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Autore: releuse    25/03/2009    4 recensioni
C'era qualcosa che Ken Wakashimazu aveva perso. Qualcosa che gli impediva di giocare, qualcosa che il principe di vetro possedeva. "Incatenato nelle braccia e nelle gambe, avevo l’impressione di essere uno schiavo privo di qualsiasi facoltà di decisione, ormai rassegnato alla sconfitta e annichilito nell’animo, dominato da un potere troppo sacro per essere abbattuto. Atterrito dai suoi occhi decisi." Fanfiction interamente rivista, corretta e modificata. La trama di base è la stessa, ma arricchita con nuovi dialoghi, descrizioni e situazioni.
Genere: Romantico, Sportivo, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Ed Warner/Ken Wakashimazu, Jun Misugi/Julian Ross
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ma eccomi di nuovo qui a stressarvi con un nuovo capitolo del cuore e il bals...ehm il pallone, XDD.. questo capitolo è stato più difficile del previsto e, dato che l’ho scritto fra un pezzo di tesi e l’altra ho dovuto rivederlo più volte per assicurarmi non ci fossero troppi strafalcioni!

Diciamo che è un capitolo di passaggio, di quelli dove si parla taaanto e ci si spiega molte cose (uh quanto adoro farli parlare ‘sti due XDD). Non so se ora come ora l’avrei scritto, ma essendoci anche nell’altra versione mi è sembrato giusto mantenerlo e adeguarlo alla nuova situazione! Altrimenti Haley mi uccideva se lo toglievo >////<  Comunque dal prossimo si tornerà a parlare di calcio (non ci credevate, eh? ^_- ) e della sindrome premestruale di Kennino! XDD Bè nel prossimo ci sarà anche la svolta decisiva...prima o poi dovranno riunirsi ai compagni, no? --->Rel si strofina le mani con fare perfido, complice le puntate di Capitan Tsubasa che sta rivedendo e che le fanno venire in mente idee malefiche!

Comunque, monologhi a parte, ringrazio tantissimo KaraMel, alle quali ho risposto su ELF, ma non posso non ringraziarvi ancora per le recensioni, per leggere la ff e per apprezzarla! _O_ Inchino!

Eos75: Mi fa piacere che questa nuova versione ti piaccia e soprattutto la gestualità che gli ho dato. È una cosa alla quale tengo molto...e sono contenta di esserci almeno un po’ riuscita! >///< Gestire la tensione e il rapporto fra i due è davvero un caos @____@ ho spesso riscritto dei pezzi perchè non mi tornavano per come sono loro! Grazie ancora di Ri-leggere questa ff!!

Dediche: Bè, questo capitolo non può che essere dedicato a 4haley4! Cara, pensavi davvero ti avessi dimenticata? Come promesso questo capitolo è tutto per te!Spero davvero che ti piaccia! Grazie di cuore per le tue recensioni che, come scritto in mail, non posso non apprezzare, anzi! Mi fanno un enorme piacere!!

Grazie inoltre alla mia cara oneechan Ichigo che come sempre beta questa ff e subisce i miei scleri inerenti a questa coppia! Ti assillo troppo tesora >////< Grazie di cuore per tutto quello che fai!!

Allooooora, prima di lasciarvi alla ff una piccola nota, stavolta ci sarà un cambio di POV quando Jun racconta, altrimenti fare raccontare a Ken quello che raccontava Jun e mettergli in bocca le parole sue e di Yayoi risultava un caos ç___ç. Comunque lo noterete dall’asterisco iniziale e finale!!

Grazie ancora a tutte...vi auguro una buona lettura!!



Il cuore e il pallone
Capitolo IV
Di Releuse


La sala da pranzo era ormai vuota, i tavoli e le sedie messi in ordine e puliti comunicavano il ritardo mostruoso con cui ci presentavamo per pranzare. Il tempo era trascorso lentamente durante quella lunga mattinata e si era dilatato nel primo pomeriggio nella stanza di Jun, facendoci perdere la cognizione dei minuti che passavano. Poi, quando ci aveva richiamati egli stesso alla realtà, noi non gli avevamo obbedito, continuando a prolungare gli attimi a dismisura, mentre ci rivestivamo. Era stato un gioco in cui l’uno esortava l’altro a ricomporsi ed, alla fine, mi ero ritrovato a dover abbottonare la camicia di Jun, mentre lui mi sistemava i capelli.


“Mi sa che dovremo digiunare!” Constatai, mani sotto il mento e guardandomi intorno nella sala. Il legno dei mobili luccicava così come il pavimento...erano già state fatte le pulizie.
“Non essere pessimista!” Rise Misugi. “Dai, andiamo a cercare il signor Matsumoto!” Esclamò il principe, ma, mentre stavamo per uscire, ecco che l’uomo stava proprio venendo nella nostra direzione

“Ma signorino Jun! Che fine ha fatto? Non è sceso per il pranzo...ieri per la cena...”
Il signor Matsumoto era vivamente in pensiero, la sua faccia seriamente preoccupata con quell’espressione diventava quasi buffa. Si vede che era molto affezionato a Misugi, lo osservava con fare paterno.“E poi vi ho visto salire di corsa completamente fradici e infangati... ”

Io cercai di controllare il rossore che percepii d’improvviso sulle mie guance nell’udire quelle parole e guardai altrove, sentendomi quasi un criminale che cerca di sfuggire alla propria colpa.

“Non dovrebbe stare sotto la pioggia, signorino!” Aggiunse quasi rassegnato, come se conoscesse bene la testardaggine del principe del calcio.

Misugi non si scompose, rispondendo con la massima calma e sfoggiando un sorriso gentile:“Va tutto bene, signor Matsumoto. Ci stavamo solo allenando e il tempo è volato. Alla fine ci siamo riposati...eravamo allo stremo delle forze!”

Non sapevo se ridere o disperarmi... “Ci siamo riposati” aveva detto tranquillamente. Certo che ne aveva di capacità di controllo il principe! Io, invece, me ne stavo volutamente da parte senza fiatare, credo fosse davvero meglio lasciare a Jun l’onere della difesa.

“Ho capito, signorino! Ma non le fa bene prendersi tutta quell'acqua...non mi faccia preoccupare! Cosa dirò poi ai suoi genitori se si sente male?”

“Non si preoccupi, non mi succederà nulla. La prossima volta starò più attento. È rimasto qualcosa da mettere sotto i denti?”

Mi stupivano sempre i modi di Jun. Apparentemente usava toni calmi e diplomatici, sfoggiava sorrisi, è vero, eppure il suo viso, l’espressione, l’energia stessa che lo circondava facevano intendere che la sua parola fosse una e che non doveva essere messa in discussione né voleva sentire ulteriori remore.

“Ho capito, signorino!” Esclamò l’uomo, sospirando.

Poco dopo stavamo pranzando in un tavolino a caso della sala. Il sole irrorava l’intera stanza e un profumo delizioso aveva cominciato a diffondersi nell’aria.

“No, sei terribile...davvero!” Scossi la testa ancora incredulo per la zuppa di pesce che avevo nel piatto, poi rivolsi uno sguardo dubbioso verso Misugi.
“Ma quale terribile!” Il principe del calcio rideva di gusto, sembrava lo divertisse vedermi così perplesso. “Dovresti ringraziarmi invece! Altrimenti stavi a pancia vuota!”
“Bè, in effetti...” Sospirai divertito, afferrando le bacchette e pungendo un primo boccone.

“Buon appetito Wakashimazu! Accidenti che fame incredibile!”  
“Si, è vero, anche io non avrei resistito oltre...” Ammisi ridendo “...con tutta l'attività fisica di oggi...eh!”

D’improvviso vidi Jun bloccare le bacchette all’altezza della bocca e spalancare gli occhi, stupito.
Io non capii subito il motivo di quello sguardo, finché realizzai cosa avevo appena detto. Fui colto da un’ondata di imbarazzo che cercai di nascondere con un tono lievemente aggressivo.

“Che diavolo hai capito Misugi! Intendevo l'allenamento di calcio” tentai di giustificarmi. “Non metterti strane idee in testa!”
Ma il capitano della Musashi non si fece intimorire, né si scompose, ormai sembrava aver capito come comportarsi con me. Aveva imparato a conoscermi davvero bene.

“Eh, eh, si ho capito” Disse lui, riprendendo a mangiare e tentando di nascondere un risolino.
“Scemo!” Feci io imbronciato, era inutile arrabbiarsi con Misugi. Quel suo atteggiamento malizioso mi metteva ancora a disagio, non ero proprio abituato.

Mi rendevo conto che Jun Misugi era un piccolo demonio, altro che ragazzo equilibrato e pacifico!

“Senti un po’, Wakashimazu...” Con un tono tornato ad essere formale, Misugi catturò la mia attenzione. “Quanto ti fermerai qui?”
“Mah...ho prenotato per una settimana...sono qui solo da due giorni...” Risposi, riflettendoci un po’ su. “Tu, invece?” Domandai a mia volta, quasi temendo la risposta. Era strano, ma il pensiero che Misugi potesse andarsene via da un momento all’altro mi fece inquietare per impercettibili istanti.
“Io sono qui da cinque giorni...” Disse con un tono incerto, come se le sue parole confermassero i miei timori. Poi, però, fece una pausa di silenzio nel suo discorso.

E l’attesa di quella risposta si stava facendo soffocante.

“In verità non ho una data precisa....” Rispose d’un tratto Misugi, riprendendo il controllo della sua voce “...pensavo di fermarmi ancora un po’...” disse, come se la cosa non lo toccasse affatto, come se la scelta fosse solo un’evenienza. “Credo dovrai sopportarmi ancora un po’, Wakashimazu...” Ironizzò infine.

Ed io non fui capace di nascondere un sorriso, mentre alzavo le spalle. “Vabbè, ho la giusta pazienza per sopportarti...” Gli dissi, guardandolo negli occhi.
“Ne sono felice...”

Avrei scoperto solo in un secondo momento la verità di quella sua affermazione.

Poi cominciammo a parlare del più e del meno, della scuola, della nostra squadra, di qualche aneddoto in famiglia. E lui rideva, più volte, in un modo sempre più dolce. La sua vera personalità, vivace e spontanea, mi faceva stare bene in sua compagnia, rendendomi particolarmente euforico. Io che difficilmente lego con qualcuno, che attacco briga molto spesso, che mi nascondo dietro un orgoglio difficile e testardo, mi sentivo sereno al cospetto del principe del calcio. Era come se lui esorcizzasse le mie paure, relegandole in qualche posto nascosto del mio cuore. Se pensavo a ciò che era successo anni prima, non avrei mai creduto che mi sarei messo in gioco a tal punto, che avrei permesso a tali sensazioni di dominarmi. E poi... non avrei mai pensato che la persona che mi avrebbe fatto cedere sarebbe stato Jun Misugi.

Soprattutto non mi sarei mai immaginato che avrei fatto l’amore con lui.


****

Dopo pranzo decidemmo di fare una passeggiata intorno alla pensione, inoltrandoci nel verde di quel bosco che la circondava. Il cielo era limpido, solo qualche sporadica ed innocua nuvola resisteva ancora, allontanandosi piano, mentre i raggi del sole facevano brillare le chiome ancora bagnate degli alberi, creando dei giochi di luce che si riflettevano sui nostri corpi in movimento. Incuranti del terreno ancora umido e delle gocce d’acqua che ogni tanto venivano giù dalle foglie, io e Misugi ci sedemmo ai piedi di un’enorme pianta esposta al sole.

“Ah, come si sta bene!” Misugi lasciò scivolare la sua schiena su quel tronco, rivolgendo il viso verso i raggi tiepidi.
“Già...questo silenzio è rilassante...” Respirai a pieni polmoni, portando le mani dietro la testa per darle un appoggio.

Sentii Misugi liberare un profondo respiro.“Accidenti, chi me lo farà fare a tornare a Tokyo...” Disse, ma la sua frase non era rivolta a me...sembrava più un suo pensiero privato, espresso a voce alta.

Possibile che ci fosse amarezza nelle sue parole?

D’improvviso diverse immagini si sovrapposero nella mia testa: a Tokyo c’era la sua squadra, i suoi compagni, l’allenatore...e lei, Yayoi Aoba. Incredibile, mi ricordai il suo nome. Lei era...la ragazza di Jun. Strinsi nervosamente i denti, cercando di scacciare quel pensiero, ma ormai si era impadronito della mia testa e sembrava non volersene più andare. Più lo scacciavo, più una sensazione simile al dolore aumentava nel mio stomaco, raggiungendo il petto, conquistandosi un posto dentro di lui.

Non se ne sarebbe andata, se non ne avessi parlato con Misugi.

Certo, non potevo pretendere niente, questo lo sapevo. Quello che era successo fra me e Jun era qualcosa di passeggero, uno sfogo dei propri istinti e non si sarebbe più ripetuto. O, almeno, tentavo di convincermene. Chiedere di lei non avrebbe significato nulla, non ne avevo alcun diritto, non avrei dovuto farlo.

Ma ormai dovevo aver capito che, con lui, la distinzione fra ‘ciò che devo’ e ‘ciò che voglio’ non aveva più forza d’esistere.

“Hey Misugi...” Dissi all’improvviso, facendo poi una pausa, mentre poggiavo le mani sulle ginocchia.
“Dimmi...”Rispose lui, ad occhi chiusi.
“... la tua ragazza è al corrente che tu...”

Jun spalancò gli occhi, portandosi subito una mano sulla fronte per ripararsi dalla luce intensa. “Eh? Quale ragazza?” Chiese, voltandosi verso di me e cercando i miei occhi.

Eravamo vicini, le nostre spalle si sfioravano, potevo sentire il profumo della sua pelle mescolato all’odore dell’erba bagnata.

“Come quale ragazza... la vostra manager...Ya...Yayoi Aoba!”

Misugi mi guardò perplesso per un istante ed io, sotto quello sguardo, temetti di aver sbagliato discorso. Mi maledii per essere stato così impulsivo e temetti di venire frainteso. Non volevo che pensasse che l’avessi volutamente messo in difficoltà, né che la mia fosse gelosia.

“Ah, Yayoi?” Sembrò finalmente capire, ma, lontano da ogni mia previsione, Jun cominciò a ridere sinceramente divertito. “Non è la mia ragazza...” Sottolineò quelle parole con tono indecifrabile. “...noi...non siamo mai stati insieme...” Misugi distolse lo sguardo rilassando le spalle e distendendo le gambe, mentre dal suo sguardo sembrava trapelare qualche ricordo.

Poi sorrise, quasi per confortarmi, o per confortare se stesso.

“Non capisco...” Ammisi. “Io ero convinto che voi...tutti erano convinti....”

Misugi scosse la testa. “Lo so, non preoccuparti. Invece è stata proprio lei la prima a capire che non avevo interesse per le donne...” Disse con un velo d’ironia nella voce e nell’incurvare le labbra.

Ero stupito ed incredulo delle sue parole, però qualcosa ancora non mi tornava.

“Davvero? Ci sarà rimasta male...” Dissi ingenuamente, continuando a dare per scontato che loro fossero stati insieme.

“No, veramente quello che c'è rimasto male sono stato io...”

Rimasi senza parole, non riuscendo a comprendere.

Jun fece un respiro profondo, come per concentrarsi su quello che mi voleva dire, per accumulare un po' di forza dal silenzio che regnava in mezzo a quella natura.

“Vedi...” Cominciò Jun, dando voce a quella confessione che sembrava tenersi dentro da una vita. “...io e Yayoi siamo sempre stati amici, da quando eravamo bambini. Lei ha condiviso con me la passione per il calcio, mi è stata sempre vicina, preoccupandosi anche troppo per la mia salute, sostenendomi nei momenti più difficili...fra noi c’è sempre stato un profondo legame. Sapevo bene che per lei ero qualcosa di più...”

Le sue parole mi stavano facendo male, il timore che quella ragazza potesse essere qualcosa di molto importante per lui mi feriva. Volevo avere una risposta, cominciavo a chiedermela con insistenza, quasi inconsapevolmente. Ed intanto respiravo, cercando di scacciare quella sensazione di soffocamento che intasava la mia gola.

“...e io volevo illudermi che lo fosse anche per me...”

Le sue parole cariche di amarezza furono come un pugno violento scagliato con un guanto di ferro nello stomaco. Cominciavo ad avvertire una forte nausea e non sapevo il perché, o, forse, non volevo saperlo, né ammetterlo.

“È successo tutto l’anno scorso...Yayoi mi prese da parte dopo gli allenamenti, dicendomi che sarebbe venuta a casa mia per parlarmi. Avevo notato la sua espressione turbata e il nervosismo delle mani tremolanti, però pensai a una lite con un’amica, cose così...tutto mi sarei aspettato, meno quello che aveva da dirmi davvero. L’accolsi in casa, tranquillo come sempre, finché lei si sedette sul divano, in silenzio. Solitamente mi raccontava tante cose, mi chiedeva come stavo o faceva previsioni sulle prossime partite. Invece esordì con un ‘d’ora in poi sarò meno presente nella Musashi, Jun...’ senza guardarmi negli occhi, continuando a fissarsi le unghie delle mani. Stupito e preso alla sprovvista, le chiesi il perché, credendo che forse era rimasta troppo indietro con lo studio, che magari trascurava i suoi impegni. Non avrei mai messo in dubbio la sua presenza, la sua ‘lealtà’ verso di me. Invece le mie finte certezze si dissolsero in un attimo, quando mi rivelò di essersi fidanzata...e me lo disse alzando finalmente lo sguardo per dimostrarmi che non stava scherzando.”

Le parole di Jun risuonavano come qualcosa di lontano, quasi un racconto fiabesco, mai esistito, ma impresso fortemente nel suo cuore. Nel raccontare, sembrava volersi mostrare il più neutrale possibile, ma stavolta, per quanto si sforzasse, non ci riuscì. Percepivo chiaramente la delusione nelle sue parole, la sensazione che qualcosa gli fosse sfuggita di mano, ferendolo profondamente. Di che certezze stava parlando? Lei era quindi così importante per lui?
 
“Cosa? Fidanzata...” La mia voce tremava, mentre ripetevo quelle parole.

“Sì, ed io ero sconvolto. Non potevo perdere Yayoi...non ci credevo...lei...doveva stare con me...”
“Come sconvolto?” Mi lasciai sfuggire, con voce incrinata dalla tensione.

“Hey, non è come pensi...” Jun mi rivolse un sorriso rassicurante allungando la mano verso il mio viso, ma io lo scacciai col braccio, infastidito. Il principe del calcio, però, non si scompose e, abbracciando le ginocchia, continuò a parlare.

“Ero convinto che fra me e Yayoi ci fosse una sorta di reciproco accordo, ma, devo ammettere, che l’unico ad aver stipulato quel contratto ero stato io...con lei non ne avevo mai parlato, io...l’avevo sempre data per scontata, usando i suoi sentimenti per proteggermi dalla verità...”





*Balzai dalla sedia, stringendo i pugni con rabbia. “Che diavolo stai dicendo, Yayoi? Cos’è questa storia che ti sei fidanzata?” Per la prima volta con lei alzai la voce.
“Jun...perché ti scaldi tanto? Non è da te...” Rispose, guardandomi con amarezza. Non era turbata dalla mia reazione, quindi compresi che avesse previsto ogni cosa e mi sentii ancora più tradito e preso in giro. Quindi strinsi ancora di più i pugni e mi alterai ulteriormente.

“Veramente credevo che io e te...” Mi bloccai, non terminando la frase per il nodo che si era formato nella mia gola.
“Io e te cosa, Jun?” Resse il mio sguardo severamente, pronta a tutto, ma triste. “Lo vedi che non riesci neanche a dirlo?

Sentii le mie certezze vacillare, le mie carte che una alla volta venivano scoperte, senza che io potessi fare assolutamente nulla. Eppure qualcosa mi diceva che non dovevo cedere, quindi raccolsi le mie forze e tentai di mantenere in piedi quella sceneggiata che mi portavo dietro da tempo. Il risultato fu davvero patetico. “Io pensavo che stessimo insieme!” Le dissi, cercando di tornare il Jun Misugi controllato che lei conosceva.
 
Ma Yayoi scoppiò a ridere, rise fintamente, prima di rivolgermi uno sguardo carico di rabbia e delusione. “Questa, Jun, mi è nuova...” La sua voce si fece sempre più sottile e spinosa. “Quando mai abbiamo detto di stare insieme?”

Un moto di frustrazione mi invase. “Si, è vero, ma noi...” Balbettai, inerme, cercando di dire qualcosa. Qualcosa che mi aiutasse...a mentire.

“Noi cosa, Jun!” stavolta fu lei ad alzare la voce, trattenendo le lacrime. “Ci siamo sempre visti durante gli allenamenti o per le attività della squadra. Raramente siamo usciti insieme se non per qualche necessità scolastica o calcistica. Come pretendi di dire che stiamo assieme?” Yayoi si alzò dal divano, scuotendo la testa come se fosse disperata, intrecciando le sue dita fra i capelli biondi, afferrandosi la testa.

“Io...io ero convinta che stessimo insieme, Jun. Non tu! Io ti seguivo ovunque, facevo la qualsiasi cosa per te, ti dimostravo il mio amore. Mi sono sforzata in tutti questi anni, convincendomi che mi andasse bene così! Il tuo, invece, non mi pare che il tuo sia l'atteggiamento di chi sta insieme a qualcuno. Non fingere con me!”

Le sue parole erano tremendamente vere e io n’ero cosciente. La mia maschera stava per sgretolarsi, ma io glielo volevo impedire, a qualsiasi costo.

“Non essere egoista Jun!” Gridò Yayoi, al mio ennesimo tentativo di dirle che le cose non stavano esattamente a quel modo. No, non ero pronto ad ammettere la verità. Soprattutto quando lei pronunciò quelle parole. “Io ti conosco più di quanto tu pensi, perché ti osservavo in tutti questi anni...anche se tu non te ne sei mai accorto...”

Per questo scattai nella sua direzione, afferrandole con prepotenza le braccia, scaraventandola sul divano, per bloccarla poi sotto di me, per non sentire più quelle parole dalla sua bocca.

“Jun, che fai, lasciami!” Gridò lei, spaventata. Ma io le stringevo di più i polsi, inginocchiandomi fra le sue gambe leggermente scoperte dalla gonna un poco sollevata. Non so che cosa mi prese, non mi riconoscevo più, ma nella mia testa era scattato qualcosa che non riuscivo a decifrare. La fissai intensamente per farle comprendere le mie intenzioni, ma Yayoi non ebbe più paura, né cercò di allontanarmi. Anzi, dalle mani strette sui suoi polsi, sentii i suoi nervi calmarsi e vidi il suo viso rivolgermi un sorriso gentile e premuroso. Il sorriso che mi aveva sempre rivolto in tutti quegli anni.

 “Va bene Jun...” Sussurrò con dolcezza. “Abbracciami.”

 “C...come?” Tentennai, allentando la mia presa.

 “Abbracciami e dimmi che mi ami. Voglio che mi baci...e che faccia l’amore con me...solo così sarò in grado di rinunciare a lui e tornare a pensare a te...”
Rimasi senza parole. Sotto il mio sguardo la riconobbi, riconobbi la Yayoi Aoba che conoscevo, la manager sempre presente, l’amica apprensiva, la ragazza innamorata del suo capitano.

Non mi mossi. Non riuscivo più a muovermi, era come se la forza di gravità mi schiacciasse impedendo ogni movimento. Poi, d’improvviso, cominciai a tremare e me ne stupii io stesso, perché non riuscivo a controllarmi. Liberai Yayoi dalla mia presa, sedendomi sconvolto sul divano. Strinsi i pugni ed abbassai lo sguardo, sconfitto.
 
“Vedi, Jun? Questa è la risposta.” Yayoi mi rivolse uno sguardo gentile, cercando di sorridere. Aveva gli occhi velati dalle lacrime.

Ed io sentivo che le mie difese, la maschera fino ad allora portata, si stavano sgretolando sotto il peso delle sue parole. I pezzi cadevano piano piano, come se fossero sottili frammenti di intonaco che, oramai secco, si staccava dal muro, mostrando ciò che c’era oltre e che Yayoi aveva compreso.

“Non possiamo mentire per sempre, Jun.  Non possiamo chiuderci in un nostro mondo nascondendoci dagli altri e fuggendo ciò che vogliamo veramente. Io...non hai solo tu la colpa di quanto è successo...”

Yayoi mi prese la mano, stringendola ed io alzai lo sguardo in silenzio, cercando di capire cosa stesse cercando di dirmi. “In verità...ti ho usato anche io. Con la scusa che noi due ‘stessimo insieme’ ho evitato che altri ragazzi si avvicinassero a me, risparmiandomi fastidiosi approcci, sottraendomi facilmente alle dichiarazioni di qualcuno. Ma questo andava bene fino a poco tempo fa, Jun, quando ancora ero una ragazzina. Ora non è più ciò che voglio, ora desidero vivere sul serio. Dobbiamo crescere, affrontare la vita, Jun. Dobbiamo allentare il legame viscerale che si è creato fra noi e trasformarlo in una vera amicizia. Entrambi lo abbiamo sfruttato per paura del mondo, per paura di noi stessi, delle verità che ci appartengono...ma è arrivata l’ora di essere se stessi, non credi? Non puoi fingerti all’infinito ciò che non sei...”

Sorrisi, finalmente, rivolgendomi alla mia amica. Capivo cosa intendeva dire con quelle parole, me l'aveva fatto capire. E per la prima volta intravidi uno spiraglio, una via d’uscita dai timori che avevo sempre tenuto nascosti. Fu allora che riuscii ad ammettere a me stesso la verità.

Ossia che ero attratto dai maschi e non dalle donne.

“Yayoi, io..” Non riuscivo a parlare, ma lei capì e  mi abbracciò con tenerezza.

“Tranquillo, Jun. Io ti starò sempre vicina, potrai sempre contare su di me. Sarò sempre la tua migliore amica se lo vorrai. Ti voglio bene...”*




“Fine della storia!” Jun sfoderò un sorriso enorme, quasi per cavarsi d'impaccio da quel racconto che aveva molto di personale. Si vedeva che era in difficoltà, ma ero felice che si fosse confidato con me in quel modo. Non doveva essere stato facile parlarne, né credo lo avesse ancora fatto con qualcuno. Certo, era strano calarlo in quella situazione...immaginarlo perdere le staffe a quel modo...con Yayoi. Ormai mi convincevo sempre più che il suo atteggiamento controllato non era altro che una maschera per riuscire ad affrontare la vita che lo circondava.

“Bè, dai...è finita bene!” Cercai di sdrammatizzare, distendendomi intanto sul prato. L’erba umida mi solleticava la pelle, facendomi rabbrividire.
“Sì, è vero...poteva andare peggio!” Scherzò Misugi. “La sensazione di tradimento che avevo provato scomparve subito...certo che sono stato egoista! La usavo come scudo per non ammettere le mie tendenze...e mi dispiace ancora per questo. E poi è l'unica ragazza con cui ho saputo legare in effetti!”

“Eh?” Lo guardai di sbieco, contrariato. “Mi sembra che dimentichi una cosa: hai un casino di ammiratrici...se ti mancano le donne!” Dissi per provocarlo.
“Ah, ah, ah! Lo so, ma quelle non te le consiglio! Sarebbero capaci di scannarti se sapessero quello che è successo!” La risata cristallina di Jun si diffuse nell’aria, mentre io m’inquietavo al pensiero di quell’ammasso di ragazzine starnazzanti.
“Ne faccio a meno...grazie!” Gli risposi, fintamente imbronciato.


Dopo alcuni minuti di silenzio, in cui si udiva solo la leggera brezza soffiare fra i rami, Jun si distese a sua volta, poggiandosi su di un gomito, rivolto nella mia direzione. Sentivo il suo sguardo poggiarsi sul mio viso, soffermarsi sul mio collo scoperto, sulla vena pulsante.
Quella sensazione mi solleticava, mi piaceva sentirmi desiderato da lui.

“Bè, non credo fosse una cosa totalmente voluta la tua...con Yayoi intendo...” Ripresi il discorso di poco prima, fingendo di ignorare il suo respiro sempre più vicino.

“Più o meno...” La sua voce sempre più bassa, le sue gambe che s’intrecciavano alle mie. “...probabilmente era anche una cosa inconscia. Ma è passata, d’ora in poi non lo negherò mai più...”

“Che cosa? Che ti piacciono i maschi?” Ironizzai, inclinando il viso nella sua direzione.

“Si capisce, no?” Chiese il principe, con voce roca, prima di chiudere le sue labbra sulle mie.

A quel contatto mi sporsi ulteriormente verso di lui, portando una mano dietro la sua nuca, che spinsi con forza per agevolare la profondità di quel bacio. Jun si strinse ancora di più sul mio corpo, facendo scivolare una mano sul mio petto e poi sulle gambe. Le sue labbra scottavano e non sapevo più se era stato il sole che fino a poco prima batteva su di loro o il sangue che avvertivo vorticare sotto la sua carne.

Ormai non ero più in grado di respingerlo, poiché ero io stesso il primo a desiderare quel corpo, il suo calore, a lasciarmi ammaliare ad arte dalla seduzione che riusciva a scatenare quando mi era così vicino.

E in quel momento mi andava bene così.

Mentre quel bacio dominava le nostre bocche avide, sentii il dorso della mano di Jun accarezzare la mia guancia “E...tu?” La sua voce sussurrata a pochi millimetri dalle mie labbra, i suoi occhi saldi sui miei.

“Io...cosa...?” Domandai ancora affannato, tenendo ferma la testa di Misugi con le mani, impedendogli di allontanarsi oltre.
“...da quando hai capito di essere attratto dai maschi?” Domandò, con un velo d’ironia e, allo stesso tempo, con desiderio di sapere.

M’irrigidì, colto di sorpresa. In silenzio, scostai lentamente Jun dal mio corpo e tornai a sedermi, appoggiando la schiena sul tronco ruvido.

“Scusami, Ken, io...”

“Shht, non preoccuparti, Jun...” Gli dissi, sforzandomi di sorridere per non preoccuparlo. La sua domanda era più che lecita, dopo che io stesso gliene avevo fatta una personale alla quale lui aveva avuto il coraggio di rispondere con la massima franchezza, dandomi la sua fiducia. E non credo che per lui fosse stato facile parlare di cose così intime. Mi sembrava giusto non essere da meno, solo che...non credevo di doverne parlare così presto.

“A dirla tutta, Misugi...” Cominciai, mentre afferravo un sassolino da terra poggiandolo sulle ginocchia. “...ne ho ripreso coscienza giusto in questi due giorni...” Ammisi, facendo un lungo respiro, mentre con le dita davo un colpo a quella pietra, scagliandola poco lontano.

Sapevo che quella confessione era più che altro rivolta a me stesso.

“Per anni ho cercato di nascondere questi miei istinti...anzi, proprio di cancellarli e, devo ammettere, ero convinto di esserci riuscito...”

Finché non sei arrivato tu.

“Anni passati ad uscire con diverse ragazze, insabbiando ciò che avevo provato osservandolo di nascosto, mentre si allenava o quando si cambiava. Era diventato un’ossessione, non facevo che pensarci. Ogni notte lo pensavo e anche durante il giorno era diventato un pensiero fisso.”

Mentre pronunciavo quelle parole, sentivo di stare compiendo un enorme sforzo, soprattutto nel tentativo di mantenere la calma, poiché la violenza di quei sentimenti inconfessati che avevano accompagnato le mie giornate, stava riemergendo, facendo tremare ogni cellula del mio corpo.

“Ero spaventato, sai?” Mi rivolsi verso Misugi, sorridendo. Quello era l’unico modo per placare il vortice di sensazioni che centrifugava nel sangue. “Spaventato dal scoprirmi attratto da un uomo, da un mio compagno per giunta. Non potevo accettarlo, non...volevo essere così. Quindi...ho tentato di cancellare i miei istinti, la mia attrazione per lui, tentando di aggrapparmi disperatamente all’idea che era stato solo un momento di debolezza e che a me piacevano le donne.” Feci un lungo respiro, scrollando le spalle come se non m’importasse granché di quello che stavo dicendo.

“Evidentemente non ci sono riuscito...” Terminai, con un po’ d’ironia, sperando di aver soddisfatto la ‘curiosità’ di Misugi e di poter finalmente considerare chiuso quel capitolo. Ma, nel voltarmi verso il capitano della Musashi, notai che aveva lo sguardo adombrato e che non mi guardava negli occhi, come se qualcosa lo stesse turbando.

Prima che potessi dire parlare, Jun mi anticipò. “Ma...questa persona...è per caso Kojiro Hyuga?” Disse con voce bassa e salda, come se la sua fosse una constatazione, più che una domanda.

“Come?” Spalancai gli occhi, davvero stupito. Ci misi qualche secondo ad ingranare la sua affermazione ed infine scoppiai in una fragorosa risata che sorprese non poco il principe del calcio.

“Hyuga? Oddio, no! Se fossi stato attratto da lui avrei cambiato squadra prima che mi riducesse a pezzettini!” Continuavo a ridere di cuore.

Era strano, ma ero riuscito a leggere in quella domanda di Misugi una velata preoccupazione che fosse davvero così e la cosa, dovevo ammettere, mi faceva piacere oltre che sorridere.

“Ah!” Un lieve rossore pervase il viso del principe del calcio che stavolta si era messo in difficoltà con le sue stesse mani.

“Stai tranquillo, non è come pensi tu...” Mi sentii di dirgli, come poco prima aveva fatto lui, mentre distoglieva lo sguardo a quelle mie parole. “Si trattava di un mio vecchio amico d’infanzia, un ragazzo che giocava a calcio nel tempo libero, ma al quale non interessava fare parte di alcuna squadra...” Gli rivelai, stavolta senza alcuna remora e lui sembrò sollevarsi. “Spesso ci allenavamo insieme, ci si vedeva spesso insomma...ed alla fine mi resi conto di essere attratto da lui...niente di più...”

“E...lui?” Azzardò Jun, comprendendo che c’era qualcos’altro da dire.

Io rimasi qualche secondo in silenzio, cercando di organizzare la risposta. “...bè, lui...probabilmente provava le stesse cose...me n’ero reso conto e, come me, aveva paura di esporsi, temeva quelle sensazioni che lo divoravano. Per questo ce le siamo date di santa ragione un giorno, scattando per un motivo futile che nemmeno ricordo...”

“Eh?L’hai...picchiato?”

“Eravamo spaventati. Ero spaventato, Jun. Non me la sentivo, non mi capivo io stesso. Alla fine ci siamo picchiati talmente forte che è dovuto intervenire mio padre per separarci...” Sospirai, con un groppo d’amarezza. “Ci siamo sfogati l’uno sull’altro delle nostre frustrazioni, io soprattutto. Da quel giorno lui non mise più piede in casa mia, né lo rividi. Io invece mi ripromisi che non avrei più provato quelle sensazioni per qualcuno...”

Mi aveva fatto troppo male.

“Capisco...” Sussurrò Jun, sporgendosi per baciarmi il collo. “Quindi anche per te era la prima volta...stamattina?” Respirò sul mio orecchio.
“Pare di sì...” Risposi, deglutendo, cercando di mantenere il controllo.

“Però...io non mi sono trovato con un pugno nello stomaco...devo sentirmi onorato?”
“Scemo...” Gli dissi, tremando per il brivido che il suo respiro mi aveva trasmesso lungo il collo. “Con te... è diverso...” Terminai, avvicinando una mano al suo viso ed accarezzandogli il contorno delle labbra con le dita.

Era diverso, non c’erano dubbi. Non ne sapevo neppure io il motivo, però ero cosciente che ogni volta che sentivo Jun avvicinarsi, la volontà, la ragione e il mio stesso autocontrollo finivano per annebbiarsi totalmente, lasciandosi andare a molteplici sentimenti e sensazioni ancora incomprensibili, ma troppo travolgenti per poter fingere di non provarli.


Il pomeriggio passò infine velocemente e, all’imbrunire, decidemmo di andare a riposarci un poco, ognuno nella sua stanza. La stanchezza di quella lunga mattinata si stava facendo sentire. Ancora una volta si presentò la solita scena: entrambi davanti alle rispettive porte, sentivamo l’imbarazzo che aleggiava nell’aria.

“Va bene...buon riposo...” Feci io per primo, guardando con interesse la punta delle mie scarpe.
“Sì, grazie...” Anche Jun  era titubante stavolta, lo si notava dalla sua voce non più così decisa.

Aprii così la mia porta entrando nella stanza, ma non riuscii a chiuderla: Jun l’aveva bloccata afferrando la maniglia.“Ah, Wakashimazu!” Esclamò, affacciandosi all’improvviso.

Io sobbalzai, non capendo cosa stesse succedendo.

“Ci vediamo dopo, vero?” Misugi aveva uno sguardo confuso.

Era una domanda assurda la sua, ma capii subito che quello era un modo per dire qualcosa, per non lasciarmi andare così. Lo guardai negli occhi, mentre stava lì fermo sulla porta ad osservarmi davvero preoccupato. Non so perché avesse previsto il contrario, ma non ebbi il tempo di rifletterci su, visto che di getto gli presi il braccio e lo trascinai dentro la stanza chiudendo la porta alle mie spalle. Lo spinsi verso la parete e cominciai a baciarlo con una passione quasi delirante alla quale Misugi rispose con identica intensità.

Un attimo dopo eravamo distesi sul futon abbracciati e addormentati, ormai vinti dalla stanchezza.
Per la prima volta in tutti quei mesi riposai senza pensieri che mi tormentassero il sonno. Forse era l'abbraccio di Jun a trasmettermi quiete e sicurezza, forse era la sua stessa presenza a rendere tutto più tranquillo.

In quei giorni avrei scoperto com’era piacevole risvegliarsi al suo fianco, osservarlo mentre dormiva ancora, bearsi del suo viso rilassato e delle labbra schiuse. Jun, il suo profumo, il suo sguardo, avrebbero accompagnato i successivi cinque giorni, pervadendo la mia mente e il mio corpo del desiderio di lui.

Lo sentivo. Potevo cogliere quel qualcosa che aveva cominciato a catturarci lentamente, che ci stava rendendo prigionieri senza il nostro consenso. Un filo, una corda o un catena le cui estremità si arrotolavano lente e clandestine su di noi. Sospesi, in quella realtà deformata, in un mondo tutto nostro, estraneo a ciò che ci circondava e nel quale ci eravamo rifugiati scappando da ciò che ci turbava là fuori, non mi rendevo ancora conto che quei nodi si stavano facendo sempre più saldi e stretti. E che prima o poi ci avrebbero bruscamente risvegliato.



Fine IV parte
  
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