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Autore: Mikirise    07/03/2016    1 recensioni
Malcom sa bene che i figli di Afrodite, quando tutti loro sono occupati nella Caccia alla Bandiera, preferiscono sedersi sulle rive del lago e iniziare a parlare tra loro con aria complice.
Sa anche che i figli di Afrodite sono legati da un doppio filo, comprensibile ed incomprensibile allo stesso tempo per tutti.
Quello che non sa è che all'uscire con uno di loro si sarebbe sottoposto:
1. Alla gelosia dei fratellastri
2. Ad un combattimento all'ultimo shipping -o qualcosa del genere.
{Storia scritta per la challange One Hundred Alternative Universes, indetta dalla community campmezzosangue}
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Drew Tanaka, Malcolm, Mitchell, Piper McLean, Quasi tutti
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Sono ancora tutti in silenzio, come aspettando che Drew continui. Ma il ragazzo si ferma, forse bloccato, forse semplicemente perché la storia così doveva finire.

“E poi?” Un ragazzo della Casa Dieci tira in avanti il busto, per porgere la domanda è cercare gli occhi del figlio di Atena. Forse questo round sarà suo.

“E poi cosa?”

“Non può essere finita così, alla fine Leo…?” Il ragazzo insiste e Malcom sorride, perché è questo quello che sperava di ottenere. Più si è incuriositi, più la storia piace, teoricamente. Appunto. Solo teoricamente.

Alla fine tutto andrà come deve andare.

Piper lo osserva per neanche una frazione di secondo. Sono al terzo round, potrebbe essere il penultimo, per quanto ne sa lei, quindi non perde tempo e si gira verso Drew. Spera solo di poter finire entro cena e che le ninfe non stiano di nuovo nascondendosi tra le file romane per andarsene a Nuova Roma, solo perché i romani sono proprio carini. “Tocca a Malcom.”

Anche Drew sembra abbastanza allegra, probabilmente, pensa, Malcom le servirà il round su un piatto d'argento e Mitchell faccia quello che faccia, rimarrà con loro e non se ne andrà con quel biondo che non sa nemmeno sistemarsi le bretelle. “Le shippo” mormora indicando la capo-cabina e poi qualcuno di biondo, dietro le sue spalle, e i figli di Afrodite girano velocemente la testa verso di lui, perché sanno di chi sta parlando e deve essere una mossa molto avventata. Chi non risica non rosica.

Piper arriccia le labbra e che la storia abbia inizio.






#62 Sono una spia segreta e fingo di esserti amico solo per avere informazioni su tuo padre!AU

 

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Annabeth è stata cresciuta a pane e libri, perché è così che una persona deve crescere, secondo Atena, e comunque nessuno si lamenta. Né mai lo farà, perché se c'è una cosa che Annabeth ama al di fuori dell'architettura è la parola scritta. Quindi la copertura le viene fuori abbastanza naturale. Si chiede se sta fingendo, in effetti.

Muove i capelli verso una spalla, in maniera anche abbastanza casuale, come se si stesse sistemando meglio per continuare a leggere. Deve sembrare tutta una casualità. Jason, in un altro tavolo, sta sorseggiando un caffè, con gli occhi socchiusi perché è inutile, passano gli anni, ma lui gli occhiali ancora se li dimentica a casa. Leo farà aspettare la ragazza per ancora un po', giusto il tempo per poter far studiare la situazione ai due biondi e far loro decidere come agire.

Quando consegna la cioccolata calda alla castana, tutto è pronto, il piano viene ripetuto nella mente dei due più e più volte, appena si siede, nella grande tavolata, aprendo il computer e sorseggiando la cioccolata, Piper non si rende conto nemmeno di essere in mezzo ad una trappola. Passano i minuti e aspettano.

Annabeth fa finta di voler vedere l'orario dal cellulare e finge di rendersi conto di averlo scarico. Le prese sono tutte occupate, un po' per il piano, un po' per pura e semplice fortuna. Per questo si avvicina alla ragazza, le chiede scusa per il disturbo ma vorrebbe tanto mettere a caricare il telefonino in quella presa, se solo…

Piper non è stata cresciuta da persone maleducate e sorride. L'aiuta a raggiungere la presa ed è pronta a tornarsene a pensare agli affari suoi, perché ha una tesi di laurea su cui lavorare e non dovrebbe veramente distrarsi, ma la bionda sorride e si siede davanti a lei, leggendo placidamente. L'amore ai tempi del colera. Sorride tra sé e la ragazza sociale che è in lei non ce la può proprio fare a non interagire con una persona che legge proprio quel libro.

“Ti sta piacendo?”

“Lo sto rileggendo.” Annabeth sorride e alza una spalla. “Sarà almeno la decima volta. È il mio libro preferito.”

A Piper le si illuminano gli occhi e chiude il computer. Non per niente si sta laureando in Lettere, non riesce a resistere. “Anche il mio.” E la tesi viene dimenticata, come il computer e il cellulare.

Jason fa segno affermativo a Leo. Piper è caduta nella trappola.


~•~



Annabeth butta lo zaino sul divano, stiracchiandosi, e Leo le lancia un'occhiata veloce, prima di ritornare ai suoi aggeggi. “Sembra quasi una vacanza, eh?” mormora il ragazzo, ancora girato di spalle.

“Sì.” Lei si siede sul divano, per poi sdraiarcisi completamente. È abituata a missioni d'azione, con gente che vede per una settimana e poi basta, con persone che è sicuro lavorino per altra gente cattiva. Missioni in cui si spara, la gente viene ferita, a volte muore. Cercare di ottenere informazioni su un candidato al Senato da sua figlia sembra una stupidaggine. Forse quello che ci vuole dopo Luke. Forse per questo l'agenzia li ha mandati in parte diverse del mondo a fare cose semplici, perché sono una squadra troppo unita e una spia non può essere unita a qualcosa o qualcuno. Il pensiero vola a Percy, da qualche parte in Thailandia, a fare chissà cosa, lontano da Grover, che sta da qualche parte in latinoamerica, e da Thalia, che chissà dove l'hanno mandata. La verità è che per superare Luke, dovevano stare tutti e tre insieme, che cavolo. Ma quando si diventa spie, si perde il diritto a poter soffrire in gruppo, si vede. “Una vacanza.”

“Lo dicono tutti.” Leo si gira verso di lei e cerca di prendere posto sul divano, spingendo via i suoi piedi. “Potremmo vedere Jessica Jones, che dici?”

Lei sorride. Una spia soffre in silenzio. Annuisce e Leo sembra veramente troppo eccitato.


~•~


“Sarò ripetitiva…” Piper incrocia le gambe e morde un panino con tonno e maionese, girandosi verso Annabeth, che, sulla panchina tiene le ginocchia attaccate al petto. “… ma non hai la faccia di una Lily.”

La bionda ride, portandosi verso l'altra ragazza, sul prato. “E che faccia avrei?”

“Non so. Forse una Anna. Hai mai pensato ad una Elizabeth? Lily è… non lo so. Non sembri averne la faccia.” Piper addenta di nuovo il panino, tenendolo in bocca e liberarsi le mani, per potersi sbottonare la maglietta a quadri e godersi il sole stranamente troppo caldo di inizio maggio. “Hai un secondo nome?”

“Bloody Mary.”

Le ragazze si guardano negli occhi per qualche secondo, prima di scoppiare a ridere.

Annabeth scuote la testa e poggia i palmi delle mani sull'erba piacevolmente fresca. “E poi parla lei. Io non ti avrei mai fatta laureanda in Lettere. Psicologia, magari, o Antropologia.” Arriccia il naso. “Forse Relazioni Internazionali?”

Piper sorride, scuotendo la testa. “No, no. Non mi prenderebbero mai sul… voglio dire, non mi piace nemmeno stare sotto i riflettori e cose così. Relazioni Internazionali mi darebbe troppe responsabilità. Mi ci vedi ad incontri importanti come ambasciatrice degli Stati Uniti o…?”

“Sì.”

Sbatte gli occhi velocemente, mordendosi il labbro inferiore, per poi alzare le spalle. “Mi sopravvaluti, Beth.” Ci pensa un po' su. “No, nemmeno Beth va bene. Che ne dici di Liz, come la protagonista di Orgoglio e Pregiudizio?”

“Non mi puoi semplicemente ri-battezzare, Pip.”

“Ma continui a non avere lo sguardo di una Lily.” Finisce finalmente il suo panino e ne prende altri due dalla sua borsa. Ne porge uno ad Annabeth, che non può fare altro se non afferrarlo, perdendo temporaneamente l'equilibrio da seduta, per quanto velocemente ha spostato le braccia e il baricentro, e comunque non ha granché fame. “Non so come sia possibile, ma ti conosco da solo una settimana e mi pare che tu sia dimagrita tantissimo.”

“Mhm? No. È un'impressione.”

Piper alza un angolo della bocca e fruga ancora nella sua borsa. Ne tira fuori un quarto panino, probabilmente pieno di Nutella, per come questa usciva dai bordi, all'interno della busta di plastica. “Papà dice sempre: se si è un po' rotondini si è amati. Beh, in realtà dice amatini e continua con qualcosa sul Martini, ma non voglio farti sentire le battute da papà di mio papà.” Sorridono entrambe, scartando i tre panini. “Magari è semplicemente perché mi hai detto che sei nuova da queste parti e sei lontana dai tuoi amici… fatto sta che non ti devi preoccupare.” Le porge la metà del panino alla Nutella, senza perdere mai il sorriso. “Ti puoi accontentare di me. E amore è condivisione!”

Annabeth la osserva in trance, poi scuote la testa e cerca di tornare coi piedi per terra. È la prima volta che Piper nomina suo padre.



~•~


“Le persone in media ci mettono una ventina di giorni per abituarsi a qualcuno.” Leo mangia popcorn e sputa volontariamente un seme che non si era aperto sulla ragazza, che lo spinge verso terra. “Dopo che Piper si abituerà a te, sarà tutto in discesa” continua, anche se Annabeth gli tiene la mano sulla guancia, rendendogli difficile parlare.

“Sì, sì.” Lo lascia andare, aiutandolo ad alzarsi da terra. “Non sono abituata a missioni così lunghe, tutto qua.”

“È impossibile. Anche le migliori spie ci mettono almeno due mesi ad avere informazioni. Ottenere la fiducia delle persone non può essere così facile, per te.” Ricomincia a mangiare popcorn, afferrando il telecomando e inserendo una password di Netflix.

“Per me non lo era.” Si gira verso la televisione e mordicchia l'unghia del pollice. “Percy è bravo a ottenere fiducia.”

“Ah.”

“Mi sto abituando a te, Leo.” Annabeth gli sorride, tirando un pugnetto sulla spalla del ragazzo. Anche lui sorride e lei la vede quella scintilla, quella che vuol dire che lui già le vuole bene e non saprebbe nemmeno dire il perché.

“Tu mi adori dalla prima volta che mi hai visto” dice, scuotendo la testa. “Che ne dici di una maratona di iZombie? È carino…”


~•~

“No, no, senti. Sono seria. Ho guardato in faccia il mio professore di Lettere Comparate e gli ho detto: Professore, ha appena accannato un congiuntivo; sono sicura potrà passare oltre un errore di distrazione come il mio.” Piper si aggrappa al palo per non cadere a terra, e morire in modo abbastanza stupido, cadendo da un palazzo, e continua ad annuire. “Ti giuro che mi ha messo il massimo dei voti.”

“E magari poi ha provato a metterti le mani sotto la maglietta.” Annabeth ruota gli occhi e si aspetta una risposta sarcastica, che non arriva. “Non lo ha fatto, vero?”

“Oddio, no.” La castana scoppia a ridere, muovendo le mani davanti a lei, come a cancellare anche soltanto l'idea. “Ho preso la ricevuta e sono saltellata via dall'aula, quindi no, no, proprio no.” Lascia penzolare le gambe nel vuoto sottostante a loro e le è sembrata veramente un'idea eccezionale quella di salire su quel palazzo e guardare New York dall'alto, perché dal basso le cose sono veramente troppo diverse e forse un po' più brutte.

“Una volta avevo un professore d'Ingegneria che mi odiava.” Anche Annabeth lascia che i suoi piedi stiano immersi nell'aria vuota, ma non guarda in basso. Guarda verso i palazzi. “Mi ha bocciato una volta con un 59. Poi mi ha promosso con un 60 e mi rovinava la media. Ho voluto rifare l'esame una terza volta. L'ho così tanto odiato. La terza volta, Luke ha fermato tutto il nostro gruppo nel fare qualsiasi cosa stesse facendo e hanno iniziato tutti a studiare Ingegneria con me. Anche Percy, che però non ci ha capito niente e aveva preso a odiare quel professore forse più di me. Arriva il giorno dell'esame e passo lo scritto con 80, il che penso sia un miracolo, ma mancava l'orale. E poco prima di entrare, erano tutti lì, per me. E…” Annabeth alza le spalle e scuote la testa.

“Devono volerti molto bene.”

“Devono, appunto. Non sai quante volte io, Percy e Grover…” Si blocca, rendendosi conto di star andando oltre e non è per questo che l'hanno arruolata e allenata. Deve stare più attenta. Sorride. Comunque non ha notizie di Percy e Grover da quasi un mese. E non ha ancora pianto per Luke. “Tu non hai amici, o…?”

Piper arrossisce, guardando i piedi dondolanti. “In realtà no.” Si gratta dietro la nuca, forse anche abbastanza imbarazzata. “O forse sì, ma, sai, alla fine si scopriva sempre che stavano con me per, non so, i miei soldi, o mio padre. Nessuno è mai stato interessato a me.” Alza una spalla, scuotendo la testa, come se volesse sminuire la faccenda e Annabeth si sente così cattiva in quel momento che vorrebbe fermare tutto e chiedere scusa.

La storia dell'abituarsi ed affezionarsi va su due rotaie, a quanto pare e adesso capisce perché Percy iniziava sempre a lagnare quando dovevano uscire allo scoperto. I sentimenti feriti. Ma è il suo lavoro e non può fare altro se non farlo al meglio, quindi inclina la testa, aggrotta le sopracciglia e dice: “Oh, ma dai! Tuo padre mica è Tristan McLean!” Ride, portando il suo peso indietro, sulle mani poggiate al pavimento di cemento.

Quando cala un silenzio imbarazzato da parte di Piper sa che ha fatto centro, e lascia sfumare il suo sorriso lentamente.

“Tuo padre non è Tristan McLean. Smettila.”

Piper chiude l'occhio destro, come a proteggerlo da possibili sofferenze.

“Piper, il tuo cognome è Colfer. Ho controllato. E smettila di prendermi in giro. Non ci casco.”

La castana si gratta di nuovo la testa, con un piccolo sorriso. “Beh…” inizia.

“No.”

“Però, sai? A mio papà piaceresti. Sei il tipo di persona che vuole sia mia amica. Solo, ti direbbe, che segui troppo la testa e troppo poco il cuore.” Piega la gamba, per poter appoggiare la testa sul ginocchio e guardare Annabeth, che alza un sopracciglio, come a dire che non crede ad una parola che le esce di bocca. “Noi cherokee lo seguiamo sempre il cuore.”

“Mia madre direbbe che segui troppo il cuore e troppo poco la testa.” Non può fare a meno di pensare che forse proprio per questo è finita dritta nella sua trappola. Troppo cuore.

“Allora ci completiamo!” Piper ne sembra felicissima. Le prende una mano e il sorriso diventa più ampio, un po' più luminoso. “Se non fosse stato per cuore non ti avrei nemmeno parlato, no?”

Eh.

No.


~•~

Come faccia Leo a vivere ventiquattro ore su ventiquattro davanti a degli schermi è uno dei misteri della vita.

“Beh, devo controllare che tu e Jay-Jay torniate alla nostra bellissima stanza di albergo tutte le sere, senza che nessuno vi riconosca… e poi non sto sempre davanti a uno schermo.” Leo mangiucchia un taco, sporcandosi di salsa, con le gambe incrociate. “Dormo pure.”

“E mi convinci a guardare serie TV per almeno metà nottata.”

“Eh, sì. Ma Doctor Who ne valeva la pena, no?”

Annabeth non ha il coraggio di dirgli che lei e gli effetti tarocchi della BBC non vanno molto d'accordo, quindi si limita ad arricciare le labbra e sedersi sul suo letto. “Come va con Jason?” chiede, per cambiare argomento e perché il biondo non si vede in camera da settimane.

“Sta bene. È entrato nelle grazie del capo-guardie in meno di una giornata. Pensa che ora lo deve chiamare Coach ed essere il suo pupillo. Senza andarsene in giro mezzo nudo, magari.” Il ragazzo ride, perché vedere in difficoltà il suo migliore amico è uno dei suoi hobby preferiti. “E a proposito, mi dice di ricordarti che… senti, non mi uccidere, okay? Lo ha detto lui. E poi non vorrei che… io so che tutti voi venite spediti a questi tipi di missioni perché vi serve un momento di pausa, o come prova, per vedere se avete ancora la stoffa per fare le spie e… tu sei una brava ragazza, Annabeth, ma… non penso tu stia superando così bene la prova.”

La ragazza alza un sopracciglio, incuriosita e offesa allo stesso tempo. “Cosa?”

“Piper. La Reginetta di Bellezza, là, è simpatica e sono sicuro che è una brava persona, ma, vedi, noi siamo spie. Allora niente sentimentalismi per noi, o amicizie. E tu ti stai abituando a lei. Piper non è tua amica e tu non sei amica di Piper. Stiamo solo raccogliendo informazioni su suo padre e appena avremo finito, ce ne andremo. Se non saprai farlo, odio dirlo, perché, davvero, tu mi piaci molto, ma non penso che l'Agenzia ti possa tenere ancora.”

Annabeth annuisce, cercando di analizzare le parole di Leo il più freddamente possibile. Ha ragione. Sa come funziona l'Agenzia e sa anche che se non riesce a rimanerne un membro, non potrebbe più rivedere la famiglia che lì si è creata. Grover. Thalia. Percy. Sarebbero persi come perso è stato Luke. E non se lo può permettere. “Va bene” dice, perché nessuno vale quanto la sua famiglia.

E aveva bisogno di ricordarselo.

“Mi faresti un favore, Leo?”


~•~


Quando vede Jason passare per il corridoio, vestito di nero e con gli occhiali da sole, che seguiva un signore anzianotto e anche troppo vivace, accanto ad una ragazza che sembrava veramente troppo forte, Annabeth finge di non conoscerlo, e gli passa accanto senza dire una parola.

Ma vedere Jason è un buon ammonimento e gira la testa verso gli occhi di mille colori di Piper e ricorda che lei non può far parte della sua altra famiglia. E che è stata una stupida a pensare di essere stata mandata lì per qualsiasi cosa che non fosse per testare quanto fosse pronta a tornare a lavorare per l'Agenzia. Non una specie di vacanza, che in effetti non avrebbe avuto molto senso, ma un modo di testare la sua lealtà e oggettività. Lei, comunque, non si è mai data il lusso di piangere Luke. Questo doveva voler dire qualcosa.

“Casa di tuo padre è enorme. Non hai mai paura di perderti?”

Piper la osserva, per poi scuotere la testa con un sorriso. Lei nemmeno ci aveva fatto caso. “Stai iniziando a crederci che sono una McLean?”

“No. Sì. Forse? E comunque non…” Annabeth sta per terminare la frase, quando nota che la ragazza tiene lo sguardo fisso su un punto del corridoio, quasi come stesse pregando.

Vorrebbe chiedere cos'ha.

Le prende d'istinto la mano, come fa sempre Grover quando pensa che qualcuno è giù di morale, e cerca di attirare la sua attenzione. La scruta, cerca il problema ma non lo capisce molto bene, finché non sente una terza presenza dietro alle sue spalle. Si gira e vede la ragazza che prima camminava di fianco a Jason, sembrare dispiaciuta.

“Lui… fammi indovinare, ha avuto un'imprevisto e si scusa molto.”

La ragazza annuisce, lanciando un'occhiata veloce ad Annabeth e alle sue mani.

“Dai, Reyna. Non fare quella faccia da funerale. Non sono più una bambina. Basta che papà stia bene. Perché sta bene, vero?”

Di nuovo, la ragazza, questa Reyna, annuisce, cercando d'inquadrare Annabeth. Lo sente da lontano, la bionda, l'odore del sospetto. Questa ragazza nemmeno le ha mai parlato e già sospetta qualcosa. Beh, è il suo lavoro, in fondo, Piper stessa ha detto di aver avuto amici che la volevano accanto soltanto per suo padre. Comunque continua a non dire niente, le osserva e se ne va. Questo non toglie la sensazione sulla pelle della bionda dei suoi occhi. Sente di essere osservata anche quando le dà le spalle.

Annabeth non ha lasciato la mano di Piper. “Comunque non ho mentito. Mio papà è veramente Tristan McLean” dice la castana, cercando di chiudere le dita in un pugno. La mano intrecciata alla sua non glielo permette. “Non sono una bugiarda, okay? Solo che mio papà è un po' un supereroe senza maschera. Lo è sempre stato e quindi ha sempre girato da una parte all'altra degli Stati Uniti e ha letto tante favole della buonanotte a bambini che non avevano chi gliela leggesse. Mi dispiace solo che…”

“Pip, non importa.” La bionda alza le spalle e sorride. “C'è sempre una prossima volta e sono sicura che tuo padre voleva essere qui.”

“Non sono una bambina. Lo so.” Abbassa lo sguardo alle loro mani e la cosa le sembra molto interessante, perché continua a fissare la pelle più chiara di Annabeth. “Sono sicura gli saresti piaciuta, Lily. E lui sarebbe piaciuto a te.”

“Sono sicura di sì.” Ci pensa su e le dà una spallata leggera. “Per ora ti puoi accontentare della mia compagnia.”

Sorride. E sorride anche Piper.


~•~


È da dire che Annabeth aveva completamente capito male all'inizio. Cioè, lei pensava Reyna si sarebbe avvicinata a lei per ucciderla e svelare a tutti che è una spia. Non la posizione migliore del mondo. Annabeth sarebbe stata scoperta e addio lavoro all'Agenzia. Sarebbe andata a finire così, forse? E invece!

“La signorina McLean è…” Reyna l'ha fermata prima che potesse uscire dalla casa, immobilizzandola grazie ai cani. “Stai attenta a qualsiasi tuo movimento. È abituata ad essere sola, o trattata come una bugiarda.”

“Me ne sono resa conto.” Annabeth abbassa lo sguardo e si chiede se sta per avere il discorso del se le fai qualcosa ti spezzo le ossa da una guardia del corpo. No, perché queste situazioni capitano solo quando A) alla guardia piace veramente tanto litigare o B) la guardia è innamorata della protetta. Potrebbe essere la seconda, sorride a se stessa.

“Per favore, stai attenta.”

Decisamente l'opzione B. Lo ha detto in modo troppo malinconico e Annabeth vorrebbe veramente saperne un po' di più, ma Reyna se ne va di nuovo, senza aggiungere altro, lasciandola con un'informazione a metà.

~•~


“Non posso considerarla mia amica se viene pagata per sopportarmi.” Piper lo dice con così tanta semplicità da disarmare Annabeth. “Reyna è… Reyna e allo stesso tempo una guardia del corpo. Non penso mi avrebbe detto più di ciao se mi avesse incontrato al liceo.”

“Sì, ma adesso ti conosce meglio di chiunque altro, ti vuole molto bene, credo, no?”

La castana sembra pensarci, sorseggiando del caffè nero. “Non lo so. Pensala così. Io mi affeziono più di quanto già lo sono a Reyna, la considero mia amica, poi, un giorno, per chissà quale motivo la licenzio. Faccio in modo che non ci sia transizione di soldi tra noi. Lei rimane accanto a me o se ne va?”

“Non è un ragionamento da te.” Annabeth sbuffa, incrociando le caviglie sotto il tavolo.

“Infatti non l'ho fatto io. Lo ha fatto Reyna quando le ho detto che volevo essere sua amica. Anzi, che la consideravo un'amica. Io le voglio bene, ma non la posso considerare amica.”

“Siete gente strana, voi newyorkesi. Vi complicate la vita.”

“Uno: io sono Cherokee. Due: Reyna è portoricana. Tre: io considero te mia amica. Anzi. La mia unica e migliore amica.” Piper beve un altro sorso di caffè, abbastanza soddisfatta.

“Questo non toglie che siete strane.”


~•~

“Percy non è stato riassegnato a nessuna squadra. Così nemmeno Grover.” Leo giocherella con i bordi del suo quaderno, con le gambe a quattro, seduto su uno sgabello forse troppo precario. “Stanno aspettando che la vostra vecchia squadra torni operativa, devono aver passato la prova dell'Agenzia.”

“In pratica sono l'ultima a finire il compito in classe.” Annabeth si affaccia dal bagno, con lo spazzolino in mano. “Aspettano me. Thalia avrà…”

“Ecco. Thalia. Thalia…” Il ragazzo sospira. “Non dovrei dirti niente. Sono informazioni private e tu soprattutto…”

“Leo.”

Un altro sospiro e lui si gratta la testa. “Ha chiesto trasferimento, per così dire. Non vuole essere riassegnata alla vostra vecchia squadra, ma ora fa parte del progetto Artemide.”

Annabeth annuisce piano piano, cercando di assimilare la notizia. “Ah” riesce a dire. “Grazie Leo.”

Il ragazzo non ha il coraggio di chiederle se vuole fare una maratona de Il trono di spade, quindi sta zitto.


~•~


L'incontro con Tristan McLean è così dannatamente normale da sorprendere Annabeth. Lui è seduto accanto a Piper e la ascolta parlare, ride al momento giusto, racconta leggende cherokee, fa battute da papà, e dice: “Segui troppo la testa, Lily.”

Lui è veramente troppo normale, con hobby normali, con sogni normali e il solito rimorso del genitore che non riesce a passare abbastanza tempo col figlio. Non sembra quel tipo di persona con uno scheletro dentro l'armadio o in qualsiasi altro posto della stanza. Insomma, cucina anche torte!

Parlare con Tristan fa semplicemente venire nostalgia alla bionda. Sente la mancanza di suo padre, della sua mamma adottiva e i suoi fratellini. La mancanza di Percy. Grover gli manca come il sole. Thalia la vorrebbe vicino. E Luke…

Il momento più sbagliato per pensare a Luke è questo, sono passate settimane e dovrebbe averla già superata. Ora sta lavorando solo per essere riassegnata alla sua vecchia squadra, perché non può perdere anche loro e lo sanno tutti che, senza Annabeth, Percy potrebbe morire da un momento all'altro. Ma a volte il punto di rottura è così. Imprevedibile.

Tristan McLean le saluta e se ne va via. Annabeth scoppia a piangere e Piper le rivolge lo sguardo sorpresa, perché non sa cosa stia succedendo.

In pochi secondi, il pianto sembra diventare inconsolabile, interminabile e la bionda non riesce a riprendere il controllo su se stessa. Si dice basta, e si formano lacrime enormi che le offuscano la vista e che le soffocano il petto. Si dice basta e realizza che Luke non verrà a darle un colpetto in testa per prenderla in giro perché piange sempre, come quando erano piccoli, e che non lo farà più, perché non c'è e non ci sarà e non tornerà. Allora piange di più e più vuole smettere. Si sente annegare e riesce a borbottare: “Mi dispiace.” Cerca di pulire le lacrime, poi singhiozza e ricomincia. “Scusa io…”

Piper si porge verso di lei e la bacia. Un bacio abbastanza pieno di panico, un po' come lo è la castana, che non sapeva cosa fare nè cosa dire e non so è mai trovata in queste situazioni. Per questo ha seguito il cuore e Annabeth si calma, in effetti.

Le lacrime cadono ancora, ma quando Piper si stacca da lei, non chiede più scusa. La osserva, si lascia asciugare le lacrime e sembra entrare in una specie di trance, ancora una volta. Succede spesso, con lei.

“Papà dice sempre che un amico è per ridere ma soprattutto per piangere.” La più piccolina le prende le mani e sorride, alzando una sola spalla. “E sappi che io piango sempre. Quindi se vuoi farlo anche tu, sei la benvenuta.”



~•~

Jason ha una lavagna bianca e un pennarello. Su quella lavagna, tutti e tre devono scrivere tutto quello che vengono a sapere di Tristan McLean. È divertente perché sembra un Indovina-chi al contrario.

Leo ha scritto a grandi lettere È bello ma non quanto Leo Valdez e né Jason né Annabeth hanno cancellato la scritta, perché è abbastanza esilarante. Hanno elencato le innumerevoli associazioni in cui è entrato il futuro senatore, i posti che frequenta, hanno cercato i luoghi della sua gioventù e le parti del mondo verso le quali viaggia più spesso, da solo o con la figlia.

Sembra che ora conoscano Tristan più di quanto lui conosca se stesso.

Jason fissa la lavagna ogni sera.

“Forse possiamo credere tutti in un mondo migliore, se quest'uomo è veramente quello che dice di essere.” Annabeth lo commenta sorseggiando del caffè. Sa che il tempo passa ed eppure le piace avere la percezione di perderlo in quel modo lento. Per tutta la sua vita ha sempre corso. Non si è mai potuta fermare, ad esempio, con la sua laurea in Architettura, a dirsi che ce l'aveva fatta, che poteva realizzare il suo sogno. Cinque secondi dopo la laurea era una spia e non sapeva perché. Perdere tempo è un bel lusso, dopotutto.

“La prossima settimana Leo consegnerà il dossier su quest'uomo. E io penso che noi abbiamo finito, qui.”

“Mhm.”

Leo si stropiccia gli occhi e si butta si spalle sul letto, sdraiandosi con pochissima delicatezza. “Mi sono abituato a voi” tra lo scherzo e la vera e propria malinconia. Come possa essere possibile, lo sa solo Leo.

Jason sorride ma non dice niente.

Annabeth pensa che questo vuol dire che deve dire addio a Piper. E che non vuole.


~•~


“Lily continua a non starti bene come nome” dice Piper l'ultima volta che dovrebbe vedere Annabeth.


~•~

Jason ha chiesto che lui e Leo possano essere assegnati alla stessa squadra e Leo è così felice da abbracciarlo e schiaffargli un bacio sulla guancia, per poi fingere che questo non sia mai accaduto.

Annabeth torna ad abbracciare Percy e Grover, che sono stati in vacanza obbligatoria fino a quando lei non aveva finito la sua missione di spionaggio. E un po' inizia a mancarle Piper. Thalia ogni tanto riesce anche a sentirla. Sembra felice, addirittura. Ma una spia sembra sempre felice. Sembrare è facile.

“Nella mia ultima missione ho imparato che le spie hanno anche una vita privata.” Percy addenta un pancake e scuote la testa. “Mentono a chi amano in continuazione e allora mi sono chiesto se questo può essere una specie di lieto fine. Alcuni non sanno nemmeno il nome vero delle persone con cui sono sposati.”

“Siamo spie vere, Percy.” Grover scuote la testa e fa quel sorriso malinconico che Annabeth non ricordava facesse così spesso. “Non siamo in quelle commedie romantiche alla Una spia non basta. Certe cose non si possono fare.”

“Allora questo non è un lieto fine.” Percy finisce di mangiare e la questione è chiusa.

Annabeth non ha proferito parola.

~•~

“Mi chiamo Annabeth” dice con parole calcolate la bionda, muovendosi lentamente verso Piper, che la osserva incuriosita. Con mosse ancora più lente e ancora più freddamente calcolate, Annabeth si piega verso di lei e le lascia un bacio. “E se vuoi, solo per te, seguirò il mio cuore.”

La castana non capisce subito, come avrebbe potuto? Lo capirà dopo. Per ora si gode il bacio. 





Note:
Quando in dubbio, scrivi sulle 100 fanfiction che ti sei detta di scrivere un anno fa e tutto andrà bene. Sono tornata, più o meno. Diciamo più meno. Diciamo che ora sono uno zombie.
  
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