La
palestra della Tootsuki era maestosa proprio come tutti i luoghi che facevano
capo alla famiglia Nakiri. Talmente grande che si poteva ospitare una gara di
basket con uno stadio pari a quello calcistico. Soma percorse tutto il
perimetro della stanza per ricongiungersi con i suoi compagni di accademia.
C’erano proprio tutti i suoi amici. Il professore divise i ragazzi che
avrebbero giocato a basket e le ragazze a pallavolo.
Soma
era capitato nella squadra con Hayama, Marui e Ibusaki mentre come rivali
c’erano Takumi, che non vedeva l’ora di cominciare per sfidare Yukihira e
batterlo anche nello sport, insieme a Kuroba che aveva una faccia indifferente,
ma in fondo era pronto per dare una lezione ad Hayama.
Intanto
Isami tifava per suo fratello, restando in panchina, facendo compagnia a Megumi
che aveva deciso di non fare sport quel
giorno. Era ancora molto giù dal bacio fra Soma e Erina, non poteva farci
niente lei stava male e basta. Stringeva tra le mani il cellulare di Hisako
perché la ragazza si era raccomandata che se avesse chiamato Erina avrebbe
dovuto avvertirla subito.
Le
squadre delle ragazze erano composte da Alice, che non capiva nulla di sport e
altre studentesse davvero brave. Nella squadra avversaria invece c’era Hisako
come caposquadra, che era abbastanza abile negli sport, più Ryouko, Yuki e Nao
che con la sua ombra scura faceva quasi allontanare gli altri membri della
squadra.
Il
coach diede il fischio d’inizio così cominciarono le partite di basket e
pallavolo.
Soma
era veloce, scattante come una saetta e ogni volta si scontrava con Takumi che
lo ostacolava in tutti i modi possibili. Soma non era abbastanza bravo da fare
canestro così ogni volta Hayama, essendo più alto, segnava più punti possibili
per la sua squadra. Kuroba invece sembrava davvero minaccioso, con o senza
bandana in testa aveva una forza e uno sguardo sovrumani destando stupore tra i
presenti.
Hisako
e la sua squadra intanto stava vincendo contro quella di Alice che si muoveva
come un bradipo per evitare di sudare. Tuttavia Nakiri odiava perdere così
cercò di fare una schiacciata, ma non da sola. Chiamò Ryou a pochi metri da lei
che era intento a fare canestro da lontano. Sentendosi chiamare dalla sua
signora, però, lasciò immediatamente il pallone da basket e corse in direzione
di Alice. La sollevò in aria quel tanto che bastava per fare una schiacciata.
Il coach rimase senza parole. Hisako era immobile guardò soltanto la palla che
cadeva con forza sul pavimento, incontrastabile e imprendibile. I ragazzi che
giocavano a basket si fermarono di giocare per vedere tutta la scena. Era
incredibile come Ryou, palestrato e minaccioso si facesse manovrare in quel
modo.
Soma
andò incontro a Kuroba – Che forza però sollevare Nakiri così, wow! – ammirava
le braccia muscolose di Ryou.
-
Hai visto! Ryou kun si allena ogni giorno per stare in forma e diventare super
forte. – si vantò del suo assistente, Alice alla quale non importava
assolutamente della partita.
Il
professore di educazione fisica cercò di riportare l’ordine nelle squadre e con
il fischietto attirare l’attenzione dei ragazzi per tornare ad esercitarsi
negli sport. Tutto inutile.
Hisako
era furiosa – Che cosa volevi fare? Guarda che non hai rispettato le regole e
ovviamente quel punto non vale, ti sei fatta aiutare da Kuroba! E per giunta lo
hai chiamato nel momento in cui anche lui stava giocando, sei scorretta! –
cercò di avere ragione Arato.
-
Scusami, ma non sapevo che esistessero delle regole per la pallavolo e poi sono
stata io a fare la schiacciata. Quindi il punto vale eccome! – disse l’altra.
Hisako
continuò a discutere con Alice lasciando in sospeso la partita di pallavolo. I
ragazzi invece continuarono a giocare a basket come volevano loro. Il coach che
era stufo di essere ignorato gettò la scheda degli esercizi che avrebbero
dovuto fare i suoi alunni su una sedia e lasciò la palestra – Sono gli unici
studenti che non mi ascoltano! – esclamò irritato mentre andava via, Isami e
Megumi però lo sentirono da lontano.
Dopo
squillò il cellulare di Hisako e Megumi chiamò Arato gridando per la palestra.
Fortunatamente la ragazza sentì e si precipitò per rispondere alla chiamata di
Erina ma nel farlo si scontrò con Hayama. I loro sguardi si incrociarono, ma
Hisako lo ignorò subito per raggiungere il suo iphone e rispondere al più
presto alla telefonata. Erina non poteva chiamare spesso, così ogni volta che
si presentava l’occasione di sentirla Hisako non se lo faceva ripetere due
volte.
Erano
passati dei giorni da quando Soma aveva rivelato la verità sul bacio e Erina
aveva ricevuto dei messaggi di Alice provocatori perché infatti anche lei venne a sapere tutto. Così Erina cercava di
non rispondere alle chiamate di sua cugina e a rispondere vagamente ai suoi
sms. Insomma anche volendo dimenticare quel bacio era impossibile soprattutto
quando ci si metteva Alice a rompere le scatole. Hisako cercava di far sbollire
la rabbia di Erina che si sfogava proprio di questo, ma alla fine si finiva
sempre per toccare il discorso su quell’incidente con Soma.
Alice
curiosa di sapere cosa si dicevano Hisako e sua cugina gridò correndo nella
direzione di Arato – Anch’io voglio parlare con Erina! – protestò.
Erina
sentì le grida di Alice ed ebbe l’impulso di chiudere la telefonata, ma la voce
che più la indusse a terminare la chiamata fu quella di Soma. Al solo sentire
le sue parole Nakiri diventò rossa all’istante tanto da non capire più nulla –
Hisako, c-ci sentiamo in un altro momento, ok? A presto. – disse agitata.
Hisako
non comprese il suo atteggiamento, però aver sentito la sua voce la rendeva più
tranquilla.
Erina
sapeva che dal giorno della sua partenza qualcosa era cambiato in lei, ma
soprattutto nel momento in cui le sue labbra avevano sfiorato quelle di
Yukihira. Accidentalmente o meno, era successo. Non aveva il coraggio di
parlare con Soma, l’imbarazzo glielo impediva. Nonostante tutto però la ragazza
era felice di aver sentito qualche parola di Yukihira anche soltanto per
telefono. Scosse la testa per cacciare via quel pensiero incessante “Non poteva
innamorarsi di quello stupido!”. Non aveva mai avuto la necessità di questo
sentimento d’amore quindi perché avrebbe dovuto accoglierlo con tanta facilità.
Si sentiva triste per aver chiuso presto la telefonata, voleva tanto parlare
con qualcuno che conosceva. Lì a New York non aveva amici ne ottimi conoscenti,
ma solo datori di lavoro e collaboratori. Suo padre era riuscito ancora a
rendere la sua vita chiusa e vuota. Era sul punto di richiamare la sua amica,
ma aveva timore di sentire la voce di Soma. Non conosceva i sentimenti del
ragazzo, cosa avrebbe pensato all’ipotesi di loro due come fidanzati. Faceva
ridere al solo pensiero. Si, Erina non riusciva a prendere sul serio i suoi
sentimenti. Forse era troppo fredda per ammettere le emozioni che la colpivano
ogni qual volta Yukihira era nei paraggi e che la destabilizzavano del tutto.
Era
sul letto a scrivere delle ricette nuove che aveva preteso suo padre. Azami non
tollerava piatti pieni di sentimento o buoni all’inverosimile. Desiderava
invece un tipo di cucina raffinatissima e di alta qualità.
Posò
lo sguardo sull’orologio accanto al suo comodino, erano quasi l’una, il fuso
orario la stancava parecchio, abituarsi era difficile e anche i suoi pensieri
le cominciavano a pesare.
Si
diresse verso la cucina perché il ristorante dove lavorava aveva bisogno di una
mano in più per soddisfare i moltissimi clienti che arrivavano affamati e
soprattutto spinti dalle voci che circolavano della famosa “God Tongue”.
Dopo
ore in cucina vicino ai fornelli e aiutando i cuochi a dare il loro meglio
Nakiri si cambiò per fare due passi in città. Era sera, scortata dai suoi
soliti uomini uscì sotto gli occhi attenti di Azami che la vide dalla finestra
dell’albergo in cui alloggiavano.
In
quel momento Kohinata e la sua fedele amica Suzuki, divenuti clienti abituali
del locale dei Nakiri, avevano prospettato di entrare per mangiare qualcosa di
buono, ma appena videro Erina decisero di presentarsi.
-
Devi essere la famosa nipote di Nakiri Saenzaemon, giusto? – si accertò
Kohinata anche se sapeva benissimo chi era la ragazza.
Erina
lo guardò bene – Si e voi? –
-
Io sono Kohinata e lei è la mia amica Suzuki. Veniamo spesso in questo
ristorante. –
-
Mi dispiace ma non concedo autografi in questo momento. – disse prevenuta.
-
No, non vogliamo un autografo. Vedi io ho frequentato per tre anni di medie l’accademia
Tootsuki. So perfettamente quanto sia stancante cucinare. Io e la mia amica
volevamo proporti di farti conoscere dei posti dove non solo si mangia bene, ma
ci si diverte anche. – inventò al momento il ragazzo.
Le
guardie del corpo non erano molto consenzienti però era Erina che doveva
decidere. Nakiri non aveva amici in quella città e avrebbe dovuto passare
ancora dei mesi lì, forse qualche conoscenza in più poteva essere l’ideale
specialmente perché erano più o meno della sua età.
Azami
ordinò al suo assistente di verificare chi fossero quei ragazzi che si erano
avvicinati a sua figlia. Non si fidava di quei giovani spuntati dal nulla e
così inviò una macchina dietro per spiarli.
Erina
seguì i due ragazzi nelle strade affollate e luminose della grande mela sotto
l’oscurità della sera. Si domandava come sarebbe stato girare la città con
Hisako e gli altri. Soma, stranamente era sempre nella sua testa. Quella sera,
come tutte le sere, buia e l’oscurità associata a suo padre la rendeva
timorosa. Sentì un brivido per tutto il corpo. Yukihira era l’unico pensiero
che riusciva ad annullare tutti gli altri.
Kohinata
e Suzuki la fecero distrarre un po’ in alcuni locali dove si ascoltava anche
musica dal vivo. Fu una serata nel complesso piacevole, ma Erina sentiva in
ogni caso nostalgia degli amici che aveva lasciato alla Tootsuki.
Trascorsi
due giorni a fare indagini su Kohinata e la sua amica, Nakamura decise di
convocarlo nel suo ufficio e parlare a quattr’occhi.
Kohinata
non conosceva affatto Azami ma pensò che come tutti i padri fosse geloso e
protettivo nei confronti della propria figlia. Si presentò puntuale. Il padre
di Erina era vicino alla finestra intento a specchiarsi. Non appena vide la
sagoma del ragazzo sul vetro lucido si voltò piano – Così hai deciso di uscire
con mia figlia. – cominciò severo.
-
Si, credo che abbia bisogno di svagarsi un po’. –
-
Già, il problema è che lo dico io con chi far uscire mia figlia. – disse Azami
duramente.
Kohinata
non fiatò.
-
Ho saputo che hai frequentato la Tootsuki per tre anni circa, perché? –
-
Volevo studiare diritto come mio padre. –
-
Si, so che è uno stimato magistrato. Ora, dimmi la ragione per la quale io
dovrei permettere che una persona come te possa frequentare Erina. –
Come
avrebbe dovuto rispondere? Il ragazzo si trovava confuso, la persona che si
trovava di fronte non era quella che si immaginava. Non gli avrebbe concesso
tanto facilmente di poter diventare un amico o qualcosa di più della ragazza
che amava. Gli occhi, crudeli, scuri lo fissavano intensamente e lo inducevano
a indietreggiare. Così sfoderò la sua arma migliore, che poteva garantirgli un
vantaggio.
-
Per questa foto. Potrei mostrarla al mondo intero e creare uno scandalo, se lei
non mi permettesse di vedere più vostra figlia. – mostrò il bacio tra Erina e
Soma.
Azami
studiò a lungo quel bacio. Non credeva possibile una relazione tra Erina e il
figlio di Joichirou. Questo poteva vanificare tutto quello che aveva costruito
del futuro di sua figlia. Doveva essere fredda, giudicare severamente ogni
piatto e ubbidire ciecamente ai suoi comandi. Yukihira però poteva essere un
problema. Non poteva permettere che Erina si innamorasse o sarebbe stata la
fine della sua rivoluzione. I suoi piani potevano essere rovinati, ma cercò di
rimanere calmo, avrebbe sicuramente trovato una soluzione anche a questo
problema.
-
Come l’hai ottenuta? – domandò il nuovo preside con un certo interesse.
-
Non importa come io abbia fatto, quello che conta è che ho una prova
schiacciante. -
Nakamura
prese con gentilezza l’iphone di Kohinata, recuperò la memory card e la micro
sd, poi lo gettò a terra e lo distrusse schiacciandolo con una scarpa.
Si
avvicinò al ragazzo tremante e immobile – Non provare mai più a minacciarmi,
chiaro? E se ti sto dando campo libero per uscire con mia figlia è solo perché questo
fa parte del mio piano. Dimmi il nome di chi ha scattato la foto e non ne
riparliamo più, d’accordo? – cercò di sorridere poi prese dei dollari – Tieni
questi soldi, basteranno no? Puoi anche comprarti un cellulare di ultima
generazione, basta che non fai capricci. –
Kohinata
li prese e si dileguò in fretta da quell’ufficio dopo aver spifferato il nome
del suo amico. Azami era una persona terrificante, adesso lo sapeva. Era
dispiaciuto per aver rivelato il fatto della foto, ma ormai non poteva farci
nulla.
Erina
era intenta a preparare un sufflè quando entrò in cucina suo padre che la
immobilizzò all’istante. Ogni volta che lo vedeva apparire, Erina aveva sempre
il timore che poteva succedere qualcosa di spiacevole.
Azami
ordinò agli altri cuochi di andare a lavorare nella cucina a fianco affinché
lasciassero da soli lui e sua figlia.
-
C’è forse qualche problema? – chiese Erina.
-
Guarda tu stessa. – mostrò il bacio tra lei e Soma.
Erina
diventò bianca, non poteva credere a quello che vedeva. Come l’avrebbe dovuto
giustificare a suo padre? Il segreto non bastava perché quella foto era una
prova più che sufficiente a rovinare la sua reputazione. Aveva il cuore che le
martellava nel petto, ma non per aver visto immortalato il suo primo bacio
bensì la paura dell’ira di Azami.
-
Posso sapere che tipo di relazione hai con Yukihira? – domandò senza rabbia, ma
con espressione atroce.
A
quella domanda Nakiri non sapeva cosa rispondere, suo padre non avrebbe
ascoltato una sola parola. Abbassò lo sguardo e fece capire che si era trattato
di un incidente e che non aveva idea della foto.
Azami
ripose nella tasca il suo telefonino – Quell’incidente come lo chiami tu
potrebbe provocare uno scandalo mondiale. Anche se Yukihira è figlio di
Joichirou non è certo un nobile come te! –
-
Lo so. – disse incerta la ragazza – Come avete ottenuto quella foto, padre? –
chiese Erina che voleva saperne di più.
-
Non ha importanza, di questo me ne occuperò io. – disse, poi si voltò per
lasciare Erina da sola a riflettere – Non credere che questo non poterà a delle
conseguenze. Ricordatelo. – terminò Azami, minaccioso.
La
ragazza appoggiò le mani sul tavolo e inclinò la testa disperata. Si domandava chi
avesse scattato quella foto e cosa poteva fare per rimediare.
Hisako
aveva appena seguito una lezione noiosa sull’igiene, ma visto che lei era
esperta non le interessava più di tanto a parte il fatto che si trovava in
vantaggio rispetto agli altri. Controllò il suo cellulare, era diventata una
mania da quando la sua padrona e amica si trovava in un altro continente.
Incontrò
Megumi con al seguito Yukihira e i fratelli Aldini e decise di fare un po’ di
strada in loro compagnia finché non ricevette un sms su whatsapp da parte di
Erina.
-
Che cosa ti ha scritto? – chiese Soma.
Hisako
aveva il volto preoccupato, da quel momento in poi pensò sarebbero cominciati i
guai.
Il
messaggio diceva così “E’ terribile Hisako, mio padre ha scoperto del bacio
perché qualcuno gli ha inviato una foto di quel giorno e ora non so che fare.
Tu sai qualcosa di tutto ciò?”.
Soma,
Megumi e Takumi si allarmarono. Yukihira sospirò pesantemente, doveva trovare
una soluzione al più presto ma la prima cosa era di parlarne con Erina. Doveva
sapere la verità.
-
Come rispondo, ragazzi? Parlarne per messaggi potrebbe equivocare le cose. –
chiese consigli Hisako che aveva paura per la sua amica ancora le capitasse
qualcosa.
-
Ci parlo io. – si propose Soma – Componi il numero di Nakiri, Arato, voglio
chiarire la situazione, a voce. –
Erina
non si aspettava una chiamata di Hisako, le aveva mandato un messaggio proprio
perché non si sentiva in grado di reggere una conversazione parlata, ma in
fondo doveva pur sfogarsi con qualcuno.
-
Pronto. – rispose Erina.
-
Nakiri, sono Yukihira ho letto il tuo messaggio perciò è giusto che tu sappia
ogni cosa. –
-
Y-y-yukihira, che cosa? Perché mi hai chiamata con il numero di Hisako? – disse
Erina troppo sorpresa e arrabbiata per comprendere le parole del ragazzo.
-
Lascia stare questo, ho incontrato Arato poco fa. Ascoltami, io conoscevo
l’esistenza di quella foto e voglio raccontarti tutta la verità. –
-
Cosa vorresti dire con questo, che mi hai nascosto la verità sulla foto? E
quale sarebbe questa verità? Tu cosa centri in questo? – si agitò Erina che era
più confusa di prima.
-
Un ragazzo di nome Hitoshi, che frequenta il secondo anno delle superiori qui
alla Tootsuki per caso ci ha scattato quella foto e mi ha ricattato. Se avessi
perso ad uno shokugeki contro di lui, non avrebbe pubblicato la foto. Ecco come
sono andate le cose, non avevo idea che la foto fosse arrivata a tuo padre. –
spiegò al meglio Soma.
-
Che cosa! – esclamò Erina, voleva sparire in quel momento. Non conosceva quel
dettaglio della storia e stava parlando con il ragazzo che aveva tentato di
proteggerla. Aveva sacrificato una facile vittoria, si era messo in cattiva
luce solo per evitare che una stupida foto girasse tra i media. Abbandonò il
suo cellulare e si portò le mani sul viso sconsolato. La colpa per tutto quello
che stava succedendo era sua, Erina lo sapeva bene. Per essere famosa, di ricca
famiglia e per avere un padre terrificante. Yukihira non poteva fare nulla
contro tutto ciò. Aveva cercato di aiutarla, ma se avesse continuato a fare
qualcosa per lei sarebbe stato in pericolo.
-
Nakiri, ci sei? – tentò più volte Soma per verificare che Erina fosse ancora in
ascolto.
La
ragazza dopo l’insistenza di Yukihira si accorse che la telefonata era ancora
aperta. Portò il suo telefono all’orecchio destro e rispose ormai rassegnata –
Ho capito, non ti preoccupare. – poi ebbe un esitazione e Soma se ne accorse.
-
Eh? – disse Yukihira che ci stava capendo poco di quello che stava succedendo
nella testa di Erina. Odiava parlare al telefono, non riusciva a percepire le
emozioni dell’altra persona ne poter vedere il suo volto ne la sua vera
reazione.
Erina
voleva dire di più, ma la voce non rispondeva ai comandi. La sua testa le
imponeva di sfogarsi ma il suo cuore era chiuso e pieno di lacrime per potersi
esprimere.
-
Mi dispiace. – disse infine la ragazza e chiuse la telefonata.
-
Nakiri, rispondi! Nakiri! – provò ad insistere Soma, ma era inutile.
-
Ha chiuso. – si rivolse agli altri vicino a lui.
Takumi
e Megumi non dissero una parola, la situazione era più grave di quanto
pensassero e stare lontani rendeva tutto più complicato. Hisako aveva un’aria
triste, non aveva mai visto Soma tanto preoccupato e adirato. Però era ancora
convinta che Yukihira potesse essere la speranza per contrastare Azami e
salvare Erina.
-
Dove vai? – chiese Megumi a Soma che si avviava verso la direzione opposta a
quella del dormitorio.
-
Vado a parlare con Hitoshi, voglio sapere quali sono le sue vere intenzioni. –
disse deciso il ragazzo.
“Mi
dispiace” quella frase offuscava la mente di Yukihira. Quando mai lei si
scusava di qualcosa? E poi perché, se il pasticcio lo aveva creato lui. Voleva capire
come mai quella chiamata lo turbava al punto da impazzire.