22 – Memoria
Liam
Is at the top of the list of the
things I want
Mind is running in circles of you and
me
Everyone in between is the enemy
La
ringraziamo e lei si congeda. Noi rimaniamo a guardarci sconvolti.
Harry ha
appena smesso di piangere, completamente alla deriva: tra di noi lui
è quello
che si sente più annullato, fisicamente ed emotivamente.
Appena la
dottoressa le ha fatto vedere un giornale con la data di oggi Annie ha
dato di
matto, tanto che hanno dovuto sedarla. Sta dormendo da circa
mezz’ora, e noi
siamo completamente spaesati. Non sappiamo cosa fare, cosa dire, cosa
pensare…
abbiamo bisogno di qualcuno che ci faccia da guida.
Briana,
arrivata pochi secondi fa avvolta da un camice extralarge
accarezzandosi il
pancione, posa una mano sul braccio di Louis.
- Chiamate
Niall, spiegategli la situazione e ditegli di tornare. –
Ordina. – Chiamate
Zayn, Gigi, chiamate tutti. Entreremo uno alla volta a parlare con lei.
Le
faremo capire che noi… che voi siete la sua famiglia.
- E cosa
facciamo se lei pensa che siamo estranei bugiardi? Se non crede che
siamo
amici? – Chiede Louis, la voce rotta dall’emozione.
- Potreste
farle vedere le foto. Almeno proverebbero che vi conosce.
- Ehi,
scusate! – La voce di Annie arriva flebile da dentro la
stanza. – Per favore,
ditemi dove si trova Carlo…
Harry sospira
e avanza verso la porta con passo grave, pesante. – Vado io.
***
Harry
tell me where you go when you feel
afraid?
Tell me now, tell me now,
tell me will you ever love me again,
love me again?
- Ciao –
risponde, impaurita e stanca. Come farò a dirle che suo
fratello è morto da
anni? Come posso spezzarle il cuore un’altra volta, farle
rivivere di nuovo
quell’immenso dolore, come se niente fosse? Non posso farlo,
punto e basta.
Cosa vorrei se fossi al suo posto? Giocherello con gli anelli, cercando
qualcosa
di sensato da dire.
Vorrei
speranza.
- Ascolta…
Carlo… è in Giordania.
- In
Giordania?? – Strabuzza gli occhi.
- Sì. Hanno
trovato una cura sperimentale per il cancro al cervello e
l’hanno inserito nel
programma di ricerca. È lì già da un
po’ e a quanto ne so i medici dicono che
si riprenderà completamente.
- Oh, grazie
a Dio! – Annie scoppia in lacrime di gioia, e non riesco a
capire se stia
ridendo o piangendo. La commozione mi preme sul cuore. Ho fatto bene a
darle
speranza? Non lo so. Da quando ho baciato Kendall ogni cosa che faccio
mi
sembra quella sbagliata.
- Grazie,
grazie, grazie! – Mi sorride.
Non posso
restare in questa stanza un minuto di più: ho bisogno
di stringerla a me, di chiederle perdono per quello che ho
fatto con Kendall, di baciarla, di sentire il suo odore, di ridere con
lei, di
ricordare tutti i bei momenti passati durante la nostra relazione.
Ma lei non sa
nemmeno come mi chiamo.
Quando si
calma, ha il fiatone per i singhiozzi.
- Ti serve
qualcosa? Vuoi un fazzoletto?
- Sì, grazie.
– Si passa una mano sulle guance. Tiro fuori dalla tasca un
pacchetto di
fazzoletti, lo apro e gliene porgo uno. Lei ringrazia, e si soffia il
naso.
Guardo fuori dalla finestra: si sta facendo sera.
Annie sospira
e mi osserva. – Quindi ho scordato gli ultimi sei anni?
- Sì… -
Sospiro anch’io, non distogliendo gli occhi dal cielo.
- È strano.
Non so niente di te, eppure mi sembra di conoscerti.
- Come?? – Mi
volto verso di lei, sperando che tutti i ricordi siano tornati al loro
posto.
- Sì… è come
se ti avessi amato tantissimo ma non ti vedessi da secoli. Il che
è strano,
perché non ti ho mai visto prima. Non so se mi sono
spiegata…
Questo per me
è troppo: mi piego su me stesso e affondo la testa fra le
mani. Non posso
impedire ad altre lacrime di scorrere.
- Tutto bene?
– Mi chiede Annie, avvicinandosi e posandomi una mano su una
spalla. – Perché
stai piangendo?
- Piango
perché sono stato uno stupido. Ho fatto una cosa orribile di
cui mi pento
amaramente, e ora non posso fare più niente per rimediare.
- Che cosa
hai fatto?
- Ho tradito
la mia ragazza baciandone un’altra per pubblicità.
Non ho avuto abbastanza palle
da dire al mio agente di infilarsela in quel posto, la
pubblicità.
- E lei che
cos’ha fatto?
- Mi ha
lasciato, e non risponde alle mie chiamate.
Annie sembra
davvero interessata e amareggiata al tempo stesso. Mi mostra un mesto
sorriso.
– Forse non risponde perché ti ama
troppo…
- No, lo fa
perché mi odia.
- Non credo.
Senti, scusa se te lo chiedo, ma posso sapere chi è questa
ragazza?
Sospiro e la
guardo dritta negli occhi. – Tu.
- Cosa?
- Io e te
siamo stati insieme per quasi un anno. Mi hai lasciato più o
meno due settimane
fa.
- Non ci
credo, è impossibile!
- Ti faccio
vedere una cosa. Posso avvicinarmi al comodino? – Apro il
cassetto, dove le infermiere
hanno messo tutti i suoi effetti personali, e ne tiro fuori la collana
che le
ho regalato e il disegno del nostro primo bacio che ho trovato nascosto
in una
tasca del suo portafoglio. Le mostro prima il disegno. –
Questo è il nostro
primo bacio, a Roma. Ci siamo conosciuti il giorno prima, e tu
l’hai disegnato.
E questa – alzo la collana – te l’ho
regalata io. Perché un cuore innamorato
vola libero.
Annie prende
in mano il disegno e lo studia, come se lo vedesse per la prima volta.
- Mi dispiace
non ricordarmene…
- Col tempo,
forse, ti tornerà tutto in mente. – Dico
alzandomi. Non posso restare qui
dentro un minuto di più. Mi avvio verso la porta.
- Ehi,
scusami? – Mi chiama, e io mi volto verso di lei. –
Scusa se te lo chiedo, ma
posso tenerti la mano solo per un secondo?
Mi avvicino
al fianco del suo letto più velocemente che posso e mi
inginocchio, arrivando
più in basso del suo viso. Poso le braccia sulle lenzuola,
accanto al suo corpo
coperto dal camice, senza staccare gli occhi dai suoi. Annie mi guarda
con un
sorriso timido e mi accarezza il braccio coi tatuaggi. Le poso
delicatamente
l’altra mano sulla sua, evitando di stringere. Cerco di
trasmetterle col tocco
e con lo sguardo tutto l’amore che provo per lei. Annie mi
guarda, sorride, e intreccia
le sue piccole dita con le mie.
- Mi dispiace
tanto non ricordarmi di te…
- Non
preoccuparti.
Posa la
fronte sulla mia testa.
Briana
- Non credo
di averlo mai visto così innamorato – sussurra
Louis. Non rispondo.
Sento un
calcetto in alto e accarezzo il pancione: il piccolo è
già podalico, e sta
facendo il diavolo a quattro.
Se io non
avessi incontrato Annie, oggi pomeriggio, non so se a
quest’ora sarei ancora
viva, in salute e prossima a diventare madre.
- Pensi
quello che penso io, riguardo ai nomi? – Chiedo a bassa voce.
Lui annuisce.
- Ora più che
mai.
- Ragazzi, ho
trovato Niall. Dio non voglia che sia stata
un’impresa… - Liam interrompe la
nostra conversazione col cellulare premuto contro l’orecchio.
- si trova a
Chiang Mai, dice che prenderà il primo volo
possi… Niall? Novità, amico? Oh,
Cristo… - copre il microfono del cellulare con una mano e si
rivolge a noi. –
Dice che il primo volo parte tra mezz’ora, ma ci
metterà comunque quattordici
ore. Sarà qui per le otto di domattina. Ha quindici ore di
volo e due scali,
uno a Bangkok e uno a Francoforte. È il massimo che
può fare. – Torna a parlare
al cellulare. – Amico, parti. Abbiamo bisogno di te qui.
Si allontana.
Nello stesso momento Harry esce dalla camera, passandosi una mano sugli
occhi
gonfi. Louis lo abbraccia dandogli pacche sulle spalle.
Decido che è
il mio momento di entrare.
- Ciao,
Annie.
- Oh, ciao! –
Annie si tira su sistemandosi bene a sedere e mi indica la sedia
accanto a sé
con un braccio. – Prego, siediti!
- Grazie – mi
accarezzo il pancione sedendomi, e poi resto in silenzio.
- Qual è il
sesso? – Chiede dopo un minuto.
- Oh, nessuno
lo sa. – Sorrido. – Nemmeno io.
- Ah. –
Intreccia le dita. – Hai già deciso il nome?
- Beh, se è
maschio, lo chiameremo Freddie.
- Se è
femmina?
- Annie –
sorrido.
- Eh? Oh!
Come me!
- Già.
- Sono
contenta. – Sorride anche lei. Tutto questo è solo
cortesia, non è una vera
conversazione. Non posso aiutarla in nulla in questo momento.
- Ora
scusami, ma devo andare. – Mi alzo e mi avvio verso la porta.
- Scusa – mi
chiama, e io mi volto. Proprio come ho visto fare a Harry solo cinque
minuti
fa. Annie sta sedute a gambe incrociate sul letto, sotto le lenzuola.
Mi lancia
uno sguardo timido e poi si gratta la nuca, distogliendo lo sguardo.
– Uhm…
quel ragazzo, quello coi capelli lunghi… è vero
che stavamo insieme?
- Sì, è vero.
– Storco la bocca in una smorfia. – Ti ama
più di chiunque altro.
- Capito. –
Sorride asimmetricamente per poi tocchignarsi la flebo. –
Grazie.
- Ci vediamo.
Uscendo, mi
torna in mente un passo di “Mangia, prega, ama”,
uno dei miei libri preferiti,
sulle anime gemelle:
“La gente
crede che l’anima gemella sia come un vestito che ci sta alla
perfezione, e
tutti la cercano per questo. E invece è uno specchio che ti
mostra tutti i tuoi
limiti, e attira l’attenzione su di te, facendoti capire che
è il momento di
cambiare la tua vita. Una vera anima gemella è forse la
persona più importante
che tu possa incontrare, perché demolisce i muri che ti
circondano e ti sveglia
di colpo. Ma non puoi pensare di vivere per sempre con lei. Le anime
gemelle
arrivano nelle nostre vite proprio per farci scoprire
un’altra parte di noi
stessi, un altro strato, e poi se ne vanno” *.
Spero che non
sia il loro caso.
Louis
Every corner calling out your name
Trying to find you but I just don’t
know
Where do broken hearts go?
- Come hanno
fatto già a saperlo? – Chiede Harry stralunato.
- La notizia
è uscita sui notiziari – spiega Briana.
– E non chiedetemi come ma sulla rete
stanno girando anche i filmati della sicurezza. Sono peggio degli
sciacalli,
quando ci si mettono.
Scorre con il
pollice lungo lo schermo e poi si sofferma su un messaggio in
particolare. Lo
legge.
- Fino a un
paio di ore fa stavano organizzando una veglia per Annie, qui in
ospedale!
- Non le
faranno mai entrare – puntualizzo.
Liam si
avvicina alla finestra e guarda in basso.
– Guardate! –
Esclama.
Lo imitiamo.
Giù nel
parcheggio, appena sotto l’ala dell’ospedale
dov’è ricoverata Annie, un
gruppetto di un centinaio di ragazze si è radunato nel buio
e nel freddo delle
nove di sera con candele accese in mano, che risplendono
nell’oscurità e
illuminano fiocamente i loro visi di un opaco color fuoco. Guardano in
alto, le
fan, e alcune reggono dei cartelli “#PrayForAnnie”,
“We love you Annie”.
Eccole, le
fan: quelle da cui, dal giorno in cui Simon ci ha uniti in
un’unica band,
abbiamo tratto la nostra forza. Quelle per cui viviamo ogni momento e
ogni
concerto con la stessa intensità che mettiamo nel fare
l’amore con una donna,
con la stessa forza, la stessa libertà, la stessa ironia.
Sono sempre
state lì, come un baluardo contro le difficoltà,
pronte a difenderci da coloro
che ci danno addosso, pronte a urlare i nostri nomi e a darci coraggio
e
sostegno. Le directioners sono coloro da cui veniamo, da cui stiamo e
da cui
andremo ora, in passato e per sempre, nonostante la pausa.
- Si può
aprire quest’affare? – Liam armeggia con la
finestra finché non riesce ad
aprirla, e a quel punto io, lui e Harry ci sporgiamo di sotto.
Stranamente,
nessun urlo isterico. Nessun nome urlato. Solo un profondo silenzio,
che arriva
al cuore più di mille grida. Simon e Garfunkel gli hanno
dedicato una canzone,
al suono del silenzio.
Harry alza un
braccio fuori dalla finestra e urla: - Vi amiamo!
Le fan, in
tutta risposta, alzano le candele.
Rabbrividisco
per il freddo e allontano Briana dalla finestra, dandole la mia felpa e
restando in maniche di maglietta. Lei mi sorride, poi arranca verso una
panca e
ci si sdraia sopra, poggiando la testa contro il muro.
- Devo
portare alla paziente la cena. – Un’infermiera sta
in piedi davanti alla porta
di Annie con un vassoio rosso in mano, e parlando attira la nostra
attenzione
facendoci voltare dalla finestra. – Per voi va bene?
- Certo che
per noi va bene – risponde Liam.
- Posso
pensarci io? – Mi faccio avanti, lasciando interdetta
l’infermiera.
- Certo –
risponde porgendomi il vassoio. Mentre lo fa il suo sguardo si posa su
Briana
addormentata sulla panchina.
- Forse è
meglio portarla a letto – la indica con un movimento del capo
dopo avermi
passato il vassoio.
- La aiuto io
– si offre Liam. Harry anche se volesse non credo riuscirebbe
a staccarsi da
Annie.
Liam e l’infermiera
si avvicino a Briana per svegliarla, io mi avvio verso la stanza e, un
attimo
prima di entrare, mi giro di nuovo a osservare Harry.
Rannicchiato
per terra con la testa fra le mani e il viso nascosto dai capelli
è l’immagine
stessa dello sconforto e del rimpianto. Non fa mai piacere vedere il
tuo
migliore amico in questo stato, senza neanche avere la minima idea di
quanto il
suo tormento potrà finire… soprattutto se per
quel tuo migliore amico, qualche
anno fa, hai provato qualcosa di indefinito, ma che non era soltanto
amicizia.
Forse è
meglio decidermi a entrare.
- Ciao. – La saluto.
Lei sospira.
- Ho sentito
questa parola più volte oggi che nel resto della mia vita
– cerca di grattarsi
sotto la fasciatura. – Dio, che fame!
- Ho giusto
quello che fa per te – poso il vassoio sul tavolino davanti a
lei. – Dunque,
oggi abbiamo brodino, insalata di pollo e una pera. Cosa desideri?
- Eddie
Redmayne nudo su una spiaggia, ma mi accontento anche del brodino.
– Sorride.
- Eccola lì.
- Che cosa?
- La nostra
intesa – mi lascio sfuggire.
- Perché,
eravamo amici?
- Moltissimo.
E ti sarò grato per l’eternità: hai
visto la ragazza col pancione, prima? Tu lei
hai salvato la vita, oggi pomeriggio.
- E come? –
Sta bevendo quel brodino con la velocità di un elefante.
- Hai
affrontato un pazzo che voleva farle del male.
- Non credo,
non ne avrei mai il coraggio – allontana il piatto vuoto del
brodino e attacca
l’insalata di pollo.
- L’hai
fatto, invece.
- Beh, io
invece non me lo ricordo – sbotta, pentendosene subito dopo.
– Senti… la
ragazza col pancione… è tuo figlio quello?
- Sì! – Mi illumino.
– Te lo ricordi?
- No, è
soltanto una sensazione…
- Capisco.
Annie solleva
la pera, la posa con uno sbuffo e abbassa il capo.
- Mi dispiace
non sapere chi siete. Mi dispiace non ricordare nulla. Io ci provo e ci
riprovo, e mi viene mal di testa, ma niente! L’ultima cosa
che mi ricordo è di
aver mangiato una pizza ai peperoni a casa mia. Voi sembrate conoscermi
tutti,
sembra che sappiate ogni cosa di me, e io invece non so niente! Non
ricordo
niente! Il vuoto totale!
- Ehi,
ascolta – Mi siedo sul letto accanto a lei e le metto una
mano sulla spalla. –
Vedrai che tornerà tutto a posto. Ti tornerà
tutto in mente, anche se non è una
cosa immediata. E anche se non ti ricordi di noi non ci ricordiamo di
te, e se
ti serve sapere qualcosa basta chiedere. D’accordo?
- D’accordo.
- Quindi…
qualche domanda?
- Ne avrei
una marea, ma non saprei tra quali scegliere… e sono molto
stanca, ora.
- Va bene. Ti
lascio riposare.
- Grazie,
Louis.
Mi blocco di
colpo e lei si copre la bocca con una mano, spalancando gli occhi.
- Oh, mio
Dio! – Esclama.
- Te lo
ricordi? – Sorrido.
- Sì! Cioè,
non lo so… Mi è uscito così! Oh mio
Dio! Tu sei Louis?
- Sì! Sì,
sono Louis!
Ci mettiamo a
gridare di gioia e ci abbracciamo sul letto. Lei continua a ripetere il
mio
nome e io mi devo sforzare per non piangere.
- Ricordi
altro?
Annie si
ferma, mi guarda, poi la sua espressione si corruccia. Corruga le
sopracciglia,
stringe le labbra, si porta due dita alle tempie come se avesse
l’intenzione di
scavare letteralmente nel suo cervello e trattiene il respiro.
- Nulla. – Il
sorriso svanisce.
- I nomi
degli altri?
- No… Scusa.
- Stai
tranquilla – le scompiglio i capelli. – Riposati.
Esco dalla stanza
come danzando sulle punte. Harry mi placca non appena metto un piede
fuori.
- Ha
ricordato chi siamo? Si ricorda i nostri nomi? Si ricorda di me?
– Domanda impaziente.
Sospiro.
- Mi dispiace,
Harry. Si è ricordata soltanto il mio nome.
Lui mi lascia
andare un braccio, gli occhi spenti, e si allontana.
Harry
Tell me where you’re hiding now?
Come on baby ‘cause I need you now
Tell me, ‘cause I’m ten feet down
Come faccio a
dormire sapendo che la mia ragazza ricorda solo il nome del mio
migliore amico,
ma non il mio? Come faccio a dormire sapendo che non avrò
mai il suo perdono? Come
faccio a entrare di nuovo in quella stanza?
Cammino
avanti e indietro per il corridoio, cercando la forza per entrare e di
non
svegliare nessuno.
Vorrei
tornare indietro su quella barca e mandare Kendall a quel paese.
Preferirei uccidermi
piuttosto che rifare quell’errore. Peccato che Annie non
potrà mai capirlo.
Mi fermo,
valutando un’idea: forse nel sonno posso avere di nuovo la
mia Annie. Forse, se
non sta troppo a pensarci, potrebbe ricordarsi di me. Forse, se resto
con lei
senza svegliarla, potrebbe sentire la mia presenza e ricordarsi di me.
Entro nella
camera in punta di piedi: Annie dorme su un fianco, rivolta verso la
sedia. È profondamente
addormentata.
Il coraggio:
proprio una delle più grandi virtù di cui
l’uomo possa vantarsi, oltre all’altruismo,
è stata la sua rovina.
Mi siedo
sulla sedia accanto a lei, attento a non fare il minimo rumore. Allungo
un
braccio sul materasso verso le dita della sua mano, sfiorandole. Lei ha
un
movimento impercettibile verso di me, o me lo sono solo immaginato?
Appoggio l’altro
braccio sul materasso per farmi da cuscino. E qui, a pochi centimetri
di
distanza da lei, mi addormento.
* “Mangia,
prega, ama” di Elizabeth Gilbert,
cap. 48. Edizioni Rizzoli