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Autore: callingonsatellites    01/03/2016    3 recensioni
(trama iniziale leggermente modificata)
Un tranquillo soggiorno nella -per lei tristissima- città di Londra per Kenny, fotografa "nomade" con fisso in testa il pensiero di un paio di occhi che non riuscirà a dimenticare, ma forse nemmeno a rivedere. Meno male che un simpaticissimo hater cercherà di rovinare l'esistenza sia a lei che alla band più famosa del momento, i Tokio Hotel. Riuscirà, in compagnia del vampiro più melodrammatico e del cantante più stridulo del mondo a scovare il nemico misterioso? E soprattutto, rivedrà gli amati occhioni stratruccati che le hanno rubato il cuore?
-crossover-
Genere: Azione, Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Bill fissava la parete vuota di fronte a sé. Era in una specie di meditazione silenziosa da tutto il giorno, Tom lo sapeva che stava covando qualcosa.
Provò a passargli davanti un paio di volte, fingendo di dover andare a prendere qualcosa nel frigo, ma l’espressione del moro non era cambiata di un millimetro.
Ad un certo punto, stufo di stare a guardare quella statua di cera che era diventato suo fratello, prese il cellulare, e iniziò a spiluccare Facebook svogliatamente.
 
-Che ne pensi?
 
La voce cristallina di Bill lo riscosse. Fissò il moro per qualche istante, certo che fosse stato lui a parlare.
Bill lo fissava a sua volta, con i grandi occhi da panda spalancati.
 
-Cosa ne penso di cosa?- chiese Tom cautamente.
 
-Di questo- rispose pazientemente Bill.
 
-Di questo COSA?
 
-Tom, abbassa gli occhi di quarantacinque gradi.
 
Il rasta fissò il fratello interrogativo. Cosa voleva dire ‘abbassa gli occhi di quarantacinque gradi’? Che ne sapeva lui della temperatura dei suoi occhi?!


-Tom, non fare ragionamenti stupidi da cui si potrebbero trarre battute pessime. Ti ho chiesto di abbassare lo sguardo sul tavolo, non è difficile.
 
-AH- adesso era chiaro. Doveva solo guardare in basso. Ma suo fratello, mai esprimersi in lingua umana, eh, mai.
 
In effetti sul tavolo c’era un foglio tutto scarabocchiato di parole, scritte con almeno tre penne diverse in tre momenti diversi; piene di tagli e scarabocchi per coprire gli errori. I suoi appunti della terza media erano meglio.
 
-Cos’è?- chiese, incuriosito.
 
Bill roteò gli occhi verso l’alto, alzandosi. Diede uno sguardo veloce al piccolo specchio appeso alla parete, e si ravviò i capelli corvini. Dunque, decise di tornare a degnare suo fratello della sua attenzione.
 
-Leggi Tom. Leggi e l’illuminazione scenderà dal cielo- gli disse, saggiamente. Quindi si diresse con la sua andatura ondeggiante verso l’appendiabiti alla porta d’ingresso, infilò il un cappotto a caso e spalancò la porta. –Vado a farmi gli occhi. Fai il bravo, torno subito.
 
Tom nel frattempo era rimasto con la carta in mano, a fissare Bill con la bocca aperta degna di una trota bollita.
 
-Ma … ehi! Chi ti ha dato il permesso di prendere le MIE scarpe, lurido essere spregevole!- si lamentò, avendo notato solo in quel momento che le sneakers bianche e nere che solitamente stavano alla base dell’attaccapanni erano scomparse.
 
-Brutto … - stava per mormorare qualche cosa di poco educato, quando lo sguardo gli cadde sul tappeto del salotto, a pochi metri dal tavolo della cucina. –Ah. Sì, giusto. Scusa!
 
Le povere sneakers giacevano in mezzo al salotto, abbandonate a sé stesse, libere di emanare la loro fragranza in tutta la casa. Normale, del resto, visto che quel giorno Bill non le aveva messe a posto dopo che il chitarrista le aveva mollate in giro per casa; appena tornato dal commissariato di polizia.
In breve, quello che gli sbirri erano riusciti a capire dalla sera prima quando avevano denunciato la sparizione dell’audi nera, era che il ladro era molto abile ed era riuscito a eludere il sistema di sicurezza con grande maestria, quindi molto probabilmente aveva una copia del telecomando dell’allarme e del portellone del garage, oppure era in grado di entrare nel loro sistema; il che ci porta a pensare che possa essere un abile hacker.
Tutto ciò, sotto l’oscura e pressante presenza di Bill, che stressava i poliziotti peggio di un dittatore; quindi bisogna dire che hanno fatto proprio un bel lavoro. Tutti fanno un bel lavoro se c’è Bill a stressare la vita, impegnarsi al massimo viene spontaneo a tutte le persone che hanno un cervello abbastanza progredito da capire che se non ci si dà sotto si potrebbe venire paralizzati da una mossa ninja in meno di tre nanosecondi, l’esatto tempo che serve a Bill per tirare un coppino bello forte.
E Tom lo sapeva; se non stava attento mentre suonava e magari sbagliava qualche accordo gliene arrivavano, da quell’arpia di suo fratello. L’aveva soprannominato Coppinator, altro che ich bin humanoid.
Eppure lo sentiva, che c’era qualcosa di strano, nell’aria. E lo sentiva anche Bill. Tutto lo diceva, c’era qualcosa sotto … sotto cosa, poi?
Scosse la testa.
Troppi presentimenti. Si lasciava suggestionare.
 
Prese in mano la scartoffia che gli aveva dato Bill …
 
‘Ommadonna’ fu il suo unico pensiero, non appena si rese conto che leggere quei geroglifici sarebbe stato impossibile. Letteralmente impossibile.
 
#
-piccola nota: se state ascoltando musica, vi consiglio di leggere da qui in poi ascoltando la canzone segnata dall’asterisco(Radioactive, Imagine Dragons), menzionerò anche il video, quindi se vi va di guardarlo °-°  ancora meglio se si tratta della versione dei Pentatonix ft. Lindsey Stirling. Scuso il disturbo e grazie dell’attenzione :* -
 
Aveva salutato Vic da circa cinque minuti, adesso stava camminando per le stradine di Londra, si era persa nei viottoli fra un isolato e l’altro, nei vicoli maleodoranti imbucati fra i grandi edifici di mattoni.
In teoria sarebbe dovuta tornare a casa, ossia all’appartamento, ma aveva deciso di fare il giro largo … e giro largo, significava che avrebbe vagabondato per la città come una barbona prima di decidere di cercare di capire quanto distante fosse da casa.
Dunque, Kenny stava camminando. Fischiettava un motivetto degli Imagine Dragons*, Radioactive.
L’atmosfera era molto simile a quella del video, i quartieri malfamati pieni di tipi loschi. Ci mancavano solo i peluche robotizzati che facevano la lotta. Pensò al suo vecchio Flop, il cane di peluche che abbaiava se schiacciavi un bottoncino sulla pancia: glielo aveva regalato una zia per Natale, quando aveva circa cinque anni, nel lontano 1995 … era terribilmente inquietante. O almeno, all’inizio era anche carino, ma dopo un anno passato a giocarci (lanciarlo, tirarlo di qua e di là … ) quello che era rimasto di lui era uno scheletro di plastica parzialmente coperto da una pelliccetta sintetica, che emetteva un suono abbastanza raccapricciante. Un anno ci aveva giocato, poi era rimasto lì, abbandonato sullo scaffale perché troppo inquietante. Chissà se sua madre ce l’aveva ancora. No, probabilmente l’aveva buttato via credendolo un apparecchio assatanato.
 
Dopo un po’, verso il calare della sera, era arrivata alla periferia della città, in uno di quei quartieri costruiti per essere tutti grigi e tutti uguali, ma diventati con il tempo un museo per generazioni di writers, con polipi viola che estendevano i loro tentacoli fra le finestre, bambine more e imbronciate che facevano la linguaccia, lunghe frecce multicolore arrampicate fra i muretti e scritte, scritte di ogni genere che decoravano lo smorto grigiore dei sobborghi dimenticati dalla gente con abbastanza soldi per comprarsi una casa decente.
In una di quelle case vivevano Amanda e sua madre. O almeno, Amanda ci viveva, sua madre ci bivaccava, quando non era in giro, tra una sigaretta e una bottiglia.
 
‘Non è neppure tanto tardi’ pensò ‘una scappatina non credo faccia male’.
 
Girò fra gli edifici identici, percorrendo i vialetti a scacchiera, finché non trovò una casa, uguale identica a tutte le altre, ma con una grossa balena dipinta sulla facciata anteriore, e suonò il campanello di quella direttamente alla sua destra.
La balena era un ottimo punto di riferimento, in effetti. Casa con la balena, a destra, casa di Amanda. Facile.
Aprì proprio la ragazzina, pochi secondi dopo.
 
-Ciao Am- salutò Kenny entrando.
 
-Come mai qui?- chiese incuriosita Amanda, chiudendo dietro di loro la porta.
 
-Passavo, e pensandoci era un po’ che non mi facevo vedere da queste parti …
 
-Hai fatto bene. Sono qua da sola da due giorni.
 
-Tua mamma si è persa? … - domandò Kenny sarcastica. Non c’era molto da scherzare sul fatto che una minorenne rimanga sola in un quartiere di periferia dimenticato dal mondo, direte voi; ma quella minorenne e quel quartiere erano un altro discorso.
Kenny non conosceva persona più autonoma e responsabile di Amanda. Sette anni passati con un padre violento e depresso, altri dieci sola con una madre altrettanto depressa e inesistente, il tutto in un luogo dimenticato da polizia, assistenti sociali e quant’altro. Se quella ragazzina aveva una famiglia, non era sicuramente in quella casa.
Infatti era tutto fuori: le sue mamme, le sue zie, i suoi papà e i suoi fratellini e fratelloni erano tutti gli abitanti del quartiere; tutti residenti in quel buco da anni, tutti legati dai tentacoli del polipo, erano tutta una famiglia.  Non c’è cosa più bella di avere dieci ‘mamme’ da cui andare, quando la tua non ti consola perché ti ha mollato il ragazzo; di avere venti ‘nonne’ che possono insegnarti a cucinare quando la tua non l’hai mai vista; di avere numerosi ‘papà’ disponibili a darti uno strappo a scuola, quando il tuo non pronuncia il tuo nome da anni.
 
-E’ probabile. Potrebbe essere rimasta incagliata con la macchina. Magari ha chiamato il carro attrezzi e si è fatta il meccanico. È possibile.
 
Salirono una rampa di scale, fino al piano superiore dove stava la zona giorno.
 
-Che cucini di buono?- un odorino invitante invase Kenny mentre entrava in cucina.
 
Amanda si avvicinò al piano cottura, dove una pentola gorgogliava, e sollevò il coperchio. –Omelette!
 
La rossa si avvicinò incuriosita. –Sul serio? Ma cosa ci hai messo dentro?
 
La ragazzina riappoggiò il coperchio, nascondendo l’omelette. –Segreto di nonna Gilde!- rispose, facendole l’occhiolino.
 
Gilde era la miglior cuoca dell’isolato. Una volta Kenny aveva avuto l’onore di assaggiare uno dei suoi mirabolanti piatti … era una maga di spezie, condimenti, sughetti e brodi. Quando andavi da lei, potevi chiudere gli occhi e mangiare una forchettata di pollo saporitissimo, per poi scoprire che era un pezzo di tofu abilmente condito. Eccezionale.
 
-Ah, ecco. Mi pareva strano che un’omelette potesse profumare così tanto.
 
-Ti fermi?- chiese Amanda, fissando i suoi occhioni ghiaccio in quelli smeraldo di Kenny. –Ne ho fatta per due, ma mia mamma, a naso, non arriva.
 
-Beh, se proprio non hai nessuno a cui smerciarla! … - rispose lei, ridendo.
 
-Così vediamo se indovini tutti gli ingredienti.
 
-Certo! Allora, uova …
 
-Seh, seh- fece la mora, allontanandosi dai fornelli. –complimenti, davvero un grande intuito.
 
-Modestamente, lo so, grazie!- esclamò Kenny, sghignazzando e dirigendosi verso il salottino.
 
Appoggiata vicino alla base della stufa c’era una borsa nera, dall’aspetto vecchio e polveroso.
 
-Oh … ce l’hai ancora- mormorò Kenny, abbassandosi e accarezzando il tessuto ruvido.
Sollevò una parte della borsa, scoprendo un’altra custodia, questa in cuoio nero e lucido, tenuto perfettamente, protetto dal panno.
 
-Cosa? … ah, sì- fece Amanda, avvicinandosi. –Non l’ho mai messo via. Mi moriva il cuore a chiuderlo in un armadio … e poi non ho mai smesso di suonarlo. Neanche un giorno.
 
-Sul serio? … - mormorò, fra il commosso e l’ammirato Kenny, tirando fuori la preziosa custodia di cuoio e aprendo i gancetti dorati. La parte superiore scivolò liscia sui piccoli cardini lucidi, scoprendo un violino magnificamente tenuto.
L’abete rosso, lucidato meglio di un mobile, riluceva alla debole luce proveniente dalla cucina. Sembrava un cucciolo appena svegliato, che aspettava solo il suo padrone per giocare con lui.
Lo tirò fuori dalla custodia, accarezzando il legno. Esaminò le corde, l’archetto, e pizzicò le corde per saggiarne il suono.
Era praticamente irresistibile: con il consenso silenzioso di Amanda, Kenny appoggiò lo strumento fra il collo e la spalla, prese l’archetto e lo fece scorrere sulle corde, piano.
Seguì quel motivetto che aveva in testa, Radioactive, costruito con dedizione, una nota alla volta, proprio sulle corde di quel violino, una sera d’estate.
Amanda riconobbe subito le prime note, e iniziò a cantare .. il piccolo duetto continuò così, scivolando sulle onde della musica, la voce che cadeva da una nota all’altra, in un canto malinconico, le parole degli esclusi, di coloro che dopo attacchi e battaglie si risvegliano nella cenere, aprono gli occhi e si tolgono la ruggine, si alzano e lentamente riprendono forma, riiniziano a funzionare, camminando dietro alle bandiere di una rivoluzione, sicuri anche nell’apocalisse. Uomini radioattivi, respirano sostanze chimiche e si riaccendono come vecchi orologi … perché il sole non è morto, non ancora.
 
I’m waking up, I feel it in my bones       
Enough to make my systems blow                 
Welcome to the new age, to the new age
Welcome to the new age, to the new age
I’m radioactive, radioactive 
I’m radioactive, radioactive 
 
La musica viaggia, sulle onde invisibili del suono, si propaga nella stanza, in tutta la casa, esce dalla finestra aperta, un violino e una voce che cantano di un disastro piano si estendono su Londra, penetrando nella foschia della sera, scivolando sul Tamigi, invadendo le case, entrando nella mente delle persone, riempiendo tutto, dalla fogna più buia alla camera della Regina.
 
E poi la musica finisce. Kenny posa l’archetto, la magia si spezza, l’incanto smette.
Nessuno parla. Le due ragazze si guardano negli occhi, senza vedersi, una viaggia nelle memorie e le parole di una vita difficile.
L’altra non ha bisogno di parole. Come non c’era bisogno di parole poco prima. Come non erano servite parole quella sera lontana, incrociando quegli occhi incantati.
 
 
Weiii!! Ciao guys :D
Scusate l'ora tarda ... Premetto che il capitolo non è stato riletto, segnalatemi eventuali errori. °-° Ho incentrato la seconda parte del capitolo su una canzone, Radioactive degli Imagine Dragons (quanto stimo questa band @.@), la canzone è molto bella, soprattutto la versione a violino dei Pentatonix con Lindsey Stirling *ti adoro Lindsey* … so che la canzone è uscita nel 2012, e qui siamo un anno indietro, ma ho voluto prendermi questa piccola licenza d’autore. :3
Bien, spero che il capitolo vi sia piaciuto!! Ora perdonatemi ma fuggo.
Bye byeeeeeee baciiii :**********        Lisa^^
 
   
 
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