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Autore: Pimpi95    29/02/2016    2 recensioni
- Che fai qui Alice? Non mi farai cambiare idea perciò.. – Erina non finì la frase perché Alice le aveva mollato uno schiaffo sulla guancia.
- Stai sbagliando, sappilo. – disse Alice senza rimorsi di quello che aveva fatto.
Erina aveva la guancia rossa ma non le importava, indossò gli occhiali da sole e disse – Non essere triste per me, me la caverò. –
Erina partirà per New York, cosa succederà ai protagonisti?
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Arato Hisako, Erina Nakiri, Souma Yukihira, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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La palestra della Tootsuki era maestosa proprio come tutti i luoghi che facevano capo alla famiglia Nakiri. Talmente grande che si poteva ospitare una gara di basket con uno stadio pari a quello calcistico. Soma percorse tutto il perimetro della stanza per ricongiungersi con i suoi compagni di accademia. C’erano proprio tutti i suoi amici. Il professore divise i ragazzi che avrebbero giocato a basket e le ragazze a pallavolo.
Soma era capitato nella squadra con Hayama, Marui e Ibusaki mentre come rivali c’erano Takumi, che non vedeva l’ora di cominciare per sfidare Yukihira e batterlo anche nello sport, insieme a Kuroba che aveva una faccia indifferente, ma in fondo era pronto per dare una lezione ad Hayama.
Intanto Isami tifava per suo fratello, restando in panchina, facendo compagnia a Megumi che aveva deciso di non  fare sport quel giorno. Era ancora molto giù dal bacio fra Soma e Erina, non poteva farci niente lei stava male e basta. Stringeva tra le mani il cellulare di Hisako perché la ragazza si era raccomandata che se avesse chiamato Erina avrebbe dovuto avvertirla subito.
Le squadre delle ragazze erano composte da Alice, che non capiva nulla di sport e altre studentesse davvero brave. Nella squadra avversaria invece c’era Hisako come caposquadra, che era abbastanza abile negli sport, più Ryouko, Yuki e Nao che con la sua ombra scura faceva quasi allontanare gli altri membri della squadra.
Il coach diede il fischio d’inizio così cominciarono le partite di basket e pallavolo.
Soma era veloce, scattante come una saetta e ogni volta si scontrava con Takumi che lo ostacolava in tutti i modi possibili. Soma non era abbastanza bravo da fare canestro così ogni volta Hayama, essendo più alto, segnava più punti possibili per la sua squadra. Kuroba invece sembrava davvero minaccioso, con o senza bandana in testa aveva una forza e uno sguardo sovrumani destando stupore tra i presenti.
Hisako e la sua squadra intanto stava vincendo contro quella di Alice che si muoveva come un bradipo per evitare di sudare. Tuttavia Nakiri odiava perdere così cercò di fare una schiacciata, ma non da sola. Chiamò Ryou a pochi metri da lei che era intento a fare canestro da lontano. Sentendosi chiamare dalla sua signora, però, lasciò immediatamente il pallone da basket e corse in direzione di Alice. La sollevò in aria quel tanto che bastava per fare una schiacciata. Il coach rimase senza parole. Hisako era immobile guardò soltanto la palla che cadeva con forza sul pavimento, incontrastabile e imprendibile. I ragazzi che giocavano a basket si fermarono di giocare per vedere tutta la scena. Era incredibile come Ryou, palestrato e minaccioso si facesse manovrare in quel modo.
Soma andò incontro a Kuroba – Che forza però sollevare Nakiri così, wow! – ammirava le braccia muscolose di Ryou.
- Hai visto! Ryou kun si allena ogni giorno per stare in forma e diventare super forte. – si vantò del suo assistente, Alice alla quale non importava assolutamente della partita.
Il professore di educazione fisica cercò di riportare l’ordine nelle squadre e con il fischietto attirare l’attenzione dei ragazzi per tornare ad esercitarsi negli sport. Tutto inutile.
Hisako era furiosa – Che cosa volevi fare? Guarda che non hai rispettato le regole e ovviamente quel punto non vale, ti sei fatta aiutare da Kuroba! E per giunta lo hai chiamato nel momento in cui anche lui stava giocando, sei scorretta! – cercò di avere ragione Arato.
- Scusami, ma non sapevo che esistessero delle regole per la pallavolo e poi sono stata io a fare la schiacciata. Quindi il punto vale eccome! – disse l’altra.
Hisako continuò a discutere con Alice lasciando in sospeso la partita di pallavolo. I ragazzi invece continuarono a giocare a basket come volevano loro. Il coach che era stufo di essere ignorato gettò la scheda degli esercizi che avrebbero dovuto fare i suoi alunni su una sedia e lasciò la palestra – Sono gli unici studenti che non mi ascoltano! – esclamò irritato mentre andava via, Isami e Megumi però lo sentirono da lontano.
Dopo squillò il cellulare di Hisako e Megumi chiamò Arato gridando per la palestra. Fortunatamente la ragazza sentì e si precipitò per rispondere alla chiamata di Erina ma nel farlo si scontrò con Hayama. I loro sguardi si incrociarono, ma Hisako lo ignorò subito per raggiungere il suo iphone e rispondere al più presto alla telefonata. Erina non poteva chiamare spesso, così ogni volta che si presentava l’occasione di sentirla Hisako non se lo faceva ripetere due volte.
Erano passati dei giorni da quando Soma aveva rivelato la verità sul bacio e Erina aveva ricevuto dei messaggi di Alice provocatori perché infatti anche lei  venne a sapere tutto. Così Erina cercava di non rispondere alle chiamate di sua cugina e a rispondere vagamente ai suoi sms. Insomma anche volendo dimenticare quel bacio era impossibile soprattutto quando ci si metteva Alice a rompere le scatole. Hisako cercava di far sbollire la rabbia di Erina che si sfogava proprio di questo, ma alla fine si finiva sempre per toccare il discorso su quell’incidente con Soma.
Alice curiosa di sapere cosa si dicevano Hisako e sua cugina gridò correndo nella direzione di Arato – Anch’io voglio parlare con Erina! – protestò.
Erina sentì le grida di Alice ed ebbe l’impulso di chiudere la telefonata, ma la voce che più la indusse a terminare la chiamata fu quella di Soma. Al solo sentire le sue parole Nakiri diventò rossa all’istante tanto da non capire più nulla – Hisako, c-ci sentiamo in un altro momento, ok? A presto. – disse agitata.
Hisako non comprese il suo atteggiamento, però aver sentito la sua voce la rendeva più tranquilla.
Erina sapeva che dal giorno della sua partenza qualcosa era cambiato in lei, ma soprattutto nel momento in cui le sue labbra avevano sfiorato quelle di Yukihira. Accidentalmente o meno, era successo. Non aveva il coraggio di parlare con Soma, l’imbarazzo glielo impediva. Nonostante tutto però la ragazza era felice di aver sentito qualche parola di Yukihira anche soltanto per telefono. Scosse la testa per cacciare via quel pensiero incessante “Non poteva innamorarsi di quello stupido!”. Non aveva mai avuto la necessità di questo sentimento d’amore quindi perché avrebbe dovuto accoglierlo con tanta facilità. Si sentiva triste per aver chiuso presto la telefonata, voleva tanto parlare con qualcuno che conosceva. Lì a New York non aveva amici ne ottimi conoscenti, ma solo datori di lavoro e collaboratori. Suo padre era riuscito ancora a rendere la sua vita chiusa e vuota. Era sul punto di richiamare la sua amica, ma aveva timore di sentire la voce di Soma. Non conosceva i sentimenti del ragazzo, cosa avrebbe pensato all’ipotesi di loro due come fidanzati. Faceva ridere al solo pensiero. Si, Erina non riusciva a prendere sul serio i suoi sentimenti. Forse era troppo fredda per ammettere le emozioni che la colpivano ogni qual volta Yukihira era nei paraggi e che la destabilizzavano del tutto.
Era sul letto a scrivere delle ricette nuove che aveva preteso suo padre. Azami non tollerava piatti pieni di sentimento o buoni all’inverosimile. Desiderava invece un tipo di cucina raffinatissima e di alta qualità.
Posò lo sguardo sull’orologio accanto al suo comodino, erano quasi l’una, il fuso orario la stancava parecchio, abituarsi era difficile e anche i suoi pensieri le cominciavano a pesare.
Si diresse verso la cucina perché il ristorante dove lavorava aveva bisogno di una mano in più per soddisfare i moltissimi clienti che arrivavano affamati e soprattutto spinti dalle voci che circolavano della famosa “God Tongue”.
Dopo ore in cucina vicino ai fornelli e aiutando i cuochi a dare il loro meglio Nakiri si cambiò per fare due passi in città. Era sera, scortata dai suoi soliti uomini uscì sotto gli occhi attenti di Azami che la vide dalla finestra dell’albergo in cui alloggiavano.
In quel momento Kohinata e la sua fedele amica Suzuki, divenuti clienti abituali del locale dei Nakiri, avevano prospettato di entrare per mangiare qualcosa di buono, ma appena videro Erina decisero di presentarsi.
- Devi essere la famosa nipote di Nakiri Saenzaemon, giusto? – si accertò Kohinata anche se sapeva benissimo chi era la ragazza.
Erina lo guardò bene – Si e voi? –
- Io sono Kohinata e lei è la mia amica Suzuki. Veniamo spesso in questo ristorante. –
- Mi dispiace ma non concedo autografi in questo momento. – disse prevenuta.
- No, non vogliamo un autografo. Vedi io ho frequentato per tre anni di medie l’accademia Tootsuki. So perfettamente quanto sia stancante cucinare. Io e la mia amica volevamo proporti di farti conoscere dei posti dove non solo si mangia bene, ma ci si diverte anche. – inventò al momento il ragazzo.
Le guardie del corpo non erano molto consenzienti però era Erina che doveva decidere. Nakiri non aveva amici in quella città e avrebbe dovuto passare ancora dei mesi lì, forse qualche conoscenza in più poteva essere l’ideale specialmente perché erano più o meno della sua età.
Azami ordinò al suo assistente di verificare chi fossero quei ragazzi che si erano avvicinati a sua figlia. Non si fidava di quei giovani spuntati dal nulla e così inviò una macchina dietro per spiarli.
Erina seguì i due ragazzi nelle strade affollate e luminose della grande mela sotto l’oscurità della sera. Si domandava come sarebbe stato girare la città con Hisako e gli altri. Soma, stranamente era sempre nella sua testa. Quella sera, come tutte le sere, buia e l’oscurità associata a suo padre la rendeva timorosa. Sentì un brivido per tutto il corpo. Yukihira era l’unico pensiero che riusciva ad annullare tutti gli altri.
Kohinata e Suzuki la fecero distrarre un po’ in alcuni locali dove si ascoltava anche musica dal vivo. Fu una serata nel complesso piacevole, ma Erina sentiva in ogni caso nostalgia degli amici che aveva lasciato alla Tootsuki.
Trascorsi due giorni a fare indagini su Kohinata e la sua amica, Nakamura decise di convocarlo nel suo ufficio e parlare a quattr’occhi.
Kohinata non conosceva affatto Azami ma pensò che come tutti i padri fosse geloso e protettivo nei confronti della propria figlia. Si presentò puntuale. Il padre di Erina era vicino alla finestra intento a specchiarsi. Non appena vide la sagoma del ragazzo sul vetro lucido si voltò piano – Così hai deciso di uscire con mia figlia. – cominciò severo.
- Si, credo che abbia bisogno di svagarsi un po’. –
- Già, il problema è che lo dico io con chi far uscire mia figlia. – disse Azami duramente.
Kohinata non fiatò.
- Ho saputo che hai frequentato la Tootsuki per tre anni circa, perché? –
- Volevo studiare diritto come mio padre. –
- Si, so che è uno stimato magistrato. Ora, dimmi la ragione per la quale io dovrei permettere che una persona come te possa frequentare Erina. –
Come avrebbe dovuto rispondere? Il ragazzo si trovava confuso, la persona che si trovava di fronte non era quella che si immaginava. Non gli avrebbe concesso tanto facilmente di poter diventare un amico o qualcosa di più della ragazza che amava. Gli occhi, crudeli, scuri lo fissavano intensamente e lo inducevano a indietreggiare. Così sfoderò la sua arma migliore, che poteva garantirgli un vantaggio.
- Per questa foto. Potrei mostrarla al mondo intero e creare uno scandalo, se lei non mi permettesse di vedere più vostra figlia. – mostrò il bacio tra Erina e Soma.
Azami studiò a lungo quel bacio. Non credeva possibile una relazione tra Erina e il figlio di Joichirou. Questo poteva vanificare tutto quello che aveva costruito del futuro di sua figlia. Doveva essere fredda, giudicare severamente ogni piatto e ubbidire ciecamente ai suoi comandi. Yukihira però poteva essere un problema. Non poteva permettere che Erina si innamorasse o sarebbe stata la fine della sua rivoluzione. I suoi piani potevano essere rovinati, ma cercò di rimanere calmo, avrebbe sicuramente trovato una soluzione anche a questo problema.
- Come l’hai ottenuta? – domandò il nuovo preside con un certo interesse.
- Non importa come io abbia fatto, quello che conta è che ho una prova schiacciante. -
Nakamura prese con gentilezza l’iphone di Kohinata, recuperò la memory card e la micro sd, poi lo gettò a terra e lo distrusse schiacciandolo con una scarpa.
Si avvicinò al ragazzo tremante e immobile – Non provare mai più a minacciarmi, chiaro? E se ti sto dando campo libero per uscire con mia figlia è solo perché questo fa parte del mio piano. Dimmi il nome di chi ha scattato la foto e non ne riparliamo più, d’accordo? – cercò di sorridere poi prese dei dollari – Tieni questi soldi, basteranno no? Puoi anche comprarti un cellulare di ultima generazione, basta che non fai capricci. –
Kohinata li prese e si dileguò in fretta da quell’ufficio dopo aver spifferato il nome del suo amico. Azami era una persona terrificante, adesso lo sapeva. Era dispiaciuto per aver rivelato il fatto della foto, ma ormai non poteva farci nulla.
Erina era intenta a preparare un sufflè quando entrò in cucina suo padre che la immobilizzò all’istante. Ogni volta che lo vedeva apparire, Erina aveva sempre il timore che poteva succedere qualcosa di spiacevole.
Azami ordinò agli altri cuochi di andare a lavorare nella cucina a fianco affinché lasciassero da soli lui e sua figlia.
- C’è forse qualche problema? – chiese Erina.
- Guarda tu stessa. – mostrò il bacio tra lei e Soma.
Erina diventò bianca, non poteva credere a quello che vedeva. Come l’avrebbe dovuto giustificare a suo padre? Il segreto non bastava perché quella foto era una prova più che sufficiente a rovinare la sua reputazione. Aveva il cuore che le martellava nel petto, ma non per aver visto immortalato il suo primo bacio bensì la paura dell’ira di Azami.
- Posso sapere che tipo di relazione hai con Yukihira? – domandò senza rabbia, ma con espressione atroce.
A quella domanda Nakiri non sapeva cosa rispondere, suo padre non avrebbe ascoltato una sola parola. Abbassò lo sguardo e fece capire che si era trattato di un incidente e che non aveva idea della foto.
Azami ripose nella tasca il suo telefonino – Quell’incidente come lo chiami tu potrebbe provocare uno scandalo mondiale. Anche se Yukihira è figlio di Joichirou non è certo un nobile come te! –
- Lo so. – disse incerta la ragazza – Come avete ottenuto quella foto, padre? – chiese Erina che voleva saperne di più.
- Non ha importanza, di questo me ne occuperò io. – disse, poi si voltò per lasciare Erina da sola a riflettere – Non credere che questo non poterà a delle conseguenze. Ricordatelo. – terminò Azami, minaccioso.
La ragazza appoggiò le mani sul tavolo e inclinò la testa disperata. Si domandava chi avesse scattato quella foto e cosa poteva fare per rimediare.
Hisako aveva appena seguito una lezione noiosa sull’igiene, ma visto che lei era esperta non le interessava più di tanto a parte il fatto che si trovava in vantaggio rispetto agli altri. Controllò il suo cellulare, era diventata una mania da quando la sua padrona e amica si trovava in un altro continente.
Incontrò Megumi con al seguito Yukihira e i fratelli Aldini e decise di fare un po’ di strada in loro compagnia finché non ricevette un sms su whatsapp da parte di Erina.
- Che cosa ti ha scritto? – chiese Soma.
Hisako aveva il volto preoccupato, da quel momento in poi pensò sarebbero cominciati i guai.
Il messaggio diceva così “E’ terribile Hisako, mio padre ha scoperto del bacio perché qualcuno gli ha inviato una foto di quel giorno e ora non so che fare. Tu sai qualcosa di tutto ciò?”.
Soma, Megumi e Takumi si allarmarono. Yukihira sospirò pesantemente, doveva trovare una soluzione al più presto ma la prima cosa era di parlarne con Erina. Doveva sapere la verità.
- Come rispondo, ragazzi? Parlarne per messaggi potrebbe equivocare le cose. – chiese consigli Hisako che aveva paura per la sua amica ancora le capitasse qualcosa.
- Ci parlo io. – si propose Soma – Componi il numero di Nakiri, Arato, voglio chiarire la situazione, a voce. –
Erina non si aspettava una chiamata di Hisako, le aveva mandato un messaggio proprio perché non si sentiva in grado di reggere una conversazione parlata, ma in fondo doveva pur sfogarsi con qualcuno.
- Pronto. – rispose Erina.
- Nakiri, sono Yukihira ho letto il tuo messaggio perciò è giusto che tu sappia ogni cosa. –
- Y-y-yukihira, che cosa? Perché mi hai chiamata con il numero di Hisako? – disse Erina troppo sorpresa e arrabbiata per comprendere le parole del ragazzo.
- Lascia stare questo, ho incontrato Arato poco fa. Ascoltami, io conoscevo l’esistenza di quella foto e voglio raccontarti tutta la verità. –
- Cosa vorresti dire con questo, che mi hai nascosto la verità sulla foto? E quale sarebbe questa verità? Tu cosa centri in questo? – si agitò Erina che era più confusa di prima.
- Un ragazzo di nome Hitoshi, che frequenta il secondo anno delle superiori qui alla Tootsuki per caso ci ha scattato quella foto e mi ha ricattato. Se avessi perso ad uno shokugeki contro di lui, non avrebbe pubblicato la foto. Ecco come sono andate le cose, non avevo idea che la foto fosse arrivata a tuo padre. – spiegò al meglio Soma.
- Che cosa! – esclamò Erina, voleva sparire in quel momento. Non conosceva quel dettaglio della storia e stava parlando con il ragazzo che aveva tentato di proteggerla. Aveva sacrificato una facile vittoria, si era messo in cattiva luce solo per evitare che una stupida foto girasse tra i media. Abbandonò il suo cellulare e si portò le mani sul viso sconsolato. La colpa per tutto quello che stava succedendo era sua, Erina lo sapeva bene. Per essere famosa, di ricca famiglia e per avere un padre terrificante. Yukihira non poteva fare nulla contro tutto ciò. Aveva cercato di aiutarla, ma se avesse continuato a fare qualcosa per lei sarebbe stato in pericolo.
- Nakiri, ci sei? – tentò più volte Soma per verificare che Erina fosse ancora in ascolto.
La ragazza dopo l’insistenza di Yukihira si accorse che la telefonata era ancora aperta. Portò il suo telefono all’orecchio destro e rispose ormai rassegnata – Ho capito, non ti preoccupare. – poi ebbe un esitazione e Soma se ne accorse.
- Eh? – disse Yukihira che ci stava capendo poco di quello che stava succedendo nella testa di Erina. Odiava parlare al telefono, non riusciva a percepire le emozioni dell’altra persona ne poter vedere il suo volto ne la sua vera reazione.
Erina voleva dire di più, ma la voce non rispondeva ai comandi. La sua testa le imponeva di sfogarsi ma il suo cuore era chiuso e pieno di lacrime per potersi esprimere.
- Mi dispiace. – disse infine la ragazza e chiuse la telefonata.
- Nakiri, rispondi! Nakiri! – provò ad insistere Soma, ma era inutile.
- Ha chiuso. – si rivolse agli altri vicino a lui.
Takumi e Megumi non dissero una parola, la situazione era più grave di quanto pensassero e stare lontani rendeva tutto più complicato. Hisako aveva un’aria triste, non aveva mai visto Soma tanto preoccupato e adirato. Però era ancora convinta che Yukihira potesse essere la speranza per contrastare Azami e salvare Erina.
- Dove vai? – chiese Megumi a Soma che si avviava verso la direzione opposta a quella del dormitorio.
- Vado a parlare con Hitoshi, voglio sapere quali sono le sue vere intenzioni. – disse deciso il ragazzo.
“Mi dispiace” quella frase offuscava la mente di Yukihira. Quando mai lei si scusava di qualcosa? E poi perché, se il pasticcio lo aveva creato lui. Voleva capire come mai quella chiamata lo turbava al punto da impazzire.


   
 
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