Anime & Manga > Lady Oscar
Segui la storia  |       
Autore: tixit    06/03/2016    4 recensioni
Sottotitolo: Quel che si fa per amore.
Una famiglia riunita per Natale, un ospite, anzi... più di uno, e un rametto di vischio.
Aggiungiamo una richiesta insolita, la prova generale di un concerto, uno slittino, delle frittelle, qualche bacio, molte chiacchiere.
Qualcuno si farà dei nuovi amici. Qualcuno dirà la sua. Qualcuno ascolterà cose che non faranno piacere.
Qualche personaggio è inventato, ma bazzica dalle mie parti da tempo per cui è come se fosse di famiglia - non serve conoscerli: li conoscerete. Oscar, André, le sorelle di Oscar (una in particolare), Madame Marguerite, il Generale, Girodelle ed i suoi fratelli, il padre di Girodelle e il fratello del Generale - ognuno con i suoi pensieri per la testa.
******
Come al solito risistemo - piccole variazioni, la storia non cambia. Revisionato fino al capitolo 10
Genere: Commedia, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Madame Jarjayes, Oscar François de Jarjayes, Sorelle Jarjeyes, Victor Clemente Girodelle
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Sigyn la rossa'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ringraziamenti: a Tetide, a Françoise e a Katia, che leggono questa storia, facendomi compagnia.




Per avere un bacio da Gerd

Monsieur Henri, il gomito appoggiato al marmo del camino, si guardò allo specchio spassionatamente - doveva smettere di parlare di Oscar con Augustin, decise. O sarebbe impazzito.
Era come parlare di certe cose, sempre le stesse, con Maxence ed Alexandre: una esperienza  intellettualmente stimolante, per carità  (di certo i suoi figli non lo avrebbero fatto arrivare alla vecchiaia rimbecillito, ammesso che non venisse colto, prima, da un infarto). Una esperienza a tratti pure sorprendente, specialmente con Alo che, se messo alle strette, aveva l’animo del sofista.

Ma, diciamolo, una esperienza, per lo più, inconcludente.

La vera frustrazione di un genitore, decise, se questo si interessa sul serio di ciò che fanno i figli, è l’impossibilità di trasmettere una esperienza: sarebbe bello poter allungare ai propri ragazzi un pacchetto con dentro alcune delle proprie cretinate, scelte nel mazzo, e dire “Ora sai.”

Ma non funzionava così.

Fece un brindisi alla sua immagine con il bicchiere di limonata e sospirò: i ragazzi avevano dovuto imparare a camminare cadendo sui pavimenti di Palazzo Girodelle… e avevano imparato ad usare il calamo rovinando la punta e macchiando il foglio.
Si imparava facendo errori.
Si cresceva facendo esperienze.
La scelta di lasciargli una bella dose di autonomia l’aveva presa da quando erano in fasce, in braccio alla sua ragazza, sull’isola di Jersey - li avevano fatti nascere lì, tutti e due quei furfanti, in una dependence della casa del Vecchio.
Lei la pensava esattamente come lui, almeno su questo. Scosse la testa con un un’ombra di un sorriso “chi è causa del suo mal…”.

Si guardò con attenzione nel riflesso: chi era mai lui, in fondo per dire ad Augustin cosa sarebbe stato o non stato nel futuro? Ma cosa diavolo ne sapeva?
Lui era solo un uomo e doveva smetterla di dire ad un altro uomo cosa avrebbe dovuto fare in casa sua!

Osservò il riflesso delle altre persone nella stanza: da una parte, vestita di blu, in abiti maschili, Oscar, la bambina, stava parlando, tutta concitata, con il ragazzino dai capelli neri.
La vide allontanarsi dal suo piccolo amico con uno sbuffo irritato per poi puntargli l’indice sul braccio rimarcando ogni parola che gli stava dicendo.
Il rapporto tra quei due, al momento, era ben delineato: lei, il Comandante, che dettava ordini e lui, l’Attendente, disposto a seguirla nei suoi piani senza discutere. Come durante il duello di poco prima - un ragazzino paziente.

Dall’altra Horthense, vestita elegantemente di blu pure lei, ma da donna, stava parlando, tutta composta, con Madame Marguerite, le mani morbidamente intrecciate in grembo.
Uno dei suoi figli, lui lo sapeva, scriveva versi sulla giovane Jarjayes - Ghiaccio Blu.
Non lo avrebbe dovuto sapere - il ragazzo non gliene aveva mai parlato, non aveva mai chiesto nulla, nemmeno che lui sondasse con Augustin… Ma lui sapeva.

Quei versi sembravano un lamento sui calli, una cosa terribile, una volta durante una marcia forzata gli era venuta una vescica ed aveva sofferto come un cane… ecco suo figlio scriveva cose di quel tipo lì - i tormenti di un amore non corrisposto…
In un certo senso era una fortuna che Horthense non ricambiasse... erano troppo vicini come età: lui avrebbe dovuto farsi una posizione, o, quanto meno, mettere la testa a posto, prima. Augustin lo avrebbe preteso.
E lei non avrebbe avuto tutto quel tempo - il loro era un mondo in cui si invecchiava presto e spesso anche male: non era giusto far aspettare troppo una bella ragazza…

Così suo figlio non aveva chiesto una ragazza che non lo voleva, e si era messo a scrivere  versi di cui tra un paio di anni si sarebbe vergognato - non avrebbe dovuto, i versi erano orribili, ma il sentimento che c’era dietro no.
 

Tornò ad osservare le due ragazze con attenzione.
Tutte e due le piccole Jarjayes volevano qualcosa, decise, ed ognuna delle due stava facendo le sue mosse, alla sua maniera, per ottenere questo qualcosa. Chissà di che si trattava. Probabilmente - sicuramente - non la stessa cosa.
 

Oscar ed Horthense, così, viste nel riflesse dello specchio, con tutte quelle decorazioni in bronzo dorato, sembravano dentro un quadro, rifletté: Passato e Futuro.
Solo che il futuro di Oscar non sarebbe mai stato “essere Horthense”.

Però… il pensiero lo colpì all’improvviso, lui si preoccupava sempre per la bambina. Anche stasera ne aveva voluto parlare con Augustin, indirettamente; a spingerlo era quella strisciante sensazione di colpevolezza di quando si è testimoni di qualche bastardata, a cui non si ha il coraggio di opporsi in modo deciso, ma nemmeno la capacità di assolversene dicendo che in fondo non sono fatti propri. Ma in fondo… neanche Horthense aveva mai sperimentato cosa volesse dire “essere Oscar”. E nessuno si preoccupava di questo.

Aveva bisogno di aria - decise di andare a cercare i suoi due furfanti: o l’autorità di Victor era stata allegramente messa in discussione dai due più grandi, cosa possibilissima - anche se il minore non si arrendeva dinanzi al dettaglio di essere solo il minore - o era successo qualcosa che non avrebbero voluto che lui sapesse  e stavano coprendo tutte le tracce. In tre.
 


Maxence interruppe Sigyn infastidito “Sentite, io questa cosa tutta femminile di cominciare una storia dalla fine e di andare poi a balzelloni non la sopporto per niente. mi è chiaro che tu, Victor, sai chi è questo Loki, ma io non ne so nulla… Questa nave… questa fatta con le unghie dei morti…”

“Si?” chiese Sigyn sgranando gli occhi.

“Se è la fine del mondo, direi che è proprio il fondo della storia, giusto?”

Alo inarcò un sopracciglio “Se il mondo si riduce in cenere, direi che non resta molto di cui narrare, dopo.”

Clément accarezzò distrattamente la treccia di Sigyn, che si scostò scontrosa “Non è esatto, poi succedono ancora delle cose: è un mito che potrebbe simboleggiare un ciclo…una ripartenza…  in fondo il Diluvio Universale non è la fine, e nemmeno l’Apocalisse è la fine...”

Alo sogghignò “Vallo a dire ai vicini di casa di Noè, che non fu la fine…”

Clément lo rimbeccò “Tu guardi sempre il dettaglio, ma è la visione di insieme che conta: tutti gli uomini muoiono prima o poi, ma è l’umanità che, ostinata, resta…”

Alo rispose tagliente “Ora mi citi Seneca? A me? Homines quidem pereunt? Guarda che l’ho tradotto qualche anno prima di te… e con lo stesso precettore. Forse anche lo stesso libro!”

“E anche nella stessa casa… sedendo sulla stessa sedia, allo stesso tavolino e… pensa un po’... respirando la stessa aria…” lo prese in giro il ragazzino.

“A me un ciclo che si ripete identico sembra strano…” disse Maxence, interrompendoli, “ma vorrei sapere di più su questo Loki, come ci è arrivato su quella nave? Da dove le ha prese tutte quelle unghie? Con cosa le tiene insieme? Ma poi perché una nave fatta di unghie?“

Alo era pensoso “Secondo me è una metafora: siccome le unghie non sono enormi e, comunque, crescono molto lentamente, per me vuol simboleggiare che ci volle molto tempo per costruirla - i disastri non arrivano mai all’improvviso, ma covano a lungo, iniziano da una cosa da nulla, e poi si nutrono di piccole cose, quasi senza peso, giorno per giorno...”

Victor Clément lo guardò interessato “E’ una bella interpretazione, sai? Non ci avevo mai pensato... non penso sia filologicamente corretta, ma ha un suo fascino… quanto a te Maxence, che non credi ai cicli che si ripetono uguali… ti ricordo che ogni anno festeggi il solistizio di inverno... ”

“Io festeggio il solistizio d’inverno?” disse Maxence incredulo “io? ma da quando? ma che dici?”

Alo lo guardò da sotto in sù “Lo festeggi.” disse con un tono che non ammetteva repliche, “è una festa pagana di cui i Cristiani si sono appropriati per il Natale. Se festeggi il Natale, e lo festeggi, allora festeggi anche il Solistizio d'inverno.”

“Ah si! certo... dimenticavo... se ne sono impadroniti giusto l'altro ieri…” Maxence fece un sorriso sornione, “e per fortuna che ci siete ancora in giro voi due a tenere alta la bandiera del mondo pagano… Topolina, per piacere, lasciali perdere e continua…”

Sigyn arrossì,“Cosa vuoi sapere?” chiese a Maxence con cortesia, evitando accuratamente di guardare Clément, che non si spostava di un pollice da dietro di lei.
“Comincio da dove vuoi...” aggiunse.

“Cominciamo dal Natale, cioè la nascita, che ne dici? Loki di chi è figlio? di Odino?” chiese Maxence.

“No, non è figlio di Odino, è Loki Laufeyson, figlio di Laufey… mettevano il son per dire figlio di e il dottir per dire figlia di, Horthense, per esempio, sarebbe Augustindottir…”

Maxence annuì, soppesandola con lo sguardo - usare come esempio Horthense, cuore di ogni cuore, andava bene, sempre e comunque, ma… non gli era sfuggito che non aveva usato come esempio Oscar… Augustinson o Augustindottir? Ci sarebbe stato da discutere, meglio lasciare da parte Monsieur Oscar per un esempio grammaticale - troppo imbarazzante - ma perché non aveva usato se stessa? Sigyn Augustindottir non le piaceva, forse?

“Henri Elie Maxence Henrison...” le disse con un sorriso, incoraggiandola, ma la ragazzina non colse l’invito e proseguì tutta seria: “Non viene nemmeno dallo stesso luogo… anche se… ad essere proprio precisi... ma forse è meglio se cominciamo ancora un pochino prima: devi sapere che esiste Asgard, che è dove vivono gli Aesir. Non è una città: in realtà è un enorme, immenso ed unico castello, al cui interno svettano dodici palazzi. Sono quelli principali, ma non sono i soli, alcuni sono di oro massiccio, altri di oro hanno solo le porte, altri gli interni… uno è tutto di vetro ed è lì che Idun coltiva le sue mele.”

“Un mondo ricco e pieno di delizie.” riassunse Maxence, con cortesia.

“Si, un luogo imponente, lussuoso, dove tutti hanno tanto e possono moltissimo. Sono Dei. Vivono nel bello. E’ anche un luogo dove si recano i guerrieri in visita da altri mondi, per rendere omaggio, chiedere aiuto, o avere il permesso di fare qualche cosa…”

“Ho inquadrato il tipo di posto…” le disse Maxence.

“Bene," gli sorrise, "Asgard è il luogo che appartiene ad Odino, e a cui Odino appartiene. Lui comanda e non si fa chiamare Re, ma Generale e Padre di Tutti.”

“Un solo re, un solo popolo, una sola religione…” mormorò Alo, con un’ombra di sarcasmo.

“E Loki ad Asgard che fa ?” chiese Maxence andando dritto al punto.

“Loki non è di Asgard...” disse la ragazzina incerta.

Clement si intromise “Loki è di Asgard! Non diciamo sciocchezze! Lui lì ci vive, eccome! E lì si comporta anche malissimo!”

“Slitta?” chiese Alo con aria di finta innocenza.

Sigyn arrossì, ma Maxence le fece cenno di continuare e di non badare a quei due deficienti dei suoi fratelli.

“Un ponte, Bifrost, congiunge Asgard alla Terra di Mezzo, che è il mondo degli uomini.” guardò i ragazzi per vedere se la stavano seguendo, e quelli fecero un cenno di assenso, “E poi esiste Jötunheimr, che è il mondo degli Jotun, un mondo nordico, dove arriva il ghiaccio ed arriva la neve, dove il vento a volte può soffiare gelido e dove esistono luoghi dove si può camminare e non incontrare nessuno, solo il silenzio...”

“Ma che posto orrido!” commentò Alo.

“No, per niente” la ragazzina era irritata e si sedette su uno sgabellino basso, accanto al fuoco, allontanandosi da Clément. “Non è orrido per niente! Quanto al silenzio... lo zio Jean-Claude dice sempre che il silenzio è la voce di Dio...è solo un posto diverso.”

“La topolina ha ragione” disse Maxence conciliante, “diverso non è per forza brutto”.

“Diverso è diverso” tagliò corto Alo, “il diverso non piace a tutti. Anzi, non piace quasi a nessuno!”

Sigyn trattenne il fiato e lo guardò per un attimo amareggiata, poi proseguì “La loro capitale era Utgard. Gli Jotun non usavano l’oro per le loro case, ma scolpivano il ghiaccio, o facevano gelare l’acqua in modo che assumesse le forme che a loro piacevano: usavano ciò che avevano in armonia con il loro mondo e quello che aveva da offrire, prendendo solo ciò che a loro serviva...”

“Erano dei selvaggi, non erano Dei.” disse Clément infastidito. “Erano crudeli e violenti, Barbari, dalla pelle azzurrata e coi muscoli di acciaio sui tendini nervosi… erano lupi dagli occhi rossi di fiamma! E alcuni erano giganti che giravano con la clave vestiti di pelli, capaci di mangiare chiunque avessero incontrato!”

“Non erano selvaggi! Non erano Asgardiani, tutto lì!” disse Sigyn arrabbiata. “Alcuni erano Guerrieri potenti, altri erano Maghi...Alcuni erano ingegnosi architetti ed inventori… e io immagino sempre la reggia di Utgard fatta di ghiaccio con vari gradi di opacità e trasparenza, dove la luce si riflette e si separa come in un prisma, il ghiaccio imprigiona, intrappola, congela ed uccide, è forza, però col calore si scioglie e da l’acqua, è vita… un posto luminoso e spesso silente… un posto con tanti toni di blu!”

Per un attimo la bambina pensò allo Studio del Nonno Antoine, alla sua poltrona-à-dome ricoperta di stoffa indiana di color indaco, blu di Persia, blu Marino, blu Egiziano e un po’ di rosso cupo e al tappeto della Savonnerie color zaffiro, dove lei si accoccolava quando il Nonno le leggeva una storia. Stasera gli avrebbe scritto per raccontargli di questa giornata - non proprio tutto, magari...

Il Nonno alla sera avrebbe preso il tè da solo, senza di lei... ma ci sarebbero stati i suoi gattini a tenergli compagnia e a fargli le fusa. Sperò che l'Asciutta si fosse ricordata di infornare i biscotti e di farlo uscire a passeggiare, anche se faceva freddo... arricciò il nasino, se non c'era lei a tenere certi dettagli sotto controllo...

Clément alzò gli occhi al cielo. “E' un discorso da favola… In realtà stiamo parlando di un luogo desolato, dove l’unica compagnia era il soffiare del vento e l’ululare dei lupi… e dove l’unica alternativa all'annoiarsi a morte era giocare con il ghiaccio... una vera delizia.”

“Immagino che Jotun e Asgardiani non andassero molto d’accordo. Si odiavano?” chiese Maxence, con un sospiro.

“Si e no: gli Jotun erano i Giganti del Ghiaccio ed erano banditi da Asgard, e la gente di Asgard non li amava. C’era guerra tra loro, battaglie sanguinose, e a volte scontri tra singoli abitanti di un mondo e dell’altro. Però a volte collaboravano. E alcune volte un Aesir scopriva di amare uno Jotun o una Jotun, e a volte un Aesir la pretendeva: Freyr osservò gli Jotun dal Trono di Odino, da dove si potevano osservare luoghi lontani in tutti i Nove Mondi.
Vide una Jotun, di nome Gerd. La vide che faceva una cosa semplicissima: stava andando verso la dispensa della casa di suo padre, ma qualcosa di lei lo colpì e lui continuò ad osservarla da lontano per tanto tempo finché ad un certo punto il cuore non gli fece male nel petto.”

“E così la chiese in sposa, ma lei lo rifiutò dicendogli un mare di sciocchezze sul fatto che non sarebbe stato opportuno e che voleva una casa di ghiaccio tutta all’ultima moda, ma ad Asgard si sarebbe sicuramente sciolta macchiandole la tappezzeria delle poltrone!” concluse Alo con un sogghigno,versandosi da bere.

“Oh no…” disse Sigyn, stupita “non andò così, lui non la corteggiò affatto e non le chiese nulla di nulla… lui mandò un suo emissario a prendergliela e basta, anche se lei non lo voleva per niente. Le fece sapere che se faceva troppe storie le avrebbe lanciato una maledizione e poi le avrebbe sterminato la famiglia e così se la sposò. Del resto lui era il cognato di Odino, cioè il cognato del Re...”

Maxence alzò un sopracciglio “Gente rozza e violenta questi Asgardiani, dietro quelle porte d’oro...”

Alo commentò “Ma anche gli dei greci, in fondo, si comportavano allo stesso modo, con le umane in particolare… e non se le sposavano, dopo. Al massimo si occupavano di un eventuale bambino… il che mi ricorda il Parco dei Cervi… e Agathe Louise de Saint-Antoine de Saint-André” Maxence lo zittì di colpo con una gomitata: Sigyn era ancora piccola! Non era giusto che davanti a lei suo fratello parlasse del bordello personale del Re! Il Parco dei Cervi… E nemmeno che alludesse alla figlia bastarda che il Re aveva avuto con la piccola Morphise, la sua amante bambina!

Clément era arrossito: “Avevano un lato primitivo anche ad Asgard, non erano perfetti, ma era gente che quando amava, amava sul serio...”

Sigyn lo guardò disgustata “Io credo che Monsieur Henri non sarebbe molto contento di sentirVi parlare così - Voi parlate proprio come Oscar… per lei il massimo della dimostrazione di affetto verso qualcuno è o cercare di infilzarlo con la spada, o progettare di rinchiuderla in qualche soffitta e tenercela per sempre, comandandola a bacchetta...”

Maxence non disse nulla, ma osservò la ragazzina rattristato - forse succederà anche a te, topolina, non credo proprio che tuo padre ti chiederà nulla... spero tanto che quella soffitta non sia troppo piccolina per te, e che il tuo Freyr sia un uomo gentile…

Clément rispose con aria seria  “Un conto è un mito, dove ognuno agisce come in fondo desidererebbe, se non ci fossero i freni morali, ed un conto è cosa un uomo onesto può fare ai giorni nostri. Io non chiuderei mai nessuno in una soffitta, a meno che non lo volesse… ma resta il fatto che Freyr amava davvero Gerd, non era stato solo un modo per dimostrare che un Asgardiano può prendere ciò che vuole da uno Jotun...”

Ma la ragazzina non lo degnò di uno sguardo.

Alo tagliò corto “Torniamo a Loki, che si sta facendo tardi!”






Note sparse: stranamente Oscar e Horthense stanno parlando proprio della stessa cosa: Sigyn. Una per "ghermirla e alla sedia incatenarla" e l'altra perché preservi la sua dose di indipendenza. Sono tutti gesti d'amore.

Con gli Jotun mi sono presa qualche libertà - sono più gli Jotun del film su Thor temo, i fascinosi giganti cornuti dalla pelle blu. Consiglio un giro su quel fandom perché ci sono storie molto belle.In particolare, se non si hanno forti preclusioni verso lo slash, consiglierei Disease di Fiamminga.

I toni di blu di Jotunheimr sono di Sigyn... è chiaro che Asgard le fa pensare ad un certo mondo e Jotunheimr ad un altro. E quei toni di blu a cui è tanto legata e che tanto si immagina permeino il mondo degli Jotun non stanno ad Asgard, credo si sia capito...
Quanto alla poltrona  è la stessa di Una Storia Rococò: nella casa in Normandia sono cambiate un po' tante cosette e lei non è più la ragazzina che ha tutte le chiavi della casa...

La storia di Gerd non è inventata da me: è della mitologia norrena.

Il Girodelle innamorato di Horthense è... Maxence (penso si fosse capito anche questo) - i versi che scrive... chi non ha scritto versi da giovane? non credo verranno mai scoperti da nessuno, non certo da me.

Clément è più realistico sugli Jotun intesi come creature mitologiche, qualcosa delle proiezioni di Sigyn gli sfugge e, un pochino, pensa che il posto di Loki è Asgard e sarebbe meglio se la piantasse di sparire nella terra dei giganti di quando in quando - che, poi, se si passa da quelle parti in barca, nemmeno viene a salutare...

La Morphise era l'amante bambina di Luigi XV, a 15 anni fu scacciata dal Parco dei Cervi e fatta sposare. Dal Re ebbe una bambina nel 1754, stesso anno di nascita di André e di Sigyn, che da grande verrà sposata ad un marchese.

 

 

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Lady Oscar / Vai alla pagina dell'autore: tixit