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Autore: Lady Stark    29/02/2016    1 recensioni
«Per lei, tutto è possibile, ufficiale.» con un gesto delle braccia, il taverniere l'invitò a seguirlo.
Len sapeva che quello che stava per fare era sconsiderato, irrazionale e pericoloso.
Era perfettamente a conoscenza del fatto che quel comportamento l'avrebbe potuto distruggere.
Avrebbe potuto demolire tutto ciò che per anni aveva così faticosamente costruito...
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Len Kagamine, Rin Kagamine | Coppie: Len/Rin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chapter VIII

Fu il caos.

L'odore del sangue si era fatto tanto intenso da risultare stomachevole. Le tovaglie, inizialmente candide come la prima neve, erano ridotte a stracci di stoffa vermiglia.

Le grida, i pianti, il fragore dei piatti frantumati si mescolarono in un calderone assordante.

Confusa dai colpi e dal fracasso, Rin cominciò a sgomitare nel tentativo di fendere la folla che si ammassava verso le porte. Qualcuno stava evidentemente cercando di sfondarle ma senza ottenere alcun risultato. Nel frattempo, i sicari si accanivano contro gli invitati, colpendo gli indifesi senza pietà. Uno spruzzo di sangue le raggiunse la guancia quando uno dei domestici colpì al collo un anziano signore dal panciotto color crema.

Questi crollò indietro, gorgogliando una supplica inascoltata.

Simile ad un bocciolo, il sangue si accumulò sulla ferita, assorbendo cupidamente la vita del vecchio. La testa dell'uomo si rovesciò all'indietro, ormai privata della sua forza vitale.

Gli occhi, ridotti a due spiragli lattiginosi, si fissarono in quelli della ragazza che passava lì a fianco.

Rin rimase traumatizzata.

Quello non era di certo il primo omicidio a cui assisteva ma mai, nel corso degli anni, aveva guardato la morte in azione. Il vigore che animava iridi del signore scivolò via, goccia dopo goccia, trasformando il corpo in un mucchietto di ossa.

La ballerina vide la falce della Morte calare sull'esile filo del suo futuro, tranciandolo di netto. L'ultimo sospiro sfuggì dalle labbra dell'anziano, liberando la sua anima sofferente.

Un devastante senso di angoscia le avviluppò il cuore, paralizzandole le ginocchia.

Sapeva di doversi affrettare. Doveva correre più veloce del pensiero e raggiungere il suo compagno disteso a terra, privo di conoscenza.
Eppure, malgrado ciò, non riusciva a distogliere lo sguardo dal viso esanime del vecchio che si era appena spento. Fu il caos stesso a salvarla da quel pericoloso stato di trance.

Una donna in carne, cercando di scappare dall'assassino, inciampò e crollò con tutto il suo peso sulla schiena della ballerina. A causa della sua esile struttura, la ragazza ebbe l'impressione d'essere stata appena investita da un masso. Senza poter opporre resistenza, Rin venne scaraventata in avanti, rotolando per qualche metro sul pavimento.

Nel ruzzolare si morsicò le lingua e il sapore ferroso del sangue le invase la bocca, facendole venir voglia di vomitare. La ragazza si inginocchiò, portando una mano alla fronte pulsante, lì dove sarebbe di certo spuntato un livido.

Con una smorfia scosse la testa, facendo ondeggiare i riccioli attorno al viso.

La ragione, irrigidita dalla paura, tornò a defluire nelle sue tempie, chiarificandole i pensieri.

Rin tentò di alzarsi ma la gonna rimase impigliata nel tacco di una nobile che, in lacrime, scrollava con energia una ragazzina riversa a terra, chiamandola per nome.

A quel punto, Rin afferrò i petali del vestito, strappando i fili che li tenevano insieme.

Con un ultimo sforzo, riuscì a raggiungere il compagno, inginocchiandosi accanto a lui.

«Len, se mi senti rispondi.. Te ne prego.» le dita della fanciulla sollevarono il viso del condottiero, coperto da un'uniforme patina di sudore freddo.

Con un gemito, Len socchiuse gli occhi e mosse le labbra per pronunciare il nome della ballerina.

«Shh, non ti sforzare, tesoro.» la giovane gli sfiorò la fronte, sforzandosi di canalizzare il panico che le faceva tremare le dita.

«Devo.. alzarmi..»

«Sei ferito, Len. Sta buono.» Rin lanciò un'occhiata al sangue incrostato sulla giacca e all'asta della freccia che spiccava tra le sue scapole. Il condottiero gemette a denti stretti, alzando il braccio nel tentativo di raggiungere il fulcro della sua pena.

La ballerina cercò di farlo star fermo ma, d'improvviso, comprese la ragione di quella sua agitazione. I due erano al centro della stanza, circondati da persone che si agitavano come cavallette alla ricerca di una via di fuga.

Come se non bastasse, nella folla si aggiravano i sicari vestiti di nero e Rin doveva ad ogni costo proteggere il suo uomo.

«Ti porto via di qui!»

«La.. freccia..»

«Che cosa devo fare?» sussurrò affranta, portando il viso vicino a quello del giovane.

Len cercò di dirle qualcosa ma i suoi sforzi sfumarono in un lamento d'allarme.

La ballerina si voltò di scatto e rotolò su un fianco, giusto in tempo per evitare il colpo di pugnale dell'assassino. Rin reagì istantaneamente, cercando di colpirlo con un calcio ma questi fece un salto indietro, ruotando l'elsa del pugnale tra le dita snelle.

«Spostati, ragazzina, e potrei considerare l'idea di farti rimanere in vita.»

«Mai.» latrò a denti stretti, ignorando il furioso palpitare del suo cuore. La ballerina studiò rapidamente il proprio avversario, constatando lo smisurato divario presente tra loro due.

Il domestico brandiva un pugnale; lei, invece, era armata solo del proprio coraggio.

«Sca.. ppa..» ansimò Len, sfiorandole la caviglia con i polpastrelli.

Quel contatto fu sufficiente a consolidare la sua vacillante audacia.

«Hai sentito? Vattene finché sei in tempo.»

Prima che l'assassino potesse rendersene conto, Rin fece la propria mossa. Veloce come un serpente colpì l'uomo allo sterno, assestandogli poi un violento colpo sul naso.

La cartilagine si ruppe e, con un ringhio, il servo arretrò d'un altro passo coprendosi la faccia con la mano. L'adrenalina le mugghiava nel petto, colpendo il suo cuore come se fosse un grosso tamburo. Approfittando dell'acuto dolore dell'avversario, Rin lo disarmò, rivolgendo la punta del pugnale contro la sua faccia.

La mano le tremava, quasi volesse smascherare il falso coraggio della ragazza.

Sapeva benissimo che non sarebbe stata in grado d'ucciderlo.

La sola idea d'affondargli il coltello nella carne le faceva torcere le viscere.

«Puttana.» latrò, mettendo in mostra i denti ricoperti di sangue. Rin fece ondeggiare il coltello tra le dita, come prima aveva visto fare al nemico. La ragazza si sentì infinitamente sciocca nell'ostentare quella sua agilità ma, con ciò, aveva sperato di impressionarlo.

«Fatti sotto, damerino.»

L'uomo le si scagliò contro, pronto a sfoderare tutta la sua maschia potenza.

Non era la prima volta che la ballerina si trovava a combattere contro un uomo più robusto di lei. Aveva picchiato guardoni, stalker e gente di qualsiasi risma.

In nessun caso, però, aveva dovuto proteggere qualcuno.

La lama del pugnale incise la carne dell'assalitore, tranciando come burro uno dei suoi polpastrelli. Insensibile al dolore, il domestico ignorò il fiotto di sangue che esplose dalla sua mano, afferrando il polso della ragazza.

Rin si abbassò per evitare il pugno dell'avversario che, sfruttando la sua posizione di vantaggio, la strattonò per farle perdere l'equilibrio. Alla fine, inciampando nella falda di una gonna, Rin cadde in ginocchio, quasi perdendo la presa sul pugnale.

Prima che potesse reagire e continuare ad attaccare, una ginocchiata le raggiunse lo stomaco mozzandole il fiato in gola.

«Non avresti dovuto..» le parole arroganti dell'uomo si bloccarono di colpo, soppiantate da un lacerante grido di dolore.

Rin gli affondò il coltello nell'interno coscia, rigirandolo con cattiveria nella piaga. Inutile dire che il sangue sgorgò dalla ferita come acqua, ruscellando lungo le scanalature dell'arma e sulle mani della ragazza. Il domestico cadde indietro, afferrando il manico scivoloso nel vano tentativo di estrarlo.

«Stronza!»

«Gli uomini della tua risma non meritano altro che il disprezzo.»
Una smorfia amara contrasse il viso del domestico, ridotto ad un fantasma ricoperto di sudore.

«Credi davvero che lui sia migliore di noi? Pensi forse che non abbia mai ucciso?»

Le parole del sicario la colpirono al viso, forte come uno schiaffo. Rin tentò di non dare troppo peso a quel discorso che, con facilità imbarazzante, avrebbe potuto stracciare ogni sua sicurezza.
Amava l'ufficiale ed in nome di quel sentimento, lei avrebbe accettato il suo passato di violenza, sangue e raggiri meschini.

«Sta zitto, tu non lo conosci.»

«Ha ucciso mio figlio davanti ai miei occhi.»

La ragazza espirò bruscamente, come se le avessero appena sferrato un calcio nello stomaco.

Era vero ciò che quell'uomo le stava dicendo? Oppure il suo era un tentativo per depistarla?

Il dubbio, simile ad un serpente, si arrotolò in spire attorno al cuore.

«Tu menti..» sussurrò.

Il sicario rimase in silenzio per qualche istante poi, mostrando di denti, annuì con fare innocente.

«Sì, stavo mentendo.»

«R..in.. no!» Il rantolo dell'ufficiale la raggiunse troppo tardi.

Era caduta in trappola.

Un paio di braccia si serrarono attorno all'esile collo della ragazza, paralizzandole il respiro.

Rin scalciò, affondando le unghie nella mano coriacea dell'assassino che le era piombato alle spalle. Come poteva essere stata così stupida da credere alle parole di quell'uomo?

«E sta un po' ferma!» il sicario, spazientito, le sferrò un pugno nei reni, costringendola in ginocchio in preda ad una sofferenza atroce. Stringendo i suoi capelli nel pugno, l'uomo strattonò indietro il capo della ragazza, carezzando il profilo della carotide con la punta dello stiletto.

«Ed ora, come punizione, assisterai in diretta alla morte del tuo amato ufficiale.» l'acciaio incise superficialmente la carne, stillandone qualche perlina di sangue.

Il domestico rafforzò la presa sui ricci della ballerina, strappandole un lamento.

«Però non temere, zuccherino. Non appena avremo finito con lui, tu lo raggiungerai seduta stante.»
Len emise un basso, ferale lamento; i suoi occhi si erano trasformati in gelide distese di ghiaccio. Con sforzo, il ragazzo tentò di sollevarsi in ginocchio, serrando i denti per colpa della sofferenza che gli incendiava i muscoli. La sua mano destra si sollevò, protendendosi in direzione della compagna immobilizzata.

«Rin..»

Le sue labbra articolarono quel dolcissimo suono ed un sorriso gli illuminò il viso.

«Io ti..»

Dal nulla, un assassino piombò sulla schiena del combattente, afferrando a due mani l'asta della freccia. La punta penetrò ancora più a fondo nella carne, facendo sgorgare uno zampillo scarlatto.

«La feccia deve rimanere al suo posto.» rise, facendo pressione sulla ferita.

Rin non aveva mai sentito urlare l'ufficiale.

Quel suono, pregno d'una sofferenza devastante, le strappò il cuore.

Le lacrime affiorarono a baciarle gli zigomi mentre il sicario continuava ad infierire sull'ufficiale con calci, pugni e percosse.

La ballerina udì le proprie grida risuonare nell'aria, mescolandosi a quelle di tante altre fanciulle. Tanto più lei si opponeva alla stretta dell'assassino, tanto più lama del coltello le intaccava la pelle. Un paio di ciocche bionde si staccarono quando l'uomo la strattonò indietro per controllare la sua folle ed incontrollabile reazione.

«Vi prego, qualcuno ci aiuti!!» le parole fuoriuscirono dalla sua bocca come acqua da una sorgente. Rin chiamò tanto forte il nome del suo amato da sentire le corde vocali infiammarsi.

In tutto questo, gli occhi di Len non abbandonarono mai il suo viso, sfigurato dalle lacrime.

Il ragazzo non avvertiva più la sofferenza.

Non avvertiva i colpi al costato e le fitte che gli lanciava la ferita alla schiena.

Sapeva che quella sera sarebbe morto, di conseguenza tentò di imprimersi a fuoco nella mente i tratti del viso di lei. Con gli occhi esplorò le rotondità delle labbra e degli zigomi; si soffermò sulle lunghissime ciglia che le sfioravano la pelle ogni qual volta le palpebre si chiudevano.

Ammirò con nostalgia la perfezione di quella pelle che aveva accarezzato e baciato.

Se proprio doveva morire, l'ultima cosa che desiderava vedere era lei.

«LEN!»

Avrebbe così tanto voluto risponderle, dirle che sarebbe andato tutto bene e cancellare le lacrime che le arrossavano le gote. Avrebbe dato tutto per stringerla un'ultima volta tra le braccia e sentire l'aroma di fiori intrappolato tra le sue crine.

Lo stivale dell'uomo gli piombò sulla faccia, schiacciandola contro il pavimento di marmo.

La puzza del cuoio e del sangue era disgustosa, tanto che un conato gli rivoltò lo stomaco.

«Non guardi nemmeno il viso di colui che ti darà in pasto alla morte?»

«Sei.. sei così brutto da spaventarmi.» rise, tra un colpo di tosse ed un ghigno.

L'uomo si appoggiò di peso sulla faccia dell'ufficiale, tagliandogli la pelle dello zigomo con lo stivale.

Len ebbe l'impressione che una pressione più forte avrebbe potuto mandargli in frantumi il viso.

«Hai ancora la forza d'essere spiritoso, eh?»

Il sicario si chinò in ginocchio accanto a lui, afferrandogli la radice dei capelli per costringerlo a guardare la ballerina.

«E se le lacerassimo la faccia prima di ucciderti, saresti ancora così brioso, caro ufficiale?»

«Non osate toccarla..» latrò, muovendo appena le labbra tumefatte. Il gelo s'impossessò della sua anima e gli occhi irrimediabilmente caddero sulla lama premuta contro il collo della ragazza.

«Lei non c'entra niente con tutta questa storia!!»

«Noi vogliamo trasformare i tuoi ultimi istanti di vita in un inferno.. Quest'adorabile fanciulla si è solo trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato.»

Con un sorrisetto, l'uomo fece un cenno al compare che, in risposta, premette l'arma contro il collo della giovane.

«NO! Maledizione, NO!!» La voce dell'ufficiale si spezzò e, con essa, una lacrima rotolò lungo la sua guancia.

Era finita così, dunque. La sua misera vita di stenti stava per finire.

Non avrebbe più dovuto sopportare le angherie del suo capo; non avrebbe più dovuto condividere l'appartamento con quelle stronze ladruncole.

Un solo movimento e tutte le sofferenze accumulate sarebbero semplicemente piombate nell'oblio. Tutto sommato, doveva ammettere che l'idea di morire la terrorizzava.

Ora che si trovava di fronte alla falce del mietitore, la sua esistenza assumeva una sfumatura differente.

Voleva continuare a vivere, piangere, ridere e ballare.

Voleva soddisfare il proprio sogno e gridare a pieni polmoni che lei ce l'aveva fatta.

Gli sguardi dei due ragazzi entrarono in contatto, entrambi velati da una patina di lacrime.

«Mi dispiace così tanto..» mormorò Rin a fior di labbra, socchiudendo gli occhi.

Il coltello fece pressione, la carne si lacerò ed il sangue cominciò a sgorgare, accompagnato dal dolore. La voce di Len esplose nel caos, sovrastando qualsiasi altro suono lì presente.

Poi, ci fu un sibilo, seguito da un grugnito incredulo.

La presa sui capelli della ragazza si allentò ed il coltello cadde a terra tintinnando.

«Possibile che i gentiluomini di oggi non conoscano più le buone maniere?»

Louis si avventò contro il secondo aguzzino senza lasciargli il tempo d'elaborare ciò che era appena successo. Le lame cozzarono l'una contro l'altra, liberando un nugolo di scintille rosse ed arancioni. Gli uomini cominciarono a danzare sulle note generate dal triste flauto del mietitore.

Si sarebbe potuto pensare che, a causa della sua disabilità, Louis potesse essere in svantaggio rispetto al domestico. Invece, il condottiero attaccava con la forza di una tigre, rovesciando addosso all'avversario una serie di colpi inarrestabili.

Infine, la morte decise chi trascinare con sé nell'oltretomba, forse stufa d'osservare quell'infantile gioco umano. Qualcuno urtò il sicario da dietro, spingendolo in avanti.

La sua guardia si abbassò e Louis, cogliendo al volo l'occasione, piantò il coltello nella carotide dell'uomo. La veemenza del colpo vibrato minacciò di tranciare il capo dell'individuo che, con un ultimo rantolo, cadde in ginocchio al fianco di Len.

«Che schifo.» si lamentò il condottiero, ripulendo la lama contro i vestiti neri del domestico.

A quel punto, il guerriero si voltò in direzione della fanciulla, ancora inginocchiata a terra, immobile come una statua di cera.

«È finita, piccola. Sono arrivati i rinforzi.»

Rin quasi si mise a piangere.

Una cinquantina di soldati in casacca blu avevano fatto irruzione nella stanza, neutralizzando coloro che avevano massacrato gli invitati disarmati.

L'ex reggente era in lacrime, genuflesso di fronte ad un signore grosso quanto un armadio.

La sua espressione truce non lasciava presagire nulla di buono. L'ometto era stato picchiato, a giudicare dalla sbagliata posizione del naso e delle labbra gonfie.

La ragazza non trovò la forza di rispondere.

Un solo pensiero ronzava nella sua testa, cancellando tutto il resto.

Con un certo sforzo, gattonò in direzione del suo compagno per poi accoccolarsi al suo fianco come un cucciolo. Lui, mugugnando per la fatica, sollevò un braccio e l'attirò a sé, carezzandole i riccioli insanguinati.

«Rin, grazie.»

La ragazza chiuse gli occhi, espirando con lentezza.

Non si era mai sentita tanto stanca in vita sua; aveva come l'impressione che ogni suo singolo osso fosse stato ridotto in polvere.

«È finita?» mormorò a fior di labbra, appallottolandosi contro il petto del ragazzo che, baciandole la fronte, cancellò ogni sua preoccupazione.

«È finita.»

A quel punto, Rin si addormentò. 

   
 
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