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Autore: Lory221B    06/03/2016    5 recensioni
Londra 1856. John, Sherlock, una storia proibita e un destino che li travolge e li separa per due anni. Ma sarà stato solo il destino a separarli? O qualcuno sta giocando con le loro vite? Tra tradimenti e ricatti, spunta una vecchia conoscenza dal passato.
(johnlock) (light sheriarty) (historical!AU)
Genere: Angst, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jim Moriarty, John Watson, Mary Morstan, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Cap. 11 - L'uragano finale





- John, mi annoio - ripeté Sherlock, guardando il verde panorama fuori dalla finestra.

Il dottore si avvicinò e lo abbracciò stretto. Non passava momento che non reclamasse un contatto con Sherlock, non lo avrebbe mai più lasciato andare.

- Resisti, appena tuo fratello ci scriverà per informarci che è andato tutto bene, ci sposteremo in qualche città. Fino ad allora respiriamo l'aria salutare e godiamoci queste passeggiate -

Alloggiavano in un piccolo albergo nel villaggio di Meiringen, non c'erano grandi cose da fare, se non camminare nel verde ed ammirare la maestosità delle cascate Reichenbach. Per Watson era un luogo che incuteva un certo timore; il torrente, gonfio per la neve che si scioglieva, precipitava in un abisso spaventoso, da cui si alzava una nebbia di minuscoli spruzzi d'acqua simile al fumo che si leva su una casa in fiamme (1).

Eppure ne erano irresistibilmente attratti, al punto che Sherlock aveva affermato che se fossero rimasti ancora qualche mese lì, avrebbe scelto le cascate come soggetto per un quadro.

Erano già passati due mesi, da quando avevano lasciato Londra, con un doppio suicidio a far parlare di loro. Naturalmente i giornali avevano riempito di parole vuote le loro prime pagine, immaginando le teorie più assurde dietro quel gesto. Soltanto i quotidiano che una volta erano diretti da Magnussen e ora erano proprietà del misterioso Richard Brook, avevano sorvolato sulle speculazioni giornalistiche e avevano riportato i fatti nudi e crudi. Tra le righe si poteva cogliere un certo biasimo nei confronti della famiglia Holmes, per il suicidio di Sherlock, ma nulla di più.

Non avrebbero più potuto far ritorno a Londra, spiegare un doppio finto suicidio sarebbe stato troppo complicato e avrebbero finito per essere accusati di qualcosa, giusto per sedare l'opinione pubblica. Inoltre, John era sposato, mentre l'attuale condizione di "defunto" gli dava la possibilità di lasciarsi il matrimonio con Mary alle spalle, senza clamore.

Nel mentre, Mycroft e Lestrade non erano di certo rimasti ad attendere gli sviluppi; aspettavano solo di avere l'occasione di entrare a casa del professore e perquisirla. Lestrade non aveva nemmeno provato a chiedere l'autorizzazione al suo superiore, sapeva che Moriarty aveva amici nelle alte sfere a cui sarebbe subito arrivata la notizia. Dovevano agire alle spalle di tutti e se necessario, Mycroft era disposto a spingersi anche molto oltre la legalità; ora che non incombeva più la minaccia sulla testa del fratello, non correva più nessun pericolo nell'agire.

L'occasione finalmente si presentò un sabato, quando il professore era  andato ad Oxford per una conferenza; Oxford, o "il luogo del delitto", come lo aveva definito l'ispettore, che mai aveva digerito essere stato quasi radiato dalla polizia, per aver accusato il colpevole dell'omicidio di Carl Powers. Ma, quella sera, avrebbe pareggiato i conti.

La sorveglianza sulla casa era notevolmente diminuita, dopo la finta morte di Sherlock. Gli uomini di Jim, oltretutto si erano spostati con lui, pertanto quella sera non c'era nessuno di guardia.

Mycroft e Greg, aspettarono il favore dell'oscurità e verso mezzanotte entrarono scavalcando il muretto posteriore. La casa era più spoglia di quanto uno si sarebbe aspettato. Non c'erano ricchi mobili e suppellettili, ma l'essenziale. Come se fosse solo una residenza di passaggio, prima di trasferirsi altrove.

I due si aggirarono per la casa furtivi, pensando ad un posto dove avrebbe potuto nascondere dei documenti. Lestrade osservò la vasta biblioteca, ma con un sospiro di insoddisfazione, si rivolse all'altro - Pensa dovremo controllare dentro ogni libro? -

- Non credo, a volte il miglior modo per nascondere qualcosa è lasciarlo in bella evidenza - rispose il maggiore degli Holmes, avvicinandosi a una cartella portadocumenti, appoggiata sulla scrivania.

- Non le sembra fin troppo evidente? - chiese l'ispettore.

Mycroft alzò lo sguardo verso di lui, quando uno scricchiolio all'ingresso fece voltare entrambi.

- Come prendere due piccioni con una fava! - esclamò Moriarty - Vediamo, cos'è successo? Sono rientrato, era buio, c'erano due uomini in casa mia e ho sparato - fece estraendo la pistola - Secondo voi è convincente? -

- Non potrà giustificare la morte di un ispettore di Scotland Yard! - affermò Lestrade.

- Un ispettore che mi ha preso di mira da quando andavo all'Università. Secondo me sarà credibile -

Jim fece un sorriso sprezzante e sembrò che fosse pronto a premere il grilletto, ma in quel momento la squadra di Scotland Yard fece irruzione nella stanza. Il rumore fece voltare il professore, che fu velocemente disarmato dagli uomini di Lestrade.

- Avrai anche amici ai piani alti, ma i miei uomini sono fedeli, Moriarty - affermò l'ispettore, mentre Jim veniva bloccato a terra - Anderson, prendi la pistola del professore, sono sicuro che analizzando i proiettili  troveremo una corrispondenza con quella che ha sparato a sir Magnussen! -

Il professore alzò uno sguardo stupito, in tempo per vedere un leggero sorriso spuntare sulle labbra di Mycroft, che teneva stretta con sé la cartella portadocumenti. Ogni atto incriminante nei suoi confronti era contenuto lì.

Gli agenti trascinarono fuori Moriarty, seguiti dall'ispettore e Mycroft, quando improvvisamente
quest'ultimo si bloccò  e prese per una manica la giacca di Lestrade - Quanti uomini ha chiamato? -

- Otto - rispose l'ispettore senza capire.

- E perché sono nove? - ribatté, contando i  Bobbies davanti a lui.

 Il tempo di formulare questo pensiero che Sebastian Moran, fedele cecchino di Moriarty, abilmente infiltratosi, sparò agli agenti che trattenevano Jim; il professore aveva preso le sue precauzioni.

Moriarty approfittò dello scompiglio per defilarsi nella notte, mentre gli altri agenti cercavano di disarmare Moran. Altri due degli uomini furono colpiti in maniera grave, finendo riversi a terra, finché un proiettile sparato dalla pistola di Lestrade raggiunse il cecchino.

L'ispettore si voltò e vide che anche Mycroft sanguinava da un fianco - Signor Holmes! - gridò premendo la mano sulla ferita.

- Non è grave ispettore, non pensi a me, corra al porto - fece, sofferente.

- Al porto? Andiamo in ospedale -

Mycrof cercò di ribattere, voleva fargli capire che Moriarty si aspettava la loro incursione, che probabilmente si stava dirigendo in Svizzera, ma svenne e non fu in grado di parlare per le successive ventiquattro ore.


****** *****


Sherlock si era addormentato a metà pomeriggio, la calma e la tranquillità di quel posto erano particolarmente concilianti. Forse si sentiva al sicuro e protetto con John, che non mancava mai di far sentire tutto il suo amore.


Si svegliò di soprassalto verso l'ora di cena, come un brutto presentimento, come un rumore di sottofondo che improvvisamente copriva una perfetta melodia. Aprì gli occhi e notò che John non era nella stanza. Spesso si assentava per qualche passeggiata; delle volte aveva anche aiutato il medico del villaggio, non particolarmente ferrato come lo era lui. Di solito, però, non aveva mai mancato di fare ritorno prima di cena.

Holmes uscì dalla camera e scese le scale; non sapeva perché, ma sentiva che qualcosa non andava. Andò dritto dal proprietario dell'albergo per chiedere se avesse visto John, ma fu informato che il dottore era stato chiamato per un malato grave qualche ora prima e non aveva più fatto ritorno.

Pensò si trattasse di un caso talmente grave che lo aveva costretto ad attardarsi più del solito, ma poi si girò e vide sul bancone d'ingresso una busta. Una busta molto familiare, ingiallita dal tempo e con la sua scrittura sull'indirizzo del destinatario. Si avvicinò, cercando stoicamente di mantenere una certa freddezza e la aprì, certo che non vi avrebbe trovato dentro soltanto la sua lettera, ma qualcos'altro.

"Vieni e gioca Sherlock o il tuo cucciolo finirà affogato"
J.M.

***** *****


John era disteso a terra; stava pian piano riprendendo i sensi. Percepì che era disteso sulla nuda roccia e sentì forte lo scroscio dell'acqua, che riconobbe essere quello di una cascata, dell'unica cascata vicina al loro villaggio. Qualcuno lo aveva colpito in testa e trasportato fino a lì, sentiva il sangue che colava dalla ferita vicino alla tempia sinistra.


- Dottor Watson - esclamò la voce di Jim Moriarty, il suo rapitore - Coraggio apra gli occhi, vedo che è sveglio -

John cercò di ragionare, come avrebbe fatto Sherlock. Moriarty non era particolarmente grosso, anzi, in un corpo a corpo sarebbe riuscito sicuramente ad avere la meglio. Doveva sperare che fosse disarmato e tentare di bloccarlo. Doveva liberarsi di lui definitivamente, non avrebbe vissuto tutta la vita con l'ansia di doversi sempre guardare le spalle.

Si rimise in piedi, con espressione furente.

Jim, invece, manteneva la solita espressione sprezzante, da sadico pazzo - Non è carino qui? Mi sembra un bel scenario per morire -

- Solo uno di noi morirà e non sarò io Moriarty - fece Watson duro.

- Sherlock e il suo amore per i cavalieri indomiti. Veramente credevate che mi sarei bevuto il vostro doppio suicidio? -

- Come mai non sei venuto subito a cercarci allora? - rispose, prendendo tempo.

- Non sapevo dove eravate, ci ho messo un po' per trovare tutte le persone che vi hanno dato un "passaggio" fino a questo luogo bucolico. E poi, volevo anche approfittare della sicurezza di Mycroft e dell'ispettore per mandarli all'inferno con lei dottore. Peccato che siamo stati interrotti -

John sussultò, forse Mycroft aveva già allertato qualcuno e stavano venendo a cercarli.

- Tranquillo Johnny boy, finché non arriva Sherlock non succederà niente. Non voglio che si perda lo spettacolo -

Watson non voleva che arrivasse, non voleva che fosse coinvolto in quello che aveva in mente Jim; la questione doveva finire in quel momento. John strinse i pugni e ringraziò di aver passato gli ultimi mesi con Sherlock; aveva sopportato troppo, non avrebbe aspettato che Moriarty estraesse la pistola che notò avere in tasca. Si gettò su di lui, mentre l'uomo non trattenne un'espressione di pura sorpresa.

Si rotolarono sul ciglio del precipizio, l'acqua che scorreva forte e rumorosa accanto a loro. Durante la lotta a John sembrò di sentire qualcuno che gridava il suo nome, ma sembrava una voce lontana. Non riusciva a vederlo, ma Sherlock stava correndo lungo il sentiero che portava al luogo dove il dottore si era svegliato. Anche Moriarty lo sentì e decise che se doveva uscire di scena, avrebbe fatto più male possibile a Sherlock. Con mossa repentina fece inciampare Watson e lo trascinò giù per cascate.

Holmes, che aveva intuito le intenzioni di Jim, si lanciò con più slancio possibile per poter aggrappare al volo la mano di John, prima che il piano di Moriarty rovinasse definitivamente la sua vita, e ci riuscì. La sua mano prese stretta quella del biondo, mentre Moriarty precipitava nel calderone del Reichenbach.

Lo trascinò al sicuro e si sedette, in attesa che il sangue smettesse di pulsargli forte in testa.

- E' finita - fece piano John, accarezzandogli una guancia.

- Già, finalmente possiamo andare via da tutta questa erba e questo sole - rispose ridendo.

Il biondo lo guardò e sorrise, perché quando riusciva a scherzare sull'orlo di un baratro, dopo aver lottato tra la vita e la morte, allora era sicuro che il suo Sherlock era  tornato quello di un tempo. Si sedette accanto a lui e appoggiò la testa sulla sua spalla.

- Si, possiamo andare dove vogliamo adesso -


***** *****


Due mesi dopo


 - Mycroft ha minacciato di passare a trovarci il prossimo mese - gridò Sherlock.

John entrò in casa ridendo, aveva con sé un cestino con latte e uova; i nuovi vicini di casa erano davvero gentili, nonostante il caratteraccio di Holmes.

Ovviamente avevano dovuto cambiare identità per sicurezza, per tutti erano Hamish Doyle e William Poe, coltivatori di viti e a tempo perso, medico il primo e filosofo il secondo. Mycroft aveva provveduto a comprare per loro un cottage in Provenza, abbastanza vicino per poter far visita ogni tanto al fratello, ma abbastanza lontano perché nessuno di passaggio da Londra potesse incontrarli e riconoscerli.

Sherlock ovviamente si interessava spesso dei misteri che accadevano nei villaggi vicini e se poteva non mancava mai di dare una mano, giusto per "non far impigrire il cervello", ripeteva a John.

Avevano paesaggi stupendi, tanto sole e tanta erba, nonostante le perplessità di Sherlock rispetto allo stare lontano dalla città, ed erano finalmente felici.

John Watson ora aveva 38 anni e all'apparenza era un uomo ordinario,  proveniente dalla classe media inglese. Ma non era così: amava l'avventura, amava combattere per quello a cui teneva e soprattutto amava il suo William Sherlock Scott Holmes.

The End



(1) Vorrei fossero parole mie, ma è tratto proprio da "Il problema finale" - A. C. Doyle

Angolo autrice:
inizio scusandomi per la quantità imbarazzante di errori grammaticali presenti nel capitolo precedente e man mano corretti...non mi ero accorta che il correttore automatico avesse fatto tanti danni.

Che dire...mi ripeto, ma per me scrivere il capitolo finale è sempre un trauma: andrà bene? avrò spiegato tutto? Spero proprio di si.
Un sentito grazie a Evola_Love_Beatles, CreepyDoll, Atena_Laufeyson, mikimac, Kejeli per aver recensito e avermi riempito di tanta felicità.
Un grazie a tutti quelli che hanno letto e aggiunto la storia in qualche categoria, spero vi sia piaciuto fino alla fine.
Alla prossima, non vi libererete facilmente di me :-P
   
 
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