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Autore: cin75    08/03/2016    4 recensioni
Questa volta i J2 sono due giornalisti.
Hanno avuto un passato. Nel presente si detestano. Ma nessuno dei due riesce a vedere un futuro senza l'altro.
Confesso: questa è una Slice of Life uscita male!!!!
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Jared Padalecki, Jensen Ackles
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Per quanto sia Jared che Jensen fossero estasiati e galvanizzati dall’aver ripreso la loro relazione, i due , non potevano goderne appieno, dato che Jensen era ancora sottocopertura.

E se prima, la cosa impensieriva il giovane giornalista, ora, la situazione lo preoccupava decisamente.
Non voleva intervenire con il lavoro da reporter di Jensen. Sapeva quando il compagno ci tenesse a quel servizio, benché pericoloso.
L’unica cosa che gli aveva chiesto era un messaggio di tanto in tanto, quando gli era possibile, senza rischiare.
Jared se lo sarebbe fatto bastare.

Si vedevano quando era possibile. Ogni volta che Jensen aveva la possibilità di lasciare il garage dove si svolgevano le attività di raffineria della droga. Per un motivo e per un altro, magari una commissione, Jensen cercava di prendere più tempo possibile e “correva” letteralmente da Jared.
Si baciavano, si parlavano, si abbracciavano e quando era possibile, facevano l’amore. Lo facevano con passione, con urgenza, con l’amarezza di sapere che si sarebbero dovuti separare subito dopo.

Ma avevano deciso che stare lontani non era possibile.
Non per troppo tempo. Non troppo a lungo.
Erano stati già troppo tempo divisi. Non ne avrebbero perso altro.
 

Una mattina però, qualcosa non andò come al solito. E la consueta telefonata di Jensen non arrivò.

“Jared , ha chiamato Jimbo!” disse Rob.
“Beaver? L’informatore di Jensen?”
“Sì!”
“Che cosa vuole?!” si stupì il giornalista. “ Jensen è al garage. Perché lo cerca qui?”
Rob deglutì nervosismo. “Non…lui non cerca Jensen. Voleva avvisarci.”
“Avvisarci di cosa?!” chiese perplesso, vedendo il disagio sia sul volto che nel tono del collega. 
Rob, deglutì ancora. Era come se cercasse il coraggio e le parole giuste. “Ha detto che c’è stata un esplosione?!”
“Cosa? Dove?!” si allarmò immediatamente Jared scattando in piedi dalla sua scrivania.
“…”
“Robert? Dove?!” gridò infine.
“Nel garage in cui si è infiltrato Jensen!”
“Ma che stai dicendo!?” sembrò quasi sussurrare, terrorizzato dal saperne di più.
“Io …io …non so che cosa sia successo di preciso, ma ….ma…”
“Ma,  cosa?!” intervenne allarmato Sheppard.
“Beaver dice che non si è…salvato nessuno!”, e poi specificò: “Almeno di quelli che erano dentro!”
“No…no….non può essere!” fece Jared prendendo al volo la sua giacca e uscendo di corsa dalla redazione.
Rob e Sheppard gli andarono dietro.
 

Durante il tragitto, Jared chiamava Jensen al cellulare, imprecando disperatamente ogni volta che il compagno non rispondeva alla chiamata. E ogni volta si passava istericamente la mano libera tra i capelli in segno di frustrazione.
Quando arrivarono sul posto, era come se fossero finiti all'inferno: caldo, fiamme, lamenti dolorosi, confusione.

I pompieri stavano già cercando di sedare il violento incendio innescato dalle sostanze chimiche della droga.
I paramedici portavano via i vari feriti e disponevano in file ordinate i sacchi per i cadaveri, pieni di coloro che non erano scampati alla potente deflagrazione chimica.

Jared si guardò sconvolto in giro e si avvicinò ai sacchi mortuari, ma un agente della scientifica lo fermò prontamente.
“Non può, signore!” gli vietò di guardare all’interno dell’involucro di plastica.
“Io …io devo vedere se c’è…se c’è….” biascicò incerto.
“Nessuno può toccarli prima degli esami patologici!”
“Ma….”
“La prego si allontani!” ordinò con gentile autorità e facendogli cenno di allontanarsi.
“Ok! oK!....ma …ma mi dica…” e prese una foto di Jensen. “Ha visto questo ragazzo?!”
Il poliziotto guardò attentamente la foto e poi fissò il giornalista.
“Le posso dire che non è tra questi disgraziati!” fece indicando i quattro corpi a cui faceva la guardia. “Ma dicono che ce ne siano altri all’interno”
“Oddio!!” fece Jared guardando verso le fiamme che ancora mangiavano l’edificio. “Oddio…..Jensen!!” e i suoi occhi iniziarono a bruciare.
Un po’ per l’acre del fumo, un po’ per la disperazione.

I tre comunque non si lasciarono sconfortare e continuarono a chiedere e a mostrare la foto di Jensen ai vari pompieri e ai paramedici che si affaccendavano in quel caos, fin quando Jared non sentì Sheppard richiamarlo con forza.
“Che c’è? Che c’è?”
“Quel pompiere dice di aver visto Jensen. C’era un ferito nel vicolo , qui alle spalle del garage. Il pompiere dice di aver aiutato il paramedico a metterlo su una lettiga e poi ha visto che lo portavano via.” gli riferì Mark, mentre lo spingeva verso la macchina con cui avevano raggiunto il luogo dell’incendio.
“Era Jensen?!” chiese Jared, speranzoso.
“Lui dice di sì. Dice che ne è sicuro!”
“Dove lo hanno portato?!” domandò ancora.
“Al Mercy!” rispose Sheppard mettendogli le chiavi della macchina tra le mani.
“Vado immediatamente!” e corse via.

Circa venti minuti dopo, Jared era al Mercy, il centro traumatologico. Entrò quasi correndo e piombando sulla reception chiese informazioni all’infermiere di turno.
“Il dott. Singer le darà tutte le informazioni.” fece indicando il dottore appena menzionato.
Jared si presentò senza esitare come il compagno di Jensen. E fu così semplice  e pure così triste ammetterlo in quella situazione.
“Venga nel mio studio. Le spiegherò la situazione del suo compagno!”

Entrarono nello ufficio di Singer e il medico gli fece segno di accomodarsi. Jared lo fece anche se quella poltrona sembrava così scomoda o forse era il suo nervosismo a renderla tale.
“Come sta Jensen?!” chiese premuroso.
“Ha lesioni da impatto su molte parti del corpo. Un polso fratturato e una lesione importante al femore. Il chirurgo ortopedico interverrà non appena le sue condizioni saranno più stabili di come sono adesso.” spiegò cautamente.
“Non mi sembra grave!” azzardò Jared.
“Quello che ci tiene ancora in allerta sono i due trauma cranici.”
“Cosa?!” e quella tranquillità che sentiva , svanì immediatamente.
“Da quello che ho capito, Jensen era nel vicolo quando c’è stata l’esplosione. Era vicino ad una porta. Questa porta , a causa dell’onda d’urto, lo ha colpito prima alla base occipitale della testa…” indicando a Jared la base del capo appena sopra la nuca. “…e poi , spingendolo violentemente contro la parete dell’edificio adiacente a quello esploso, lo ha fatto sbattere con la parte frontale della testa.”
“O mio Dio!!”
“La cosa assurda è che la porta che lo ha quasi ucciso, paradossalmente gli ha salvato la vita!”
“Che vuol dire!?” chiese un attimo confuso da tutte quelle spiegazioni.
“Spingendolo via in quel modo, la porta, quando si è divelta dai cardini , gli è finita addosso, proteggendolo dalla fiammata. Se Jensen fosse stato all’interno sarebbe morto. Se avesse riaperto per rientrare , il fuoco lo avrebbe investito in pieno. Invece, l’essersi trovato spalle alla porta, in quel preciso momento, gli ha salvato la vita!” concluse il suo resoconto, il medico.
“Assurdo. Un attimo….lei ha detto che gli ha salvato la vita. Quindi …quindi lui non è in pericolo di …”
“Non voglio azzardare. Ma se la situazione rimane stabile e il timore di un possibile edema celebrale, dovesse desistere del tutto, tra 48 ore potremmo sciogliere la prognosi.” asserì dando un ultima occhiata alla cartella clinica di Jensen.
“48 ore!!” fece eco Jared, come se quei due semplici giorni, fossero un eternità.
“So che sembreranno ore lunghissime, ma mi sento ottimista, Jared. Lo sia anche lei!” fece fiducioso.
“Sì. Certo.” fece con entusiasmo il giovane, seguendo il medico che avanzava verso la porta. “Posso vederlo?”
“Non adesso. Ora è in intensiva e fin quando la prognosi non sarà sciolta, non posso permetterglielo. Ma tranquillo, vedrà che tutto si risolverà per il meglio!”
Quando Jared raggiunse di nuovo la sala d’attesa, trovò ad aspettarlo, Rob e Sheppard. Riferì loro ciò che gli aveva detto il dott. Singer e anche se ancora preoccupati, pure gli altri due, reagirono positivamente alle notizie sulla salute del loro amico.
 
Passarono un paio di giorni. Estenuanti, interminabili giorni di attesa. Attesa a che Jensen si svegliasse e che i medici potessero finalmente stabilire le sue esatte condizioni fisiche.
E finalmente, dopo l’ennesima volta che il dott. Singer uscì dalla stanza del reporter, vi uscì con la chiara espressione di chi era pienamente soddisfatto della visita appena portata a termine.
“Allora ?!” chiese Jared che in quei giorni raramente aveva lasciato l’ospedale o solo il reparto in cui il compagno era ricoverato.
“Allora credo che di là..” indicando la stanza che aveva appena lasciato. “…ci sia qualcuno che non vede l’ora di vederti!”
“E’ sveglio??!!!” esclamò al colmo della felicità Jared.
“Ed è pienamente lucido, reattivo e ha piena conoscenza di quello che è successo e dove si trova. E questo è decisamente una più che ottima notizia.” fece sorridendo soddisfatto il medico brizzolato, guardando Jared, da sopra i suoi immancabili occhiali.  “Data la situazione , tra qualche giorno , il chirurgo ortopedico potrà rimettergli a posto la gamba, ma sarà un operazione di routine. Niente di preoccupante. Qualche settimana di pazienza e potrà riportarselo a casa!”
“Sììììì!!!” quasi gridò dalla gioia e poi, cercando di contenersi: “Posso…posso vederlo?!”
“Deve vederlo o Jensen..dice che ci renderà le cose complicate!!” ironizzò Singer.
“O mi creda , dottore!! Come rende le cose complicate lui……” convenne il giovane mentre si avviava ad entrare nella stanza di Jensen.

Quando entrò nella camera, il sorriso di Jensen divenne luminoso.
Jared gli si avvicinò e cautamente gli prese la mano, facendo attenzione a non toccargli la flebo.
“Ciao!!” sussurrò Jensen dopo che le loro mani furono strette una nell’altra.
“Ciao un corno, Ackles!!” esclamò dolcemente arrabbiato Jared. “Hai idea di quello che mi hai fatto passare in questi giorni?!”
“Mi dispiace…ma….ma non era mia intenzione …saltare in aria!” rispose con ironia Jensen, sapendo che Jared non era davvero seccato con lui.
“La prossima volta, potresti trovare un metodo più tranquillo per mollarmi ??!” scherzando su come si erano lasciati la prima volta e su quello che era successo al garage.
“Ci proverò…ma sai che le cose semplici non fanno per me!”
“No, decisamente ….non fanno per te!” convenne il compagno.
“Jared…” fece poi con un tono, forse, remissivo. “Ti amo!”

Jared lo guardò sorpreso.
Avevano appianato i loro disaccordi. Si erano chiariti e avevano ricominciato, come dire, da dove avevano lasciato.
Ma quel “Ti amo” proprio non se lo aspettava. Non ancora. E per quanto fosse inaspettato fu comunque bellissimo sentirlo.

“Me lo dici solo per farti perdonare!” cercò di scherzare ma solo per nascondere la forte emozione che sentiva dentro.
“Ti amo!” fece allora, ancora con più convinzione Jensen, stringendo appena, per quanto poteva , la mano che stringeva la sua.
A quel punto Jared, cedette. Si inginocchiò accanto al letto , così, che potesse trovarsi all’altezza del volto di Jensen.
“Ti amo…ti amo anch’io. Tu non sai quanto ti amo e sono quasi impazzito quando mi hanno detto dell’esplosione. Sono venuto al garage e c’era tutto quel fuoco e tutti quei morti e io non riuscivo a trovarti e quelli con cui parlavo non facevano altro che dirmi che c’erano altri morti all’interno dell’edificio…” iniziò a raccontargli quasi senza riprendere fiato.
“Mi dispiace….”
“…e poi Mark ha parlato con quel pompiere che ci ha detto che ti avevano portato qui e il dott. Singer che non voleva che ti vedessi e io non sapevo come…”
“Jared….basta! E’ finita…tranquillo!!” cercava di rassicurarlo il maggiore raggiungendo il suo viso con l’altra mano , così da poterlo accarezzare. “Sto bene. Starò meglio!”
“Sì. Sì. Lo so, ma è stato orribile lo stesso!” gli fece presente il giovane che si lasciava cullare dalla carezza di Jensen.
“Faresti una cosa per me?!” gli poi, questi.
“Qualunque cosa.” fu la risposta spontanea.
“Dammi un bacio!”
“Uno solo?!” fece malizioso Jared, mentre si sporgeva verso il compagno che gli sorrideva amabilmente.
“Cominciamo con uno, poi magari…” e ammiccò malizioso.
“Ma sta’ zitto, scemo.” e gli impedì qualsiasi risposta chiudendogli la bocca con la sua.

Fu un bacio dolce, deciso. Ma ugualmente intimo.
Le loro labbra si carezzarono , si strusciarono lente.
Sembrò quasi una danza in cui entrambi i ballerini sapevano esattamente quale fossero i loro passi. La perfezione.
   
 
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