Anime & Manga > Vocaloid
Segui la storia  |       
Autore: Lady Stark    08/03/2016    1 recensioni
«Per lei, tutto è possibile, ufficiale.» con un gesto delle braccia, il taverniere l'invitò a seguirlo.
Len sapeva che quello che stava per fare era sconsiderato, irrazionale e pericoloso.
Era perfettamente a conoscenza del fatto che quel comportamento l'avrebbe potuto distruggere.
Avrebbe potuto demolire tutto ciò che per anni aveva così faticosamente costruito...
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Len Kagamine, Rin Kagamine | Coppie: Len/Rin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Chapter IX 
 

Il sole di mezzogiorno stava per raggiungere il suo picco massimo.
Il castello era in tumulto; un costante via vai di uomini in divisa percorrevano i corridoi, parlando a bassa voce. Una sinuosa fila di camerieri, servi ed garzoni si snodava per almeno quaranta metri nel ventre del maniero. I più giovani si lanciavano occhiate spaventate, i reduci squadravano la punta delle proprie scarpe logorate dall'uso, pregando di non perdere il posto.

Era passato un giorno dall'imboscata che l'ex reggente aveva teso all'esercito invasore.
Tutti erano sconvolti, storditi dal fatto che quell'anonimo ometto potesse averli colpiti tanto nel profondo. Le perdite erano state tremende.

Almeno la metà dei nobili lì presenti erano stati massacrati assieme a mogli, figli ed anziani, senza discriminazione d'età.
Solo i più fortunati erano riusciti a sopravvivere, nascondendosi alle lame nemiche. Qualcuno aveva finto di essere morto, altri si erano accoccolati dietro i tavoli rovesciati o le tende spiccate.
Come se non bastasse, dopo una notte d'agonia e febbre, il vecchio era spirato, abbandonando l'esercito a sé stesso.
Convinto d'aver ancora molto tempo da vivere, il generale non aveva designato alcun erede.

Chi avrebbe preso le redini del potere, adesso?

Quella domanda aleggiava nell'aria e già stava facendo sbavare una serie di altolocati veterani di guerra che, per anni, avevano anelato lo scettro del comando.
Gli interrogatori, le discussioni ed i rumori erano stati distribuiti al piano terra, lontano dalle camere da letto dei malati. A loro, difatti, era stato dedicato il piano superiore, assieme al manipolo di medici più competenti di tutto il paese.
Lì, dove le fronde degli alberi quasi toccavano i vetri, Rin dormiva raggomitolata sotto un pesante strato di coperte. Le domestiche le avevano tolto di dosso il vestito stracciato, lavando e medicando con cura materna le ferite che aveva riportato. Len, allo stesso modo, dormiva in una stanza poco distante.
Le sue ferite erano però molto più gravi rispetto a quelle della ragazza. La freccia non aveva reciso né tendini, né vene ma, in compenso, le mini fratture causate dal pestaggio gli tempestavano il corpo, partendo dallo sterno per poi diramarsi al bacino e all'omero. Le fasciature tentavano al meglio di immobilizzare le parti lese, coprendo quasi interamente la pelle del ragazzo. I giovani erano avvolti in una cappa di sonno tanto spessa da non lasciar spazio ai sogni.
La luce solare colò lungo le scanalature del legno, insinuandosi sotto l'anta della finestra chiusa.

Eludendo le difese delle tende di broccato, i raggi del sole si allargarono sul pavimento come una macchia di olio. Le trame del sonno cominciarono a scucirsi, liberando la ragazza dall'oblio che sino a quel momento, l'aveva intrappolata. Rin sbatté le palpebre un paio di volte, mettendo a fuoco i contorni sfocati della sala. La prima cosa che ebbe modo di vedere fu il comodino, posizionato sul lato destro del letto, sul quale era stata collocata una lampada decorata in pizzo.

Poco distante, appoggiata contro il muro, c'era una libreria zeppa di volumi che quasi arrivava a sfiorare il soffitto. Una poltrona color smeraldo era stata collocata lì accanto per permettere un'agevole e confortante lettura. Se le tende fossero state scostate, la luce avrebbe colpito l'angolo destro della sedia, mettendo in evidenza l'inchiostro delle pagine.

Il cervello di Rin andava a rilento, i pensieri sembravano avvolti in un fagotti di ovatta grigia.

Quanto aveva dormito? Ore? Mesi? Anni?

Rin non ne aveva davvero idea.

Il suo corpo appariva pesante come un macigno; anche respirare le costava una fatica titanica. Le bendature si arrotolavano attorno alle sue braccia ed al collo, simili a serpenti dalle scaglie bianche. Qualcuno le aveva rimboccato le coperte sino al mento, senza neanche lasciare un lembo di pelle scoperta.

La ragazza affondò il naso nella trapunta che profumava di lavanda, beandosi del calore che sprigionava. Non aveva mai dormito così bene in vita sua.

Rin chiuse gli occhi, adagiando la guancia contro il cuscino foderato di piume d'oca.

Il silenzio regnava sovrano nella stanza. Fuori dalla finestra, la stessa natura sembrava essere stata messa a tacere per non disturbare il suo riposo.

La ballerina si raggomitolò su sé stessa, prendendo in seria considerazione l'idea di riaddormentarsi.

Lo scorrere del tempo ed il mondo esterno non avevano importanza in quell'oceano di ombre corvine. Quella sua convinzione non durò molto.

Nel momento in cui gli ingranaggi del suo cervello tornarono a muoversi in modo efficace, una valanga di ricordi la sommerse, minacciando di asfissiarla.

Frammenti di ricordi schizzati di sangue tornarono a sfrecciarle di fronte agli occhi come fantasmi dai contorni impalpabili. Un campanello d'allarme cominciò a risuonare lontano nella mente della ragazza, diffondendone l'eco in ogni sua cellula.

La sua bocca si asciugò come se avesse appena ingerito un pugno di sabbia desertica.

Dov'era Len? Stava bene?

La ragazza cercò di girarsi sul fianco opposto ma, tutto quello che ottenne, fu la fiacca risposta di un corpo troppo stanco per muoversi. Malgrado ciò, la ragazza si tirò a sedere, facendo leva con la schiena contro la testiera del letto.

Dopo un paio di tentativi falliti, la sua testardaggine ebbe la meglio e, con un sorriso trionfante, Rin fu in grado d'osservare tutta la stanza.

Era addirittura più grande di quanto si era immaginata. Come poteva una camera del genere essere adibita ad una sola persona? La mente di Rin non sarebbe mai riuscita a comprendere l'assurda mania di grandezza che denotava le nobili abitazioni.

Sgranando gli occhi per la meraviglia, la ragazza analizzò i fregi che abbellivano mobili antichi e gli specchi bordati d'oro.

Tutto quel lusso sarebbe bastato a sfamarla per il resto della sua vita, senza che dovesse più preoccuparsi di sgobbare come un mulo. Mentre quei superflui ragionamenti prendevano forma nella sua mente, la porta si aprì con un cigolio, mostrando il visetto tondo di una servetta.

Nell'accorgersi che la ragazza si era svegliata, l'inserviente strabuzzò gli occhi fermandosi in corrispondenza della soglia. Tra le mani stringeva un vassoio di argento, sul quale erano stati adagiati dei piatti di porcellana colorata. Il delizioso odore del cibo sgusciò nella camera da letto, ridestando l'addormentato appetito della ballerina.

«Si è svegliata, signorina.» la cameriera le rivolse un sorriso cordiale, facendosi avanti con rinnovata sicurezza. Non appena le tende vennero raccolte, la luce irruppe nel locale, mettendo in risalto i particolari che erano rimasti celati dalla penombra.

«Come si sente? Mi sono permessa di portarle qualcosa da mangiare.»

La giovane afferrò i manici del vassoio, depositandoglielo in grembo.

Vi erano stati disposti quattro piattini e d in ciascuno di essi c'era una pietanza differente.

Pane, formaggio, mucchietti di marmellata fresca e fette di mela aromatizzate al miele la chiamavano, ricordandole che erano passate ore dall'ultima volta in cui aveva messo qualcosa sotto i denti. La sua pancia cominciò a brontolare, fremendo al pensiero di gustare quelle prelibatezze. Rin cercò di non avventarsi selvaggiamente sul cibo ed arrossì, imbarazzata da quelle strane premure. Nessuno l'aveva mai accudita, neanche quand'era malata.

«È tutto per me?»

«Certo! Se non le basta possiamo sempre chiedere qualcos'altro alla cucina.» la ragazza lisciò un paio di pieghe presenti sul proprio grembiule. La ballerina raccolse la forchetta, colpendo la gelatinosa massa di frutta collocata sul piatto.

Poi, con un movimento calcolato, titubante, l'assaggiò con la punta della lingua.

Era semplicemente deliziosa.

«Non è di suo gradimento, signorina? Posso farle preparare qualcos'altro.»

«No, no! È buonissima!» Rin infilzò la polpa della mela con i denti della forchetta per poi divorarla in un sol boccone. Il miele le si sciolse sulla lingua, facendole venir voglia di piangere.

«Avevo una fame da lupi..» biascicò tra un morso e l'altro.

La servetta ridacchiò divertita, dirigendosi verso la toeletta, sistemata nell'angolo della camera.

«Come si sente, signorina? Le ferite le fanno molto male?»

Rin smise di colpo di mangiare, voltandosi per squadrare accuratamente la fisionomia della servetta. I capelli ricci erano imprigionati da una cuffietta bianca; i tratti del viso erano ancora freschi a causa della sua giovanissima età.

«Perché continui a darmi del lei? Mi fai sentire incredibilmente vecchia così..»

Evidentemente in difficoltà, la fanciulla divenne un pezzo di marmo

«Ma io..»

«Dammi del tu. È più facile di quanto sembri.» ridacchiò Rin, ingurgitando un pezzo di pane spalmato generosamente con della marmellata.

Non aveva mai assaggiato niente di tanto buono in vita sua.

Nella sua zona, il pane non era altro che una pagnotta nera, dura come un pezzo di muro.

Malgrado sembrasse incredibile, Rin non aveva mai stretto tra le mani un sacchetto di farina bianca. L'alimento si poteva solo trovare nel mercato nero ed il suo peso veniva pagato in oro zecchino. Quello non era di certo cibo per poveri.

Rin si bloccò di colpo, depositando la forchetta contro il portavivande d'argento. Il fazzoletto, collocata a destra del piatto si sporcò appena con la marmellata rimasta sui rebbi della posata. «Posso chiederti una cosa?»

La servetta, nel frattempo, si era messa a lucidare la superficie dello specchio e, nell'udire l'urgenza presente nella voce della ballerina, interruppe il lavoro.

«Mi dica, signorina.» le parole le sfuggirono dalle labbra, seguendo la consueta, servizievole forma. Rin non riuscì a farci caso, tanto era opprimente il suo timore.

«Quella che sto per farti è una domanda confidenziale. Posso fidarmi di te?» Rin agganciò lo sguardo della servetta, tentando di raggiungerle l'anima.

«Certamente!» cinguettò, mettendo in mostra una fila di denti sani.

Trascurando la pulizia del vetro, fece un passo avanti per poter meglio ascoltare la domanda della danzatrice. Un'ondata di disagio si infranse contro lo sterno della ragazza, facendola tentennare.

«Potrai rivolgere a me tutte le domande che desideri.»

La servetta sobbalzò, scostandosi di qualche passo dall'uomo che le era improvvisamente apparso alle spalle. Louis era immobile sulla soglia, aveva le braccia incrociate sul petto ed il suo viso era una maschera di cemento. Una morbida tunica bianca gli fasciava il petto, lasciando parzialmente scoperte le clavicole. A giudicare dalle fasciature che si avvolgevano attorno al suo collo taurino, anche lui era rimasto ferito durante la battaglia. Un paio di pantaloni neri gli fasciavano le gambe, mettendo in risalto la potenza guizzante dei quadricipiti.

«Signore.» la domestica chinò rispettosamente il capo, cancellandosi dalla faccia l'entusiasmo generato dalla domanda della sconosciuta.

«Puoi andare.»

«Ma la signorina..»

«Stai forse contestando i miei ordini? Ti richiamerò non appena avrò finito.» la voce di Louis troncò bruscamente le proteste della servetta che, sbiancando, si affrettò ad uscire dalla stanza e a chiudersi la porta alle spalle.

Non appena la serratura scattò, un manto di quiete divise Louis e Rin.

Il militare dava le spalle alla danzatrice che, a disagio, tentò di imbrigliare l'ansia galoppante.

La stazza del condottiero la intimoriva e, come se non bastasse, l'idea di non poterlo contrastare accresceva il suo malessere.

Louis li aveva salvati dalla morte durante il ballo ma, anche volendo, non sarebbe mai riuscita a fidarsi di quell'uomo basandosi su quel singolo avvenimento.

«Hai dormito per due giorni.»

Il condottiero fece un paio di passi avanti ma, in risposta, Rin si irrigidì, serrando le mani attorno alle coperte che gli coprivano le gambe. L'uomo dovette accorgersene perché si fermò di colpo, lasciando qualche metro di distanza tra sé e la giovane rannicchiata nell'ampio giaciglio.

«Le tue ferite non erano molto gravi, per fortuna. Non hai riportato nessuna frattura, né tagli profondi.» Louis la squadrò da capo a piedi, soffermandosi sulle ecchimosi che contaminavano la bellezza del suo viso. Un sorriso incorporeo gli illuminò la mente, proiettata verso l'amico, addormentato in una delle stanze adiacenti. Il suo corpo, differentemente da quello della ballerina, aveva riportato lesioni più gravi ma Len era robusto e si sarebbe ripreso.

Louis scrutò con curiosità la reazione della fanciulla che, come un serpente, stava arrotolandosi su sé stessa pronta ad attaccare.

Quella sì che sarebbe stata una compagna adatta per il suo amico.

«Come ti chiami?»

«Non sono tenuta a dirtelo.»

Louis scoppiò a ridere, appoggiando una mano contro il collo fasciato.

Il dolore gli formicolò sulla pelle, stuzzicando l'adrenalina ancora adagiata sul fondo delle sue arterie.

«Ragazza mia, sei forte. E per questo mi piaci.»

Rin avvampò, evidentemente colpita da quello strano complimento ma, neanche allora, abbassò la guardia. Curiosamente, il militare si ritrovò a pensare che, se la ragazza fosse stata un gatto, in quel momento la sua coda avrebbe sferzato l'aria in maniera minacciosa, quasi a volerlo mettere in guardia.

«Mi chiamo Louis Bellafonte. L'altra sera sono stato io a salvarvi la vita.»

Rin annuì, addolcendo il suo sguardo vigile. Era grata a quello sconosciuto che, in nome dell'amicizia per l'ufficiale, aveva salvato entrambi da una fine orrenda.

Ciò era accaduto perché lei non era stata abbastanza forte per proteggerlo.

«Ricordo bene il tuo viso, condottiero. Non potrò mai ringraziarti abbastanza.»

Il militare, felice d'aver finalmente trovato un punto di contatto con quella riottosa creatura, si accostò un po', sino a raggiungere la testiera del letto.

«C'è una domanda che ti angoscia, vero?»

Rin socchiuse le labbra per dar voce al quesito irrisolto.

Len era lì, da qualche parte, e lei doveva ad ogni costo raggiungerlo.

Voleva stringerlo tra le braccia, avvertire il peso della sua mano sulla guancia e respirare il delizioso profumo della sua pelle.

Quello stato di stasi le feriva l'anima.

Doveva assicurarsi che stesse bene, altrimenti il senso di colpa l'avrebbe distrutta.

«Aspetta, aspetta, zuccherino. Non così in fretta.» Il condottiero appoggiò le mani sul legno, fasciandone le scanalature con le dita rovinate dalla guerra.

Il suo sorriso si fece più ampio, insidioso come quello di un abile stratega.

«Le informazioni hanno un certo peso, ne sei consapevole no?»

«Che cosa vuoi da me?» Rin scoprì i denti, infastidita dalla meschinità del condottiero che si era perfettamente reso conto della sua angoscia.

Se allenati a dovere, quei soldati erano in grado di fiutare l'odore acido dell'inquietudine con la stessa facilità con cui i cani riuscivano a trovare il tartufo sottoterra.

Evidentemente, sia Len che Louis erano stati indottrinati molto bene all'arte della guerra.

«Voglio sapere chi sei.»

«Sono una donna senza titolo ed importanza.» la ragazza gli sputò addosso quelle parole, quasi a volerlo biasimare della sua umile, degradante posizione sociale.

«Come ti chiami?»

«Che importanza ha? Non potete conoscermi.» La ragazza cercò di contrastare quella forzata comunicazione, stringendo al seno i suoi segreti.

«Rispondi.»

«Mi chiamo Rin. Faccio la ballerina.»

Louis, chiaramente soddisfatto dalla risposta, si raddrizzò appoggiando una mano sul fianco.

«Len è nella stanza qui di fronte. Sta ancora dormendo ma è fuori pericolo.»

Il condottiero fece una pausa, colpito dall'intensità del sollievo che si dipinse sul volto della giovane. Liberando il fiato, Rin si appoggiò di peso contro il cuscino, quasi temesse di svenire.

Una patina di lucida emozione le abbracciò l'iride, rendendo ancor più chiaro il colore dell'iride.

«Posso.. vederlo?»

«Teoricamente non sarebbe possibile..» Louis scoccò una rapida occhiata alle proprie spalle, poi tornò a guardare la ragazzina. Portandosi l'indice contro le labbra, l'uomo le strizzò l'occhio.

«Ma per te faremo un'eccezione. Vieni con me.»

Il soldato le tese una mano, raggiungendola al fianco del letto.

La ballerina fece per stringere quei calli ruvidi ma qualcosa la fece esitare, bloccandola a metà del movimento.

Una schiera di campanelli d'allarme le si erano messi in funzione nel cervello, richiamandola.

L'istinto, ruggì nel suo petto, facendo sferragliare le catene che l'inchiodavano alle costole.

Louis, avvedendosi della sua indecisione, le afferrò il polso, trascinandola verso di sé con la sola forza di un braccio. Le coperte si accartocciarono attorno al grembo della ragazza che cercò, invano, d'opporre resistenza, puntando i piedi nudi contro il materasso.

Louis le afferrò il mento con le dita, obbligandola a guardarlo dritto negli occhi.

«Lasciati dire una cosa, ragazza. Nella vita, per certe cose non c'è tempo di pensare. Alcune occasioni vanno prese al volo, senza aspettare il benestare della ragione.»

Il viso del condottiero si increspò in un piglio rammaricato, amaro come fiele.

«Puoi fidarti di un esperto d'occasioni perse.»

Non c'era giorno o notte in cui il sorriso della sola donna che aveva amato gli tornasse in mente.

Non passava minuto senza che il ricordo delle sue lacrime gli bruciasse la pelle, rammentandogli in che modo mostruoso le aveva spezzato il cuore.

All'epoca, l'idea di poter intraprendere una carriera brillante aveva calpestato il suo amore, riducendo il soldato ad un individuo bramoso di potere e denaro.

Ma la vita gli aveva fatto pagare cara la sua decisione.

Ora, tutto ciò che gli rimaneva era un impiego deludente, contornato dai frammenti del suo defunto amore. Dopo quella legnata, Louis era cresciuto, giurando a sé stesso che non avrebbe più permesso a nessuno di compiere il suo stesso errore.

«Se lo ami davvero, corri da lui senza pensare alle conseguenze.»

L'uomo le lasciò il mento, aiutandola a scendere dal letto. La giovane gonfiò il petto, aggiustandosi sulle spalle i drappeggi della camicia da notte che le servette le avevano fatto indossare.

«Andiamo.»

«No.. Va'.» Louis le diede una piccola spinta per incoraggiarla e lei cominciò a correre, spalancando la porta con rinnovata decisione.

Senza attendere indicazioni, Rin si lanciò nel corridoio, alla ricerca di quell'uomo che amava in maniera così disperata.

Louis incrociò le braccia sul petto, atteggiando le labbra in un sorriso divertito.

Perché l'aveva aiutata? La risposta gli fu subito evidente.

Quella ragazza gli ricordava la sua compagna d'un tempo; una rara, indomabile fiammella che danza senza paura, divorando tutti gli ostacoli che si oppongono al suo cammino.

«Va' e combatti per il tuo futuro, Rin.»

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Vocaloid / Vai alla pagina dell'autore: Lady Stark