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Autore: xX__Eli_Sev__Xx    05/03/2016    1 recensioni
È strano pensare che per una volta a salvare la situazione non sia stato Sherlock Holmes, ma la sua nemesi, James Moriarty. Ma quando il suo volto compare sugli schermi di tutto il paese, Sherlock sa bene che non può essere Jim, l'autore di quel messaggio. Qualcun altro sta tentando di trattenerlo a Londra. Qualcuno che sta tentando di ottenere qualcosa da lui. Qualcuno che conosce i suoi punti deboli e sa come sfruttarli a suo favore. Qualcuno che si spingerà così oltre da riuscire a stravolgere completamente il mondo di Sherlock Holmes, un mondo che il giovane consulente investigativo aveva sempre dato per scontato.
Questa volta, Sherlock non si ritroverà ad affrontare un semplice criminale, ma dovrà fare i conti anche con se stesso e con le proprie ombre e come sempre non sarà solo.
Il gioco è ricominciato.
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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This is war
 

The confession

 
 
 La febbre era passata in un paio di giorni.
 Sherlock era tornato alle sue occupazioni abituali, risolvendo casi e occupandosi dei suoi esperimenti, senza parlare di ciò che era successo la notte in cui aveva lasciato Baker Street per rifugiarsi da Lestrade.
 John aveva tentato più volte di tirar fuori l’argomento, sapendo che avrebbero dovuto parlarne presto o tardi e soprattutto che lui avrebbe avuto bisogno di spiegare perché aveva agito in quel modo, ma il consulente investigativo aveva prontamente evitato l’argomento chiedendogli di non parlarne più e che tutto sarebbe stato esattamente come prima fra loro. Nonostante ciò, il medico sapeva di aver ferito profondamente il suo migliore amico, anche se lui tentava di non darlo a vedere, perciò aveva deciso di lasciargli i suoi spazi: non lo seguiva sulle scene del crimine se non era lui a chiederglielo, non poneva domande scomode, non lo infastidiva e limitava al minimo i rimproveri per il suo disordine.
 
 John varcò la soglia del carcere con passo svelto e risoluto. Si era ripromesso di farsi forza e andare da Mary per parlarle ed era arrivato il momento, dopo quasi due mesi di lontananza, di farlo.
 Quando la guardia aprì la porta della sala visite, l’uomo la vide – seduta ad un tavolo ai lati della sala, le manette ai polsi, il viso pallido e stanco – e la raggiunse. Prese posto sulla sedia di fronte a lei e la osservò per qualche istante.
 La donna gli sorrise. «John» disse dolcemente. «Sono felice di vederti.»
 John rimase impassibile. «Perché?» chiese, dopo un momento.
 Mary sospirò e l’espressione sul suo volto mutò.
 «Non credevi che fossi qui per parlare di noi o a fingere che non sia successo nulla?» chiese l’uomo, sentendo la rabbia montare dentro di lui. «Sei un’assassina, Mary, e il fatto che tu sia mia moglie non cambia le cose.»
 «Credevo che, in quanto mio marito, saresti venuto prima da me.»
 «Sei già fortunata che io sia qui adesso.»
 La donna scosse il capo. «Ciò che c’è tra noi non conta più nulla?»
 «Che c’era.» la corresse il medico.
 «Quindi la nostra storia finisce qui?» domandò lei. «Senza spiegazioni, senza possibilità per me di redimermi e chiedere scusa?»
 John spalancò gli occhi. «Non so se ti rendi conto di ciò che stai dicendo.» esordì, stringendo i pugni sotto il tavolo. «Per la miseria, Mary, hai ucciso Mycroft a sangue freddo, senza una ragione. Era il fratello di Sherlock e non aveva fatto nulla di male. E tu l’hai ucciso.» disse con voce tremante, al ricordo di ciò che aveva dovuto vedere quel giorno. «Mi è morto dissanguato tra le braccia e tu sei rimasta a guardare.»
 «Credo che Sherlock ti abbia messo al corrente del fatto che non avessi altra scelta.» replicò Mary, duramente. «Sherrinford ha minacciato di ucciderti se non avessi ucciso Mycroft. Che altro potevo fare?»
 «Chiedere aiuto? Avvertire Mycroft e Sherlock?» chiese lui di rimando. «Loro ti avrebbero aiutato, avrebbero saputo gestire la situazione e a nessuno sarebbe costata la vita. E invece, come sempre, hai voluto fare tutto da sola. La prima volta hai quasi ucciso Sherlock ed ero stato disposto a perdonartelo, insieme a tutte le bugie che mi avevi propinato, ma questa volta parliamo di omicidio. Hai tolto la vita a un uomo.»
 «Non era il primo.»
 «A maggior ragione ciò che hai fatto è ancora più disgustoso.» ringhiò John. «E io non sono disposto a perdonarti per aver ucciso Mycroft.»
 «Quando Sherlock ha ucciso Magnussen era molto meglio, vero?» replicò Mary, sporgendosi in avanti e assottigliando lo sguardo. «L’hai perdonato immediatamente, perché lui è Sherlock Holmes.»
 «Magnussen era malvagio.» fece notare John. «La cosa è molto diversa. Tu hai ucciso un brav’uomo e l’hai portato via a suo fratello, che adesso si sveglia ogni notte in preda alle lacrime, gridando dal terrore e sperando che suo fratello possa tornare. Lui ha ucciso un criminale.»
 «No, John.» lo contraddisse la moglie. «La differenza è che io sono io e lui è Sherlock. Io sono una donna con un passato che tu non riesci a tollerare, nonostante non sia poi molto diverso dal tuo, e lui è un uomo con un passato altrettanto tormentato che non solo riesci ad accettare, ma del quale sei anche parte.» affermò. «E adesso che ti sei reso conto di amarlo, sei pronto a distruggere tutto ciò che c’è stato tra noi, per avere lui.»
 John non la contraddisse, né replicò. Perché sapeva bene che sua moglie aveva ragione.
 «Tu non mi stai lasciando perché io ho ucciso Mycroft.» riprese «Tu mi stai lasciando perché ami lui.»
 «Sì, hai ragione.» confermò Watson. Infilò una mano nella tasca e tirò fuori dei fogli. Li aprì e glieli porse. «Questi sono i documenti per il divorzio; trovati un avvocato e metti una firma. Non sono disposto a patteggiare su nulla. Ricordati che con ciò che abbiamo su di te, non sei nella condizione di avanzare richieste.»
 «E affermi di odiare Magnussen.»
 Come se nemmeno l’avesse sentita, John proseguì: «Sappi che da oggi in poi non dovrai più avvicinarti a me o a Sherlock perché se lo farai non ti assicuro che ne uscirai viva.» dichiarò. «Tocca ancora Sherlock, in qualsiasi modo, direttamente o indirettamente, e mi premurerò di porre fine alla tua vita con le mie stesse mani.»
 «È una minaccia?» chiese, prendendo i documenti e studiandoli per qualche secondo.
 John si mise in piedi e si chinò su di lei, poggiando i palmi delle mani al tavolo in ferro. «È una promessa.» sibilò.
 «E così il vero amore trionfa, alla fine.» replicò freddamente. Sospirò, poi incontrò gli occhi del marito. «Spero che tu sia felice insieme a lui.»
 «Lo sarò, puoi starne certa.» assicurò il medico, indietreggiando e abbottonandosi la giacca. «Addio, Mary.» concluse, poi si voltò e uscì dalla sala, diretto a casa.
 «Addio, John.» sussurrò Mary, ma il dottor Watson era già troppo lontano per poterlo sentire.
 
 Dopo quasi una settimana di silenzio da parte del medico, il consulente investigativo, visibilmente infastidito dal comportamento del coinquilino e avendo capito che John aveva tentato di lasciargli i suoi spazi, si era deciso a fare il primo passo, chiedendogli di aiutarlo a trovare un caso da risolvere su uno dei quotidiani o sul suo sito.
 John si era quindi messo al lavoro, decisamente sollevato dal comportamento de coinquilino, che sembrava essere tornato alla normalità e si era seduto sul divano accanto a Sherlock, con una pila di giornali di fronte, alla ricerca di un caso.
 Passarono in rassegna tutti i quotidiani, il sito di Sherlock e la casella di posta elettronica, ma nulla: non c’era nessun caso in vista. Nemmeno Lestrade, che di solito andava da loro anche per casi di poca importanza si era più fatto vivo.
 «Per l’amor del cielo!» esclamò Sherlock, ringhiando frustrato. «Possibile che a nessuno in questa città sia venuto in mente di commettere un crimine? Non sanno che ci sono persone con il cervello a pericolo ristagno?»
 «Infuriarsi perché per una volta non siamo costretti a indagare sull’assassinio di qualcuno non è poi così male.» fece John, facendo spallucce e chiudendo l’ultimo giornale.
 «Non se significa dover rimanere qui ad annoiarmi a morte.» sbuffò sonoramente e chiuse il portatile con un colpo secco. «Niente nemmeno sul sito. Ah!» strillò, mettendosi le mani tra i capelli e scompigliandoli.
 John rise sommessamente. «Adesso calmati.» disse, mettendosi in piedi. «Vado a preparare un tè, anche se ti servirebbe una camomilla.»
 «Mmm…» grugnì Holmes.
 Il medico sospirò e si mise in piedi. Entrò in cucina e si mise al lavoro, riempendo il bollitore d’acqua e mettendolo sul fuoco, per poi occuparsi di preparare le tazze e il vassoio. Una volta finito riempì le tazze, sollevò il vassoio e tornò in salotto, poggiandolo sul tavolino da caffè di fronte al divano, dove Sherlock era ancora immerso nella lettura di un giornale, in cerca di un qualsiasi caso da risolvere.
 «Ecco qui.» disse John, poggiando il vassoio direttamente sul giornale e prendendo posto accanto all’amico.
 «Si dà il caso che stessi leggendo.» lo informò il consulente investigativo, volgendo lo sguardo, con un sorriso sarcastico dipinto sulle labbra.
 Watson ricambiò il sorriso e prese posto al suo fianco. «Lo so.» confermò. «Ma sono almeno due giorni che non mangi ed è arrivato il momento che tu lo faccia.» concluse, indicando il piatto di biscotti sul vassoio.
 «Mangiare è noioso.»
 «Sì, come no. Mangia.» ordinò, poi prese la sua tazza fra le mani e bevve un sorso di tè, poggiando la schiena alla spalliera del divano. Sospirò, beandosi del calore emanato dalla tazza, poi si voltò ad osservare Holmes addentare uno dei biscotti preparati per lui dalla signora Hudson. Accennò un sorriso e bevve un altro sorso di tè.
 Sherlock captò il suo sguardo e si voltò. «Cosa c’è?» chiese aggrottando le sopracciglia.
 John fece spallucce e poggiò la tazza sul vassoio. «Nulla.»
 «Mi stavi guardando e sorridevi.» fece notare il moro. «Perché?»
 «Non posso guardarti?»
 Sherlock alzò gli occhi al cielo. «Non ho detto questo. Sai bene che mi piace essere notato. La mia domanda era, se tu avessi prestato attenzione: perché mi stavi guardando con tanto interesse?»
 Watson sembrò pensarci per qualche secondo. «Perché mi piace guardarti.» rispose.
 Gli occhi dei due si incontrarono e per un lungo momento rimasero fissi gli uni negli altri. Quelli del medico, poi, si spostarono sulle labbra dell’amico, le sue bellissime labbra a forma di cuore, rosse, in contrasto con la pelle pallida del suo volto… i loro volti si avvicinarono pericolosamente. Erano tanto vicini che sarebbe stato sufficiente un leggero movimento in avanti per colmare quella distanza e baciarsi. E John lo voleva così tanto… perciò si mosse verso di lui e delicatamente poggiò le labbra sulle sue, chiudendo gli occhi e accarezzandogli il volto con una mano.
 Sherlock serrò gli occhi ed esalò un lungo respiro, irrigidendosi a quel contatto. Poi, il suo cervello si spense e la sua mente si rilassò; poggiò una mano sul fianco di John, rilassandosi sotto il tocco della sua mano, ancora poggiata sul suo viso.
 Nello stesso istante, i due dischiusero le labbra, cercando un maggiore contatto e la lingua di John penetrò la bocca di Sherlock con dolcezza, cercando la sua e accarezzandola con le labbra. Affondò le mani nei capelli color ebano del consulente investigativo e sentì le sue braccia chiudersi intorno ai suoi fianchi.
 E poi la voce della signora Hudson irruppe nell’appartamento. «Cucù!» esclamò la donna, varcando la soglia. Quando li vide, però, si bloccò. «Oh, scusatemi, non volevo interrompervi.»
 I due si separarono, rimanendo per un momento con le fronti a contatto. Poi John si voltò verso di lei. «Non si preoccupi, signora Hudson.» disse e accennò un sorriso, le guance arrossate e il fiato corto. «Non è niente di grave.»
 «Non stavamo facendo nulla di importante.» aggiunse Sherlock schiarendosi la voce e allontanandosi dal dottore.
 La donna ammiccò. «Vi stavate baciando, direi che era alquanto importante.» affermò, poi si voltò. «Ero solo passata per assicurarmi che fosse tutto a posto, ma adesso tolgo il disturbo. Ricominciate pure.» concluse e detto questo uscì, chiudendosi la porta alle spalle.
 John si voltò verso Sherlock, ma prima di poter parlare, il consulente investigativo si era già messo in piedi, dandogli le spalle, e si era avvicinato alla finestra per cominciare a suonare il suo violino.
 Dopo un momento di disorientamento, il medico decise di mettersi in piedi e avvicinarsi. «Davvero non era niente di importante?» chiese.
 Sherlock si irrigidì e non rispose, cominciando ad accordare il suo violino.
 John lo raggiunse e chiuse una mano intorno al suo polso per attirare la sua attenzione e fermarlo. «Sherlock» disse e gli prese il violino dalle mani, poggiandolo nella sua custodia e chiudendola.
 Il consulente investigativo a quel punto si volse e tentò di lasciare la stanza.
 «No, Sherlock, aspetta. Devi ascoltarmi.» sbottò John, afferrandolo per un braccio per impedirgli di allontanarsi. Lo fece voltare verso di sé. «Forse per te questo bacio non è stato niente, ma per me non è così.» esordì, puntando gli occhi in quelli blu dell’amico, che lo stava osservando senza parlare. «E quello che ho detto quella sera… ho sbagliato. So che credi che ti abbia baciato solo perché stavi soffrendo e perché credevo che ne avessi bisogno, ma non è così, non mi sono spiegato. Ti ho baciato perché volevo farlo, esattamente come quel giorno al capannone.»
 Sherlock abbassò lo sguardo.
 «Non ti avrei mai baciato solo perché mi avevi detto che mi amavi e avevi bisogno di una consolazione, non sono quel genere di persona, dovresti saperlo. Sai che non farei mai nulla di proposito per ferirti. So di averlo fatto in passato e ti chiedo scusa. Ma sappi che è mia intenzione rimediare.» John sospirò, poi prese le mani di lui tra le proprie e le strinse, cercando il suo sguardo. «Ehi… sono sempre io.»
 «So che sei tu. Ti vedo.» replicò Sherlock. «Ma so anche che quello che ti ho detto ha influenzato la tua capacità di giudizio. Credi di provare qualcosa per me solo perché ti ho confessato di amarti e perché le emozioni a cui siamo stati sottoposti hanno influenzato la visione che avevamo del nostro rapporto.»
 «Quindi vuoi dire che non mi ami più?»
 «No.» scattò Sherlock, allontanandosi dal dottore, quasi quelle parole l’avessero scottato. «Ma cosa stai dicendo? Certo che ti amo.»
 John scosse il capo. «Allora non capisco perché fai così.» disse dolcemente, accarezzandogli il dorso delle mani con i pollici. «Ti sto dicendo che provo la stessa cosa, ma tu sembri non volerlo accettare.»
 Il consulente investigativo sospirò, chiudendo gli occhi.
 «Ascolta, se l’idea che io possa fare marcia indietro ti spaventa, sappi che non accadrà. Io non cambierò idea.» assicurò. «Di quali prove hai bisogno per credermi?»
 Sherlock scosse il capo. «Non è questo, ma…» esitò. «Tu sei sposato con Mary e io non posso farvi questo.»
 «Per l’amor di Dio, Mary ha ucciso tuo fratello.» sbottò Watson. «E per la cronaca, sono andato da lei la scorsa settimana per consegnarle i documenti per il divorzio.»
 Il moro sollevò lo sguardo di scatto. «Divorzio?»
 «Sì, certo.» rispose John con ovvietà. «Non avrei creduto davvero che dopo ciò che è successo, io volessi ancora stare con lei? E con questo non voglio dire che la sto lasciando perché ha ucciso Mycroft… sì, insomma, è anche per quello… ma la sto lasciando, perché voglio te.»
 L’amico sembrò sorpreso da quelle parole.
 John sospirò. «Sai bene che non sono bravo con le parole, ma ciò che sto per dire…» si schiarì la voce. «Farò del mio meglio per farti capire ciò che provo, quindi ti prego, lasciami finire. Poi potrai protestare, se lo vorrai.»
 «Ok.»
 Il medico sorrise e annuì. «Non so da dove cominciare e come dirtelo, perciò mi perdonerai se scelgo di essere diretto…» esordì. «Non so perché non mi sono accorto di tutto questo, prima. Forse perché avevo sempre dato per scontata la tua presenza al mio fianco e ciò che avevamo era perfetto e mi rendeva felice. Ma quando ti ho perso… Dio, quando sei morto, ha fatto così male che ho preferito dimenticarti piuttosto che affrontare l’idea di averti perso per sempre. Il dolore era troppo grande e non ho potuto fare altro che cancellarti per non permetterti di distruggermi.» spiegò. «E quando sei tornato ero così felice di riaverti qui con me ogni giorno che l’idea che potessi volere di più da te non mi ha mai neanche sfiorato. Il solo fatto di vederti, di saperti al sicuro accanto a me, mi rendeva felice. E mi ha reso cieco.» abbassò lo sguardo. «Proprio come ciò che tu provavi per me ti ha reso cieco di fronte a ciò che Mary stava per fare, io non sono riuscito a vedere che ciò che provavi per me andava oltre l’amicizia. E mi dispiace.» risollevò lo sguardo. «Mi dispiace tanto, perché tu sei tutto per me, Sherlock Holmes. Lo sei sempre stato, fin dall’inizio, fin dalla prima corsa per Londra. Fin dal primo momento in cui ti ho visto al Bart’s e mi hai chiesto se ero stato in Afghanistan o in Iraq…» disse ridacchiando. «E con questo non ti sto chiedendo di perdonarmi di essere stato così cieco, perché nemmeno io riesco a perdonare me stesso per ciò che ti ho fatto. Quello che sto cercando di dirti è che…» sospirò. «Dio, Sherlock… ma ti rendi conto di quello che mi hai fatto? Hai la minima idea di quanto tu mi abbia stregato, con quei tuoi occhi di ghiaccio, quei tuoi zigomi e con quel tuo essere tu?» chiese, poi sorrise e si avvicinò, poggiandogli le mani sul petto. «Sei entrato nella mia vita come un fulmine a ciel sereno e hai illuminato ogni cosa. Mi hai riportato la pace quando la guerra mi aveva portato via ogni cosa. Mi hai reso nuovamente me stesso, nonostante fossi a pezzi e distrutto dal dolore dopo tutto ciò che avevo visto e vissuto in Afghanistan. Mi hai ridato la felicità quando non mi era rimasto nient’altro che dolore. E mi hai salvato la vita così tante volte che non riesco a capire come tu possa ancora volerlo fare, considerando che io non ti ho offerto altro che sofferenza.» concluse, sospirando. «Ti ho deluso e ferito così tante volte da averne perso il conto e non so se basterebbe una vita intera per farmi perdonare tutti i torti che ti ho fatto.»
 «Tutto ciò che ho fatto, l’ho fatto volentieri.» replicò l’altro e poggiò le mani su quelle di John, sul proprio petto. «L’ho fatto per te.»
 «Lo so.» confermò il dottore. «Il problema è che nonostante ciò, io ho continuato a ferirti senza curarmi dei tuoi sentimenti. Un vero amico non lo avrebbe mai fatto.»
 Sherlock sospirò e abbassò lo sguardo sulle loro mani. «Anche io ti ho ferito. Spesso.» aggiunse. Riportò gli occhi su quelli di John. «L’ho fatto quando mi sono buttato dal tetto del Bart’s, quando me ne sono andato per smantellare la rete di Moriarty, quando ho ucciso Magnussen e quando ti ho cacciato da Baker Street, quando tu mi avevi solo offerto il tuo aiuto. Siamo entrambi colpevoli.» fece notare. Poi sospirò. «Ma è il passato. Voglio dire… non potremmo andare avanti e lasciarci tutto alle spalle?»
 Il medico non poté fare a meno di accennare un sorriso. «Questa è un’idea magnifica.»
 Sherlock annuì e strinse le mani di John, ancora poggiate sul suo petto. «Quindi posso baciarti?»
 «Dio, sì.» rispose John, sorridendo.
 E Sherlock si chinò, catturando le sue labbra tra le proprie, circondandogli il corpo con le braccia per tirarlo verso di sé. Era la sensazione più piacevole che avesse mai provato. Quella vicinanza con John lo faceva star bene, finalmente, dopo mesi e mesi di agonia e sofferenza ininterrotti. L’aveva desiderato a lungo e adesso che ce l’aveva… il suo cuore avrebbe potuto esplodere da un momento all’altro, galoppando nel petto a quella velocità e con quella forza. Era tutto così bello da sembrare irreale, così dolce eppure così… sbagliato.
 Si allontanò di scatto, rompendo il bacio.
 John, che gli aveva circondato il collo con le braccia, affondò le dita nei suoi ricci, accarezzandogli il capo. «Ehi… è tutto ok?» chiese, aggrottando le sopracciglia.
 Holmes abbassò lo sguardo. «È solo che…» si interruppe, scuotendo il capo. Si allontanò dal dottore e indietreggiò, sentendo il cuore sprofondargli nel petto. «Io non… non posso farlo… non posso.»
 Il medico aggrottò le sopracciglia, perplesso. «Cosa? Non capisco.»
 «Questo… noi due.» rispose «Non posso.»
 «Perché?»
 «Perché tutto questo non farà altro che distruggerti.» replicò Sherlock, scuotendo il capo. «Hai visto ciò che è successo a Mycroft? E a te… e Lestrade… non posso. Non voglio continuare a fare del male alle persone che amo. Non posso.»
 John lo stava osservando, sconvolto. «Quello che è successo non è stata colpa tua.»
 «Tutti quelli che si avvicinano a me… tutti coloro che mi stanno intorno e che tengono finiscono per soffrire.» proseguì il consulente investigativo. «E quello che proviamo… quello che provo per te non farà altro che annientarti.»
 Il dottore a quel punto gli circondò nuovamente il collo con le braccia e lo tirò verso di sé. «Allora annientami, Sherlock Holmes.» sussurrò, cercando il suo sguardo. «Sono tuo… Annientami. Fa’ di me ciò che vuoi.»
 Sherlock scosse il capo. «Non posso farlo. Non posso farti questo.»
 «Nemmeno se sono io a volerlo?»
 Holmes sospirò. «Come potresti volere una cosa del genere?»
 «Io voglio te.» replicò John, risoluto. «Sei tutto quello che voglio e di cui ho bisogno. E se quello che proviamo ci distruggerà, be’… allora verremo distrutti insieme. E non credo che sarà così terribile se ad annientarmi sarai tu.»
 Sherlock non poté trattenere un sorriso. «Sei pazzo, John Watson.» mormorò, accarezzandogli i fianchi con le mani e avvicinandosi per poggiare la fronte contro la sua. «Completamente pazzo.»
 Il dottore sorrise e chiuse gli occhi. «Sì, lo credo anche io.» replicò in un sussurro, intrecciando le dita tra i suoi capelli. «Ma adesso, ti prego, possiamo tornare a baciarci?»
 Sherlock sorrise e, senza farselo ripetere due volte, si tuffò nuovamente sulle labbra di John.
 
ANGOLO DELL’AUTRICE
Ciao ;) sommersa dalla neve e immersa in una coperta, rieccomi qui con il sesto capitolo, proprio come vi avevo promesso. Per una volta ho rispettato la scadenza che mi ero prefissata ;) yeah!
Dunque, questo è il penultimo capitolo della mia storia e considerando che non ho ancora nemmeno abbozzato il prossimo, credo proprio che lo pubblicherò tra lunedì e martedì :)
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, dato che finalmente i nostri due piccioncini ce l’hanno fatta… facciamo un enorme applauso a Sherlock e John, che finalmente hanno avuto il coraggio di confessare i propri sentimenti l’uno all’altro!
A presto e grazia a tutti coloro che hanno inserito la mia storia tra le preferite/ricordate/seguite, che semplicemente leggono e soprattutto a coloro che recensiscono! Grazie di cuore per avermi fatta sentire importante ♥♥ Vi voglio bene!
Bacioni, Eli♥
 
   
  
 
   
 
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