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Autore: lolasmiley    06/03/2016    2 recensioni
Aria, una bambina di sette anni, confessa il suo più grande desiderio alla carta scrivendolo sulla letterina destinata a Babbo Natale perché, infondo, lui esaudisce sempre i desideri dei bambini.
Ashton per qualche settimana all'anno si cala nei buffi panni di uno degli elfi di Babbo Natale, è un ragazzo solitario, che cerca di soffocare e dimenticare un passato triste e complicato regalando un sorriso a chi non ce l'ha.
E' proprio lui a trovarsi tra le mani la lettera di Aria che lo commuove con le sue parole sincere e profonde. Ashton si sente responsabile, perché alla fine è a lui che la piccola ha chiesto aiuto, ma sa di non poter fare nulla. Si sente colpevole, perché non è riuscito a cambiare il “mondo dei grandi” e a renderlo un po’ meno brutto.
Sa che non è giusto quello che sta succedendo ad Aria e, che se non troverà il modo per realizzare il suo desiderio, la mattina del venticinque dicembre lei smetterà di credere nella magia, nel Natale, e si ritroverà faccia a faccia con la realtà cupa, triste e amara degli adulti.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Michael Clifford, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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(7)

All I want for Christmas

24 dicembre 2015






 I don’t care about presents 
Underneath the Christmas tree

I don’t need to hang my stocking 
There upon the fireplace 
Santa Claus won’t make me happy 
With a toy on Christmas day 
I just want you for for my own 
More than you could ever know 

 

Make my wish come true 
I won’t ask for much this Christmas 
I won’t even wish for snow 
I’m just gonna keep on waiting 
Underneath the mistletoe 
I won’t make a list and send it 
To the North Pole for Saint Nick 
I won’t even stay awake to 
Hear those magic reindeer click 
‘Cause I just want you here tonight 
Holding on to me so tight 


So brightly everywhere 
And the sound of children's
Laughter fills the air 

And everyone is singing 
I hear those sleigh bells ringing 
Santa won’t you bring me the one I really need

 

 

 

Chris si voltò prima di aprire la porta di casa e, come si aspettava, vide che Ashton era ancora lì ad attendere che lei entrasse prima di andarsene. Gli sorrise e gli fece un cenno con la mano, che lui ricambiò.

Le ricordava un po’ suo padre, quando la portava a casa di Michael e non se ne andava finché non era certo che lei fosse al sicuro in casa. Era un’abitudine che la metteva sempre in imbarazzo, mentre adesso le sembrava quasi di sentirsi fiera, orgogliosa della galanteria che Ashton le riservava.

Così, senza neanche accorgersene, per la prima volta dopo molto tempo varcò la soglia di casa con il sorriso sulle labbra. Sorriso che svanì poco dopo.

«Chris?»

Il tono della voce della madre non prometteva nulla di buono. La rossa sbuffò, chiuse a chiave e sbirciò dalla vetrata, appena in tempo per vedere Ashton andarsene.

«No, sono un ladro. Attenzione, questa è una rapina, mani in alto» biascicò Chris, già stanca di essere tornata  a casa.

«Santo Dio, hai visto che ore sono?»

Il rumore delle scarpe col tacco che trotterellavano impazienti sul parquet veniva verso di lei, così la rossa si preparò all’impatto con l’uragano Evelyn.

«Saranno le dieci e mezza» rispose senza entusiasmo. Ma scommetto che stai per dirmelo tu, con una precisione svizzera aggiunse tra sé e sé.

«Sono le dieci e trentotto!»

Eve arrivò a passo spedito, deciso, pulendosi le mani sul grembiule che aveva legato intorno alla vita -e Chris si chiese che cos’avesse combinato-  e le si parò davanti infuriata puntandole un dito contro.

«E sai che giorno è?»

«Già»

«Già? Accidenti Chris, è la vigilia di Natale, ti sembra l’ora di arrivare? Per non parlare del fatto che è stata Aria a dirmi che saresti rimasta fuori a dormire! E allora, dove sei stata?»

«Cos’è, era previsto di giocare alla famiglia felice e nessuno mi ha avvisata?» rispose sarcastica, ignorando le altre domande.

«Ma come ti permetti

Quella sembrava essere diventata una delle frasi preferite della madre, ultimamente.

Lo sguardo severo e indignato di Evelyn fece infuriare Chris, che si trattenne dal mettersi a urlare. La rossa fece un bel passo verso la madre, come per sovrastarla.

«Mi permetto eccome. Prima di tutto, devi smetterla di credere che tutto il mondo giri intorno a te. Non si tratta sempre di te, di quello che vuoi. Mi avresti voluta a casa prima per andare a trovare i Sanders qui in parte e fare la mamma di famiglia, come se andasse tutto bene? O per invitare la zia a pranzo e raccontarle di quanto bene va a scuola Aria, evitando di parlare di papà come se avesse la peste? Sei più preoccupata delle apparenze che di quello che stiamo passando io e Aria. Quando ti accorgerai che il divorzio non è una cosa solo tra te e papà? Ultime notizie: ci siamo anche noi, in mezzo a questa merda» sibilò.

Sua madre era senza parole, e Chris ne approfittò per rincarare la dose.

«Comunque, sono abbastanza grande da poter dormire fuori, la notte. E, oh, forse, se non fossi troppo impegnata a pensare a te stessa, avrei detto a te dove stavo andando, anziché ad Aria»

Dormire fuori. Chris ripensò istintivamente a quella mattina, quando si era svegliata terrorizzata in un letto sconosciuto. Poco dopo Ashton era entrato in camera, spiegandole che la sera prima si era addormentata sulla poltrona, così lui l’aveva portata di sopra per lasciarla dormire sul letto. 

Scacciò in fretta quel ricordo e ritornò al presente. Aveva concluso l’arringa, quindi salì le scale due gradini alla volta e si precipitò in camera. Si chiuse la porta alle spalle e sbuffò. Appese la giacca e la borsa, si sfilò le scarpe e si lanciò sul letto.

Si sentiva un po’ in colpa per quello che aveva detto, perché sapeva che sua madre ci sarebbe rimasta davvero male, ma in fondo era quella la verità e Chris era stanca di starsene in silenzio a guardare. C’era anche la sua vita in mezzo e aveva diritto di dire la sua. 

Non ce l’aveva poi tanto con i suoi genitori perché si stavano separando: era una cosa che poteva anche riuscire a capire. Ma come lo stavano facendo, non lo sopportava. Sembrava che non fossero mai stati una famiglia. 

Si ricordò che, all’età di circa dieci anni, aveva una compagna di classe i cui genitori erano separati, ma vivevano la situazione con una pace incredibile. Sembravano vecchi amici. Erano vecchi amici. Spesso venivano a prendere insieme la figlia a scuola, si sedevano vicini alle recite di fine anno, e la sua compagna raccontava che passavano spesso giornate insieme.

Chris si chiese se quei due fossero andati davvero ancora d’accordo o se lo avessero fatto solo per la figlia, ma in ogni caso erano ammirevoli. Le cose sarebbero state diverse, se anche i loro genitori si fossero comportati così. Sarebbe stato tutto molto più semplice.

Per un attimo Chris contemplò la possibilità di uscire dalle finestra e scappare di nuovo. 

Probabilmente Ashton non era andato così lontano nel frattempo. 

Ma no, decise che l’aveva disturbato abbastanza.

 

 

 

Cinque. Sei. Sette.

Sette squilli.

Per la quarta volta da quando aveva composto il numero, lo sguardo di Ashton cadde sull’orologio al polso. Otto squilli. Forse avrebbe dovuto riprovare più tardi.

Guardò di nuovo l’orologio: erano sempre le undici e dieci.

Al decimo squillo riattaccò e appoggiò il cellulare sul tavolo, un po’ preoccupato. Chiuse gli occhi e si massaggiò le tempie con una mano, pensieroso. Senan doveva rispondergli, altrimenti si sarebbe trovato in un gran brutto guaio. Era la vigilia di Natale, e non aveva molte altre speranze se non fosse riuscito a sistemare le cose con lui.

Sospirò e si alzò, cercando di tranquillizzarsi: aveva già preso accordi con quel vecchio irlandese squinternato, e di certo sarebbe stato di parola. Probabilmente era solo impegnato a bersi una pinta di birra prima del pranzo.

Ashton si avvicinò al lavello della cucina per prepararsi un tè, ma si accorse della macchina per il caffè ancora piena, e fece una smorfia. L’aveva preparato per Chris, il giorno precedente -per la prima volta nella sua vita-, ma se n’era completamente dimenticato. Aveva pensato che sarebbe stato carino e, se sull’alcool non sarebbe stato disposto a molti compromessi, almeno con il caffè avrebbe potuto fare un tentativo. Gli ci volle un forte slancio di buona volontà per prendere una tazza e versarvi un po’ della bevanda scura. 

La osservò per qualche secondo, poi ne bevve un sorso deciso. Il viso di Ashton si increspò in una smorfia di disgusto e se non avesse mandato giù il caffè così in fretta, ancora prima di sentirne il sapore, l’avrebbe probabilmente sputato. Era troppo amaro, freddo, e gli dava la sensazione di bere qualcosa di scaduto. 

Il ragazzo stava già per rovesciare il contenuto della tazza nel lavandino quando si disse che sarebbe stato uno spreco e avrebbe almeno potuto fare un’altra prova, così mise la tazza nel microonde e scaldò il caffè, nella speranza di migliorarne il sapore. Restò in piedi ad osservare la tazza che girava nel piccolo forno, e non appena scattò il classico ding, Ashton si riprese la tazza e ci verso due cucchiaini abbondanti di zucchero, mescolò e prese un altro assaggio.

Rovesciò la tazza e ciò che restava del caffè nel lavandino, spazientito.

Non faceva schifo come prima, questo era sicuro, ma Ashton trovava che quel sapore fosse di gran lunga lontano dall’idea di buono

Aveva già preso in mano il bollitore per farsi un tè, quando il suo telefono iniziò a squillare.

 

 

 

Chris giocherellava distrattamente con le posate, in attesa che anche sua madre e sua sorella finissero di mangiare per poter sparecchiare e alzarsi da tavola. Era scesa di malavoglia, solo perché aveva fame.

Aria era corsa ad abbracciarla e le aveva fatto delle domande a cui la sorella non aveva dato molto risposte a causa della presenza di Evelyn, che restò a lungo in silenzio e alla fine chiese alla bimba se volesse mettere su una dvd di un cartone animato. Aria aveva accettato entusiasta ed era andata a prendere Red e Toby.

A Chris era palese che la richiesta della madre era un modo per evitare possibili conversazioni con lei, e la cosa non le dava affatto fastidio. Nemmeno lei ne aveva voglia.

Quando finalmente Chris si alzò per sparecchiare, la vecchia signora Tweed stava abbandonando Red nella foresta cantando una canzone piuttosto deprimente. Chris si affrettò per risparmiarsi quelle scene che la intristivano ogni qual volta vedesse il cartone animato e andò a rifugiarsi in salotto. Si rannicchiò sulla sua poltrona e controllò se qualcuno le avesse scritto. O meglio, se Ashton lo avesse fatto. Si ritrovò a bloccare di nuovo il cellulare, un po’ delusa.

Non si erano organizzati per quando vedersi la prossima volta. Chris si intristì, rendendosi conto che, essendo la vigilia, probabilmente non lo avrebbe rivisto per un po’. Non aveva scoperto molto sulla sua famiglia, ma dubitava che Ashton avrebbe passato da solo i giorni successivi. 

In ogni caso, di certo non poteva continuare a presentarsi da lui ogni giorno, un po’ perché le sembrava di comportarsi da disperata e un po’ perché non voleva assillarlo, e tantomeno poteva tornare da lui proprio il giorno di Natale. 

Gli avrebbe mandato un messaggio? Forse avrebbe potuto chiamarlo.

No, sarebbe stato meglio scrivergli, probabilmente sarebbe stato occupato. Però il giorno successivo avrebbe potuto chiamarlo! O il ventisette, quantomeno. Gli avrebbe chiesto che aveva fatto a Natale, magari, e quando avrebbero potuto rivedersi. Calcolò che, anche essendo ottimisti, avrebbe dovuto aspettare almeno fino al ventotto o ventinove dicembre.

Sospirò.

Le piaceva stare con lui, anche troppo. Era gentile, simpatico, interessante, ed era così facile essere felice quando stava insieme a lui. E ovviamente lo trovava affascinante. Nessuno avrebbe potuto negare che lui fosse un bel ragazzo.

Avrebbe voluto sapere di più su di lui. C’era qualcosa che le nascondeva, era ovvio, e questo le dava un po’ fastidio. Ashton aveva detto di volerla aiutare ed ascoltare, e anche lei avrebbe voluto fare la stessa cosa per lui. Forse se lei avesse fatto la prima mossa, poi anche lui si sarebbe aperto con lei.

Chris si accorse di volere davvero che lui si fidasse di lei. Si chiese se lei fosse davvero pronta a fidarsi di lui.

«Chris, mi aiuti a fare i biscotti?» la chiamò Aria dalla cucina. Probabilmente il catone animato era finito.

«I biscotti? Perché vuoi metterti a fare i biscotti?» Chris si alzò e raggiunse la sorellina in cucina, che stava già cercando gli ingredienti nella credenza.

«Aspetta, ti aiuto» 

«Grazie! Prendi anche le gocce di cioccolato! E le formine!»

Chris appoggiava man mano il necessario sul tavolo, e appena trovate le formine Aria aprì la scatola alla ricerca di quelle più belle.

«Non ti piacciono quelli che aveva portato la nonna?» chiese Chris, sperando di poter evitare una seconda sessione culinaria.

«No, cioè sì, ma questi sono per Babbo Natale!» spiegò la sorella.

«Ah»

«Sai, gli ho chiesto una cosa un po’... difficile. Si merita dei biscotti speciali!»

Ah, pensò Chris, e io adesso cosa le dico? 

Poi le venne in mente che l’indomani sarebbe stato Natale. E Ashton le aveva promesso che avrebbe migliorato il loro, ma non le aveva più detto nulla.

Chris si afflosciò sulla sedia, improvvisamente abbattuta. 

Se n’era dimenticato? No, non avrebbe potuto, insomma... Ma non le aveva più chiesto niente, né le aveva parlato di qualche grande idea. Non aveva sperato davvero che lui riuscisse a fare un miracolo, ma si aspettava che ci provasse. E se non l’avesse fatto? Lei non aveva pensato a nessun piano di riserva perché, in realtà... era stata lei, a dimenticarsene. Era stata così presa da lui da scordarsi del resto. Non si era resa conto del tempo che passava e che Natale era alle porte. O meglio, sapeva benissimo che fosse il ventiquattro dicembre, ma non aveva ancora pensato a che cosa questo avrebbe comportato. 

Si sentì una sorella orribile.

«Chris? Chris? La bilancia. Qui ci sono scritti i grammi ma mi serve la bilancia... Chris?»

«Come?» la rossa alzò lo sguardo incerta.

«La bilancia!» esclamò Aria, impaziente.

«Ah. Giusto»

«Stai bene?»

«Sì, sì, tutto bene» Chris si alzò per prendere la bilancia e la passò alla sorella. 

«Comunque, vedi... Ecco» farfugliò Chris «sì, be’, non sempre Babbo Natale riesce ad accontentare tutti. Lui fa... del suo meglio. Davvero. Sai, una volta da piccola gli ho chiesto una casa delle bambole, e mi ha portato il camper. Ma, ehi, era forte. Quindi, sì insomma, magari non ti porterà proprio quello che hai chiesto, ma sarà comunque qualcosa di bello» cercò di spiegare, preoccupata.

«Scommetto che ce la farà! Ce la deve fare! E gli preparerò i biscotti! Dai, dammi una mano»

Chris sospirò, preoccupata. Si sentiva in colpa. Avrebbe dovuto pensarci prima. Avrebbe dovuto trovare un’altra soluzione in questi giorni, e non passarli a divertirsi. 

«Aspettami, devo fare una cosa. Torno subito» annunciò la rossa, correndo fuori dalla cucina.

 

 

 

«Che mi vai combinando, eh, ragazzone?»

«C’è tutto?» chiese Ashton, ignorando la domanda, prima di chiudere il bagagliaio della sua auto.

«Mi prendi in giro? Dico, ti ho mai deluso, eh? Certo che c’è tutto. Ho controllato, due volte» annunciò fiero Senan, accarezzandosi la barbetta sul mento. 

Non era così vecchio come poteva sembrare. I capelli, la barba e le sopracciglia erano diventati bianchi prima del previsto e non c’era il minimo cenno di qualche ciuffo brizzolato, probabilmente perché i capelli erano stati rossi, ma gli occhi, azzurri, erano ancora piuttosto vispi. Aveva l’aria da vecchio marinaio, con quel giaccone blu scuro ormai logoro e la pipa.

Ashton lo ringraziò sorridente e gli strinse calorosamente la mano, poi Senan gli batté una pacca sulla spalla.

«Mi raccomando» gli disse, guardandolo dritto negli occhi «non rovinarmi nulla. Ci campo, con quella roba»

«Mi prendi in giro? Dico, ti ho mai rovinato qualcosa?» lo canzonò il ragazzo, guadagnandosi un’altra affettuosa pacca, stavolta dietro la testa.

«Sta’ attento» ridacchiò il vecchio. Gli fece un cenno con la mano e se ne andò fischiettando.

 

 

 

Chris entrò nell’ufficio della madre -sapeva che Eve si era rinchiusa lì dopo il pranzo- senza bussare. Restò ferma sulla soglia per un secondo.

«Ho chiamato papà» annunciò, con voce atona «l’ho invitato a pranzo, domani»

Evelyn posò le carte che stava leggendo e lanciò un’occhiata rapida alla figlia, poi annuì in silenzio.

«Mi ha detto che l’avevi già fatto tu» 

La donna non rispose.

«Be’. Grazie» farfugliò Chris. Tacque un secondo, in attesa di una risposta, che non arrivò, da parte della madre, poi se ne andò com’era venuta.

Evelyn si sfilò gli occhiali e si abbandonò sullo schienale della sedia. Fece un respiro profondo e si coprì gli occhi prima di scoppiare a piangere.

 

 

 

 

 

Salve mici! Come state? Come vi va la vita?

Io sono a casa con la  febbre da mercoledì! Che tristezza. Ho visto tipo ottocento puntate del nuovo cartone animato di alvin superstar (che degrado)... poi sto prendendo un antibiotico, e siccome non ne prendo uno da quando avevo tipo sei anni ero terrorizzata perchè pensavo di dovermi bere uno sciroppo ma a quanto pare sono considerata un’adulta e mi hanno dato le pastiglie (aka siluri stingray)

Comunque io ve l’avevo detto che ashton era stato in prigione (è lì che ha conosciuto senan lo spacciatore di bastoncini findus) HAHAHA e boh questo è un capitolo un po’ triste se non fosse per ashton che a momenti sputacchia caffè

Adioss, vivibi ♥

 
  
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