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Autore: venusmarion    07/03/2016    1 recensioni
Raccolta di drabble e flashfic su the 100, per lo più IC, qualche AU, out of prompts.
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellamy Blake, Clarke Griffin, Octavia Blake, Raven Reyes, Un po' tutti
Note: AU, Movieverse, Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti
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#1prompt: Imagine your OTP in 1984 by George Orwell
words: 484
[N.d.A.: Ho fatto di meglio (o di peggio?): ho preso una delle mie scene preferite di 1984, tenuto i dialoghi originali (in rosso) e riadattato il contesto (in nero). La scena è a pp. 101-102 della versione e-book, consiglio di correre a ripassarla, per chi non l'avesse a mente - o addirittura non avesse mai letto 1984! Buona lettura!]
 

1984

«Eccoci qua.» La ragazza si infilò i pollici nei passanti dei pantaloni, accennando un sorriso. 
Bellamy non le era abbastanza vicino, eppure gli si contorceva lo stomaco alla sola idea di muovere passi verso di lei.
La ragazza parve leggergli nella mente e rimase dov’era, a debita distanza.  «Non ho aperto bocca lungo il sentiero, per paura di qualche microfono nascosto. Non credo che ce ne siano, ma non si può mai sapere. C’è sempre la possibilità che uno di quei porci riconosca la tua voce. Qui siamo al sicuro.»
Bellamy si guardò attorno, indietreggiando addirittura di un passo. «Siamo al sicuro?» Lo ripeté come se non sapesse di cosa stessero parlando. La prudenza non gli sembrava mai troppa, ma la ragazza lo tranquillizzò.
«Sì. Osserva gli alberi.» Erano betulle di una vecchia foresta, rinsecchite e morte dopo una potatura sbagliata, simili a dita scheletriche di una mano sepolta. «Piantarvi dei microfoni è impossibile. E poi, sono già stata qui.»
In qualche modo, questo convinse Bellamy a recuperare quel passo di distanza aggiunto poco prima, e poi un passo ancora, ed un altro. Finché la ragazza non gli fu a venti centimetri di distanza, i pollici ancora nei passanti dei pantaloni, il sorriso accennato sempre sulla bocca, come un invito muto, una sfida appena lanciata. Bellamy le afferrò l’avambraccio, come per capire se fosse vera. 
«Forse non ci crederai,» disse, «ma fino a questo momento non sapevo nemmeno di che colore fossero i tuoi occhi.» Li guardò con attenzione, scoprendoli verdi, di una tonalità torbida, incorniciati da ciglia bionde. «E tu, adesso che mi hai visto come sono veramente, riesci ancora a guardarmi?»
«Certo, che ci riesco.»
«Ho ventitré anni, una madre morta alle spalle, non sorrido mai, cinque pistole addosso in questo momento.»
La ragazza diede una scrollata di spalle. «Per me tutto questo non ha la benché minima importanza.»
Tolse i pollici dai passanti dei pantaloni e con un ultimo passo annientò la distanza restante, la stretta di Bellamy che già la tirava d’istinto in quella direzione. Lui sentì il nodo allo stomaco trasformarsi in pietra. La sensazione di stringerla tra le braccia gli provocò un vero e proprio dolore fisico, uno spasmo di tensione che si allentò soltanto percependo il corpo di lei adererire al proprio. Bellamy respirò l’odore dei suoi capelli biondi, pensando ancora di essere in balia di un’allucinazione. Ma quello era contatto umano. Vero contatto umano. Era reale. 
Senza allentare l’abbraccio, Bellamy cercò la bocca di lei per baciarla. Trovò sulle sue labbra un sapore metallico e amaro, ma lo gustò come miele.
La ragazza si scostò per riprendere fiato. «Abbiamo l’intero pomeriggio,» promise. «Non è un rifugio splendido? L’ho scoperto una volta che mi sono persa durante una gita sociale. Se dovesse arrivare qualcuno, lo sentiremmo a cento metri di distanza.»
Bellamy le scostò una ciocca di capelli dal viso. «Come ti chiami?» le chiese.
«Clarke. Il tuo nome invece lo conosco. Ti chiami Bellamy, Bellamy Blake.»

 
  
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