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Autore: Shine     25/03/2009    3 recensioni
Spesso si ha la convinzione che il destino non esiste, perchè la vita è quasi sempre condizionata dalle nostre scelte. Tuttavia, esistono delle forze sovrannaturali che sono in grado di controllare determinate situazioni. Per esempio, in un'estate che si prospetta calda e afosa come sempre, può succedere qualcosa che modifichi l'esistenza di una diciottenne come tante. Può presentarsi un'occasione così improvvisa e di tale portata da sconvolgere le basi delle più profonde convinzioni umane. Perchè è solo il destino che ci fa sapere che esiste qualcos'altro, al di là del cielo...
Genere: Romantico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lui

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Lui

Le persone, fin da quando ero piccola, mi consideravano una ragazza molto intuitiva. In realtà anch’io pensavo di essere abbastanza brava a comprendere i caratteri delle persone, anche solo da uno sguardo, un’espressione o un loro discorso. In genere mi succedeva di disegnare il profilo di qualcuno velocemente e il più delle volte avevo ragione. Ma, con mio grandissimo disappunto, con lui ero in alto mare, anzi nel pieno dell’oceano! Non che fosse particolarmente necessario delinearne il carattere, ma ero infastidita dal fatto di non riuscirci. E poi, cosa strana, avevo la sensazione di averlo già conosciuto. Che fosse il figlio degli Elliot era più che evidente. Doveva essere una bellezza ereditaria, la sua. Assomigliava molto a suo padre. Aveva la sua stessa corporatura, il suo stesso viso, lo stesso colore dei suoi occhi. Dapprima avevo dato spiegazione alla mia misteriosa impressione con questa straordinaria somiglianza, ma non ne ero convinta. Lui mi incuriosiva molto più di quanto fosse lecito, considerando che era solo un conoscente. Forse per il fatto che era stato taciturno per tutto il tempo, che ero stata così avida nel cercare di decifrare il suo carattere. Ma dalla mia attenta osservazione, non avevo tratto nessun risultato soddisfacente. Di una cosa ero sicura, a dispetto di ciò che avevano commentato nel mio gruppo: Lui non lo faceva per orgoglio. Non era scostante e riservato, perché, come aveva sottolineato Robert, non ci considerava alla sua altezza. E non era neanche timido. Ero stranamente certa che lui fosse estremamente, eccessivamente triste. Da che cosa lo avevo intuito, non me lo sapevo spiegare. Forse dai suoi occhi, seppur non lasciassero quasi mai trapelare emozioni di nessun genere. In ogni caso, non era altezzoso. Ci avrei messo la mano sul fuoco! Non mi sarei associata alle critiche su di lui, non mi interessava cosa ne pensavano gli altri. Sospirai. Inevitabilmente i miei pensieri andarono a Robert. Ma come poteva non essere così? Ieri, uscendo con gli altri, l’avevo rivisto. Sembrava sinceramente pentito, quando mi aveva chiesto di riprovare a stare insieme ed io gli avevo detto che ci avrei pensato. In realtà sapevo che gli avrei detto di sì. La mia vita senza di lui mi sembrava vuota, sentivo nel cuore una voragine incolmabile. Non che con lui la sensazione sparisse. Mi tormentava da tantissimo tempo, ormai era parte di me, anche se io non ne conoscevo il motivo. Però era meno dolorosa, a volte riuscivo persino a dimenticarla. Con lui. Sospirai nuovamente.

Ero seduta sulla mia panchina, una delle tante del lungomare. Era diventata mia un fatidico giorno grigio d’autunno. Ero arrabbiata e triste, non ricordo neanche per quale motivo, e quella era l’unica panchina asciutta. D’allora ero sempre lì. Una sorta di tradizione. Sorrisi.

Era una giornata molto bella. Il sole stava tramontando  alle mie spalle, ed il cielo s’andava oscurando, dirigendosi piano verso il blu della notte.

Il blu del cielo, in estate, mi piaceva tantissimo. Era il blu vero. Mi piaceva la luna, quando emanava ardente luce bianca e creava sfumature nel cielo, e le stelle. Quand’ero piccola credevo che ogni stella fosse abitata da creature meravigliose: da fate, principi e principesse, esseri fantastici, insomma, quelli dei miei sogni. Ed immaginavo di essere la regina di una stella, la mia stella, e di ricevere l’affetto e le attenzioni di tutti. L’ingenuità e la fragilità di quei sogni era disarmante. Non l’avrei mai dimenticata, lo sapevo. Guardando il cielo mi sarei sempre ricordata della mia stella... ‘The star of my heart’. L’avevo soprannominata così. Sorrisi.

Una folata di vento mi colpì, facendo volare la fascia che avevo nei capelli. Mi alzai di scatto e la rincorsi. Era finita in spiaggia. Mi diressi velocemente verso le scale, le scesi rapida e arrivai sulla sabbia. Mi guardai intorno, per vedere dov’era finita. Rimasi senza parole.

Lui era lì. Si stagliava, come in un bellissimo quadro, in primo piano, circondato dal mare cristallino, in cui si rispecchiava il sole rosso del tramonto e le sfumature create da questo sulle nuvole. Era perfetto, splendente nello splendore della natura.

Mi guardò negli occhi.

Aveva un’espressione seria, ma non indecifrabile come al solito. Avevo ragione. Era molto triste.

C’era qualcosa, nel suo sguardo, che mi lasciava senza fiato. Non riuscivo a capire cosa fosse, ma era così. Ero però certa, come non mai, di aver già visto prima i suoi occhi. Si, li conoscevo. Ed anche piuttosto intimamente. Non sapevo né il luogo, nel il giorno in cui li avevo già incontrati, ma era così. Ora ne ero assolutamente sicura.

Aveva in mano la mia fascia. Mi si avvicinò senza sorridere, recuperando quello che sembrava il suo abituale contegno, impenetrabile come sempre. Mi resi conto di essere rimasta a fissarlo, con aria sconvolta e arrossii d’imbarazzo. Mi ripresi.

Lui me la porse, in silenzio.

“Grazie”, mormorai, impacciata.

“Di nulla.”, rispose lui, in un sussurro.

La sua voce, il tono della sua voce era così familiare. Così bello, così melodioso.

Mi oltrepassò, senza aggiungere altro ed io rimasi a fissare il vuoto davanti a me, confusa.

Non riuscivo a decifrare la mie sensazioni, non venivo a capo delle emozioni che mi affollavano il cuore.

Ma questa ben misera spiegazione non le sarebbe bastata, lo sapevo bene.

 

 “Be’, allora?”, indagò, avida di particolari, Elizabeth.

“Che ti devo dire, Lizzy... Non è successo proprio nulla.”, dichiarai. Ed era la pura verità.

L’avevo guardato negli occhi per qualche istante e ne ero rimasta affascinata: cosa assolutamente comprensibile, considerando la sua ineguagliabile bellezza. A distanza di qualche ora il mio turbamento mi pareva ingiustificabile altrimenti. Ma la sensazione che mi tormentava era ancora lì al suo posto. Possibile che, avendolo già visto, non mi fosse rimasto in mente un particolare illuminante? Dove, come, perché...

“Come, non è successo nulla!! Ma se avevi l’aria di chi ha appena vissuto l’esperienza più eccitante della sua vita!”, obbiettò insoddisfatta la mia migliore amica.

“Hai ragione. Lui mi si è avvicinato lentamente, mi ha guardato negli occhi e mi ha baciato, stringendomi a sé.”, dissi, in tono tanto convincente da farla sobbalzare.

“Davvero?”, esclamò lei, con gli occhi lampeggianti d’eccitazione.

“Certo che no...!”, ribattei, ridendo.

Lizzy mi lanciò un’occhiataccia.

“Incontri il più bel ragazzo dell’intero universo da solo e che fai? Lo guardi negli occhi?”, chiese, arrabbiata.

“Elizabeth, cara...”, esordii, sottolineando quest’ultima parola, “Sto già con un’altra persona.”

Aggrottò le sopracciglia.

“Che ti ha tradita, Emily! È un viscido verme, insignificante e pure brutto.”, esclamò la mia amica, decisa.

Sospirai.

“Io lo amo, Lizzy.”

Lei mi guardò attentamente, poi l’espressione dei suoi occhi s’intenerì.

“Se ti fa soffrire ancora chiamo Anakin e gli chiedo di farlo fuori.”, dichiarò, sorridendo.

Io risi.

Anakin, il nostro mito. Protagonista di una parte della saga di Star Wars, di cui io e Lizzy eravamo fan sfegatate. Avrei dovuto immaginare che lui mi avrebbe difeso e vendicato.

Sorrisi, allegra.

Elizabeth, con il suo solare ottimismo e la sua decisione e anche con la sua impulsività, era la migliore amica che potessi avere. Sapeva come prendermi, mi conosceva benissimo. Eravamo amiche dall’asilo, quando le avevo offerto un po’ del mio cioccolato e lei aveva detto di voler essere la mia migliore amica. Anche allora i suoi occhi erano azzurri come adesso, ma la sua chioma ribelle di capelli sscuri era domata, il suo viso era più magro e il suo corpo più snello.

“Vogliamo tornare al motivo iniziale della mia visita?”, domandai, sorridendo.

Lei annuì.

“Allora…”, cominciò, con un tono che non mi faceva ben sperare.“Che ne pensi di mettere il top dorato e la mini nera?”

“Cheee!”, obbiettai, sconcertata.

“Non ricomincerai con la storia del ‘troppo scollato, troppo corto’, spero...”, rimbeccò Lizzy, guardandomi sbieca.

“Ma...”, tentai di protestare, ma lei stava già enumerando gli accessori abbinati e i tipi di trucco, senza ascoltarmi.

Mi arresi e indossai ciò che mi aveva consigliato.

Due ore dopo, quando finalmente entrambe eravamo pronte per uscire, mi diedi un ultima occhiata allo specchio.

Il top e la gonna risaltavano le mie forme, accentuando la magrezza del mio corpo. I miei capelli ramati erano perfettamente lisci e ricadevano dolcemente sulle mie spalle, intonati in modo perfetto con il completo che indossavo. Il fermaglio che Lizzy mi aveva prestato richiamava il colore dei miei occhi verdi rendendo l’effetto completo niente male.

“Sei bellissima!”, esclamò la mia amica, con gli occhi brillanti d’ammirazione per il suo lavoro così ben riuscito.

Lei indossava un vestito azzurro, aderente, che le stava molto bene.

“Anche tu.”, risposi, sincera.

“Andiamo?”, mi domandò.

Io annuì.

 

 

Fissavo il panorama che s’estendeva oltre il mio balcone, sul quale godevo della piacevole frescura mattutina. Il cielo era limpido, terso da ogni nuvola, ed il sole era pronto a spuntare, per illuminare il giorno che veniva. Tutto lasciava presagire che sarebbe stata una giornata calda come poche, ma la cosa, stranamente, mi era indifferente.

Le cime degli alberi, che formavano un’estesa macchia verde dalla mia posizione, si muovevano dolcemente sotto la spinta del venticello, che spirava leggero, colorando le mie guance  gelide di un tenue rossore.

Sorseggiavo, pensosa, del the, cercando disperatamente di dare un senso agli eventi della sera prima. Erano ore che, non riuscendo a dormire, cercavo di ricostruire minuziosamente ogni cosa, sperando di cavarne un significato. Non c’era. O forse era troppo difficile ammetterlo. Due erano le possibilità: o lui era stato preso da un istante di follia o, molto improbabile, di gelosia acuta, o aveva intuito molto più di quanto non fossi riuscita a fare io. Ci ripensai ancora.

Ricordavo l’eccitazione della serata, l’allegria dei miei compagna, la frenesia del ballo, le mani possenti di Robert che mi stringevano a lui. L’avevo lasciato per un po’ solo, per andare a bere qualcosa, assetata. E poi... Lui, che era stato lì, in disparte, si era avvicinato a me e mi aveva sussurrato all’orecchio: “Non fidarti di Robert, Emily.” Ma quando avevo sollevato lo sguardo, per chiedergli spiegazioni, non c’era. Era sparito tra la folla.

Non avevo dubbi, sebbene non lo avessi guardato in faccia, su chi fosse. Avevo riconosciuto la sua voce. Era inconfondibile. Ma mi chiedevo cosa lo avesse spinto a dirmi una cosa del genere. Conosceva forse qualcosa che io ignoravo? Cosa aveva voluto dire? Non riuscivo a capirci nulla. Ero stata anche sul punto di parlarne con Robert, ma qualcosa mi aveva fermato. Non l’avevo fatto. Ero rimasta con i miei dubbi, cercando in un primo momento di accantonarli, senza buoni risultati. Ed ora mi ero arresa a quel’incertezza. E tentavo invano di trovare una spiegazione soddisfacente. Che non c’era.

Sapevo cosa avrei dovuto fare per interrompere i miei tormenti. Ma ero restia a tramutare le parole, o in questo caso i pensieri, in fatti.

Non ero mai stata particolarmente timida e riuscivo ad essere estroversa anche con chi non conoscevo bene, ma lui mi metteva in soggezione. Non sapevo perché, ma ammutolivo ogni volta, sebbene non succedesse quasi mai, che mi rivolgeva la parola. Non sapevo se ce l’avrei fatta.

Rimasi a fissare il vuoto, indecisa.

Cercai di pensare cosa mi avrebbe consigliato Lizzy. ‘Che aspetti? Hai un motivo per parlare con lui e non lo fai?’ Sì, sarebbe stato quello il suo suggerimento, anche se non potevo verificarlo, avendo deciso di non parlagliene.

Sospirai.

Lo avrei fatto. Sarei andata da lui.

Sorrisi.

Decisione presa.

Al pensiero di aver un motivo per rivederlo, m’illuminai. Chissà perché ne avevo una gran voglia. Probabilmente per il fatto che lui fosse un mistero per me. Volevo sapere qualcos’altro, qualcosa d’illuminante sul quel ragazzo così enigmatico. Avevo l’inesplicabile desiderio di sapere come fosse la sua pelle al tatto, per esempio. Era una speranza strana, ma pressante. E poi  mi aspettavo di trovare qualche altro particolare che mi potesse aiutare a capire dove e quando l’avevo già incontrato.

 Sospirai e, allettata da lieti pronostici, mi abbandonai alla contemplazione del paesaggio, sorridente.

Salve! Eccomi qui, che ritorno, con un nuovo capitolo e nuove speranze!!! Innanzitutto un grazie speciale a Padme Undomiel, per la sua recensione, che, a quanto pare, attendeva da molto di essere scritta! XD E poi, un enorme ringraziamento a Mistery Anakin!!! Sono veramente felice che tu abbia apprezzato l'inizio della storia e spero che questo capitolo non ti deluda!!  Aspetto commenti sul protagonista maschile, che, come dice chiaramente il titolo, è presentato in questo cap! Grazie ancora, 

Shine

  
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