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Autore: Xion92    29/02/2016    4 recensioni
Introduzione breve: se immaginate un sequel di TMM pubblicato su Shonen Jump invece che su Nakayoshi, probabilmente verrebbe fuori qualcosa di simile.
Introduzione lunga: Un'ipotetica seconda serie, in cui il tema serio di fondo è l'integralismo religioso e il nemico principale è un alieno, Flan, intenzionato a portare a termine la missione fallita nella serie precedente. E' suddivisa in tre parti:
I. In questa parte c'è il "lancio" della trama, del nemico principale, l'iniziale e provvisoria sconfitta di gran parte dei personaggi, l'approfondimento della relazione tra Ichigo e Masaya, fino alla nascita della loro figlia;
II. Questa parte serve allo sviluppo e all'approfondimento del personaggio della figlia di Ichigo, Angel, la sua crescita fisica e in parte psicologica, la sua relazione con i suoi nonni e col figlio di Flan, i suoi primi combattimenti in singolo;
III. Il "cuore" della storia. Torna il cast canon e i temi tornano ad essere quelli tipici di TMM mescolati a quelli di uno shonen di formazione: spirito di squadra, onore, crescita psicologica, combattimenti contro vari boss, potenziamenti.
Coppie presenti: Ichigo/Masaya, Retasu/Ryou.
Nota: rating modificato da giallo a arancione principalmente a causa del capitolo 78, molto crudo e violento.
Genere: Azione, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aoyama Masaya/Mark Aoyama, Ichigo Momomiya/Strawberry, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 42 - Ricongiungimenti


Il sole era arrivato nel punto più alto del suo percorso giornaliero. Era una bella giornata senza nubi e Tokyo era piena di luce. Zakuro, mentre camminava per le vie residenziali, ne era lieta. Ora che si era nel pieno di aprile, le giornate si stavano allungando e il sole arrivava ogni giorno un po’ più in alto prima di iniziare la sua discesa verso l’orizzonte.
Mentre camminava, la giovane donna rimuginava sugli ultimi venti giorni. A livello personale, per quanto riguardava le compagne e il lavoro non era cambiato assolutamente niente: lavoro al Caffè tutti i pomeriggi, di domenica anche la mattina, più tutti i suoi impegni di celebrità, per quanto riguardava lei. Per quanto riguardava i combattimenti, erano quelli che davano un po’ di sapore alla vita: solitamente ne dovevano affrontare un paio ogni settimana, ma era cosa di poco conto, erano tutti mostri abbastanza deboli. O, per meglio dire, sarebbe stata cosa di poco conto se fossero stati in sei invece che in sette: Angel infatti, per quanto ce la mettesse tutta ad ogni combattimento, e per quanto fossero innegabili la sua agilità e la sua forza, pari a quella di tutti gli altri, costituiva un notevole peso per la sua inesperienza di lavoro in gruppo. Per fortuna non si erano più ripetuti i fatti disastrosi del loro primo combattimento, ma per quanto lei si impegnasse, ogni volta mancava in qualcosa.
Ogni volta che elaboravano una strategia, o Ichigo dava un ordine di attacco combinato, Angel inevitabilmente attaccava un po’ prima o un po’ dopo il segnale stabilito, mandando a monte tutto e costringendo il resto del gruppo a ripartire da capo. Qualche miglioramento c’era stato: infatti non aveva più agito di testa sua ignorando deliberatamente gli ordini, ma ancora c’era un sacco di strada per lei da fare.
Dopo aver percorso un pezzo di strada, Zakuro si trovò davanti a un bivio: andare direttamente al Caffè o passare prima a prendere Bu-ling a casa? Decise rapidamente la seconda: di certo alla bambina avrebbe fatto piacere fare un po’ di strada insieme.
Perciò fece una deviazione e si avviò verso la residenza della sua piccola amica e della sua numerosa famiglia, una casa molto grande e arredata in stile cinese. Quando fu arrivata ed ebbe attraversato il cortile, fece per suonare il campanello, ma prima di farlo, sentì le grida arrabbiate di Bu-ling provenire dall’interno:
“no, Hanacha, devi stare buono! Buono, capito?!”
Sovrapposte a quel grido, un sacco di risate infantili e un rumore come di corsa sul pavimento.
Ora, se ci fosse sempre tutto quel casino in casa loro o questa fosse un’eccezione, Zakuro non lo sapeva. Sospirò e suonò.
Dopo pochi secondi le aprì Bu-ling. “Zakuro-neechan! Che bello vederti! Adesso Bu-ling arriva, eh.”
Dietro di lei si scorgeva il caos più totale: giornaletti buttati in giro, scarpe spaiate, giocattoli di tutti i tipi sparsi sul pavimento.
Zakuro aveva l’aria perplessa: “Bu-ling, scusa se te lo chiedo, ma i tuoi fratelli sono sempre così indisciplinati?”
Lei incrociò le braccia: “no, di solito stanno più buoni. Ma adesso si sono presi tutti la febbre, e quindi fanno più casino del solito. Bu-ling non ce la fa davvero più!”
Zakuro si sorprese: “ma come la febbre? Non dovrebbe allora essere più facile per te? Loro stanno a letto e tu fai le faccende, no?”
La bambina scosse la testa: “non conosci i fratelli di Bu-ling. Più hanno la febbre alta e più fanno i matti”, spiegò. “Pensa che fatica stargli dietro! E in più, visto che stanno male, non vanno nemmeno a scuola, quindi devo fare le faccende e pure badare a loro.”
Zakuro la osservò. In effetti Bu-ling sembrava piuttosto stanca. “Bu-ling, non va bene che ti tenga questo problema per te. Appena arriveremo al Caffè, dirai subito agli altri tutto, e poi cercheremo insieme una soluzione. Non puoi arrivare da sola a fare tutto, lo sai.”
La bambina sembrava indecisa. “Ma Bu-ling non vuole essere di disturbo…”
Zakuro la interruppe. “Se non lo dirai tu, lo farò io”, disse semplicemente, con tono fermo.

Al Caffè Mew Mew, quasi tutti erano arrivati per il turno pomeridiano. Ichigo era di particolare buon umore quel pomeriggio: proprio il giorno precedente avevano sconfitto un grosso Chimero senza troppe difficoltà, e per la contentezza di queste battaglie che stavano andando bene stava facendo l’ennesimo resoconto davanti ai suoi amici:
“allora c’era quella grossa zanzara che stava per dare un colpo col pungiglione a Minto, e cos’è successo poi? Dillo tu, Aoyama-kun, cos’è successo?” gli chiese, eccitata.
Lui, che le era di fianco, trattenendo un sospiro alzò gli occhi al cielo. C’erano volte in cui non c’era assolutamente modo di tenere buona quella ragazza.
“Poi è successo che Bu-ling ha lanciato il suo attacco contro la punta e lui non ha più potuto attaccare”, rispose.
“E sì, giusto, quella bambina è un genio!” esclamò la leader. “Ma non prima che Zakuro-san tirasse via Angel dal suo dorso, visto che un altro po’ e l’avrebbe colpita con l’ala.”
“Giusto, Ichigo”, continuò Minto. “Questo perché Angel come al solito non ti è stata ad ascoltare ed ha deciso di attaccare per conto suo”, disse ancora, guardando Angel con un certo disappunto.
“Non è vero!” cercò di difendersi lei, seduta su una sedia poco distante. “Non è che non la sono stata ad ascoltare, non l’avevo proprio sentita, è diverso.”
“Ma su, Minto-san, che differenza farà mai? Abbiamo vinto, in fondo. Angel-san imparerà” cercò di risolvere la cosa Retasu.
Angel nel frattempo rimase a rimuginare sugli ultimi giorni trascorsi: c’erano stati ovviamente i combattimenti, molto coinvolgenti ed emozionanti, contro chimeri abbastanza deboli, c’era stato il lavoro al Caffè, a cui lei aveva contribuito come meglio aveva potuto… e poi la parte più bella: c’erano stati Ichigo e Masaya. Ichigo l’aveva portata in giro per le zone della città attorno al Caffè, spiegandole bene come funzionava la vita lì da loro e spiegandole come meglio poteva i nomi delle vie e mostrandole i punti di riferimento perché potesse imparare a orientarsi. Ma Angel si sentiva pienamente a suo agio più con Masaya, non aveva idea del perché: le trasmetteva un enorme senso di sicurezza, forse per il suo carattere pacato che lo portava a scomporsi di meno e a perdere la pazienza più difficilmente che con Ichigo. Con lui, Angel non aveva paura di chiedergli il significato delle scritte, come funzionava la loro società e il mondo intorno a loro, e Masaya, al contrario di Ichigo, non sembrava per nulla infastidito o innervosito dalle sue continue domande, ma ad ogni sua richiesta, per quanto stupida ai suoi occhi che fosse, lui rispondeva cercando di spiegarle bene tutto, in modo esauriente ma semplice in modo che lei potesse capirlo. La cosa che fino a quel momento ancora non era riuscito a fare era stato spiegarle il concetto del denaro. Non che fosse qualcosa di complicato di per sè, ma l’impostazione mentale di Angel purtroppo non le permetteva di capirlo in poco tempo. Evidentemente ci avrebbe messo un po’.
Angel si riscosse però dai suoi pensieri quando Retasu cambiò discorso: “a proposito… Bu-ling e Zakuro-san dove saranno?”
“Ormai dovrebbero arrivare”, disse pensierosa Ichigo.
Dopo pochi minuti, la porta si aprì con uno scampanellìo. Si sentì la voce matura di Zakuro:
“buongiorno, c’è anche Bu-ling con me.”
“Ah, Zakuro-neesama!” la salutò con reverenza Minto, poi guardò la più piccola che era appena entrata. “Ma, Bu-ling, tu non saluti?” le chiese perplessa.
“Ah, ma sì! Buongiorno!” disse subito la bambina.
Retasu la guardò perplessa. “Ma Bu-ling, non stai bene? Sei pallida ed hai anche gli occhi rossi. Che è successo?”
Lei sbadigliò, spalancando una bocca che pareva un forno. “No, scusate… è che Bu-ling stanotte non ha dormito.”
Masaya le chiese preoccupato: “come non hai dormito? È successo qualcosa?”
“È che…” Bu-ling si interruppe e guardò incerta Zakuro, che le fece sì con la testa. “È che i fratelli di Bu-ling si sono presi la febbre, e loro più hanno la febbre alta e più sono agitati. Sono fatti al contrario. E così stanotte si sono svegliati di continuo, e Bu-ling non ha dormito per niente.”
Ichigo incrociò le braccia. “È un bel guaio… anche perché avendo la febbre, non possono neanche andare a scuola… come fai a badare alla casa ed occuparti anche di loro?”
Ryou, che era stato a sentire dalla cucina, uscì e si diresse verso di loro. “Occorre qualcuno che ti aiuti, Bu-ling, non puoi fare tutto da sola. Almeno la mattina, quando non devi lavorare.”
“Hai ragione, Shirogane-niichan, ma chi potrebbe mai aiutare Bu-ling? La mattina tutti quanti vanno a scuola…”
Angel, che fino a quel momento era stata zitta, a sentire quelle parole capì subito come sarebbe andata a finire la cosa, si alzò lentamente dalla sedia e iniziò a strisciare verso le scale che portavano al piano di sopra, cercando di fare meno rumore possibile. Ma Ryou se ne accorse subito.
“Angel, dove vai?” la richiamò.
Lei fu costretta a fermarsi. “Vado… in camera, boss.”
Lui la guardò storto. “Guarda che ti ho capito. Tu in questa casa non fai che cazzeggiare dalla sveglia fino all’ora di pranzo. È ora che incominci a fare qualcosa. Da domattina inizierai a renderti utile e andrai a casa di Bu-ling a darle una mano.”
“Cosa?! Ma io… non ho mai avuto a che fare con… con… infanti. Non saprei cosa fargli fare…” cercò di protestare lei.
Ryou alzò le spalle. “E chi ti dice che ci devi fare qualcosa? Ci starà Bu-ling insieme a loro, tu potresti darti da fare pulendo e cucinando. Quello lo sai fare, o no?”
Angel non potè negare l’evidenza. “Sì, quello lo so fare”, ammise.
“Povera Angel”, commento ironica Minto, ridacchiando. Non la invidiava per nulla: l’anno precedente si era messa in testa anche lei di aiutare la sua piccola amica insieme a Ichigo e Retasu, e sapeva bene che bestie intrattabili fossero i suoi fratelli.

Così, il giorno successivo, alle otto del mattino, Ryou accompagnò Angel fino all’ingresso della casa dei Huang, che per fortuna non era troppo distante dal Caffè. La mollò lì e tornò a casa sua.
Angel, un po’ incerta, si avvicinò al portone e fece per bussare. Non fece in tempo però a dare nemmeno il primo colpetto, perché la porta si spalancò di colpo e una scimmietta fece per correre verso di lei. Angel sollevò subito la gamba sinistra per evitare che l’animaletto ci sbattesse contro, e subito dopo vide un bimbetto coi capelli neri legati in uno stile cinese e con indosso un pigiamino azzurro precipitarsi dietro la bestiola. Con una scivolata, passò sotto le gambe di Angel, gridando:
“An-nin, torna qua! Non scappare!”
Angel però lo fermò: “aspetta… ma tu non avevi la febbre?”
Il bambino acchiappò la scimmietta tra le mani e si alzò in piedi. “Sì, ma non sono per niente stanco! E adesso torno su a giocare con An-nin!” e scansando la ragazza, tornò di corsa dentro casa.
Angel tirò un lungo sospiro. Cominciava bene. Già era stata sul punto di essere travolta da uno di quei marmocchi. E dovevano essercene addirittura altri quattro là dentro. Non era sicura di riuscire a sopravvivere a quella mattinata. Beh, ma sarebbe andato tutto bene, finché lei fosse stata in una stanza e i mocciosi confinati in un’altra.
“Ehi, Bu-ling, sono Angel, dove sei?” chiamò, non sapendo se entrare o meno.
La testa bionda di Bu-ling si affacciò da dietro un angolo del corridoio. “Angel-neechan, sei già arrivata? Entra pure!”
Lei entrò con circospezione, e si tolse le scarpe vicino alla porta: anche se non aveva mai osservato questa regola in una casa fatta di mattoni, le venne comunque automatico farlo, visto che si toglieva le scarpe anche prima di entrare nella sua tenda. Procedette nel corridoio, ignorando il caos che si intravedeva dentro le varie stanze deserte. Il soffitto rimbombava. Probabilmente i bambini erano tutti di sopra.
“Ehm… allora cosa devo fare?” chiese alla piccola padrona di casa.
“Allora, ci sono due cose da fare: andare su di sopra con i bambini ad aiutarli a lavarsi, oppure iniziare a preparare per pranzo. Cosa preferisci fare, Angel-neechan?”
“Cucina! Cucina!” rispose subito Angel, decisa. Ai suoi occhi, meglio affrontare il guercio in un combattimento mortale che dividere la mattinata con quei mostriciattoli rumorosi.
Bu-ling annuì e le disse: “la dispensa è piena, perché Bu-ling ha fatto la spesa ieri. Il libro di ricette è sullo scaffale. Scegli pure quello che vuoi preparare. Però devi fare almeno tre piatti, perché noi mangiamo molto. E ricordati che siamo in sette. Se hai bisogno di aiuto, chiedi pure a Bu-ling!”
Angel allora annuì e le due si separarono: Bu-ling andò al piano di sopra ed Angel in cucina. Rimasta sola e chiusa la porta a scorrimento dietro di sé, Angel si guardò in giro. Era una cucina molto grande ed attrezzata, piena di ogni genere di strumenti per cucinare. Adocchiò il libro delle ricette su uno scaffale, lo tirò giù e cominciò a leggere.
“Uffa, ci sono i kanji anche qui…” brontolò. Dovette per forza lasciar perdere le descrizioni dei vari piatti e affidarsi alle sole figure, cercando di capirci qualcosa. Studiò le varie ricette per una mezz’ora, poi finalmente riuscì a trovarne tre che sembravano essere più semplici e che erano molto chiare anche solo dalle figure. Ma Angel non era totalmente estranea alla lettura, e qualche piccola frase la riuscì a capire.
“Ma qui dice che questa ricetta è per quattro persone. Però noi siamo in sette. Quindi…” ecco un altro suo grande scoglio: la matematica. Non che non fosse brava in questa materia, per la verità. Il problema era che suo nonno, sempre indaffarato, era riuscito a trovare il tempo di insegnarle solo le quattro operazioni. Angel, che era molto intelligente, era capace di effettuare calcoli anche rapidi e complicati, sempre però mantenendosi in questo limite. Ora le occorreva fare una proporzione, cosa che non aveva mai imparato a fare.
“Allora… se tre etti di riso sono per quattro persone, allora per sette persone saranno…” cercò di contare sulle dita la ragazza, grattandosi nel frattempo la testa con l’altra mano, con aria perplessa. Maledetto boss, ma perché non si faceva mai i fattacci suoi?, pensò irritata.
La porta della cucina si spalancò all’improvviso interrompendo i suoi calcoli, e una marmaglia di bambini, quattro maschi più grandini e una femmina più piccola, entrò a razzo nella stanza, ridendo e gridando. Il primo bambino della fila inciampò e cadde lungo disteso, e gli altri, che gli erano dietro, inciamparono a loro volta su di lui e rotolarono per tutto il pavimento. Dietro di loro arrivò subito di corsa Bu-ling.
“No, bambini, tornate di sopra, dovete lavarvi, non giocare, ora!” cercò di richiamarli all’ordine. Ma quelli non la stavano a sentire, e il loro vociare diventava sempre più forte.
Angel allora, che già era di cattivo umore per essersi inceppata in un semplice calcolo, palesemente innervosita sbatté il libro di ricette sul tavolo e si rivolse quasi gridando alle cinque piccole pesti.
“Allora, lo sapete che qui si sta cucinando il vostro pranzo?! Fate come dice vostra sorella, forza!”
I bambini, sorpresi dal vedere quella ragazza mai vista prima, si alzarono dal pavimento e la guardarono meravigliati.
“Vediamo di capirci”, riprese Angel, autoritaria. “Per quanto mi riguarda potete fare tutto il chiasso che vi pare. Fate pure i vostri giochi, urlate e correte quanto volete. Ma basta che lo facciate fuori dai co…”
“Angel-neechan!” la interruppe Bu-ling, arrabbiata.
“Fuori dalla cucina”, fece in tempo a correggersi la ragazza. “Quindi, filate!”, e li sospinse via come se fossero stati un branco di pecore, sbattendo poi la porta della stanza.

Quando arrivò l’ora di uscita di scuola, Masaya si mise vicino al cancello ad aspettare che uscisse anche la sua ragazza. Veramente avrebbe dovuto andare dritto a casa senza aspettarla, perché quel giorno era il suo turno di stare con Angel, e quindi avrebbe dovuto mangiare in fretta e poi andare al Caffè. Ma, per quanto quella ragazza gli ispirasse, al diavolo, per una volta. Una mezz’ora insieme alla sua fidanzata, nemmeno lei aveva il diritto di togliergliela. In fondo, da quando avevano ricominciato coi combattimenti, praticamente non l’aveva più vista al di fuori del lavoro e delle battaglie. Era suo diritto godere un po’ della sua compagnia, gli spettava.
Non appena la vide uscire dal portone, il suo sguardo si illuminò e le fece un cenno di saluto. Ichigo, appena vide che l’aveva aspettata, lo raggiunse di corsa e, lasciata cadere la cartella, gli gettò le braccia al collo.
“Aoyama-kun, come mai sei ancora qui? E Angel?” gli chiese.
Lui alzò le spalle, con un sorriso. “Non morirà, se aspetterà per un po’.”
“Giusto!” annuì lei. “Perché per tornare a casa, oggi non facciamo un giro diverso?”
“E dove vuoi passare?” le chiese Masaya, curioso.
“Ho un’idea! È tempo di fioritura, questo! Sai quei ciliegi che mi hai mostrato l’anno scorso proprio in questo periodo, al parco Hinohara?”
Lui ci pensò. “Intendi uno di quelli davanti a cui ti ho visto per la prima volta trasformata?”
“Proprio quelli! L’anno scorso, a causa del combattimento, quei ciliegi erano sfioriti, ma ero sicura che sarebbero fioriti di nuovo l’anno prossimo. Andiamoli a vedere, forse ora stanno di nuovo bene”, propose Ichigo.
“È una buona idea”, approvò il ragazzo. “Andiamo, sì.”
Dopo una buona camminata, i due giovani arrivarono fino ai margini del parco e, una volta che vi si furono addentrati, scorsero da lontano uno dei ciliegi.
“È meraviglioso!” esclamò Ichigo, ammirata. “Che splendidi fiori ha!”
Masaya, che le era appena dietro, annuì. “Certo, è aprile e quindi era ora che fiorissero. Sono contento di vedere che stanno di nuovo bene.” Abbassò lo sguardo verso la ragazza. ‘Ma quei fiori non saranno mai belli quanto te’ pensò.
Ichigo, che aveva ancora la testa per aria ad osservare i fiori quasi bianchi dell’alberuo”, disse ancora, guardando Angdel suo ragazzo stringersi attorno alla sua vita, e le sue labbra che le baciavano i capelli. Ichigo, gongolando, rimase immobile, ad occhi chiusi, a godersi le effusioni del suo fidanzato davanti a quell’albero stupendo, finché Masaya non si interruppe e le disse:
“sai cos’ho pensato?”
“Cosa?” gli chiese curiosa lei, voltandosi verso di lui.
“Noi ci siamo appena goduti questo albero meraviglioso. Ma che ne dici se invitassimo tutti i nostri amici a fare un bel pic-nic qui sotto, coi bento e tutto il resto?” propose Masaya.
Si stupì lui stesso di questa proposta, che aveva tirato fuori senza neanche quasi rifletterci su. Era incredibile quanto fosse riuscito a cambiare nel giro di un anno, grazie a quella ragazza così bizzarra: fino a poco tempo prima, a Masaya non sarebbe neppure potuto passare per l’anticamera del cervello di passare volontariamente del tempo in compagnia di altri esseri umani, esclusa Ichigo, ovviamente. Per lui, meno terrestri si vedeva intorno e meglio era. E invece, in quegli ultimi mesi si era affezionato anche lui a quella banda di guerrieri di cui faceva parte, tanto da non avere nessun problema a definirli suoi amici, i primi veri amici che avesse mai avuto. Zakuro, sempre silenziosa ma che aveva sempre una buona parola per tutti, Retasu, sempre così gentile e disponibile nella sua timidezza, Minto che gli allietava le lunghe ore di lavoro coi suoi battibecchi con Ichigo, Bu-ling che quasi gli si gettava contro abbracciandolo ogni volta che lo vedeva, Keiichiro che era un po’ il fratello maggiore di tutti. E anche Ryou, ora che finalmente aveva lasciato perdere Ichigo, era riuscito a stringere con lui una sorta di silenziosa e rispettosa intesa: entrambi provavano rispetto, fiducia e stima per l’altro. Ed Angel, che… no, Angel no. Nonostante fossero ormai parecchi giorni in cui passavano insieme quell’ora dopo pranzo, e nonostante Angel non si fosse mai comportata in modo chiuso, irrispettoso o distante verso di lui, neanche Masaya, come le ragazze, era riuscito a stringere con lei un rapporto di amicizia. E questo per un motivo particolare: mentre con le altre compagne di battaglia, Angel poneva una barriera non appena queste tentavano di avvicinarsi, con lui e con Ichigo la barriera era costituita non da rispose vaghe o frasi scostanti, ma in un suo volontario atteggiamento di inferiorità. Masaya non aveva idea del perché, ma quando Angel interagiva con loro due tendeva a metterli su un piano superiore rispetto a lei. Facendo in questo modo, stando su due piani diversi, lui e Ichigo non sarebbero mai riusciti a farci amicizia: gli amici per essere tali devono essere sullo stesso piano. Ma perché si comportava così?
“È una bellissima idea, Aoyama-kun!” esclamò Ichigo. Masaya si riscosse: tutti quei pensieri gli avevano attraversato la mente in meno di un secondo.
“Che ne dici se facciamo fra tre giorni? Sarà domenica, quindi saremo tutti liberi!” continuò, eccitata.
“D’accordo, Ichigo”, approvò Masaya, sinceramente felice di passare una bella mattinata insieme a tutti quanti loro. Ma adesso era il momento di toglierseli dalla testa: ora era lì da solo con la sua ragazza, ed era lei che doveva godersi, in quel momento; perciò la abbracciò di nuovo e, quando anche lei ebbe ricambiato la sua stretta, rimase un altro po’ in quel prato insieme a lei a baciarla e ad accarezzarla.

Angel si sentiva distrutta: aveva dovuto destreggiarsi da sola in quella cucina gigantesca, aveva dovuto mettere mani ad ingredienti complicati che non conosceva, e aveva dovuto fare una serie di calcoli alla bell’e meglio per preparare una quantità giusta di cibo per tutti. Alla fine aveva risolto facendo tre ricette semplici di cui aveva dedotto il procedimento solo dalle figure sul libro, visto che non era capace di leggere: nikumaki, zuppa di miso e gyudon.
Bu-ling era entrata infine in cucina a controllare, ed era stata contenta: sia per i piatti preparati che per i bambini. Infatti era riuscita a fare il bagno ai suoi fratelli, a farli vestire e a far prendere la medicina a tutti, loro si erano calmati ed ora potevano apprestarsi a consumare il pasto tutti insieme. Angel si sentiva in un certo senso emozionata: da quando era arrivata lì, era il primo pasto che passava senza Ryou e Keiichiro.
Bu-ling chiamò i suoi cinque fratellini, che arrivarono finalmente più disciplinati, e tutti e sette si sedettero attorno alla grande tavola.
“Oh, ma che bei piatti!” esclamò ammirata l’unica bimba della tavolata. “Li hai fatti tu?” chiese rivolgendosi alla ragazza più grande.
‘Non disturbarti troppo, marmocchietta’, pensò Angel. ‘So bene che aspetto raffazzonato deve avere questa roba.’
Invece rispose: “sì. Sentite se vi piacciono.”
Bu-ling distribuì nelle varie ciotole la zuppa di miso, diede due nikumaki per ciascuno e nei vari piatti mise un po’ di riso col sugo di carne.
I bambini assaggiarono e fecero una smorfia. “Il sugo del riso è sciapo”, si lamentarono.
“Strano”, fece Angel. “Pensavo di aver salato abbastanza.”
Il fatto era che lei, essendo abituata a mangiare poveramente, aveva le papille gustative molto sensibili, e riusciva a trovare saporito un piatto che alla gente civilizzata sarebbe sembrato insipido. Ma questo Angel non poteva saperlo.
“È vero”, disse Bu-ling. “Ma potete aggiungerlo, il sale, se volete.”
Uno dei fratelli disse alla ragazza: “non ci hai ancora detto come ti chiami, però.”
Lei, che stava bevendo la zuppa di miso, appoggiò la tazza sul tavolo e rispose: “ah, giusto. Angel. E voi?”
I fratelli di Bu-ling non ebbero niente da ridire sul suo nome esotico: anche loro, che avevano nomi cinesi, spesso venivano presi in giro quando si presentavano, e sapevano bene cosa voleva dire portare un nome straniero in un popolo di giapponesi. Quindi, senza fare commenti, si presentarono uno per uno, ed Angel li stette a sentire senza prestare loro particolare attenzione. Ma quando, per ultima, si presentò la bambina più piccola, ad Angel scattò qualcosa nella testa.
‘Heicha… no, un momento… quella Heicha?’ pensò spalancando gli occhi. Immediatamente inizò a fare una serie di ragionamenti: tanto per cominciare, il cognome di quella famiglia era Huang, e la sua Heicha, oltre a parlare con accento cinese, le aveva raccontato di avere quattro fratelli e una sorella scomparsa per motivi ignoti. E anche nel viso le due in effetti si somigliavano parecchio. Non è che poteva essere… Angel guardò negli occhi quella bimbetta, che ricambiò il suo sguardo con aria perplessa, senza capire perché pareva così interessata a lei. Alla ragazza bastò solo fissarla nelle pupille per riconoscerla immediatamente e fugare ogni dubbio: quella bambina era la sua amica di un tempo. Anche se ora era lei ad essere una ragazza grande ed Heicha una marmocchietta. L’aveva ritrovata, e non importava che non la riconoscesse: dopo tanti anni in cui non l’aveva più rivista sapendola morta, ora in quel passato a lei così ostile vedeva per la prima volta una faccia amica.

 

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Nota: la scimmietta di Bu-ling, An-nin, non l'ho inventata io, ma è presente nel manga (e disegnata in modo scandaloso, a mio parere), mentre nell'anime è stata omessa. In una scena, addirittura, Bu-ling, durante un attacco alla sua casa da parte degli alieni della prima serie, con una tecnica segreta "scambia" la propria anima con quella della scimmia. Così, mentre An-nin, dentro il corpo di Bu-ling, è immobilizzata e tramortita, Bu-ling, dentro il corpo di An-nin, può correre fino a casa di Ichigo per avvisarla del pericolo.

   
 
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