Crossover
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Autore: Odinforce    01/03/2016    5 recensioni
In un luogo devastato e dominato dal silenzio, Nul, un essere dagli enormi poteri si diverte a giocare con i mondi esterni per suo diletto. Da mondi lontani sono giunti gli eroi più valorosi, pronti a sfidare le loro nemesi che hanno già sconfitto in passato. I vincitori torneranno al loro mondo, siano i buoni o i malvagi. Saranno disposti ad obbedire alla volontà di Nul?
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 42. In piedi!
 
Nel settore dell’ospedale era tornata la pace. Niente lampi, esplosioni o grida. Tutto si era calmato subito dopo la distruzione di Sauron, l’Oscuro Signore, ad opera dei Valorosi. Le strade recavano ancora i segni della colossale battaglia che aveva infuriato fino a un’ora prima: armi, macerie e sangue dominavano l’area che circondava l’ospedale, ancora protetto dagli eroi sopravvissuti. Le difese intorno all’edificio erano ancora attive, compreso il muro di cinta creato da Edward Elric; Merida, Katniss e altri volontari restavano di guardia, gettando occhiata tutt’intorno. John Connor e la Resistenza facevano altrettanto all’esterno; il cyborg Arnie, a bordo del Metal Gear REX, aveva l’ordine di sparare a qualsiasi Senzavolto avesse osato avvicinarsi. Anche Lady Death contribuiva a mantenere l’ordine, dopo aver dispiegato la sua Armata d’Oro lungo le strade.
Tutto questo, comunque, appariva superfluo, dal momento che regnava una calma piatta. Lo stesso non si poteva dire all’interno dell’ospedale: la hall era affollata. I sopravvissuti erano divisi in vari gruppi, a seconda delle loro condizioni. Il dottor House e alcuni volontari curavano i feriti nel frattempo, facendo il possibile perché il numero di morti si arrestasse. Tra questi c’era Big Boss, seduto su una panca; perdeva sangue dal fianco ma non ci badava... anzi, fumava un sigaro imperterrito mentre House in persona era impegnato a ricucirlo.
« Però, ne ho visti di casi strani nella mia lunga e appassionata carriera » commentò il dottore nel frattempo, « ma tu finisci dritto nella Top Ten. Da quel che vedo mi stupisce come tu faccia a reggerti ancora in piedi e a continuare ad avvelenarti i polmoni in quel modo. »
Big Boss lo guardò con il suo unico occhio sano, più che sufficiente per lanciargli un’occhiata penetrante. Questo, insieme al pezzo di metallo che sporgeva dalla fronte e alla faccia imbrattata di sangue, lo faceva assomigliare terribilmente a un demone.
« Dopo tutto il tempo che ho trascorso all’inferno » rispose, « ti garantisco che troverei dolce una morte provocata dal fumo. »
Altri eroi erano riusciti a cavarsela senza un graffio, come nel caso di Dylan Dog. Il detective, rimasto nell’edificio per proteggere i pazienti, ora vagava al suo interno senza una meta precisa; il suo assistente autoproclamato, Tonto, era sparito chissà dove, in cerca di oggetti da “barattare”. In quel momento era impegnato a parlare con Rina, Lady Death e Catherine, riunite al centro della hall.
« Avete notizie dei Valorosi? » domandò.
« No... nessuna » rispose Rina, afflitta. « Non siamo riuscite a percepire la loro presenza nei paraggi. »
« Sono come svaniti nel nulla, dopo la battaglia con l’Oscuro Signore » aggiunse Lady Death. « Temo il peggio, a questo punto. »
« Credi che siano morti? »
« Oh, sarebbe terribile! » esclamò Catherine, sconvolta. « Dopo tutto quello che abbiamo passato... non può finire così! Edward non può essere morto! »
Lady Death sospirò, chinando leggermente il capo.
« Lo spero tanto, soprattutto nei riguardi di mio fratello Hellboy » mormorò. « Non voglio credere di aver perso anche lui. Inoltre, c’è qualcos’altro che mi preoccupa... non riesco a individuare i nostri alleati, ma avverto comunque una strana sensazione. Percepisco un forte sentimento negativo, che aleggia su tutta la città. »
« Già, l’ho sentito anch’io » ammise Rina. « Era terribile... come se qualcuno fosse immensamente triste e non riuscisse a nasconderlo. »
Il rombo di un tuono in lontananza fece tacere tutti, interrompendo la conversazione. In molti diressero quindi lo sguardo verso le finestre, da cui si poteva vedere il cielo: le nuvole che lo coprivano perennemente erano diventate ancora più scure. Presto sarebbe caduta una forte pioggia sopra le loro teste, ma era chiaro per tutti... non sarebbe stata la parte peggiore dello spettacolo in arrivo.
 
Nel frattempo, molto più lontano, aveva già iniziato a piovere. Gocce grosse come monete precipitavano sulla sabbia nel deserto fuori città; la pioggia divenne molto fitta in breve tempo, al punto da formare grandi pozze d’acqua in vari punti in modo innaturale. In mezzo a questo temporale giacevano sette persone, immobili sulla sabbia: i Valorosi, sconfitti nel corpo e nell’anima da Nul in persona, dopo che questi aveva rivelato la sua vera natura. Non erano stati in grado di sconfiggerlo, né di convincerlo a riportarli a casa.
Jake Sully, Hellboy, Edward Elric, Po, Lara Croft, Harry Potter, Sora. Eroi eccezionali, tra i più grandi che si potessero ricordare, ora avevano subito la peggiore delle sconfitte. Sarebbero morti presto, a causa delle ferite che non provavano nemmeno a curare; lasciavano che il sangue sgorgasse sulla sabbia, ormai sicuri che la morte era l’unica via di fuga. L’unico modo per uscire dall’incubo di Oblivion.
« Già ti arrendi? E dai, Sora, credevo fossi più forte di così! »
« Niente broncio, niente facce tristi. Questa nave viaggia con i sorrisi! »
« Tutti per uno e uno per tutti. Ah-yuk! »
« Sora... non cambiare mai. »
Sora aprì lentamente gli occhi, risvegliato dalle voci che echeggiavano nella sua testa. Le voci dei suoi più cari amici: Riku, Paperino, Pippo, Kairi... non erano lì con lui, eppure lo stavano aiutando... aiutando a rimettersi in piedi. Poteva quasi vedere lei, Kairi, chinarsi su di lui con il suo splendido sorriso e invitarlo a dargli la mano.
« Ugh... »
Il ragazzo cercò di muoversi, ma sentì subito un gran dolore. Aveva una gamba fratturata e un braccio malconcio; perdeva sangue. Non poteva camminare, ma poteva strisciare. Il colpo subito da Nul era stato così forte da spazzarlo via, allontanandolo dagli altri Valorosi; doveva raggiungerli, perciò raccolse le energie e si trascinò su per la duna, un passo alla volta. Non fu facile, ma non poteva arrendersi; pioggia e sabbia parevano opporsi sul suo cammino, ma lui proseguì... finché i suoi occhi annebbiati per il dolore non ritrovarono il resto del gruppo davanti a sé.
Sora trattenne il fiato per l’orrore. I Valorosi erano di fronte a lui, in condizioni addirittura peggiori delle sue. Il più vicino era Harry, disteso sulla sabbia come tutti gli altri, pieno di ferite su gambe e braccia da cui perdeva sangue. Lara, poco lontana, aveva ferite simili, provocate da fori di proiettile. Edward era disteso a faccia in giù, i suoi automail ridotti a pezzi. Po, paralizzato completamente, giaceva un po’ più avanti. Hellboy stava privo di sensi accanto a lui. Jake era il più lontano, ferito alla schiena dal suo stesso pugnale.
Doveva fare qualcosa. Doveva aiutarli.
« R-ragazzi » disse, con la poca voce che riuscì a tirar fuori. « Riuscite... a sentirmi? Vi prego... ditemi che siete ancora vivi! »
« Ugh... Sora » gli rispose la voce di Harry. « Stai... stai bene? »
« Sì... sì! Sto bene... mi riprenderò... ci riprenderemo tutti! Adesso... adesso dobbiamo solo rimetterci un po’ in sesto, va bene? Tenete duro, ragazzi, vi curerò... datemi solo... un secondo... »
« No... non farlo. Lascia stare. »
« Co... cosa? »
« Lascia stare, Sora » replicò Harry. « È meglio così... credimi. Ormai è finita... non c’è più niente che possiamo fare. »
Sora non riusciva a credere a ciò che sentiva. Continuò ad avanzare, trascinandosi tra sabbia e pioggia.
« Non dire assurdità » ribatté il ragazzo. « Hai battuto la testa, Harry, lo so... sei confuso. Non preoccuparti, ora te la rimetto a posto... »
« Sora, per favore... basta così. »
Si fermò di nuovo, sempre più incredulo. Stavolta aveva parlato Jake: vide la sua sagoma sollevarsi un poco dalla sabbia, sconvolto e sconfitto come tutti gli altri. 
« Non avrebbe senso continuare a combattere » dichiarò il Na’vi, guardandolo. « Perciò lascia stare... è meglio morire adesso, qui... piuttosto che riprendere un’inutile guerra. Abbiamo perso fin dall’inizio. »
« Perché? » esclamò Sora, spazientito. « Perché... volete arrendervi? Ragazzi, non vi capisco... che diavolo vi prende all’improvviso? »
« Ugh... guardiamo in faccia la realtà » mormorò Lara, poco lontano. « Lo hai sentito anche tu, dopotutto... noi non esistiamo. I nostri mondi... sono fasulli. Siamo invenzioni... frutto dell’immaginazione di qualcun altro. »
Sora continuò a muoversi, sempre più vicino.
« No... mi rifiuto di crederci. Mi rifiuto... di crederci! » disse, sempre più forte. « Eidan si sbaglia... e voi lo sapete! Non può finire così... non possiamo arrenderci per questo! »
« Sì, invece » disse la voce di Hellboy, colma di amarezza come quella degli altri. « Non c’è vittoria, non c’è ritorno. Anche se vincessimo, non torneremmo a casa comunque. Non c’è mai stato un mondo a cui tornare... la mia casa, i miei gatti, la mia Liz... non sono mai esistiti. »
« Non... non è vero! » urlò Sora. « Red, non dirlo neanche... Liz esiste! Ragazzi... non può essere come ha detto Eidan... io lo so! Lo sento, anche adesso... questo dolore, questa nostalgia... e la luce nel mio cuore che non si spegne mai... sono autentici... reali!
« È vero... siamo opere di fantasia, ma non ha importanza. I nostri mondi sono immaginari... le nostre vite sono state create per intrattenere la gente... ma mi sta bene lo stesso. Io lo so bene... vengo da un mondo in cui devo ripetere ogni giorno la stessa avventura, ogni volta che il giocatore accende la console. Ma anche se il mio mondo è finto... vi posso assicurare che i miei ricordi... e i miei sentimenti... sono assolutamente reali. »
I Valorosi si voltarono a guardare Sora, uno dopo l’altro. Il Custode del Keyblade continuava a trascinarsi verso di loro, nonostante fosse ridotto così male. Quel ragazzo aveva una forza di volontà incredibile, tutta da ammirare.
« Per questo continuo a lottare... e continuerete a farlo anche voi » riprese Sora. « Abbiamo fatto una promessa, dopotutto... me la ricordo bene. Ugh... abbiamo promesso... di tornare da coloro che ci stanno più a cuore. Be’, io devo tornare da Kairi... devo dirle ciò che provo per lei... e dividere finalmente... il paopu. »
La mano ferita tremò sotto il suo peso e cedette, facendolo cadere al suolo. Ormai era arrivato accanto a Harry, che lo fissava incredulo.
« Sora... »
Il ragazzo si rialzò, evocando il Keyblade.
« Non mollate, amici... vi prego » sussurrò, mentre lacrime gelide solcavano il suo viso. « Ho bisogno del vostro aiuto... e voi del mio. Coraggio, Harry... Energia! »
Una debole luce dorata avvolse il mago, che smise di sanguinare. Le ferite, tuttavia, non si erano richiuse. Nel frattempo, gli parve di udire un’altra voce...
« Io non ho mai davvero rinunciato a te... mai » diceva, e vide il suo sorriso: lo stesso che vide pochi attimi dopo averla baciata per la prima volta. Lo ricordava perfettamente, perché era accaduto davvero. Vide la sua mano tesa in avanti, come per invitarlo ad afferrarla...
E l’afferrò.
« Avanti, Harry... riprenditi » insisté Sora. « Dobbiamo tornare a casa... Energia! Devi tornare dai tuoi amici... e da Ginny, ricordi? Energia! Non arrenderti... Energia!! »
Alla fine funzionò. La magia di Sora guarì Harry completamente: le ferite sparirono dal suo corpo e si rimise in piedi. Il mago sorrise, in un misto di incredulità e sollievo.
Non c’era tempo da perdere. Harry si sistemò gli occhiali sul naso e trovò Ed là vicino, ancora incosciente: lo raggiunse in un attimo e puntò la bacchetta sul suo braccio artificiale.
« Reparo! »
L’automail si ricompose per magia, tornando intero come la volta precedente. Harry ripeté l’azione sulla gamba, aggiustando anch’essa nel giro di un attimo. L’alchimista aprì lentamente gli occhi, ma la sua mente era altrove...
« In piedi, fratellone... »
« Io non voglio darti metà della mia vita... voglio darti tutta la mia vita. »
« In piedi, figlio mio... non arrenderti! »
Li vedeva, tra la pioggia e l’oscurità, avvolti come da una luce abbagliante. Alphonse, Winry e sua madre, sorridenti, che lo spronavano a non arrendersi. Restituì loro il sorriso e obbedì, alzandosi da terra.
Harry aveva raggiunto Lara, nel frattempo: l’archeologa stava perdendo conoscenza a causa della perdita di sangue. Il giovane mago non aveva dimestichezza con ferite da armi da fuoco, ma era certo di poter fare qualcosa per aiutarla.
« Vediamo... Accio proiettili! »
I proiettili sbucarono fuori dalle ferite, ricadendo sulla sabbia. Lara urlò per il dolore; Harry non perse altro tempo e mormorò un’altra formula: i fori si richiusero in pochi secondi, allontanando la morte anche da lei.
Lara udì nel frattempo un’altra voce...
« Io preferisco averti conosciuto ora e amato solo per un giorno, in questo mondo spezzato... piuttosto che mai in tutta la mia vita. »
« L...Luke... »
E lo vide, davanti ai suoi occhi. Luke sorrideva, ma non le porse alcuna mano, sicuro che non le occorreva il suo aiuto per rimettersi in piedi. Lara ammiccò e si rialzò, con rinnovata determinazione.
Lara raggiunse quindi Po, ancora paralizzato e disteso sulla sabbia. La sua faccia era contratta in una buffa smorfia, con gli occhi incrociati e la lingua di fuori: l’archeologa ne sapeva abbastanza da capire che Nul gli aveva bloccato i nervi con qualche strana tecnica. Afferrò l’unico rimedio su cui poteva contare, il Martello di Thor, e colpì il panda con una debolissima scarica elettrica.
« Gaaaah! »
Il corpo di Po sussultò con violenza per poi rilassarsi, ma la sua mente era invasa da molte voci...
« Po! Alzati, figliolo! »
« In piedi, Guerriero Dragone... »
« Coraggio, amico! Sei il più tosto di tutti, non mollare! »
« Panda! Smetti di poltrire e muovi quelle chiappe flaccide! »
« Tu sei Po... il Guerriero Dragone. »
Suo padre, il suo maestro, i Cinque Cicloni... credevano tutti in lui. Aveva giurato che non li avrebbe mai delusi... non poteva essere una finzione. Per questo riaprì gli occhi e si alzò in piedi, sotto lo sguardo sollevato di Lara.
« Avanti, Red, alzati! » diceva Ed nel frattempo, cercando di rimettere in piedi Hellboy. « Uff, pesi come un dannato bue... forza, reagisci! »
Hellboy non lo ascoltava, perché una voce ben più forte risuonava nelle sue orecchie...
« Ascoltami, brutto scimmione... devi riprenderti ...perché stai per diventare padre! »
Era accaduto davvero, ne era certo. La gioia dipinta sul suo volto mentre Liz gli dava quella splendida notizia, la ricordava bene... era reale, non immaginaria. Non poteva permettere che gliela portassero via.
Fittizio o no, stava per diventare padre. Niente e nessuno gli avrebbe impedito di vedere i suoi figli.
Hellboy si aggrappò quindi a Ed e si tirò su, tornando a sorridere.
« Uff... grazie, amico. »
Jake era l’ultimo rimasto. Fu Po a soccorrerlo per primo, occupandosi di togliergli il pugnale dalla schiena; il Na’vi si lamentò appena, dato che davanti ai suoi occhi aveva un’immagine completamente diversa: il buio e la pioggia avevano lasciato il posto alla luce e al verde di Pandora, che circondavano la sua bellissima compagna.
« Neytiri... »
« Ricorda, ma’Jake... siamo uniti per sempre. »
Riusciva a sentirla, la sua mano delicata che gli sfiorava la guancia. Avrebbe voluto stringerla e non lasciarla mai più... ma per farlo doveva tornare da lei; perché Neytiri era reale, così come lo era il loro legame. Non aveva importanza il fatto che fosse stato scritto da qualcuno... era più importante il fatto di mantenerlo vivo nel suo cuore. Perciò seguì l’esempio dei suoi compagni e si rialzò in piedi, aiutato da Po.
Erano di nuovo tutti in piedi, spronati dal membro più ottimista del gruppo, l’unico che non aveva mai gettato la spugna. I Valorosi si voltarono quindi verso di lui...
« Sora! »
Il ragazzo giaceva a terra, immobile, stremato per la fatica e le ferite. I sei compagni accorsero subito in suo aiuto: doveva aver perso conoscenza subito dopo aver curato Harry. Nessuno se n’era accorto prima, impegnati com’erano a curarsi dalle ferite e rimettersi in piedi.
« Oh no » disse subito Jake, chinandosi su di lui. « Non ci provare, Sora... non provare nemmeno a pensare di farci una cazzata del genere! Mi senti, ragazzino? Forza! Siamo tutti in piedi di nuovo, grazie a te! »
« Emendo... Vulnera Sanentur... » mormorava nel frattempo Harry. Le ferite si rimarginarono, le ossa si aggiustarono, il sangue si fermò... ma gli occhi di Sora rimasero chiusi.
« Avanti, Sora... riprenditi, amico! » implorò Po, così teso da mordersi le unghie di una zampa.
Per un minuto che parve interminabile, non accadde nulla. I Valorosi tacquero, pregando con tutto il cuore che non fosse la fine per un altro compagno. Poi, lentamente, Sora riaprì gli occhi.
I Valorosi sospirarono, dal primo all’ultimo, poi si abbandonarono alla gioia mentre ammiravano il largo sorriso soddisfatto di Sora, mentre questi si rimetteva in piedi con cautela. Se non si fosse appena ripreso da tutte quelle ferite mortali, lo avrebbero abbracciato fino a stritolarlo.
« Grazie, ragazzi » fu tutto quello che riuscì a dire il Custode del Keyblade.
« No... grazie a te » gli disse Jake, posando una mano sul suo capo. « Grazie... per tutto ciò che hai fatto finora. Non ce l’avremmo mai fatta senza di te... né saremmo arrivati così lontani. »
« Aah, ma dai » fece Sora, incredulo. « Non sono così straordinario come dici... in fondo non mi pare di aver fatto un granché, finora. »
« Sì, invece. Se c’è una cosa di cui sono arcisicuro in questo momento è proprio questa: io sarò anche il capitano della ciurma... ma tu, Sora, sei la nave che ci ha condotti in questo viaggio. »
« Lo sei sempre stato » aggiunse Lara con orgoglio. « Ci hai riuniti, ci hai rimesso in piedi nei momenti difficili, ci hai spinto a sorridere finché possibile... e ci hai fatto ricordare ciò che è davvero importante. Hai fatto moltissimo, Sora... grazie. »
« Grazie! » dissero tutti insieme. Sora si guardò intorno e non poté fare a meno di arrossire, poggiando le mani dietro la testa.
Ormai erano tutti d’accordo: Sora aveva ragione. Non potevano arrendersi così, non era giusto. C’era ancora qualcosa per cui i Valorosi dovevano combattere: il ricordo di coloro che amavano. Arrendersi significava tradire quei sentimenti, gettarli via come se non avessero alcun valore. Ma non potevano... non potevano dimenticarsi di loro: Kairi, Ginny, Liz, Neytiri, i Cinque Cicloni... Luke. Si erano rimessi in piedi per loro, con la rinnovata speranza di poterli rivedere o onorare la loro memoria. Forse le visioni che ciascuno aveva avuto sui propri cari erano accadute per questo motivo... ma ormai non aveva più importanza.
La pioggia cominciò a diminuire, ora che i Valorosi erano di nuovo in piedi e in forze. Non era ancora finita.
« Allora » disse Jake, guardandosi intorno. « Visto che siamo ancora in gioco, io dico di prenderci la rivincita contro quel bastardo che ci ha strizzati come strofinacci. Siete con me? »
« Direi proprio di sì » rispose Hellboy, tirando fuori un nuovo sigaro. « Al primo round abbiamo fatto schifo, ma solo perché non eravamo pronti. Credo proprio che potremo fare di meglio al prossimo. »
« Sì, ma come? » fece Po, preoccupato. « Nul è davvero fortissimo... come faremo a batterlo? »
« Deve avere un punto debole » suggerì Lara. « Ce l’hanno tutti, in fondo... dobbiamo solo scoprire qual è il suo. »
« Non sarà facile » aggiunse Ed, incrociando le braccia. « Dopotutto è stato già un miracolo essere sopravvissuti allo scontro... se Nul non fosse scappato via, a quest’ora saremmo morti di sicuro. Mi domando dove sarà andato a nascondersi. »
La risposta arrivò subito dopo. I Valorosi si voltarono, attratti da un bagliore in lontananza: videro chiaramente un sottile fascio di luce emergere da un punto all’interno della città e levarsi contro il cielo. Il tutto durò per mezzo minuto, ma per il gruppo di eroi fu sufficiente per capire.
Nul sapeva che si erano rimessi in piedi, e li stava invitando a raggiungerlo.
   
 
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