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Autore: MerlinAndCharming    04/03/2016    1 recensioni
Crossover Merlin-Once Upon a Time-Age of Mythology.
Opera inedita, non parte da nessun episodio di Once Upon a Time a differenza delle parti I e II. Il tutto si basa su quanto letto nelle mie due precedenti fanfiction.
Un'opera di Valerio Brandi.
Genere: Azione, Fantasy, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Gwen, Merlino, Parsifal, Principe Artù, Sir Leon | Coppie: Gwen/Artù
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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22) Di nuovo puoi volar
(Completato il 3 dicembre 2015)
 
«È il momento di salutarci. Spero di rivedervi un giorno»
«Il tempo non è dalla mia parte, così come la distanza tra le nostre case, ma chi lo sa?»
«Grazie di tutto, Lord Godwyn»
«Grazie a voi, Artù»
«E tanti saluti anche a voi, Principessa Elena, con voi spero di rivedermi prima o poi, magari con un piccolo principino»
«Lo spero da tanto, altezza»
 
«Ringrazio anche voi, Regina Annis, per il vostro supporto»
«Il grosso l’avete fatto voi con il vostro viaggio, non dimenticatelo»
«Allora vi ringrazio almeno per averci mandato Derian. Si è rivelato molto utile, spero ve l’abbia detto»
«Me l’ha fatto capire…»
«Ma sa parlare?» Artù glielo chiese bisbigliando.
«Chi lo sa…»
 
«Regina Mithian, so che questo può non significare nulla, ma in questi giorni il nostro bibliotecario, Geoffrey di Monmouth, si è dedicato a trascrivere gli ultimi eventi in un volume, e gli amanuensi hanno trascritto una copia anche per voi. Il nome di vostro padre viene ricordato con il giusto onore, insieme a quello di Ser Bors»
«Un pensiero carino, vi ringrazio Artù. Mio padre ne sarebbe stato felice»
«Il suo sacrificio non verrà mai dimenticato, ve lo prometto. A presto rivederci, spero anche voi con un erede»
 
«Voi non mi salutate?»
«Fossi matta, io non voglio più avere a che fare con voi!»
«Vivian, che modi sono? Perdonatela, Artù»
«Io non parlo con quello zotico!»
«Vivian…»
«Non importa, Re Olaf, va benissimo così. Ringrazio anche voi per il supporto decisivo durante questa guerra contro l’Oscurità»
«Me la cavo ancora bene, no?» chiese sorridendo
«Vorrei tanto arrivare alla vostra età come voi siete adesso»
«E io mi auguro che ci arriverete ancora meglio, perché nonostante le apparenze la vecchiaia si sente comunque. E non ringraziatemi troppo. Non è stato un problema governare Camelot, vostro figlio ha stoffa, diventerà un grande re. Ed è figlio di una ex serva, quanto tempo abbiamo perso nel giudicare male la gente comune?»
«Troppo, probabilmente, l’importante è non commettere di nuovo gli stessi errori»
«Quella è la parte più difficile… a presto Pendragon»
 
Insieme al Re erano presenti tutti i Cavalieri, gli abitanti di Storybrooke e i guerrieri Greci.
I vari sovrani che avevano combattuto con Artù erano pronti a tornare ai loro rispettivi castelli, e le loro genti a ricostruire le case e seminare di nuovo i campi.
Far nascere è più lungo e difficile di uccidere, ma bisognava essere fiduciosi, e darsi da fare. Albion era pronta a questa nuova sfida.
Quando anche l’ultimo gruppo di viaggiatori aveva superato le ultime porte della città bassa di Camelot, Artù decise che era il momento di rientrare.
Era da tempo stabilita una riunione della Tavola Rotonda, per decidere qual era la soluzione migliore per riportare ognuno alle proprie rispettive case.
 
«Ben ritrovati a tutti quanti. Apro ufficialmente questo nuovo concilio, il primo che vede i componenti di tre mondi diversi, quattro se si vuole considerare Arendelle ed Asgard come un mondo a parte dal Bosco Incantato. Se avete proposte questo è il momento di pronunciarle»
«Grazie Artù» fu il Principe David il primo a rispondere all’invito del Re «Chiedo innanzitutto a voi, Elsa, che siete stata la prima a tornare ad Albion: che notizie ci sono da Poseidone, visto che siete stata anche l’ultima ad incontrarlo?»
«Il portale di Zeus mi ha lasciato anche a me sulla spiaggia di Dintagell, dove ho visto le navi greche triremi, e anche la Jolly Roger che già conoscevo. E lì ho ritrovato anche il Dio dei Mari. Gli ho detto che molto probabilmente nel giro di pochi giorni ci saremmo rifatti vivi in quel punto, e lui molto umilmente ha accettato di aspettarci. “La compagnia non mi manca”, sono state le sue parole. Insieme a sua figlia Ursula e ad Ariel si stanno godendo una piccola vacanza balneare sulle coste della Dumnonia, mentre i suoi soldati marini sorvegliano le navi dai predoni»
«Bene, questa è un’ottima notizia. Allora possiamo cominciare a pensare a voi, Ammiraglio»
«Grazie, Artù. Uncino, quanto pensate che sia distante l’isola che pensiate possa essere Atlantide?»
«Se la Jolly Roger potesse volare, basterebbero anche poco più di mezza giornata e una notte di viaggio. Ma come vi dissi ad Itaca, non dispongo più della vela Pegasus, e neanche dell’ombra di Peter Pan da attaccare all’albero maestro…»
«Ma come vi ho già detto e avete visto con i vostri occhi, Pegaso è vivo e vegeto, Capitano»
«Lo so, Ercole, ma può garantire tutte le piume per formare una vela? Io la ricordo molto grande quando viaggiavo insieme a mio fratello…»
«A questo ho già pensato io. Quando ho volato fino a Sparta ad informare le navi Achee ed Atlantidee del viaggio verso Albion che dovevano affrontare, sono andato alle stalle di Re Augia dove ogni tanto Pegaso alloggia. Quel vecchio sovrano ha l’abitudine di non pulire mai i suoi manieri, e infatti c’erano sparse sul pavimento decine di piume del mio destriero. Così le ho raccolte, e lasciate nella stiva dell’ammiraglia di Arkantos»
«Altra buona notizia. Potete dunque far volare quella nave in altri mondi, senza bisogno di usare dei portali, grazie a quella vela, giusto?»
«Esattamente, regina Ginevra» le rispose Biancaneve «Noi di Storybrooke possiamo dunque portare voi, Arkantos, e tutti i vostri amici dove volete»
«Vi ringrazio, ma non ci siamo solo noi. Voi, Thor, Regina Elsa, cosa pensate di fare?»
«Senza offesa, ma penso che questa ricerca non ci riguardi…»
«Nessuno lo mette in dubbio» affermò Chirone
«…Perciò noi potremmo tornare subito a casa. Chiederemo ad Ariel di aprirci il portale per Arrendelle...»
«E da lì tornerò tranquillamente verso Asgard, senza bisogno di ulteriori sbattimenti» continuò il Dio del Tuono
«Allora è deciso» Artù riprese a parlare «Naturalmente, vi accompagneremo»
«Anche io spero di parlare senza offesa, Sire… Ma non credo che la Jolly Roger possa ospitare anche tutti i vostri Cavalieri. Noi del Bosco Incantato siamo già in 15, e con noi viaggeranno sicuramente Arkantos, Aiace, Chirone, Ercole e la sua famiglia…»
«Se è per questo, vi sono anche le nostre triremi con 600 opliti Achei ed Atlantidei, più i 214 centauri di Chirone…»
«Avete ragione, Aiace, mi scordavo del vostro esercito. Ma non credo che quelle navi possano volare…»
«E non voleranno, torneranno subito in Grecia» affermò Tremotino «Se io posso ancora allargare portali, Merlino potrà farlo benissimo, anzi, l’ha già fatto 4 anni fa, lo ricordo bene»
«Avete ragione. Contate su di me»
«Ariel dovrà fare gli straordinari» continuò Emma «Speriamo che non se la prenda troppo…»
«Ma sì, perché dovrebbe farlo?»
«Chi lo sa, potrebbe venirgli il mal di mare…»
«Ok, buona questa, Uncino…» Robin Hood rise poi insieme al suo amico.
«Allora siamo quasi apposto. Capitano, se davvero la nostra presenza è un problema, vorrà dire che ci saluteremo qui. Anche se non nego che vorrei essere personalmente presente nel caso Arkantos ritrovi la sua patria…»
«Potremmo venire solo noi due… Come ai vecchi tempi, Artù!»
«Già, i tempi delle nostre fughe a due, chi se lo scorda Merlino… Anche se certe cose sarebbe meglio dimenticarsele… E non ti azzardare a dirle qui!»
«Va bene, non dirò una bugia» e simulò la chiusura a cerniera della bocca
«Così mi sta bene. Allora, si parte domani?»
«Non vedo il motivo di ritardare ancora. Allora, se siamo tutti d’accordo, possiamo ritirarci…»
«Un momento, Artù!» la voce di Chirone fece tornare a sedere il Re di Camelot «C’è un’ultima cosa che devo dirvi, anzi, darvi»
Il saggio centauro mise sul tavolo un grosso otre, imbottito al suo interno da spessa lana. E da lì fece dolcemente uscire due grosse forme ovali.
«Io le riconosco… Sono uova di drago!»
«Esattamente, Merlino. Me le ha consegnate Zeus mentre eravamo nei Campi Elisi. Questi sono gli ultimi figli sopravvissuti a Prometeo. Mi ha detto di consegnarle a voi, giovane Mago, perché era destino che le riceveste voi, un giorno…»
«Allora c’è ancora speranza che la nobile specie di Kilgharrah non si estingui del tutto»
«Perché, cosa potete fare voi, Merlino?»
«Sono l’ultimo Signore dei Draghi, non ricordate, Leon? E tra i miei poteri rientra anche quello di far schiudere un uovo di drago…»
«Questo lo sapevo anche io» continuò Chirone «E mi sono accertato di consegnarvele in un momento privato come questo. Non si sa mai come la gente comune possa reagire alla vista di un drago»
«Se è proprio necessario che queste creature prendano vita» affermò Artù «Vorrà dire che le terremo a Camelot finché non saremo certi della loro affidabilità. Merlino, se sei determinato a farli nascere, questi draghi saranno sotto la tua responsabilità. Tuo il compito di farne degli amici e non dei nemici di Albion»
«D’accordo, Artù, fidatevi di me. Fidatevi tutti di me, non sbaglierò come ho fatto con Aithusa»
«E come riuscirai a farli nascere? Questa pratica magica a me è sconosciuta» chiese Regina.
«Khilgharrah mi ha detto che basta pronunciare il nome che gli si vuole affidare. Cominciamo da questo, con la leggera spaccatura al centro. Qualcosa mi dice che è una femmina, e visto il segno che porta… Sfregiata!»
L’uovo cominciò a schiudersi, e piano piano uscì un draghetto nero, ma con una striscia rossa lunga dalla fronte fino al muso. Non era una vera ferita, ma da lontano appariva come tale.
«Come è dolce…» Biancaneve si sciolse nel vederla fare i primi passi nel mondo.  
La piccola creatura continuò a zampettare lungo la tavola rotonda, e poi si avvicinò di colpo a Lily.
«Riconosce il vostro sangue di drago, Milady»
«Lo immaginavo. Peccato che non possa portarmela a Storybrooke…»
«Ora pensiamo all’altro, che mi sembra decisamente un maschio… Yrennoc!»
Anche il secondo uovo sembrò obbedire immediatamente a Merlino, cominciando a traballare e schiudersi. Dopo pochi attimi uscì un draghetto un po’ più grosso di Sfregiata, e dal colore completamente diverso. Era marrone, con diverse tendenze al grigio, e sulla testa aveva due grandi corna al lati superiori del cranio, e altri due sia a destra e sinistra nel punto dove di solito le altre creature hanno le orecchie. Lungo la schiena aveva già una serie di appuntite scaglie, con una coda che ricordava la picca di una carta da gioco.
«Anche lui è carino» commentò Belle «Ma come mai questo nome così strano?»
«Non lo so, mi è venuto così…»
«Mia moglie ha ragione, è davvero impronunciabile. Non mi stupirei se in futuro qualcuno gli desse un nome diverso, che so, Draco…»
«Che fai, Coccodrillo, hai di nuovo la possibilità di vedere nel futuro?»
«Chi lo sa, pirata…»
 
La mattina seguente erano tutti pronti. Abitanti di Storybrooke e Greci avevano già salutato Principe e Regina, ma anche Kayley, Garrett, Leon e Roller.
A questi quattro cavalieri di Camelot era stato concesso un periodo di congedo speciale: viaggi di nozze per tutti loro.
Artù e Merlino, come d’accordo, partirono insieme a Ser Philemon, a cui era stato affidato il compito di montare la guardia in attesa del loro ritorno sulla spiaggia di Dintangell, come gli era già successo 4 anni prima ad Avalon.
Camelot restava dunque sotto la custodia di Ginevra, Lancillotto e Galahad.
Il viaggio fu veloce, la mattina dopo arrivarono già a destinazione.
I 600 opliti e i 214  centauri erano pronti ad imbarcarsi sulle navi triremi rimaste.
O meglio, 599 opliti. Arkantos volle che il suo nuovo luogotenente, l’Atlantideo Anthimos, sostituto di Anestis, fosse con lui nel suo viaggio sulla Jolly Roger.
All’Acheo Periandros fu affidato il comando della flotta.
Come affermato da Elsa, quando li videro arrivare Poseidone, Ursula ed Ariel accorsero di corsa sulla spiaggia.
Fatti i rispettivi saluti, le triremi andarono al largo, con in testa il carro divino del Re dei Mari.
Merlino prese una scialuppa e magicamente la fece muovere subito dietro a loro.
Con tutti quanti vi erano anche Thor ed Elsa, che sui loro destrieri magici, il cavallo bianco e il cervo ghiacciato, cavalcano tranquillamente sulle acque grazie a una leggera passerella di ghiaccio.
Quando arrivarono nel punto stabilito, Ariel saltò giù dal veicolo di Poseidone, nuotò in avanti per qualche metro, e poi lanciandosi in aria come un delfino aprì il portale verso le terre del Nord.
Merlino prontamente lo allargò con la sua magia, e dentro quel piccolo vortice entrarono i biondi sovrani.
Pochi istanti dopo Ariel riemerse, e con un gesto simile a prima formò un altro portale.
Stavolta il vortice allargato dalla magia di Emrys fu molto più grande, così una dopo l’altra si infilarono le 13 navi greche, più il Dio dei Mari.
 
Ormai sulla spiaggia era rimasta solo la Jolly Roger con gli abitanti di Storybrooke, gli eroi greci ed Artù e Merlino.
Ercole aveva con sé tanti sacchi pieni di piume di Pegaso.
Era dunque il momento di far rinascere la Pegasus, e grazie alla magia di Merlino tutto questo fu possibile. La candida e morbida vela fu creata, posizionata su uno degli alberi della nave e poi ammainata.
Artù si congedò da Ser Philemon, ricordandogli gli ordini, e per ultimo salì sulla nave.
 
«Ammiraglio?»
«Si, Capitano?»
«Penso che spetti a voi la conduzione della nave per questo viaggio. Prendete il timone, siamo tutti ai vostri ordini!»
«Grazie, Uncino, è un grande onore per me, oltre al fatto che durante il nostro viaggio via terra mi è mancato tantissimo il mare»
«La stessa cosa vale per me, queste avventure mi fanno tornare giovane, almeno quando c’è bisogno di veleggiare con la mia Jolly Roger»
«Immagino che ora bisognerà usare la Pegasus»
«Si, siamo già in mare aperto, l’ora è propizia»
«Allora, sentito, uomini?» urlò «Alzate la Pegasus!»
Anthimos, insieme a Robin Hood, David, Merlino e Artù, obbedì, e quando la grande vela prese il vento giusto, la Jolly Roger cominciò di colpo a sollevarsi, fino ad arrivare sempre più su, nel cielo azzurro di mezzodì.
«Qual è la rotta, Capitano?»
«Seconda stella a destra, e poi dritto fino al mattino!»
«Auuu!» e la nave aumentò ancor di più velocità.
La Jolly Roger era decisamente diversa da una triremi greca, ma Arkantos non sembrava avere alcuna difficoltà nel maneggiarla.
“Il mare è sempre lo stesso da miliardi di anni”, pensò dentro di sé Uncino “E lui è un vero lupo di mare, forse anche più di me”.
 
Il viaggio procedeva spedito, ma Arkantos non voleva riposarsi. Anthimos e Killian si erano offerti di prendere il suo posto, ma lui rifiutò in tutte le occasioni.
A volte rispondeva gentilmente, in altre in modo duro, e il risultato non cambiava.
Sembrava sempre fresco come una rosa, determinato a guidare la nave come se fosse il suo ultimo viaggio in mare.
E pochi minuti dopo che il sole aveva cominciato ad illuminare la Terra, Chirone, mattiniero come sempre, dalla prua si accorse che a dritta cominciava ad apparire una montagna.
Appena Arkantos ebbe ricevuto la notizia cominciò a far abbassare la nave, producendo lo stesso effetto di un aereo pronto all’atterraggio.
Questo svegliò tutto il resto dell’equipaggio, che un po’ a rilento arrivò sul ponte di prua.
«Non avrei mai pensato di poterla rivedere»
«Lo stesso vale per tutti noi, Gold» rispose David «Ma il male per fortuna ha lasciato quest’isola. Senza di lui ha continuato a vivere, quando tutti abbiamo pensato che fosse sprofondata da tempo»
«Speriamo che questa sia davvero la casa di Arkantos, non so quanto potrebbe restarci male»
«Non preoccupatevi, Merlino» Aiace si era avvicinato al gruppo per sentire anche lui «Se questa non è Atlantide, fidatevi che Arkantos riprenderà le sue ricerche già da domani con la stessa forza di volontà»
 
La nave atterrò sulle acque dell’Isola che non c’è, e con un paio di scialuppe tutti e ventiquattro i viaggiatori a bordo della Jolly Roger scesero a terra, mentre quest’ultima, rimasta incustodita, fu protetta da un incantesimo da Merlino.
Il miglior modo per essere presenti tutti sulla spiaggia e al tempo stesso evitare brutte sorprese da parte di forze nemiche sconosciute. Anche senza più la presenza di Peter Pan, non bisognava fidarsi dell’Isola che non c’è.
Arkantos era impaziente, e scese dalla scialuppa ancor prima degli altri, nuotando e poi camminando quando la marea divenne troppo bassa per uno come lui.
E quando finalmente uscì dall’acqua, fece qualche passo e lentamente si inginocchiò.
«Arkantos? Arkantos? Tutto bene?»
Lui non rispose.
Chirone ci riprovò, ma niente.
Rimasero a guardarlo fissare il vuoto per un minuto, capendo che era inutile insistere.
Finché l’ammiraglio Atlantideo non mosse la mano, afferrando un pugno di sabba, che lentamente si stritolò tra le sue mani.
«Non vedo più il porto… le strade pavimentate blu come il mare… il maestoso tempio ad Atena sulla cima della montagna… così come non abbiamo più visto la possente statua di Poseidone all’ingresso della laguna… Ma anche senza queste cose, sento che è lei. Riconosco la forma della costa, la temperatura delle sue acque, la morbidezza della sua sabbia. Si, questa è Atlantide!»
Una dichiarazione che fece tutti felici.
Aiace, in barba alla durezza d’animo, voleva prenderlo ed abbracciarlo. Ma non ci riuscì.
Intorno ad Arkantos si era formata una sorta di barriera che impediva ogni contatto.
Nessuno capiva cosa stava succedendo, e ancor meno quando il loro amico divenne tutto blu, molto più acceso di quando utilizzava quel fenomeno in battaglia.
Lui non badò a questo, sembrava essersi dimenticato della loro presenza.
Si alzò, alzò entrambe le mani al cielo, con la destra che impugnava la sua amata lancia, e il raggio blu salì fino al cielo.
Come una cometa, quella luce si staccò da lui, scomparendo sempre di più tra le nuvole in alto sopra di loro.
Questione di attimi, e ritornò, a pochi metri di fronte Arkantos.
E poi videro lei.
Una donna alta, magra, vestita di una bellissima tunica bianca con pizzi e merletti dorati.
Aveva un elmo da guerriero acheo sulla testa, e una civetta sulla spalla sinistra.
La sua pelle era più bianca di quella di Biancaneve, e portava i capelli neri e corti, che più a Mary Margaret ricordavano quelli di Audrey Hepburn in “Vacanze Romane”.
«Ben ritrovato, amico mio. Hai compiuto il tuo destino, a quanto vedo»
«Si, nobile Atena» rispose Arkantos, mentre tutti gli altri osservavano in silenzio.
«Allora io ti aspetto. Quando sei pronto, prendi la mia mano»
«Arkantos…» fu Ercole stavolta a parlare «Cosa vuole dire?»
«Lo sai anche tu, vecchio mio. Lo sanno molti di voi… Avevo promesso ad Atena di rinunciare alla mia lunga vita mortale il giorno in cui avrei ritrovato la mia patria. L’Olimpo mi aspetta, da oggi sarò anche io un Dio»
«Ma vuoi andartene proprio ora? Ora che hai ritrovato la tua casa?»
«La mia parola è sacra… E come aveva già detto Uncino, sento anche io che quest’isola non può più essere abitata, ma solo visitata per breve tempo. Non voglio che qualcuno metta di nuovo a rischio la sua esistenza… Anthimos?»
«Si, Ammiraglio?»
«Quando tornerai ad Atene, consegna questa a mio figlio Castore. È la spada di Atlantide, la mia eredità. Raccontagli quanto hai visto oggi, digli che gli voglio bene, e che è giunto il momento che la nostra patria resti solo nel nostro cuore, che nessuno deve cercarla più. È tempo che gli Atlantidei si fondino con il resto dei popoli Greci. La nostra civiltà è finita 10 anni fa, ma visto che non siamo diversi dagli Achei, questa fine è solo un nuovo inizio per noi»
«Si, mio signore» e poi il giovane luogotenente prese la piccola spada lucente senza dire altro, visibilmente commosso per tutto quanto.
«Arkantos, ci conosciamo poco per cui non so questo quanto possa avere valore, ma penso che ci mancherete, mancherete a tutti noi» affermò David
«Lo stesso vale per noi di Albion. Porteremo sempre il vostro ricordo con noi»
«Ha molto valore per me, invece. David, Artù, siete dei grandi guerrieri oltre a che delle persone veramente pure di cuore. Aver combattuto con voi è stata la cosa migliore che ho fatto dopo tanto tempo. E per quel che riguarda voi, Capitan Uncino, io vi ringrazio infinitamente.
Mi avete riportato per un’ultima volta a casa, oltra a concedermi l’emozione di un ultimo viaggio in mare. È stato un onore aver veleggiato con voi!»
«Dovere, Ammiraglio!»
 
Ercole era commosso, Aiace pure ma con il suo spirito da duro guerriero riusciva a nasconderlo.
Chirone si accorse di entrambi, così affermò:
«Suvvia, ragazzi, questo non è poi un vero addio»
«Il nostro maestro ha ragione. Essere un Dio non mi impedirà di rivedervi. Non so quando, ma chi lo sa, magari combatteremo di nuovo insieme un giorno»
Arkantos abbracciò sentitamente sia Ercole, che Aiace, e poi si rivolse a Chirone
«Arrivederci, maestro, e grazie di tutto quello che mi avete insegnato»
«È stato un onore e un privilegio poter trasmettere la mia sapienza a un uomo nobile, coraggioso e umile come voi. Buona fortuna, ragazzo mio»
Arkantos salutò infine tutti quanti, compresi Megara e i ragazzini di Ercole, e poi tornò da Atena.
Le toccò la mano, e in quel preciso istante una luce abbagliò tutta la zona.
L’ammiraglio di Atlantide era diventato un Dio.
Manteneva la sua solita divisa, che trasmetteva però un’aurea bianca lucente.
E in testa aveva un elmo molto simile a quello che portava Atena.
Da essi uscì una nuova luce blu fino al cielo, una sorta di tubo magico verso i cieli.
23 fortunati assistettero a una scena fuori dal comune, finché i due Dei non sparirono tra le candide nuvole.
 
Senza dire altro, tutto l’equipaggio tornò sulla Jolly Roger.
Uncino fece un’altra volta rotta verso la Grecia, dove approdò ad Itaca.
Il tempo di salutare Ulisse, Penelope, Telemaco, congedarsi per l’ultima volta da Aiace, Chirone, Ercole e tutti gli altri Elleni che avevano conosciuto, e Killian Jones fece gli straordinari, dirigendosi lestamente ad Albion.
Lasciò sulla spiaggia di Dintagell Artù e Merlino, da dove videro poi la nave pirata, diretta a Storybrooke, ripartire e scomparire tra le nuvole.
Per sempre?

FINE 
   
 
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