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Autore: cartacciabianca    26/03/2009    3 recensioni
[…] I due assassini si issarono sui bastioni della fortezza e furono a portata degli arcieri. -Via, via, via!- Altair l’afferrò per il cappuccio e la trascinò di corsa verso l’angolo della fortezza, che culminava con una torre, la quale facciata dava sull’immenso piazzale del distretto nobiliare. -Salta!- Altair la spinse giù e i due assassini, accompagnati dal ruggito di un’aquila, si gettarono nel vuoto. Nel bel mezzo del volo Altair la strinse a sé, ed Elena si avvinghiò a lui che, capovolgendosi in aria, atterrò di schiena nel cesto. Poi fu il silenzio, scortato dal canto delle campane d’allarme, ma almeno le voci dei soldati e le grida degli arcieri erano cessate. […]
Genere: Azione, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dea tra gli Angeli' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Coraggio




I capelli le si rovesciavano arruffati sul viso, mentre la sua guancia era appiattita con forza contro la superficie dello specchio; e il suo corpo, rannicchiato come un micio violentato. Il buio venne colpito da un improvviso barlume di un tuono, il cui suono si diffuse pochi istanti dopo.
Un boato assurdo che la svegliò di soprassalto, mentre su Masyaf si abbatteva la furia di una tempesta silenziosa.
Elena si guardò attorno, scostando appena il viso dal vetro dello specchio.
Si era addormentata lì, rannicchiata sul pavimento della stanza, crollata in un improvvisa botta di sonno che non le aveva lasciato modo di pensare, riflettere, o ancor peggio, ricordare cosa fosse successo la notte prima.
Le nuvole oscuravano il cielo ormai luminoso della mattina, i colombi si riparavano sotto i cornicioni. Cominciava un nuovo giorno, un dannato e piovoso giorno.
La ragazza si sollevò in piedi, stirandosi la schiena dolorante e allungando le braccia verso l’alto. Un sonoro crack le giunse alle orecchie quando si sciolse le ossa delle spalle, rimaste intorpidite per il freddo. Aveva i piedi congelati e temeva di essersi presa un accidente alla gola che sentiva roca e secca.
Addosso aveva ancora i pantaloni e la camicia di seta che usava per la notte e, cominciò ad aggiustarsi i capelli portandosi le ciocche in disordine dietro le orecchie.
Quando si voltò e vide la sua immagine flettersi nello specchio, una morsa al cuore le strine il petto, procurandole un affanno simile a quando percepiva le fitte di dolore al fianco destro, anche quello indolenzito per via della serata passata sul pavimento.
Il suo sguardo così simile a quello di lui. I loro occhi che sembravano essersi mescolati da una stessa tonalità madre ma averne data una completamente diversa come risultato. I loro corpi così prontamente atletici e geneticamente agili, flessibili. I loro capelli, chi color miele e chi caramello. Come aveva fatto a non capirlo subito? Perché fin dal primo momento in cui si erano incontrati, ovvero nel salone della Dimora nel regno, durante il suo viaggio verso Acri, non l’aveva riconosciuto subito? Semplice, si disse. Perché Gabriel somigliava tutto a sua madre che nessuno dei due aveva mai conosciuto, mentre Elena era l’esatta copia di Kalel ma al femminile. Erano rimasti separati per così tanto tempo da non potersi riconoscere con un solo sguardo… Cosa aveva ottenuto fuggendo da lui? Chissà quale vuoto gli aveva procurato in petto, si chiese, perché Gabriel non poteva immaginare che fossero fratelli, e forse, Elena aveva fatto la cosa giusta. Eppure, non trovò la forza di credere che potesse essere davvero lui suo fratello. Che l’uomo di cui Gabriel gli aveva parlato fosse Tharidl, che quella notte era entrato nelle stanza comune degli orfani e aveva sottratto a quel povero bambino ciò che aveva di più caro.
Non riuscì a tollerare un istante di più a guardarsi in quello specchio.
Elena si voltò e lasciò di corsa la sua stanza. Priva dei suoi indumenti e completamente scalza, scese le scale del salotto senza destare attenzione alle tre Dee che facevano colazione allo stesso tavolo della sera prima
La giovane assassina schizzò attraverso il corridoio sul quale affacciavano le stanze degli Angeli, che la fissarono sbigottiti, e proseguì oltre fino alla rampa delle scale che passavano per la torre. Una volta al piano terra, non prese fiato e si lanciò dritta allo studiolo del Maestro, pedinata dagli sguardi sbigottiti delle guardie dal cappuccio grigio.
-Elena?- una svista fugace prima che la ragazza sparisse dietro una colonna, e Altair le andò dietro.
Fortunatamente Elena giunse a destinazione prima che il suo insegnante potesse fermarla, e arrestò la sua corsa contro il tempo di fronte alla scrivania del vecchio.
Tharidl sollevò gli occhi dalla pergamena sulla quale stava scrivendo e li piantò in quelli spalancati della giovane. –Posso fare qualcosa per te, Elena?- chiese con voce soave.
La Dea avanzò di un passo, e avvertì Altair farsi da parte alle sue spalle.
-Sì- sibilò lei.
Il Gran Maestro poggiò la penna accanto al barattolo dell’inchiostro. –Dimmi pure- fece tranquillo.
-Gabriel- mormorò flebile la ragazza, e i capelli le si pararono di nuovo davanti al volto.
Tharidl, al suono di quel nome, parve irrigidirsi, e la tranquillità scomparve dal suo viso tramutandosi in un’espressione di estremo sgomento.
-Gabriel… ditemi che è lui, ve ne prego…- aggiunse Elena.
Tharidl guardò oltre di lei, dietro di lei, dove dal buio delle colonne si fece avanti l’assassino suo maestro. –Le hai detto qualcosa?!- sbottò Tharidl alzandosi di colpo.
Altair si fece avanti. –Nulla- si difese. –Piuttosto è ora che sappia la verità, e le vostre prove su di lei si sono concluse. Non c’è bisogno che le venga tenuto nascosto ancora. Non capisco quest’inutile spargimento di lacrime- digrignò.
-Il mio è un ennesimo rifiuto. Non è ancora pronta-.
Le bastarono quelle parole, dette dal vecchio Tharidl, a colmarle il cuore di un nuovo dolore. Il dolore di non essere pronta, pronta a cosa, poi? Eppure l’aveva sempre saputo che i momenti di verità, piccoli o grandi che fossero, sarebbero stati troppo pungenti perché riuscisse ad affrontarli di petto. E Tharidl faceva bene a nasconderle tutto. Infondo, non era pazzo come molti credevano.
Com’era venuta, Elena lasciò lo studiolo accorrendo sulle scale, ripercorrendo lo stesso percorso che aveva fatto venendo. Qualcuno la chiamava, ma Elena non si voltò e proseguì dritta verso i corridoi.
Stava impazzendo, letteralmente impazzendo. La prova carnale furono le lacrime che le salirono agli occhi, mentre le sue gambe sembravano andare da sole conducendola chissà dove.
Perché stava fuggendo di nuovo? Semplice, per lei era un peso troppo grande. Ma di cosa stava parlando? Ulteriormente semplice, stava impazzendo.
Non sarebbe mai dovuta correre dal Maestro, non avrebbe mai dovuto interrompere le sue scritture e non avrebbe mai dovuto allacciarsi al collo quella collana, e forse quella mattina sarebbe trascorsa in un modo differente. C’era qualcosa che la spingeva a rifiutare. Qualcosa che nel più profondo del cuore le sussurrava che non voleva, non doveva sapere. Si era complicata fin troppo la vita, e come le era capitato una volta di pensare, era ben contenta che Tharidl si tenesse per sé il nome di suo fratello. Ma chi voleva prendere in giro? Ormai era ovvio che si trattasse di Gabriel. L’unica che negava l’evidenza era proprio lei, che si ostinava a fuggire più che combattere. Che invece di mostrare i denti, girava i tacchi e voltava le spalle ai problemi della sua vita tormentata senza affrontarli. Ma il bello era che, se aveva voglia di affrontarli, li affrontava da sola, e non sopportava di avere qualcuno affianco, di sentirsi debole, di essere sostenuta da qualcuno che l’avrebbe sempre vista con l’occhio di chi è superiore.
-Elena, fermati!- urlò Altair ai piedi delle scale.
-Ho cambiato idea! Non voglio saperlo, non voglio saperlo!- rispose lei affacciandosi dal corrimano.
-Ti sbagli. Hai bisogno di lui!- ribatté andandole incontro.
-No! Io non ho bisogno di nessuno!- aveva gridato, aveva chiesto che tutti la sentissero.
Aveva vissuto abbastanza allungo circondata da assassini, unica donna tra centinaia di uomini, e lei non aveva bisogno di nessuno. E suo padre aveva scelto quella strada per lei, consegnandola alla setta, insegnandole ad usare una spada fin da bambina. Fatica sprecata, si disse, se avesse ritrovato suo fratello.
Ed in fine, inevitabile, era scoppiata in lacrime, gettandosi a terra e sedendo rannicchiata con le ginocchia al petto sulle scale. In quella posa da gatto bastonato, dagli occhi arrossati di chi ha ancora troppo per cui piangere.
Altair le si adagiò affianco e la cinse le spalle. Elena si lanciò al suo collo sfogando sulla sua veste tutti i gemiti e singhiozzi. Era ora di finire l’acqua di quella fontana e cominciare a piangere di gioia, si disse. Aveva trovato suo fratello, un pezzo della sua famiglia, e lei era lì a disperarsi tra le braccia del suo maestro per il semplice motivo che era troppo orgogliosa??? Questa è solo deficienza.
Elena benedisse il giorno in cui Tharidl le aveva dato una spalla su cui piangere, ovvero quella del miglior assassino della confraternita.
-Vieni- Altair l’aiutò ad alzarsi, sostenendola per il fianco sano. -Coraggio, leviamoci da qui- le aveva sussurrato dolcemente, placando il suo animo lo stretto necessario per realizzare che una dozzina di incappucciati li fissavano senza parole.
Il suo maestro l’aveva accompagnata fino nella sua stanza, dove Elena fu contenta di trovarvi Rashy, che aveva gli artigli stretti attorno allo schienale della sedia della scrivania. Le finestre dietro lo scranno era chiuse e ancora avvolte dalle tende, che filtrando pochissima luce conferivano alla camera un aspetto lugubre e buio.
Altair la fece sedere tra i cuscini accanto all’armadio. –Resta qui- le disse, poi uscì lasciandola sola con la sua falchetta personale.
Elena ascoltò i suoi passi perdersi nel corridoio, e quando la sua figura si fu dissolta dietro l’angolo, la ragazza si sollevò e andò verso la scrivania.
Vi si appoggiò del tutto, affranta, stanca, priva di forze anche per camminare. Alzò appena gli occhi e incontrò lo sguardo sempre fiero e attento dell’aquila dalle piume argento.
La Dea aggirò il tavolo e andò a sistemarsi sulla sedia, dalla quale Rashy si scansò saltando sul ripiano.
Elena si mise a braccia conserte sulla scrivania, ma dopo poco lasciò cadere la testa in avanti poggiando la fronte su di esse. E il buio divenne ancora più buio, mentre alla gola le saliva lo stimolo ad un nuovo pianto.
Sentì la prima e l’ultima lacrima scivolarle sulla guancia ed infrangersi sul legno del tavolo, mentre le sue spalle si alzavano e si abbassavano nel tentativo di calmare il respiro affannato.
Le parve fosse trascorsa un’eternità quando Altair ricomparve nella stanza chiudendo la porta.
Elena rimase com’era, con il volto nascosto tra le braccia incrociate poggiate sulla scrivania; piuttosto ascoltò come il suo maestro poggiava sul tavolo un piccolo vassoio di legno.
-Fa’ almeno colazione- proferì serio.
La ragazza trovò il coraggio di sollevare gli occhi arrossati e rivolgerli in quelli scuri e celati dal cappuccio di lui. Poi, dal viso del suo maestro, che la guardava con immensa fermezza, Elena spostò lo sguardo alla tazza di the e ai biscotti di grano duro adagiati sul vassoio.
-Perché mi avete portata qui?- domandò, e la sua stessa voce le mise paura.
-Nessuno verrà a disturbarti, qui. Fin quando non mi dirai che cosa ti mette tanto terrore, non lascerai questa stanza-.
-Voi lo sapevate- sibilò lei tornando a poggiare la testa sulle braccia. –Sapevate chi era…- tirò su col naso. –E non me l’avete mai detto…-.
-Sì, lo sapevo; Tharidl mi parlò di questo e altro non molto tempo fa. Ma mi sono fidato di lui credendo nel fatto che egli ti vuole un gran bene, più di quanto immagini, Elena, e allo stesso modo di come te ne vorrebbe tuo padre. Ti prego di perdonarmi se mi sono intromesso nelle vostre faccende, ma vederti così sofferente è un male intollerabile- confessò.
Quella volta non era frutto della sua immaginazione, si disse, il suo maestro stava davvero ammettendo di provare fastidio nel vederla afflitta dal dolore.
-Non mi serve la vostra compassione- brontolò lei.
-Ancora insisti con questa storia?- sbottò l’assassino venendole affianco. –Davvero sei così stupida?- aggiunse.
Elena sollevò la testa d’un tratto, offesa da quelle parole.
Poteva darsi della stupida solo da sola, chiaro?! Non permetteva a nessun altro di darle della pazza o della deficiente che non fosse sé stessa! Chiaro?!
-Elena, Dio! È tuo fratello!- le prese il viso tra le mani. –Ora dimmi di che cosa hai paura! Dimmelo!-.
-Io…- mormorò.
Il suo maestro rinunciò alla svelta, scansandosi improvvisamente e andando verso la porta. –Ah! Il bello di tutto questo è che non mi bastano i miei problemi, ma devo gettarmi anche in quelli di una ragazzina fuori di testa!- si massaggiò il collo.
-Mi spiace causarvi tanti malanni- trovò il coraggio di dire, e Altair si voltò stupito. –Ma non siete obbligato ad essere in pena per me; come vi ho detto, non mi serve la vostra compassione. Me ne sto bene per i fatti miei, e forse avete ragione: non sareste dovuto intervenire- sussurrò.
-Basta! Avanti, dammi quella collana- Altair allungò una mano verso di lei. –Forza, dammela-.
Elena sobbalzò sulla sedia. –Cosa volete farne?-.
-La restituirò di persona al legittimo proprietario nascondendogli la verità. Dirò a Gabriel di dimenticare la vostra conversazione e di starti lontano, e poi vedremo se ti sentirai meglio- sbottò. –Sono stufo di questa storia, che si sta protraendo oltre il dovuto. Sono ulteriori distrazioni, come disse Tharidl, che non ti lasceranno pace. E devi essere pronta-.
-Pronta a cosa?- chiese.
-Dammi quella collana!- sbraitò.
-No!- ruggì lei.
-Obbedisci!-.
-No, no!- gemé chiudendo gli occhi.
-Lo faccio per il tuo bene! Elena, dammi quella collana!- insisté.
Era come esser puniti. Come venir privati della propria libertà e rinchiusi nelle proprie stanze perché si aveva rubato un biscotto o rotto un prezioso vaso di casa. In quel momento Altair aveva il ruolo di colui che la stava punendo, sottraendole qualcosa cui teneva molto e da cui neppure nei suoi incubi peggiori aveva sognato di separarsi.
Nonostante ciò, nonostante la gravosa voglia di combattere la sua richiesta, Elena afferrò il ciondolo da sotto la sua maglia e se lo tolse dal collo tirandolo con violenza. Il filo cedette e si spezzò, poi la ragazza si alzò e strinse convulsamente le dita attorno al ciondolo.
Altair la osservò in silenzio, ed Elena gli andò affianco tenendo il suo sguardo.
Quando gli fu abbastanza vicino, alzò il braccio e, prima che Altair potesse afferrarla, lasciò che la collana cadesse a terra.
Non aggiunse altro e abbandonò quella stanza al silenzio di Rashy e il suo padrone, che tacque ammutolito di tale gesto.

Sboccò nel corridoio e non si sorprese di trovare Marhim davanti alle scale per gli alloggi delle Dee.
-Ele…- sbigottito, il ragazzo non riuscì a terminare che Elena lo afferrò per mano trascinandolo verso il piano di sopra.
-Elena, che sta succedendo?!- domandò mentre attraversavano il salotto comune, dove non vi era ombra di nessuna delle tre donne.
Elena proseguì spedita fino nella sua stanza e lo fece sedere sul letto.
Marhim s’irrigidì guardandosi attorno terrorizzato. –Halef mi ha detto che mi avevi cercato- balbettò.
La ragazza raggruppò tutte le parti della sua veste da assassina e si vestì in fretta, lì, davanti a lui. –Sì, infatti: dove sei stato, eh?- brontolò allacciandosi la cintura di cuoio alla vita.
Marhim si strinse nelle spalle. –Sempre nel solito posto, dove speravo tanto che saresti tornata anche tu- brontolò.
-Il solito topo di biblioteca- rise lei armandosi di tutto punto.
-Che cosa stai facendo?- mormorò Marhim indicandola. –Non avrai intenzione… ma che diamine, Elena!- proruppe improvvisamente.
-Stupido, non hai capito! O meglio- gli lanciò un’occhiata. –Halef non ti ha detto nient’altro?- chiese.
-Che cosa avrebbe dovuto dirmi?- scattò in piedi, avvicinandosi a lei.
-È una storia lunga- si avviò fuori dalla stanza e Marhim le venne dietro. –Te la racconto mentre andiamo- disse seria scendendo le scale.
-Andiamo dove?- sbottò il ragazzo seguendola.
-Adesso vedrai!- gioì l’assassina accelerando il passo ad una corsa lenta.
Marhim sbuffò e prese un’andatura più svelta.
Elena corse sulle scale della fortezza e nella sala d’ingresso, raggiunse il cortile interno e andò oltre, fuori dalle mura della roccaforte, fino alle strade affollate della cittadella.
Marhim alle sue spalle non reggeva più, ed Elena si vide costretta a rallentare.
-Da cosa… stai scappando questa volta?- domandò col fiato corto quando l’ebbe raggiunta.
Elena allungò le labbra in un sorriso. -Potrà sembrarti assurdo, ma ho trovato mio fratello- disse d’un fiato.
-È da lui che stiamo andando?- chiese sorpreso.
-No, è da lui che sto fuggendo- si apprestò ad aggiungere.
-Cosa?! Vuoi andare via così? Elena, io non ti capisco! Perché?- tentò di fermarla, ma Elena si divincolò dalla stretta e ricominciò a correre.
-Vieni, avanti!- gli gridò scomparendo tra la folla.

La ragazza si sporse dalla sella, allungando uno sguardo allo strapiombo che si gettava nel lago, le cui acque calme e scure erano attraversate dai fasci dorati della luce del sole.
Marhim, al suo fianco e seduto chino sulla sella, sbuffò. –Che cosa c’è, ora?- chiese.
Elena smontò lentamente e si avvicinò al bordo del precipizio.
Marhim sgranò gli occhi lanciandosi giù dal cavallo. –No, Elena, no!- strillò correndo verso di lei e afferrandola per i fianchi. –Non risolverai nulla così, che cosa ti salta in testa?!- le disse stringendola a sé.
-Sciocco, non voglio ammazzarmi!- rise lei.
-Ah no?- mormorò il ragazzo allontanandola appena dal suo petto. –E allora perché siamo qui?-.
Elena sfuggì al suo sguardo scansandolo via delicatamente. –Avevo già in mente di andare a dare un’occhiata parecchio tempo fa, ma solo oggi è il giorno giusto- sussurrò tornando vicino all’argine della roccia.
-Di cosa stai parlando?- Marhim si riscosse. –E comunque voglio sapere cosa sta succedendo! Hai detto di aver trovato tuo fratello, no? Ci hai parlato? Chi è? Ora dov’è?-.
Elena soffocò una risata. –Smettila, ora non è importante-.
-Come fai a dire una cosa simile?!- le tornò accanto. –Elena, guardami- le prese il volto tra le mani. –Che cosa hanno messo quelle tre nel tuo the, sta mattina? Notato per caso strane polveri bianche…- pronunciò serio.
Elena scoppiò a ridere piegando la testa all’indietro. –No, ma che dici!-.
-Questa è di per sé una risposta- brontolò lui.
-Forza, vieni con me- disse la ragazza calandosi giù dal pendio.
-Ragazzina fuori di testa, cosa stai facendo?!- Marhim sbiancò fissandola mentre si arrampicava agile sulla roccia dello strapiombo, che in quel punto si gettava solo per una ventina di metri per poi raggiungere le acque del lago.
-Elena!- la chiamò ancora.
-Dai!- lo canzonò lei raggiungendo una sporgenza abbastanza spessa su cui sostare seduta. Si guardò attorno e alzò gli occhi fermandoli su di lui.
Marhim indugiò sul da farsi. Non sembrava complicato, e poco più in basso, lo vide chiaramente, c’era una specie di sentiero naturale scavato tra la roccia che li avrebbe condotti vivi fino alla meta ignora cui era diretta Elena.
Prese un gran respiro profondo e raggiunse la sua amica attento da dove mettesse i piedi. Le radici degli alberi s’intricavano tra le pietre della scogliera solo nel breve tratto iniziale. Verso la fine della parete, invece, gli unici appigli verdi divennero il muschio scivoloso e i rampicanti troppo fragili.
Elena atterrò piegando le ginocchia e aiutò Marhim a compiere quel piccolo saltello che li aveva portati fin al sentiero.
-Credo di capire dove mi stai portando- bofonchiò il ragazzo seguendola.
La Dea gli fece strada dove la roccia del sentiero diventava più stretta, in alcuni punti a tal punto fina che dovettero appiattirsi contro la pietra della parete e riuscire a non guardare di sotto.
Quando il sentiero si concluse, Elena intravedeva già l’arrivo, ma nell’istante in cui furono costretti ad arrampicarsi in orizzontale, il fianco dolorante prese a pulsare mandando le solite fitte odiate.
Attraversarono un tratto paludoso di rena e finalmente giunsero al livello della costa.
-Che avventura, eh?- sorrise voltandosi.
-Il bello è che non è ancora finita!- Marhim, distrutto e col fiato corto, si piegò appoggiandosi alle ginocchia. –Non sono… più abituato- eruppe.
-Già- ridacchiò la ragazza. –Forza, ci siamo quasi!- gioì percorrendo di corsa il profilo della spiaggia.
-Va’ avanti!- le gridò. –Io ti raggiungo…- si accasciò al suolo colpito da un improvviso crampo al polpaccio destro.
Elena aveva un sorriso luminoso stampato in volto, e per l’arco di quella giornata nessuno glielo avrebbe strappato via. La fatica per raggiungere quel luogo era stata abnorme, sia fisicamente che mentalmente aveva sempre desiderato vederlo. Ed ora che al suo collo non pendeva più la collana di Alice, aveva trovato l’ottimo pretesto per farvi visita.
Era un grotta sommersa per più della metà, e per avventurarvisi all’interno avrebbe dovuto passare un tratto sott’acqua, oppure aspettando la bassa marea. Ma aveva aspettato abbastanza, si disse.
Marhim vegliava su di lei seduto a pochi metri, e la ragazza cominciò a spogliarsi delle sue armi o sarebbe andata a fondo.
-Aspettiamo la bassa marea!- suggerì lui alzandosi.
-Scordatelo!- sbottò Elena lasciando cadere tra la sabbia grossa prima il fodero della spada e poi le cinghie con gli astucci dei pugnali e la lama corta.
Quando si fu privata di tutti i coltellini da lancio e dei fardelli in eccesso, si tuffò letteralmente in acqua. Una volta tra le correnti aprì gli occhi che all’inizio le bruciarono appena; tornò in superficie e l’improvvisa ventata che le arrivò sulla faccia la fece rabbrividire. –Non dirmi che non sai nuotare!- rise galleggiando a peso morto.
-Macchè!- fu la risposta del giovane, che imitandola, prese a slacciarsi il fodero della spada e anche la cintura di cuoio. –Piuttosto, per quanto tempo riesci a mantenere il fiato?- le chiese entrando in acqua passo dopo passo.
Elena si raddrizzò di colpo. –Perché? È un pezzo tanto lungo?-.
-Non lo so, non ci sono mai stato- Marhim lanciò un’occhiata alla caverna sottomarina, ed Elena fece altrettanto.
-Ma ne varrà la pena- aggiunse lui guardandola.
-Che stiamo aspettando?!- Elena sparì sott’acqua.
Un brivido intenso le passò da parte a parte della schiena quando la ragazza passò sotto il tetto della grotta, e all’interno di essa l’acqua era più fredda da rizzare i peli. Nonostante ciò, mantenendo un’andatura regolare delle braccia e nuotando agilmente a rana, Elena aggiunse la fine della traversata e riemerse prendendo una boccata d’aria cui si riempì i polmoni.
Non aveva faticato ad arrivare fin lì, anzi. Il tratto era stato anche piuttosto breve, si disse.
Quel posto era meraviglioso: a fare luce di pensava l’acqua trasparente del lago che filtrava i raggi del sole illuminando l’interno della caverna di una sfumatura verde marino strabiliante, da lasciare senza parole. La roccia brillava del sale depositato in essa, e sulle pareti si riflettevano i riflessi di questi minuscoli granelli luminescenti. Le stalattiti e le stalagmiti pendevano da entrambi i lati, conferendo al tutto quell’aspetto lugubre e affascinate.
Marhim comparve dietro di lei dopo poco, ed Elena lo afferrò per il cappuccio tirandolo verso il bordo di pietra sul quale era seduta.
Il ragazzo si aggrappò a lei che l’aiutò a tirarsi su. –Allora?- chiese la Dea alzando il mento.
-Credo che il silenzio valga più di mille parole in momenti simili- mormorò lui seguendo il suo sguardo.
-Tu leggi troppi libri; dovresti goderti la vita, la tua e non quella del protagonista, ogni tanto- ridacchiò.
C’era un minuscolo lucernario per l’aria, in alto a sinistra, dal quale sembrava venir giù la radici di un albero o un rampicante. Ma era talmente lontano, si disse, quindi il soffitto della grotta doveva stagliarsi per chissà quanti metri in verticale.
-Adesso però devi vuotare il sacco- eruppe Marhim voltandosi, e i suoi occhi nocciola balenarono in quelli cristallini della giovane Dea. –Raccontami che cosa è successo. Chi è tuo fratello?- aggiunse.
Elena chinò la testa, stringendosi più vicina a lui. –Gabriel- disse afflitta.
Marhim sobbalzò. –E come l’hai scoperto?- domandò con un filo di voce.
La ragazza si passò una mano tra i capelli bagnati e scompigliandoli. -Ieri notte è venuto a cercarmi dicendomi che voleva indietro la sua collana. Mi raccontò che aveva un ricordo di quando un uomo venne da lui mentre dormiva e gliela strappò via dal collo. Solo mio fratello portava una collana simile, e quando Tharidl gliel’ha strappata via per tenerla per me, Gabriel ha sofferto molto. Da lì è stato ovvio, ma sono corsa dal Maestro chiedendogli conferma, chiedendogli se fosse effettivamente lui e rinfacciandogli che ce l’avevo fatta a scoprirlo da sola. Eppure lui si ostinava ad assentire, a tenermi ancora sul dubbio. Da una parte non lo biasimo…- sussurrò. –Prima che potessi sentire di più, sono scappata via, e Altair mi ha portato nella sua stanza. Lì ha provato a farmi parlare, a chiedermi cosa mi stesse succedendo più o meno come hai fatto tu… io mi ostinavano ad assentire, ed oro io l’unica che non voleva aprire gli occhi di fronte alla verità. Gabriel sarà pure mio fratello, e ormai le prove sono schiaccianti, ma io non lo sento così… non voglio che sia così…-.
-Sei completamente pazza se credi una cosa del genere!- le gridò contro. –Siete legati da un patto di sangue, non puoi rinnegare tuo fratello! Elena, perché butti via un’occasione del genere? Sono più felice io per te di quanto lo sia tu! Come fai a non renderti conto delle stupidaggini che stai dicendo?- proferì furioso.
-Lo so, sono solo una stupida…- sibilò staccandosi da lui.
-Davvero non ti capisco, Elena- bofonchiò il ragazzo guardando altrove. –Ma vorrei tanto aiutarti-.
-Lo stai già facendo. Il solo fatto che tu mi abbia accompagnata qui mi aiuta molto, sai?- gli sorrise.
-Davvero?- si commosse.
La Dea annuì.
Marhim curvò la testa da un lato, allungò una mano e le accarezzò il collo.
Elena s’irrigidì al passaggio delle sue dita sulla sua pelle, mentre il suo cuore cominciava una corsa folle.
-Dov’è la collana?- domandò lui spostando il lembo della veste che le copriva la parte alta del petto.
Elena sfuggì al suo sguardo. –L’ho ceduta ad Altair, che si è preso l’incarico di riconsegnarla a Gabriel…- disse flebile, e come se l’avessero appena messa sotto un carro, le sue spalle si piegarono schiacciate da un peso intollerabile. Il solo pensare a quello che aveva fatto nelle ultime 12 ore era una tortura.
-Cosa?- fece Marhim ritraendo il braccio. –Scherzi, vero? E perché?- sbottò tornando arrabbiato.
-Ho scelto così, è meglio così… almeno fin quando non mi sentirò pronta-.
Marhim aggrottò la fronte. –Pronta a cosa?!- chiese sbigottito.
Elena a quel punto tacque. Si era fidata ciecamente delle parole di Tharidl quella mattina, quando il vecchio aveva gridato che “non era ancora pronta”. Se il suo Maestro voleva questo per lei c’era un motivo, e un giorno di quelli sarebbe venuto tutto a galla, se lo sentiva.
-Fatto sta che non capisco cosa ci sia di sbagliato in Gabriel che non ti va a genio- s’interrogò lui.
-Nulla, in Gabriel non c’è nulla di sbagliato! Sono io il problema, Marhim, ed è soltanto colpa mia. Non c’è nulla che possa fare per rimediare, ormai sono segnata, sono stata forgiata così! Mi sento come una spada che, nonostante abbia la lama incrinata, viene utilizzata ancora e ancora! Non sopporto di essere quello che sono, non sopporto di restare sola, non sopporto di non avere nessuno affianco, ma Gabriel… lui non cambierà le cose- lo fissò negli occhi.
-Tutto questo giro di parole per dire?- domandò Marhim alzando un sopracciglio.
A quel punto fu inevitabile, non riuscì a fermarsi e, allungandosi verso di lui, le sue labbra si scontrarono con quelle dell’assassino.
Restarono immobili, in quella posa, immortalati per sempre tra la roccia di quella caverna. Nessuno dei due azzardò la prima mossa, e restarono così allungo.
Chissà con quale coraggio, fu Elena a prendere l’iniziativa e, senza interrompere il bacio, si avvinghiò a lui facendo aderire completamente il corpo umido al suo, ma Marhim s’irrigidì oltremodo.
Baciandolo, Elena sentiva il sapore dell’acqua del lago sulle sue labbra, che cominciò a mordicchiare appena coi denti bianchi.
Marhim non riuscì a muoversi e il cuore di entrambi batteva a mille al minuto.
Elena alzò una mano sul suo viso accarezzandogli dolcemente il sottile strato di giovane barba sulle guance, e a quel tocco Marhim si rilassò del tutto.
Le sue braccia si strinsero attorno ai fianchi di lei, unendola ulteriormente contro di sé, ed Elena si mise a cavalcioni sulle sue gambe.
Elena si staccò riaprendo gli occhi lentamente.
-Era già tutto programmato?- domandò Marhim in un sussurro, il viso così vicino a quello di lei che sentiva il suo respiro infrangersi sulle labbra schiuse. Le sfiorò la schiena con le dita.
Elena scosse la testa, ed un istante dopo tornò con la bocca sulla sua.

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Cristo, non mi sono accorta che sono esattamente due capitoli che non scrivo ringraziamenti, e questa cosa è intollerabileee!!! Ebbene, tendo a precisare che… stavo scrivendo come una matta e non vedevo l’ora di postareeee!!! E poi sapete che vi voglio un mondo di bene solo perché avete aggiunto la mia ff ai vostri preferiti.

Grazie a tutti voiiii

Saphira87
goku94
Lilyna_93
Carty_Sbaut
Angelic Shadow
Assassin
Diaras

X gli ultimi 3 della lista: appena avete un momento libero… cioè, la recensione ci scappa, no? XD Scherzo, scherzo. Scommetto che avete le vostre buone ragioni per tacere, e non vi biasimo!

X Saphi: eeeeeh (sospiro) che dire. Ho rinunciato al rapporto allieva-maestro. Proprio non ce li vedevo, anche se ti prometto che qualcosa di toccante potrebbe anche succedere, non lo nego… però il cuore di Elena apparterà per sempre al piccolo ed innocuo Marhim (che dopo tutto, ha vinto la sfida contro Rhami XD Si vedrà come mi divertirà nei prossimi capitoli, che si preannunciano… calmi, ma fino ad un certo punto).

X goku: quanto sono bastard, vero? Insomma, non nego che mi sia venuta la schizzo-idea di postare dopo che tu avessi lasciato la rece al capitolo precedente! Ma così davvero mi sembrava troppo crudele. Quindi, fammi sapere che ne pensi di entrambi i chappy in una rece unica, te lo concedo, ma su msn ti bombardo di emoticon incaz****!!! XD Scherzo, ovviamente… <.<


Ed ora?!?!?
Ovvio, è tutta da vedere dato che arrivata a questo punto della storia non ho assolutamente idea di come finirà o andrà avanti! Vi confesso che inventerò tutto sul momento, tranne un’altra piccola parte ma davvero insignificante che ho buttato su carta quando ho iniziato a scrivere questa ff. Nel complesso, fate sentire la voce del popolo e che le vostre recensioni superino le 3 righe ç___ç XD Ovviamente, il mio umorismo non ha mai fine! Tanto da un capitolo di sole 8 pagine non posso pretendere roba tanto larga. Per quanto riguarda chiarimenti e appunti vari, eccovi una giovane lista:

1.    Lo ammetto, quando penso ad Elena, penso di aver creato un personaggio davvero stronzo e bastardo, demente e parecchio stupido. Però mi piaceva l’idea che avrebbe dato la collana a suo fratello restando nell’anonimato. Se pensate che sia un comportamento assurdo, vorrei che me lo sbatteste in faccia nella recensione, grazie.
2.    Marhim, classico topo di biblioteca, è verginello poverino, ma anche se non l’ho mai menzionato, il ragazzone ha una ventina d’anni. Non sembra, lo so… ma che aggiungere? Be’, anche Elena lo era… prima di quest’ultima scena… muhahahahahah XD
3.    Chissà, chissà se Altair darà davvero la collanina al piccolo Gabriel!!! XD e chissà se terrà la bocca chiusa!!!
4.    A proposito di Altair: stava spiando Adha che parlava con Tharidl perché qualcosa di losco si sta muovendo nella loro relazione… e non si tratta del pargolo.
5.    Ah-ah! Pensavate che Elena si volesse suicidare, sporgendosi dal precipizio, vero?!?!? E invece no! Devo dire che… all’inizio l’idea era allettante … e arriva Marhim che la salva! XD
6.     Come potete notare, ho trovato un carattere di scrittura molto più carino!!! XD
7.    >.> credo di aver detto tutto.
8.    Recensite!!!
   
 
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