dolcezza, la perizia con cui eseguiva le magie più strabilianti, il  modo in cui aveva accolto in casa per lunghi periodi Evan, un bambino poco più grande di lui di nobili origini ma dalla famiglia disastrata, amandolo come un figlio.
Non aveva sofferto di gelosia, lui e Evan avevano legato quasi subito e lei li aveva tenuti uniti, raccomandando loro di volersi bene come fratelli.
E poi, quando erano soli, sua madre era tutta per lui, gli accarezzava i capelli biondi, lo teneva tra le braccia facendolo sentire a casa e al sicuro, lo consolava se era triste e, cosa più importante, riusciva a creare una bella atmosfera anche con Abraxas, quel padre serio e distante a cui Lucius guardava con un certo timore.
Poi lei si era ammalata.
Lucius non aveva pensato nemmeno per un attimo che potesse morire, era la strega migliore del mondo, sarebbe di certo guarita.
E invece se n’era andata una fredda notte di gennaio, lasciandolo solo.
Abraxas si era rinchiuso nel suo dolore, passando molto tempo fuori da casa.
Evan era già ad Hogwarts.
A Lucius non era rimasto altro che perdersi nei ricordi, struggersi per la sua mancanza e girovagare senza meta per la casa, cercando di evitare Kraffy, che si era assemblata una specie di abito da lutto con delle tende di velluto nero e che lo seguiva per accertarsi che il Signorino mangiasse e dormisse, salvo poi scoppiare a  piangere ogni minuto tanto che Kebby era costretto a trascinarla via.
Il bambino aveva preso a girare per la casa in lungo e in largo, imparando tutte le scorciatoie che lui e Evan non avevano ancora scoperto o soffermandosi davanti al ritratto a grandezza naturale che era stato fatto a sua madre.
Lei stava nella cornice dorata, con gli occhi chiusi, e sembrava riposare, non era ancora desta come lo erano i vecchi antenati degli altri quadri.
Poi, un giorno, mentre se ne stava nascosto dietro una grande statua ,eretta in omaggio di Salazar Serpeverde, che chiudeva la galleria degli antenati dei Malfoy, aveva visto arrivare Kebby di gran carriera e, con un certo stupore, l’aveva visto aprire l’unica porta presente nel lunghissimo corridoio.
Lucius era rimasto davvero sorpreso perché lui e Evan avevano tentato di aprire quella porta infinite volte, senza riuscirci mai.
Vinto dalla curiosità e irritato che ci fosse qualcosa che a Kebby fosse consentito e a lui no, era uscito allo scoperto. Si era infilato nella cintura lo stiletto d’argento che era stato di Gwen, sul  cui manico era inciso lo stemma della famiglia di origine di  sua madre e che lui aveva sgraffignato dalla stanza di lei, usandolo per incidere il proprio nome nei pannelli in legno che ricoprivano le pareti delle stanze più remote della casa.
Si era avvicinato alla porta e l’aveva lentamente socchiusa.
Una volta che gli occhi si erano abituati alla penombra, aveva scorto Kebby intento a spolverare minuziosamente la cornice di un grande quadro appoggiato per terra: evidentemente l’elfo l’aveva staccato dal muro per pulirlo più agevolmente .
Lucius era avanzato nella stanza con gli occhi fissi sulla ragazza che ne era il soggetto principale.
Il volto era bellissimo, una bellezza diversa da quella di sua madre, i capelli biondi sembravano una cascata d’oro, gli occhi scuri erano dolci e le labbra socchiuse sembrava stessero per sussurrare qualche tenera parola d’amore.
“E’ una Ninfa!” aveva pensato, ammaliato, sentendo lo stomaco stringersi e i sensi destarsi come non gli era mai successo.
All’improvviso il ragazzino aveva notato che la fanciulla del quadro era statica, inerte, non si muoveva come i quadri dei suoi antenati, né sembrava riposare come il ritratto di sua madre.
La bellissima e giovane donna era perfettamente immobile, con gli occhi bene aperti ma privi di vita.
Ad un certo punto aveva udito un singulto orripilato.
Kebby si era accorto di lui e si era precipitato verso il suo padroncino, con un’espressione di orrore e paura sul volto schiacciato.
- Padroncino, non sta qui!- aveva esclamato, gli occhi a palla ancora più spalancati del solito.
Lucius si era stupito di quella reazione perché l’elfo, di solito, era molto pacifico e serafico, non si agitava mai.
Si era anche indispettito per il tono di comando di Kebby e perché, ne era certo, quel quadro rappresentava un segreto di cui nemmeno sua madre era stata a conoscenza.
- Il padroncino sta dove gli pare!- aveva replicato, furioso - Adesso voglio che tu mi dica chi è la ragazza del quadro!-
Kebby aveva scosso la testa terrorizzato e muto.
- Se non me lo dici andrò a chiamare mio padre….- aveva detto il bambino, stringendo gli occhi - ...e Kraffy!-
A quelle parole l’elfo era apparso completamente annichilito ma aveva continuato a tacere.
- Bene!- aveva esclamato Lucius, furioso, voltandosi pronto a lasciare la stanza.
- Se io parla, Padrone Abraxas scaglia su me e mia famiglia maledizione verde…- aveva sussurrato allora l’elfo, con una vocina carica di paura.
A dispetto della rabbia che provava, Lucius aveva avuto pena per lui, Gwen li aveva sempre trattati bene e con molto rispetto.
- Tu dimmi chi è la ragazza del quadro e perché è immobile e io non ti tradirò!- gli aveva detto, allora.
Kebby aveva esitato ancora e poi, sotto lo sguardo fermo del ragazzino e incapace di sottrarsi alla legge che gli  imponeva ubbidienza verso la famiglia Malfoy, aveva parlato.
Lucius aveva ascoltato, esterrefatto.
Si era fatto ripetere la storia due volte, assimilando pian piano che suo padre, non solo aveva amato qualcun’altra prima di sua madre ma che le aveva anche fatto fare un ritratto da uno di quei sanguesporco, quei babbani che sembrava disprezzare tanto e che, anche adesso che sua moglie era morta, continuava a venerare quest’altra donna.
Una donna che, a differenza di Gwen, era ancora viva e respirava e si occupava dei suoi figli.
- Padrone Abraxas non più entra qui da quando Padrona Gwenhwifar arriva in questa casa…- aveva cercato di rassicurarlo Kebby, come leggendogli nel pensiero.
Lucius era rimasto immobile, non sapendo cosa fare, ancora incredulo.
Non aveva mai avuto un rapporto particolarmente affettuoso con suo padre ma Gwen era stata il loro legame, il ponte che li aveva uniti e tenuti vicino.
Così era come perdere anche quel poco che aveva da condividere con Abraxas.
Poi un pensiero lo aveva colpito come uno schiaffo in pieno volto.
- Non è più entrato...ma adesso entrerà di nuovo, vero?!- aveva chiesto all’elfo, con la voce che tremava di rabbia e disgusto.
L’espressione di Kebby gli aveva detto tutto e Lucius aveva avvertito tutto il furore che sentiva dentro, dal giorno in cui sua madre di era ammalata, sommergerlo e togliergli il respiro.
La sua mano era scattata a prendere il pugnale che aveva infilato nella cintura e poi si era avventato contro il quadro.
Sotto lo sguardo terrorizzato del povero elfo domestico aveva preso a infierire contro il ritratto della bella usurpatrice, colpendolo con la lama d’argento.
Aveva straziato la tela con furia, tagliandola ancora e ancora, con i pezzetti di tempera che volavano ovunque spargendosi tutto attorno e deturpando il bellissimo volto, il vestito sfarzoso e le braccia bianche della fanciulla.
Alla fine Lucius era caduto in ginocchio, esausto e provato , ansimando, con i capelli biondi incollati al volto e al collo dal sudore.
Poi si era steso per terra, il viso rivolto verso il pavimento e rigato da lacrime mute colme di dolore e rabbia. Era rimasto così per un tempo indefinito e poi aveva alzato il volto e aveva visto Kebby inginocchiato accanto a lui, immobile e in silenzio.
Si era odiato per aver perso il controllo davanti ad un elfo domestico, poi aveva guardato il quadro ridotto a brandelli e aveva avuto paura.
Suo padre avrebbe visto quello scempio, come avrebbe reagito? Lucius non temeva la sua ira, quello che gli causava fitte dolorose allo stomaco era l’idea di vederlo con il viso pieno di vergogna e contratto dai sensi di colpa.
L’idea di vedere Abraxas trasformasi in un uomo debole sotto i suoi occhi lo atterriva: aveva già perso sua madre, detestava l’idea di perdere anche suo padre.
Lucius si era alzato lentamente, asciugandosi le lacrime.
- Come facciamo?- aveva chiesto, indicando il ritratto con un gesto della mano, detestandosi per essersi ridotto a chiedere aiuto ad un servo.
- Se il Padroncino Lucius permette, Kebby sa…- gli aveva risposto l’elfo, sollevato.
Il ragazzino si era spostato e il domestico, concentrandosi un attimo, aveva fatto si che ogni singola briciola di colore, ogni scheggia di legno, ogni lembo di tela andasse al suo posto.
Suo malgrado Lucius ne era rimasto impressionato e ammirato, nel giro di un minuto il quadro era ritornato perfetto come prima, lui aveva sempre creduto che gli elfi domestici sapessero solo cucinare e spolverare.
- Bene- aveva detto alla fine, ritornando il giovane aristocratico e arrogante di sempre - Io non dirò nulla di tutto questo al tuo Padrone, ma tu, ogni volta che lo vorrò, dovrai farmi entrare!-
Il povero Kebby aveva cercato di protestare ma Lucius lo aveva fermato con un gesto della mano.

- E’ un ordine! - gli aveva detto e l’elfo aveva dovuto inchinarsi e cedere.
E così il loro segreto aveva preso vita.
Lucius aveva visitato spesso quella stanza, a volte addolorato, a volte furioso, a volte affascinato.
La bella sconosciuta, la magnifica fanciulla del ritratto, lo attraeva contro ogni suo volere, la trovava bellissima e desiderabile.
Aveva imparato a memoria i suoi lineamenti, ogni particolare di lei, ma non aveva mai saputo il suo nome, nemmeno Kebby ne era a conoscenza.
Nei lunghi mesi che aveva trascorso lontano da casa, quando aveva iniziato a frequentare Hogwarts, ogni tanto le aveva rivolto il suo pensiero.
Non aveva mai confidato nemmeno ad Evan il segreto che aveva svelato, sia perché si vergognava per suo padre sia perché si era scoperto geloso e possessivo verso quella fantasia così intima.
Evan avrebbe di certo fatto qualche battuta volgare e lui non voleva che il suo amico riducesse il tutto ad una cosa sconcia e immonda.
Poi, nel corso degli anni, l’aveva visitata sempre meno; aveva conosciuto ragazze vere che lo avevano attratto e aveva scoperto di avere sul sesso femminile un grande ascendente.
Ad un certo punto non ci aveva pensato più.
Fino a quel primo settembre di quattro anni prima, quando aveva sentito pronunciare il nome di Narcissa Black nel corso della cerimonia di smistamento ad Hogwarts.
Aveva sollevato lo sguardo con interesse, perché suo padre gli aveva praticamente imposto di fidanzarsi con quella bambina, lei si era girata verso le quattro tavolate, con i capelli biondi che avevano danzato sulle sue spalle.
Lucius aveva riconosciuto vagamente una delle marmocchie che aveva preso in giro sull’Espresso di Hogwarts, poche ore prima e poi, come un fulmine accecante che illumina la notte, l’aveva vista per davvero ed era rimasto letteralmente folgorato.
Quella ragazzina dal volto fiero era la copia identica della “sua” fanciulla misteriosa.
Tranne che per gli occhi che, invece di essere scuri e vellutati, erano di un grigio intenso e luminoso.
Aveva cercato di riprendersi ma non aveva resistito all’idea di darle un’occhiata più da vicino, ancora incredulo.
Così aveva convinto quell’ochetta di Susele a fargli superare l’arazzo dietro cui si celava il dormitorio delle ragazze, spiegandole che voleva solo divertirsi alle spalle delle nuove studentesse. Era stato facile farla cedere, erano bastati un lungo bacio e qualche carezza.
Quando finalmente Narcissa era arrivata, e lui aveva potuto guardarla bene in volto, aveva avvertito un misto di rabbia e di giubilo.
Era davvero identica a quella ragazza, solo con un viso più infantile, naturalmente.
Aveva fatto in modo di poterle toccare i capelli, così come non aveva mai potuto fare con quel ritratto inanimato, e di sentire il respiro caldo di lei; l’aveva osservata per dei lunghi istanti, estasiato di avere tra le mani la versione vivente della sua ossessione.
Poi era rinsavito e, annichilito dalla morbosità di quei sentimenti che l’avevano fatto sentire uguale a suo padre, l’aveva lasciata andare.
In seguito aveva fatto di tutto per ignorarla ma lei era sembrata fortemente interessata a lui e, ad un certo punto, non aveva più potuto negare che l’idea di sposarsi con la copia della ragazza del quadro suscitava in lui una forte attrattiva.
La sera della Vigilia di Natale, alla festa in maschera organizzata da suo padre a Malfoy Manor, Narcissa gli era sembrata terribilmente piccola ,agghindata come una fatina, ma il calcolatore che era in lui aveva compreso che sarebbe divenuta una splendida donna e quindi aveva deciso di aspettare che ciò avvenisse.
Dopo quella notte, aveva provato sentimenti ambivalenti verso Cissy: alcune volte non si era nemmeno ricordato che esistesse, troppo preso dalle sue ambizioni e dalle donne che lo attraevano e che poteva avere in quel momento. Altre volte si era trovato a cercarla con lo sguardo, a tenerla d’occhio, a chiedersi cosa stesse facendo e cosa passasse per la sua bella testolina.
Gli anni erano passati e, pian piano, senza che Lucius se ne rendesse conto subito, Narcissa aveva scalzato la sua gemella dipinta, che nel frattempo lui aveva scoperto essere Druella Rosier, dai suoi pensieri. Allora, visitare la stanza del quadro aveva assunto un altro significato.
Il carattere, la forza, l’intelligenza di Narcissa, gli sprazzi di dolcezza, la sua elegante femminilità, che era sbocciata quando la ragazza era cresciuta, gli avevano fatto perdere la testa. Lei era costantemente nei suoi pensieri e si era insediata nel suo cuore in modo inscindibile.
Poteva negarlo con chiunque, anche contro ogni evidenza, ma non a se stesso e, a quanto pareva, nemmeno ad Evan che, conoscendolo bene, sapeva che nessun’altra ragazza lo aveva mai interessato tanto, per nessuna aveva mai provato dei sentimenti profondi.
Persino l’Oscuro Signore sembrava aver compreso perfettamente la sua propensione per Narcissa, Lucius era quasi certo che glielo avesse letto direttamente nei suoi pensieri, e aveva sfruttato quei sentimenti a proprio favore, per il suo divertimento.
E Bellatrix, anche lei.
Essendo molto più simili di quello che entrambi credevano, il ragazzo aveva capito subito che la maggiore delle sorelle Black aveva compreso perfettamente il suo amore per Narcissa e che la cosa la indisponeva.
Lei glielo aveva confermato, a modo suo, un paio di settimane dopo il suo matrimonio con Rodolphus Lestrange e la terribile punizione subita da Evan.
Quindici giorni dopo il funerale di Druella.
Si erano ritrovati soli nella casa di Hepzibah Smith, dopo essere stati dal Signore Oscuro, pronti a smaterializzarsi per ritornare nelle rispettive case.
Lucius era impaziente perché Narcissa era ospite a Malfoy Manor da pochi giorni e non voleva mancare, per l’ennesima volta, alla cena.
All’improvviso Bellatrix  era diventata molto suadente e gli si era avvicinata, guardandolo diritto negli occhi e posandogli una mano sul petto, si era alzata sulle punte dei piedi e gli aveva sussurrato all’orecchio di avere del tempo libero prima di rientrare.
Il suo profumo femminile lo aveva avvolto e Lucius si era chiesto, per un attimo, come sarebbe stato.
Lei non lo aveva mai attratto particolarmente ma era, innegabilmente, una delle donne più belle e affascinanti con cui avesse avuto a che fare.
L’aveva osservata, gli occhi scuri di Bella erano accesi di bramosia, il corpo era proteso verso di lui.
E Lucius non aveva provato nulla, non aveva sentito desiderio, non aveva provato attrazione ma solo disgusto.
Quella era la donna che tormentava Evan, che aveva lasciato che il suo amante si addossasse interamente la colpa di ciò che era successo con l’agente babbano, guardandolo, senza battere ciglio, mentre subiva la terribile punizione che sarebbe spettata anche a lei.
Era la donna che cercava di sminuire continuamente Narcissa, ai suoi occhi, a quelli di Evan e di chiunque la stesse ad ascoltare e che, adesso, voleva solo togliersi lo sfizio di usarlo per ferire sua sorella.
Ma Lucius non amava essere usato e amava Narcissa, molto.
Cedere ad una semplice curiosità fisica avrebbe significato perdere le uniche due persone al mondo di cui gli importasse davvero qualcosa.
- Sei molto gentile a offrirmi la tua compagnia - le aveva detto, fissandola bene in volto - Ma io non uso le cose di seconda mano e, in ogni caso, non ho spiccioli con me!- aveva concluso, storcendo la bocca con crudele sarcasmo.
Bella aveva sollevato la mano per schiaffeggiarlo ma lui si era smaterializzato, ridendo di gusto, e lei aveva colpito l’aria.
In tutto ciò, solo Narcissa era sembrata non rendersi conto di quello che il giovanei provava per lei e Lucius aveva fatto di tutto affinché non ne prendesse completamente coscienza.
Non sapeva perché, ma ricordava fin troppo bene le parole che Bebhinn Naghib gli aveva rivolto, quando ancora non era consapevole di quanto Narcissa contasse per lui: ‘non c’è persona peggiore di quella che non sa come prendersi ciò che desidera davvero! Rischia di soffrire, di far soffrire e di morire contorcendosi tra i rimpianti!’
Poi quei sentimenti, quell’amore, quel desiderio erano traboccati rompendo gli argini con violenza e lui l’aveva stretta tra le braccia per baciarla e placare, finalmente, il bisogno di lei che lo dominava.
Nonostante questo, nonostante la sua pronta e appassionata risposta, Lucius aveva compreso perfettamente che Narcissa era confusa, insicura  e che, forse, le aveva nascosto fin troppo bene l’amore che sentiva per lei.
E adesso non aveva tempo per farglielo capire.



 

Rientrata nella sua camera, Narcissa si sedette davanti allo specchio prolungando la sua toeletta nella vaga speranza che sua sorella se ne andasse prima che lei scendesse al piano di sotto, visto che l’ora di pranzo era passata da un pezzo, ma probabilmente era una vana illusione.
Bellatrix non aveva fretta di ritornare a casa da suo marito.
Poi lo sguardo le cadde sul baule per Hogwarts che era quasi pronto per la partenza, la settimana seguente.
Ricordò quanto fosse stata emozionata alla vigilia del suo primo viaggio, le aspettative e la curiosità, e adesso stava per iniziare il suo quinto anno.
Le lunghe settimane appena trascorse le avevano lasciato dentro la sensazione che il suo destino fosse proprio come il cielo di un’estate bizzarra e capricciosa: in continuo mutamento.
Scrosci di pioggia passeggera, nuvole bianche e veloci, raggi di sole caldo e dorato e tempeste notturne che squarciavano l’aria, si alternavano senza posa.
“Ad Hogwarts mi aspetta l’autunno...e poi l’inverno, passerà la primavera e sarà di nuovo estate…” si sentì più calma e tranquilla, lisciò con cura la gonna leggera e scese al piano di sotto.

Fine trentasettesimo capitolo

  
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