Spazio
autore
Kate-love.
Se è questo che vuoi, allori sappi che Doflamingo
continuerà a comparire o a
essere citato quasi in ogni capitolo, e darà il meglio di
sé.
Gli
uomini pesce guardano i Teletubbies perché la loro
età cerebrale è quella di
chi guarda i Teletubbies.
Dai,
hai mai visto un bimbo di due anni che guarda
“Colorado”? Alla prossima.
Il
capitolo di oggi sarà pieno di guest star, tra le quali i
protagonisti di uno
dei miei manga preferiti…
Scocciatori
sull’uscio
Quante
volte vi sarà capitato di trascorrere tutto il giorno a
difendervi da seccatori
e impiccioni di vario genere che vi offrono i loro prodotti via
telefono oppure
vengono direttamente a rompervi le scatole sulla porta di casa?
Qualunque
cosa vi sia successa, non eguaglierà mai quello che
capitò un giorno di maggio
all’asilo dei pirati.
Era una
bella e fresca mattinata, in cui tutti gli inquilini si erano alzati
pieni di
gioia di vivere.
Krieg
diede spettacolo in giardino recitando intere arie del
“Rigoletto” di Verdi,
ricevendo in cambio stivali e vasi da notte sul cranio.
Jango
si chiuse a chiave in uno sgabuzzino pieno di scope, dopo aver lasciato
un
fantoccio che lo ritraeva in cucina per sviare i sospetti e, novello
Voldemort,
iniziò a dedicarsi alle arti oscure.
Nel
frattempo in bagno stava accadendo un dramma: Chu si era alzato con la
voglia
incontrollabile di mangiare marmellata; una volta in bagno aveva
cominciato
però a fare le bizze, sostenendo di non volersi lavare le
mani prima di andare
a tavola, spingendosi fino a gettare la saponetta per terra.
Mandato
in bestia da cotanta palese arroganza e disprezzo delle regole, Kuro
gli
affibbiò un ceffone che lo fece giacere quasi come morto.
L’uomo
pesce iniziò a piangere in modo isterico, a mordersi le mani
e a sfondare le
pareti a pedate, ma il prode Gin riuscì a riportarlo sulla
retta via
allungandogli platealmente una caramella all’arancia che
venne subito divorata.
Contemporaneamente
in salotto la televisione era accesa a tutto volume e trasmetteva le
fantomatiche
gesta del demoniaco Pingu: Kuroobi era sdraiato sul pavimento e
scodinzolava con
la lingua di fuori, Hacchan si era munito di spilloni e faceva riti
vudù contro
la foca e la sorella del pinguino; appollaiato regalmente sul divano
dell’Inter, Arlong maneggiava uno spazzolone e si dilettava a
colpire i due nel
didietro quando meno se lo aspettavano, costringendoli a saltare in
aria fra
urla di dolore.
Quando
Krieg fu rientrato si sedette sul tappeto a prendere il tè
con le bambole, ma
all’improvviso, dopo attimi di fatale silenzio che facevano
presagire qualcosa
di grosso, il campanello suonò.
Borbottando
fra sé e sé strane imprecazioni in
veneto-bergamasco contro quell’ignoto
rompiscatole, il pirata afferrò un bazooka, lo
usò per sfondare la porta e
quindi, visto che nessuno lo attaccava, si recò
sull’uscio.
Non
scorgendo nessuno né davanti né dietro
né a destra né a sinistra né sopra
guardò i propri piedi e
vide che da
sotto la porta spuntavano due braccia, due gambe e varie scatole di
biscotti.
Krieg
estrasse la malcapitata vittima dalle macerie del portone, la rimise in
sesto
gonfiandola con la pompa della bicicletta e si rese conto che era una
bambina.
Come il
tipico bimbo degli anime era magrissima, aveva le braccia e le gambe
simili a
stuzzicadenti senza un grammo di massa muscolare e aveva una testa
spropositatamente grande, occupata da smisurati occhi azzurri che le
davano
un’aria da cerbiatto bastonato e coperta da lunghi capelli
neri.
Indossava
un cappellino e una divisa da boyscout.
“Come
ti chiami bella bambina?”.
“Robin”.
“E che
cosa fai tutta sola?”.
“Vendo
i biscotti dei boyscout. Ne vuoi uno signore?”.
Segui
un attimo di silenzio da parte di Krieg che la bimbetta
interpretò come un
rifiuto e contraccambiò con un pugno nello stomaco.
Il
pirata sputò sangue e dopo un ulteriore silenzio Robin gli
pestò proprio il
piede che a suo tempo era stato appiattito dallo schiacciasassi di Chu.
Infuriato
oltre ogni dire Krieg calpestò
una
scatola di biscotti e colpì la bambina con uno schiaffo.
Robin
si mise a piangere mormorando “Mi hai fatto tanto male! Io
volevo essere buona
con te!”, ma quando si tolse le mani dal viso
mostrò una faccia da
schizofrenica, con tanto di nervo a fior di pelle sulla fronte, e
gridò: “Ora
subirai la mia ira!”.
La
testa di dimensioni già notevoli crebbe fino a diventare
più grossa del corpo;
i suoi occhi erano completamente bianchi e i denti si erano fatti
aguzzi come
coltelli; i muscoli delle braccia divennero grossi come palloni da
basket;
nervi e vene affiorarono ovunque sulla sua pelle.
La
ragazzina fece uno strano gesto e dal nulla apparve una moltitudine di
braccia
muscolosissime che afferrarono Krieg per il collo, per le braccia, per
il petto
e per le gambe e lo torturarono in numerosi modi, spezzandogli la spina
dorsale
e spaccandogli il setto nasale e i pochi denti rimastigli.
Improvvisamente
si fece avanti Kuro che reggeva in mano un paio di banconote e
indossava un
grembiule con scritto sopra “I love cookies”.
In un
secondo Robin si calmò e dallo stato Hulk- Super sayan-
berserk tornò a essere
una bambina gentile e indifesa che, dopo essersi fatta accarezzare la
testa dal
capitano dei pirati Kuroneko, si rimise il cappellino e andò
a fare altre
consegne.
“Ricordati
cara… mai più biscotti, mai più
boyscout e mai più quella pazza!”
sentenziò
Krieg mentre Arlong e Hacchan si spartivano avidamente il contenuto
della
scatola.
Per
riprendersi da questo trauma il pirata militaresco indisse un torneo di
gioco
dell’oca formato famiglia, ma proprio quando Kuro aveva
beccato la casella
“Fermo un turno” si udì un baccano
infernale proveniente dalla strada che
indusse tutti ad affacciarsi alla finestra.
La
strada era completamente ingombra di una mandria di ignobili creature,
celate
sotto vestiti firmati, felpe, occhialini da sole, mutande di fuori e
altro
ancora: ed erano quelli che siamo soliti chiamare truzzi.
Mentre
nell’aria si diffondeva una diabolica musica a palla che
faceva sempre: “Tunz
tunz tunz tunz tunz tunz”, al cui suono le creature andavano
in delirio il loro
leader, il temuto Iena Bellamy, gridò con quanto fiato aveva
in corpo: “Bimbi,
su le maniiii!!!! Si va in disco a cuccareeeee!!!!” .
Atterriti
da quella piaga sociale, Gin e Krieg afferrarono le pistole e riuscirono fortunatamente
a cacciarli, dopo
averli presi di mira dalle finestre, un po’ come i soldati
dei film western
asserragliati nel fortino con una torma di indiani che cavalca intorno
a
questo..
Verso
l’ora di pranzo Kuro, Gin, Arlong e Chu si erano ritirati in
cucina a preparare
il minestrone e a sorbirsi i patetici programmi di Doflamingo.
Hacchan
e Jango erano in ginocchioni sul tappeto e giocavano con le macchinine
(che
rappresentavano le Formula Uno di Massa e Alonso), mentre Krieg
ascoltava un
disco dei Nomadi a dir poco antidiluviano: ed era con questa musica in
sottofondo che l’infelice Kuroobi gli lustrava le scarpe.
D’improvviso
qualcuno bussò e Krieg, ben più che scocciato,
prese in mano un arpione e
spalancò la porta urlando: davanti a lui c’era un
uomo anziano e tarchiato, con
baffi e pizzetto bianchi, vestito da prete.
“Oh ,
Don Abbondio!”.
Il
nostro Abbondio, non nobile, non ricco, coraggioso ancor meno, si era
letteralmente pietrificato quando si era trovato davanti al viso la
punta della
fiocina: ma una volta chiarito l’equivoco, fu subito invitato
a prendere un tè.
Il
curato, che avendo smesso di fare l’usuraio arrotondava i
guadagni vendendo
enciclopedie e pettini porta a porta, conversò amabilmente
con il padrone di
casa, e stava per confessare di aver sempre amato Don Rodrigo quando
d’un
tratto Kuroobi prese ad agitarsi in preda agli spasmi e a pronunciare
orrende
blasfemie, degne di un filmaccio di serie B.
“E’ un
invasato! Fuggite da qui! C’è Satana in questa
casa!” strillò il prete balzando
in piedi.
Intanto
la manta, come in ogni film sui posseduti che si rispetti, aveva preso
a
camminare sul soffitto come un ragno e da lì
vomitò un quintale di una strana
sostanza verde che ricoprì interamente Krieg.
Quando
tornò a terra fu afferrato da tutti gli inquilini e, mentre
si dibatteva
bestemmiando e cantando canzoni di Marylin Manson, Don Abbondio
cominciò
l’esorcismo.
“Appari
figlio del demonio! In nome del Creatore misericordioso esci da questo
corpo,
non tormentare oltre questa pecorella del Signore! Torna
all’inferno da cui
provieni! Pentiti!Pentiti!Pentiti!” disse il prete spruzzando
acquasanta come
un’innaffiatrice, e a conclusione di tutto Chu
menò una martellata sulla testa
del compagno tale da deformargli permanentemente il cervello e mettere
in fuga
lo spirito maligno.
Fu solo
dopo che il curato se ne fu andato che si scoprì che la
possessione demoniaca
era dovuta a una caramella al limone scaduta.
Quando
un individuo misterioso bussò per l’ennesima
volta, per evitare che Krieg si
imbestialisse come non mai e sfasciasse l’asilo fin dalle
fondamenta Hacchan
andò ad aprire.
Subito
il suo interlocutore gli piantò una balestra in bocca.
Era un
uomo alto, privo dell’occhio destro e del braccio sinistro,
rimpiazzato da uno
metallico: indossava un lercio e rattoppato mantello nero che copriva
un’armatura dello stesso colore e aveva con sé uno
spropositato numero di
coltelli e una spada grossa quanto lui.
Mormorò:
“Dì al tuo padrone che il guerriero nero
è arrivato!”, quindi fece il proprio
ingresso trionfale e gridò spaccando tutte le finestre:
“Mostrati apostolo!
Sono Gatsuuuuuu!!!!!”.
Krieg
si alzò borbottando sconsolato: “Un altro
pazzo” e prese la pistola.
L’uomo
urlò: “ODINOOOOOOOOOO!!!!!!” e
sfoderò lo spadone, ma mentre balzava Arlong lo
respinse soffiandolo via.
“Eppure
ero sicuro che ci fosse un apostolo potentissimo
qui…” disse Gatsu toccandosi
il marchio che sanguinava copiosamente, e che venne subito disinfettato
da
Kuro.
Improvvisamente
risuonò la tipica risata di Picchiarello e alla finestra
apparve un individuo
assai effeminato dai lunghi capelli argentei che indossava
un’armatura con
decorazioni a forma di piume.
Il
guerriero nero iniziò a ringhiare e a sbavare:
“Grifis! Ti ammazzerò! QUESTA E’
SPARTAAAA!”ma saltando sbagliò traiettoria e cadde
in un pozzo nero dove gli
uomini pesce solevano fare il bagno, e non se ne seppe più
nulla.
Poco
dopo l’uomo denominato Grifis incontrò il proprio
figlio primogenito Occhi di
falco ( che da giovane ha militato nella Squadra dei Falchi come
controfigura
di Gatsu nda).
I due
spadaccini corsero l’uno verso l’altro in mezzo a
una pioggia di petali di
rosa, quindi si abbracciarono e promisero di non lasciarsi mai
più.
Gli
inquilini dell’asilo dei pirati assistettero commossi a una
tale dimostrazione
di amore padre-figlio, e le lacrime sgorgarono numerose dalle loro
guance.
Restarono
in quella posa per due ore, fissando l’orizzonte immobile
tranne allorquando
era attraversato da palle di fieno rotolanti, finché, quando
ormai il sole
strava calando, un funesto e psicopatico individuo in maglietta bianca
con la
testa coperta da una bandana verde, che brandiva tre sciabole di cui
una con la
bocca, passò davanti a loro correndo e sbraitando:
“CREPA OCCHI DI
FALCO!!!!!!”.