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Autore: lolasmiley    02/03/2016    2 recensioni
Aria, una bambina di sette anni, confessa il suo più grande desiderio alla carta scrivendolo sulla letterina destinata a Babbo Natale perché, infondo, lui esaudisce sempre i desideri dei bambini.
Ashton per qualche settimana all'anno si cala nei buffi panni di uno degli elfi di Babbo Natale, è un ragazzo solitario, che cerca di soffocare e dimenticare un passato triste e complicato regalando un sorriso a chi non ce l'ha.
E' proprio lui a trovarsi tra le mani la lettera di Aria che lo commuove con le sue parole sincere e profonde. Ashton si sente responsabile, perché alla fine è a lui che la piccola ha chiesto aiuto, ma sa di non poter fare nulla. Si sente colpevole, perché non è riuscito a cambiare il “mondo dei grandi” e a renderlo un po’ meno brutto.
Sa che non è giusto quello che sta succedendo ad Aria e, che se non troverà il modo per realizzare il suo desiderio, la mattina del venticinque dicembre lei smetterà di credere nella magia, nel Natale, e si ritroverà faccia a faccia con la realtà cupa, triste e amara degli adulti.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Michael Clifford, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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(6)

Winter wonderland

23 dicembre 2015

 

 

Sleigh bells ring, are you listening, 
In the lane, snow is glistening
A beautiful sight,
We’re happy tonight.
Walking in a winter wonderland.

Gone away is the bluebird,
Here to stay is a new bird
He sings a love song,
As we go along,
Walking in a winter wonderland.

In the meadow we can build a snowman,
Then pretend that he is Parson Brown

He’ll say: Are you married?
We’ll say: No man, 
But you can do the job
When you’re in town.

Later on, we’ll conspire,
As we dream by the fire
To face unafraid, 
The plans that we’ve made,
Walking in a winter wonderland.

 

 

 

Era la terza sera di fila che Chris usciva e sua madre, se non fosse stata troppo impegnata con le scartoffie del divorzio, se ne sarebbe sorpresa e le avrebbe chiesto dove andasse. Da chi.

Invece, per la terza sera di fila, Chris uscì di casa indisturbata, dopo aver salutato Aria e aver lasciato a sua madre un bigliettino scritto in fretta sopra il tavolino in salotto.

Aveva guidato fino a casa di Ashton, di nuovo, e aveva suonato il campanello. Questa volta, però, si era sentita un po’ colpevole di mangiare sempre a scrocco da lui, così aveva passato il pomeriggio a cercare di fare dei biscotti e, temendo che non fossero venuti buoni, era anche passata al supermercato per prendere qualcosa da bere. Di solito era suo padre quello che cucinava, a casa, infatti ultimamente sul loro tavolo erano comparsi solo piatti colmi di surgelati e qualche cartone di pizza o del take-away cinese e messicano. Chris non si era svegliata neanche una mattina con il profumo di pancake e gli unici muffin che aveva mangiato erano stati quelli confezionati.

La ragazza si dondolò leggermente avanti e indietro, mordicchiandosi le labbra, qualche secondo dopo la porta si spalancò. Chris strizzò un po’ gli occhi guardando Ashton, stretto nell’ennesimo paio di jeans neri e un maglione scuro, controluce, e gli sorrise.

«Io ho... ho portato questi» porse una vecchia confezione, di una pasticceria, che aveva riciclato per metterci i biscotti, al ragazzo che si spostò leggermente per lasciarla entrare. L’appartamento profumava di caffè appena fatto ed era piuttosto caldo, ma Chris non perse tempo a togliersi il cappotto.

«Li hai fatti tu?»

«Sì, ma non sono brava in cucina, di solito, ed è stata una fortuna che io non abbia bruciato nulla» Chris preferì omettere lo stato pietoso in cui aveva lasciato la cucina, e il grembiule della madre «nel dubbio, comunque, c’è anche questo»

La ragazza prese dalla borsa il cartoccio contenete una bottiglia di vetro e la liberò dall’involucro, sollevandola in aria ad imitare la torcia della Statua della Libertà.

«Sì, be’, non so cosa bevi di solito, ma il gin non è male, secondo me» 

«Biscotti e gin. Bella accoppiata»

Ashton non le disse che lui non beveva quasi mai.

«Di stile» confermò lei, seguendo il ragazzo in cucina per appoggiare tutto sul tavolo. 

«Bene, andiamo?»

«Adesso?» lui la guardò divertito della sua impazienza.

 

 

Chris camminava sul marciapiede a fianco di Ashton, non così vicino da sfiorarlo ma abbastanza per riuscire a parlarci mantenendo un tono di voce piuttosto basso, facendo moltissima attenzione a non calpestare per nessun motivo un solo centimetro quadrato che fosse stato già pestato da qualcun altro prima di lei, per poter lasciare le proprie impronte ben distinte nella neve. Ciò la faceva avanzare in modo piuttosto buffo e un po’ goffo, saltellando qua e là come se stesse giocando a campana seguendo delle regole che solo lei conosceva, che faceva ridere il ragazzo accanto a lei e attirava occhiate dubbiose, preoccupate e stranite dei passanti.

«Mangerei un gelato»

«Hai intenzione di congelarti il cervello?» Ashton le abbassò il berretto sugli occhi con un gesto scherzoso. 

«Ehi!» si lamentò Chris, restituendogli un pugno leggero sulla spalla come vendetta «è sempre un buon momento per un gelato» 

«Certo, anche con un paio di gradi sotto zero. Sai che ti dico? Potremmo comprare dei vasetti di yogurt e lasciarli fuori dalla finestra stanotte, così domattina avresti il tuo gelato»

Chris arricciò il naso. Ci aveva provato, una volta, da piccola, e la delusione era stata enorme.

«Non è la stessa cosa»

«Dubito troverai una gelateria aperta»

«Lo so! Le persone dovrebbero ampliare la propria mente»

«...E tenere le gelaterie aperte anche in inverno?»

«Ovviamente»

Ashton sorrise.

«Sarebbe un grande passo avanti, nella storia dell’evoluzione umana» commentò sarcastico.

«Gelaterie gelate. Okay, mi ritiro, era pessima»

Chris si fermò di colpo, notando la meta a poca distanza da loro, afferrò Ashton per un braccio e, con un entusiastico “ehi, andiamo!”, lo trascinò all’interno del parco da cui stavano iniziando ad uscire i bambini, che erano andati a giocare con i loro amici, per tornare a casa per cena. 

 

«Prendi questa!» urlò Chris, lanciando una palla di neve che colpì in pieno il berretto di Ashton, facendoglielo scivolare dai capelli. Istintivamente il ragazzo sollevò le braccia per cercare di prendere il berretto prima che cadesse a terra e Chris approfittò di questo momento di vulnerabilità per colpirlo in faccia con un’altra palla di neve.

«Bang!» urlò lei, agitando vittoriosamente un pugno in aria. Ashton si sfilò del tutto il berretto, lo spolverò con le mani dalla neve in modo molto teatrale e poi lo usò per ripulirsi da quella che aveva in faccia, infine lo ripose sui capelli.

«Hai appena firmato la tua condanna a morte»

La ragazza scoppiò a ridere e schivò appena in tempo il lancio di Ash.

«Dicevi?»

«Sappi che sono davvero un gentiluomo. Posso tenere le porte aperte, lasciarti passare per prima, darti la mia giacca se hai freddo. Ma nessuno può battermi a palle di neve»

«Ah! Vedremo!» gridò Chris, e corse a nascondersi dietro lo scivolo per usarlo come trincea momentanea. Pochi secondi dopo sentì una palla di neve schiantarsi contro lo scivolo.

Il sole stava sparendo all’orizzonte, trascinando via gli ultimi raggi caldi e luminosi che fino a poco prima avevano giocato rincorrendosi in mille riflessi che brillavano sulla neve candida. 

Chris rabbrividì, trovandosi all’ombra, e lasciò uscire uno sbuffo di condensa bianca dalle labbra. Si abbassò a terra e risalì con una mano colma e pronta a lanciare, ma, prima di farlo, si accorse di un secchiello abbandonato vicino ad uno di quegli spazi riempiti di sabbia perchè i bambini potessero costruirci torri e castelli, ma che ormai era completamente ricoperto di neve. Così decise di tentare il tutto per tutto, uscì allo scoperto e tirò la palla verso Ashton, ma non si fermò per controllare di averlo colpito perchè iniziò a correre verso il secchiello. I suoi stivali sprofondavano nella neve e iniziava ad avere un po’ freddo ai piedi, ma non pensò neanche per un secondo di rallentare. Quand’era circa a metà tragitto si sentì colpire alla spalla.

«Accidenti» farfugliò afferrando il secchiello e riprendendo a correre il più velocemente possibile verso la sua base improvvisata. Il ritorno non le andò meglio: Ashton riuscì a colpirla di nuovo. Appena arrivata allo scivolo, riempì il secchio di neve e salì in fretta la scaletta, si rifugiò sotto il piccolo tetto e si sporse fuori dal suo rifugio. Non riusciva a stare lì sotto in piedi, così si piegò sulle ginocchia, appoggiò un braccio al parapetto di legno e con una mano cercò di sistemarsi il cappuccio del giubbotto e il berretto, che nella corsa le erano scivolati sugli occhi.

Guardò Ashton, qualche metro più in là, che se ne stava in piedi a braccia conserte e gli fece un cenno con la mano.

«Chi si vede» rispose lui.

«Ehi, straniero» 

«Scendi dal balcone»

«Nah, c’è una bella vista» Chris sparì all’interno della casetta e si inginocchiò per prendere una manciata di neve dal secchio e farne una pallina, ma si interruppe sentendo la voce di Ashton canticchiare una canzone che ben conosceva e scattò in piedi, battendo la testa sul tetto troppo basso per chiunque superasse il metro e trenta. Imprecò sottovoce e si affacciò di nuovo con la palla di neve, nascosta dietro la schiena, pronta per essere lanciata.

«Check yes, Chris, are you with me?» cantava Ashton, con una mano chiusa a pugno a mo’ di microfono, «snow is falling down on the sidewalk, I won’t go until you come outside. Check yes, Chris, kill the limbo» improvvisamente, il ragazzo tirò una palla di neve a Chris, che però riuscì a schivarla ridendo «I’ll keep tossing snowballs at your window, there’s no turning back for us tonight»

Chris rispose al fuoco, colpendo solo di striscio il suo bersaglio che sembrava essere migliorato in agilità.

«Check yes, Chris, here’s the countdown» Ashton si avvicinò di più allo scivolo con le braccia protese e gli occhi socchiusi «three, two, one, and fall in my arms now»

In tutta risposta, una grossa palla di neve lo colpì in piena faccia. Ashton si passò le mani sul viso e sputacchiò un po’ di neve mentre Chris, che, nonostante lui fosse un ragazzo piuttosto slanciato, si trovava più in alto di lui, sopra lo scivolo, se la rideva della grossa.

«Run, baby, run» quasi urlò Ashton, lanciandosi verso le scale per raggiungere Chris, «don’t ever look back» 

Lei rise e si lasciò sfuggire un urletto divertito, all’ultimo momento, quando il biondo stava ormai salendo gli ultimi scalini e avrebbe potuto raggiungerla semplicemente allungando un braccio, lei si buttò sullo scivolo con il secchio di neve stretto tra le braccia.

Gridò divertita per tutta la discesa e riuscì a scattare in piedi una volta toccata terra. Si voltò, pronta ad affrontare Ashton che si aspettava di avere alle costole, e rise quando notò che, sì, aveva provato a seguirla, ma era rimasto incastrato.

«Oh mio dio!» urlò Chris, quasi piegata in due dalle risate mentre guardava Ashton dimenarsi per cercare di saltare fuori dallo scivolo. 

«Non ridere!» ribattè lui, ma un sorriso sulle sue labbra tradiva la serietà del commento. Chris si avvicinò a passi lenti, nascondendo il secchio dietro la schiena, fino ad arrivare accanto ad Ashton.

«Lascia che ti aiuti» propose lei, angelicamente, e prima che il ragazzo potesse accorgersene, Chris gli rovesciò l’intero secchio addosso. Ashton rabbrividì e si strinse nelle spalle il più possibile mentre la neve fredda si insinuava sotto il suo giubbotto, stringendo gli occhi.

«Tu non l’hai fatto davvero» sussurrò il ragazzo appena si fu ripreso, improvvisamente più serio, mentre la rossa continuava a ridere battendo le mani.

«Dovresti vederti! Oh mio dio non ci posso credere!» farfugliò coprendosi la bocca con le mani. Prima che Ashton riuscisse finalmente a spostarsi, Chris prese il telefono dalla tasca della giacca e gli scattò una foto, riprendendo a ridere ancora più di gusto mentre la guardava. Ashton era immortalato con un’espressione imbronciata, indignata, schifata, e anche un po’ arrabbiata, una cascata di neve bianca lo ricopriva e le mani strette attorno ai bordi dello scivolo.

«Perchè non mi aiuti?» 

«Perchè questo è il momento in cui ti vendichi» lei scrollò le spalle mentre nella sua mente passavano a ripetizione le scene di diversi film romantici che non si ricordava nemmeno perchè avesse guardato, visto che nemmeno le piacevano, in cui il ragazzo cadeva a terra, o in una piscina, e appena la ragazza gli offriva un aiuto, lui la trascinava giù con sé.

«Non mi piacciono i clichè» aggiunse.

«Hai ragione, mi vendicherò. Ma quando meno te lo aspetti» 

Chris si convinse a dargli una mano a scendere dalla giostra e lui quasi cadde a terra, ma all’ultimo momento riuscì a riprendere l’equilibrio. Lei si alzò in punta di piedi per sfilargli il berretto e lo scosse per far cadere la neve che c’era rimasta attaccata, e poi passò a scompigliare giocosamente i capelli di Ashton. 

«Immagino di poter dire di aver vinto» 

Chris gli restituì il cappello, soddisfatta.

«Non hai vinto, hai barato. E’ stato un attacco a tradimento»

«Hai ragione. Mi dispiace» ammise lei «ma è stato bellissimo» ridacchiò e agitò un piede nella neve.

«E adesso?» 

«Adesso credo che sia meglio che tu ti faccia una doccia prima che ti prenda una polmonite, con tutta quella neve» rispose Chris, buttando a terra con la mano un po’ della neve che era rimasta sulla spalla di Ashton «possiamo tornare più tardi»

«Farà buio»

«Ancora meglio, allora»

 

 

«Sai Chris, non sono mai venuti bene i miei pupazzi di neve, ma devo dire che questo non è niente male» 

Ashton sedeva di fianco alla ragazza sugli scalini del portico del piccolo condominio dove abitava, osservando il pupazzo che avevano tirato su nel piccolo giardino. Si sarebbe visto dalla finestra del salotto.

«Ma scherzi? E’ fantastico» 

Chris bevve un sorso dalla bottiglia di gin che avevano portato giù.

«Amo il sorriso» indicò il classico bastoncino di zucchero a righe bianche e rosse a forma di J che avevano usato per fargli un sorriso sghembo «mi ricorda...»

«Sì, lo so, lo so» la interruppe Ashton, scuotendo la testa divertito dopo la decima volta che sentiva quel commento «il sorrisetto di Harrison Ford»

«Non è solo il sorrisetto di Harrison Ford, è il sorrisetto alla Harrison Ford. E vedi di trattarlo bene, perchè-»

«E’ uno degli eroi della tua infanzia» finì di nuovo il biondo, e lanciò un’occhiata sorniona a Chris «l’hai ripetuto abbastanza, e io ascolto, mi ricordo le cose già dopo la prima volta che le dici»

«Scusa» ridacchiò lei, un po’ imbarazzata.

Il pupazzo di neve, che avevano chiamato Lucky-Luke, li fissava con i suoi occhi di tappi di bottiglia, uno verde e più grande dell’altro, nero. Avevano modellato delle orecchie con la neve, non abbastanza a punta da poter essere quelle di un gatto ma di certo meno tonde di quelle di un orso, gli avevano appoggiato in testa un vecchio cappello da Babbo Natale con delle lucine intermittenti che presto si sarebbero spente e, al posto della sciarpa, Lucky-Luke indossava una di quelle ghirlande dorate e luccicanti che si usano per decorare gli abeti ed erano avanzati dall’albero del giorno precedente.

Chris cominciava a sentire quella sensazione di calore e solletichio allo stomaco, la voglia di ridere e di scuotere veloce la testa perchè sapeva che le cose avrebbero iniziato a dondolare. 

«Facciamo una passeggiata?»

Ashton non replicò e si alzò il piedi dopo di lei, consapevole che farle notare di come ormai fosse tardi non l’avrebbe trattenuta. 

Chris non camminava, saltellava per un paio di metri abbondanti e poi aspettava che Ashton la raggiungesse per andare di nuovo avanti. Ogni tanto si girava e procedeva all’indietro per non dargli le spalle. Poi rise ad una battuta che nessuno aveva fatto e, di nuovo, attese che Ashton le fosse accanto e lo prese a braccetto.

«Sei un po’ felice?» rise lui.

«Lo ammetto»

Chris si era ubriacata solo un paio di volte, sempre seguite da una nausea mattutina poco piacevole e aveva così deciso di limitarsi all’essere brilla, che era piacevole e la divertiva.

«Solo un po’» aggiunse poi, riflettendo. Alzò gli occhi alle stelle.

«Sai, è stata una giornata davvero pazzesca. Non facevo queste cose da...» 

«Anch’io» la interruppe Ashton.

«E’ assurdo»

«Che cosa?»

«Tutto. Voglio dire, la battaglia a palle di neve, il pupazzo, tu»

«Oh, ti ringrazio» 

«Aspetta, voglio dire che, non lo so, ci conosciamo da qualche giorno e stiamo facendo una passeggiata a braccetto di notte e... Non lo so, questo è il genere di cose che faccio da sola dopo essere scappata dalla finestra» farfugliò Chris.

«Be’, è un bene che ci sia anch’io. E’ pericoloso»

«Pericolo? Io rido, in faccia al pericolo! Ah, ah, ah!»

«Stai citando Il re leone?»

«Scusa. Stavo cercando di fare un discorso serio, ma non ho resistito»

Ashton le fece cenno di continuare.

«La verità è che non ho idea di che cosa volessi dire davvero, di solito non sono una persona di molte parole. Vorrei essere sincera e dire tutto quello che mi passa per la testa, ma è così un casino che non lo so nemmeno io. Comunque sono davvero felice che tu... che tu mi abbia portato quella lettera, Ashton»

Chris sentì le parole che le stavano venendo in mente, frasi che voleva aggiungere, erano troppo sdolcinate per i suoi gusti, così tacque. I pensieri continuavano ad affollarsi. Si sentiva felice, con Ashton, ed era profondamente stupita di questo. Anche un po’ delusa da sé stessa per non aver mantenuto il suo proposito di non legarsi più a nessuno, così si chiese se stesse facendo la cosa giusta.

Era così presa dalle mille cose che le turbinavano per la testa che non sentì nemmeno Ashton sussurrare un debole “anch’io”.

Le luci colorate appese da un lato all’altro della strada creavano un tetto magico sotto il quale i due passeggiavano, ancora a braccetto, seguendo l’andatura sghemba e trotterellante della rossa. Chris aveva il naso congelato, e mandava fuori l’aria con piccoli sbuffi che la divertivano. Osservava la nuvola bianca dissolversi e perdere consistenza, volare via lontana. 

Quanto le sarebbe piaciuto volare via.

«Ascolta!» esclamò di colpo Chris, fermandosi e trattenendo Ashton per il braccio.

«Cosa?»

«Sh!» Chris alzò l’indice al cielo «...a beautiful sight, we’re happy tonight...» canticchiò, e Ashton riconobbe la melodia che arrivava da qualche casa lì accanto.

La rossa spostò la mano con cui aveva tenuto a braccetto Ashton sopra la sua spalla, si voltò verso di lui e gli prese l’altra mano, iniziando poi a ballare a ritmo della canzone. O meglio, si trascinavano a destra e a sinistra, girando in tondo qualche volta, ridendo.

 

 

Ashton avvicinò le mani al caminetto, dove il fuoco crepitava allegro riscaldando la stanza e illuminandola di una tremolante luce giallastra che giocava disegnando ombre buffe sui loro visi.

Chris osservava le fiamme, raggomitolata sulla poltrona. Sentiva le palpebre pesanti e temeva di addormentarsi da un momento all’altro. Le sembrava che il calore del fuoco le attraversasse il petto con uno strano formicolio delicato, piacevole.

«Domani è la vigilia» commentò.

«Oggi è già domani» rise Ashton, lanciando un’occhiata distratta all’orologio che portava al polso: le tre e ventisette.

«Buona vigilia»

«Grazie, anche a te»

La ragazza vide dei fiocchi di neve volteggiare leggeri e aggraziati fuori dalla finestra, illuminati dal fascio di luce di un lampione.

«Ti piace l’inverno?» chiese Chris, mascherando alla meglio uno sbadiglio.

«Molto. A te no?»

«La neve. Ma in realtà preferisco il caldo» si stropicciò gli occhi con una mano «Ma la neve mi piace. Ma...»

«Quanti “ma»

«Io sono un sacco di “ma”»

Ashton sorrise.

«Fammi indovinare. “Ma” non c’è il gelato»

«Giustissimo. In realtà volevo dire “ma rinuncerei alla neve per stare in qualche isola tropicale”»

«Sabbia, sole e mare?»

«Tutta la vita» confermò lei. 

«Prendere uno zaino, e fare il giro degli Stati Uniti in camper...» propose Ashton, illustrando la sua idea con qualche gesto con le mani.

«Arrivare fino a capo Horn»

«Fare un viaggio sull’Orient Express!»

Chris si illuminò, emozionata e piena di idee.

«No, ascolta, senti questa. Dobbiamo trovare qualche mappa di un tesoro perduto, e andare a cercarlo!»

«Dammi il tempo di comprare un berretto da Indiana Jones, e ti seguo»

Chris rise. Quanto le sarebbe piaciuto. Per un secondo si stupì di sognare ad occhi aperti con quello che fino a qualche giorno prima era solo un estraneo, poi pensò che lei era praticamente senza amici e che quindi aveva, in qualche modo, il diritto di farlo. E lui? Si chiese se fosse solo come lei.

«Dovremmo andarci, un giorno» ridacchiò Ashton. 

«Un giorno» espressione pericolosa, pensò Chris, un po’ come dire “mai”.

«Mi basterebbe andarmene via da qui» aggiunse, scrollando le spalle.

Ashton finse un’espressione offesa, e con il capo indicò alle spalle della ragazza.

«La porta è lì» 

Chris rise.

«Intendevo da questa città. Andare via, lontano. Credo che la mia più grande paura in assoluto sia svegliarmi una mattina, tra trent’anni, ed essere ancora bloccata qui»

Chris sapeva che, ovviamente, non se n’era ancora andata per via di Aria: non avrebbe potuto abbandonarla lì; Aria era davvero tutto quello che teneva Chris bloccata in quella piccola città, ma la rossa non voleva ammetterlo. Se lo avesse detto a voce alta si sarebbe sentita una persona spregevole. Non era giusto scaricare la colpa sulla bambina in quel modo.

«E tu?»

Ashton stava riflettendo sulle parole della ragazza, e le dava ragione: dopotutto, anche lui se n’era andato alla prima occasione. Si riscosse dai suoi pensieri e lanciò a Chris uno sguardo accigliato.

«Cosa?»

«Hai qualche paura nel cassetto?» 

«Di solito sono i sogni a stare nei cassetti»

Che risposta evasiva, pensò Chris. Chiaramente quella domanda lo aveva messo a disagio. Chris non voleva certo obbligarlo a parlare, ma la reazione di Ashton aveva suscitato una certa curiosità. Che male c’era, in fondo, a chiedere?

«Qualche mostro sotto al letto o scheletro nell’armadio, allora» riprovò.

«Qualcuno» ammise Ashton, con lo sguardo fisso sulle fiamme crepitanti nel caminetto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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SCUSATE IL RITARDO :c sono sempre stata una ritardataria su tutto, lo ammetto, e mi dispiace, sono passati tipo sei anni dall’ultimo capitolo e se volete prendermi a sberle, vi do ragione.

 

Non potete immaginare QUANTO HO RISO QUANDO MI E’ VENUTA L’IDEA DI ASHTON INCASTRATO SU UNO SCIVOLO AHAHAHAHAH so che probabilmente a voi non fa ridere così tanto ma quando mi è venuto in mente era esilarante

Btw Lucky-Luke è il nome di un personaggio dei cartoni che guardavo da piccola... Era bellissimo! La storia di un eroe dei cowboy, e probabilmente è colpa sua se chiamo Luke Liuc al posto di Luc

 (sono appena andata ad ascoltarmi la sigla comunque)

Poi, ieri sono andata a vedere Zootropolis al cinema (perchè io guardo ancora i cartoni animati) e Judy è appena diventata il mio nuovo idolo.

Non so bene cosa dirvi sul capitolo, se non che è emozionante perchè ha lo stesso titolo della storia (forse non vi emoziona, ma a me sì perchè ho scelto il titolo di questa fanfiction ascoltando questa canzone)

E basta, adios! :)

 

  
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