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Autore: HelplessWhenYouSmile    08/03/2016    0 recensioni
“Ritorna presto stanotte, Thomas.”
“Me la caverò, come sempre.”
“Di’ a tuo padre di non tenerti lì tutta la notte, non puoi lavorare in continuazione.”
“Certe volte è meglio non pensare troppo alle conseguenze, mamma.”
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Amy's POV

"Nonna, dove mi trovo? Perché non posso aprire gli occhi? Perché mi gira forte la testa? Cosa è questa puzza?"

"Tranquilla, bambina mia. Sei semplicemente caduta fra le grinfie di Ade. Ti ricordi la storia del re degli Inferi che ti raccontavo quando ancora eri piccola?"

"Si nonna..perchè te ne sei andata, ne abbiamo risentito tutti molto.."

"Senti Amy, ascoltami bene: non vivere nel passato. Non fermarti alla apparenze. Non voltare le spalle a chi ti ama. Sopporta chi impiegherà tempo a capirti e ad amarti. Aiuta chi ti ha sempre aiutato. E ricorda: "Bisogna somigliarsi un po' per comprendersi, ma bisogna essere un po' differenti per amarsi."

"Cosa intendi, nonna? Nonna?..."

******

"Non so te, Carlos, ma questa mi sembra una perdita di tempo."

"E' una brava ragazza, Londra l'ha portata per un motivo. Vedrai ci frutterà molto."

"Cosa le succederà lì?"

"Quello che succede sempre, non aver paura Jose. Poi, tu dovresti conoscere bene come funzionano le cose a Lima: lavori lì. O sbaglio?"

"Non sbagli, Carlos,"

"Vai da tuo figlio, poi pensiamo a scaricarla."

"Spero proprio che Thomas un giorno mi perdoni."

******

Ero cosciente, ma avevo troppa paura di aprire gli occhi.

Quando non sentii più nessun rumore, cominciai a piangere.

Odiavo piangere, più con me stessa che davanti gli altri. Ero vulnerabile, ero persa.

Mi avevano colpito alla testa e alle gambe, che a mala pena sentivo, e la ferita dei pochi giorni prima al bacino provocata dai rami, si era aperta. La testa mi girava molto.

Quando aprii gli occhi, quasi urlai dal dolore.

Avevo sentito Carlos, il proprietario del ristorante "Da Carlos" che avevamo aiutato dopo l'irruzione dei poliziotti e l'improvviso infarto, l'uomo di cui mi fidavo, parlare in quel modo..avevo sentito la voce dell'altro uomo che pronunciò il nome di Thomas. Avevo sentito dirgli 'Londra l'ha voluta qui' e pensai all'unico londinese che conoscevo sino a quel momento.

Colui che avevo reputato essere il mio londinese, il mio salvatore.

Eravamo usciti nel primo pomeriggio. A scuola mi aveva chiesto se mi poteva portare da una parte: il suo 'rifugio dai messicani'.

Era una specie di parco, arido, senza alberi o giostre, ma pur sempre un parco. C'era solo una panchina, sulla quale ci sedemmo.

Mi raccontò della sua vita. Rimasi molto sorpresa nell'ascoltare la sua tristezza e il suo dolore, mentre raccontava di come il padre e la madre lo avevano abbandonato lì a quindici anni, a Manos, cittadina sperduta del New Mexico, per seguire la loro carriera lavorativa, solo con una mazzetta di soldi e una carta di credito.

"Ma sai-disse- io credo che fosse destino. Dovevo venire qui e cercare di rallegrare la vita di questi poveretti. Dovevo dar loro una speranza, e molti hanno ancora da criticarmi. Ma io non li ascolto, non mi interessa, sono a posto con me stesso e la mia coscienza. E tu, Amy, hai qualcosa di cui pentirti?"- mi chiese con voce molto pacata e dolce.

Mi guardò con quei suoi occhi da cerbiatto, da angelo caduto dal cielo e venuto a salvarmi da quell'inferno.

"Non aver detto a mio padre di smetterla di bere in continuazione, dopo la morte improvvisa di mia nonna, causata da una sua dimenticanza... è diventato irascibile ed è per questo che siamo qui, per i suoi non comportamenti idonei. Mi sono chiusa in me stessa e non dovevo."

Qualche lacrima cominciò a bagnare le mie guance. Tirava un leggero venticello che accompagnava il nostro parlare quasi in silenzio, circondati dal nulla.

Lo guardai e mi sorrise, prendendomi la mano e asciugandomi la guancia.

"Andrà meglio, da oggi in poi."- pronunciò questa frase con una dolcezza infinita che mi scaldò il cuore, facendomi sentire finalmente bene e al sicuro, dopo tanto tempo.

Come speravo che accadesse, mi baciò.

Avevo già dato dei baci in precedenza, ma quello mi sembrò il più vero, il più voluto, il più sincero.

Ed effettivamente, per me lo era davvero in quel momento.

Di James mi aveva sempre colpito la sua delicatezza e il suo portamento sempre impeccabile, quasi regale.

Quel giorno, con quei baci continui, con il modo in cui mi prendeva il viso fra le mani, con il suo bellissimo sorriso e il suo sguardo angelico che mi guardava, passai il momento più bello della mia vita. Pensavo di aver trovato la felicità in un inferno terrestre da cui mai sarei uscita.

Un dolore forte alle costole mi prese all'improvviso e cacciai un urlo. Iniziavo a respirare con fatica e i ricordi della giornata precedente non mi aiutavano.

Le lacrime cadevano ininterrottamente e non potei fare a meno di non pensare a come stesse la povera Alma in quel momento.

Se James mi aveva aiutato a rinascere quel giorno, le circostanze peggiorarono agli allenamenti.

Dopo aver finito lo stretching, il nostro gruppo femminile di corsa si allenò nel solito campo ma questa volta i maschi non erano presenti. Hector aveva avuto una emorragia che lo aveva reso quasi in fin di vita. Thomas, Diego, Leo e Guapo erano andati immediatamente da lui. Noi, ad eccezione di Estella, non potevamo e questo peggiorò la situazione.

Alma era molto legata ad Hector. Nessuno sapeva cosa c'era fra loro ma eravamo tutti convinti che non fosse solo semplice amicizia. Passava molto tempo da lui in ospedale e quando venne a sapere dell'emorragia era troppo tardi e non fu più in grado di ritornare da lui e poi di allontanarsi dagli allenamenti.

Nel campo da corsa, dopo nemmeno dieci minuti, Alma si accasciò a terra, debole, priva di forze e cominciò a piangere. Giurai di non aver mai visto una ragazza così disperata ed in pena in quelle condizioni. Non soffriva semplicemente, era stanca, dormiva pochissimo, lavorava, andava a scuola ed in ospedale, lavorava, andava in ospedale e si allenava.

La portammo vicino al casale di peso, non riusciva ad alzarsi, continuava a ripetere piangendo "Llévame de él, por favor. Portami da lui, llèvame de èl."

Riuscimmo a calmarla poco a poco ma tremava e non smetteva di piangere.

Io restai con lei, mentre le altre e Mr. Vazquez andarono nel casale a preparare qualcosa che la potesse far star meglio.

Rimase molto tempo in silenzio, a fissare il vuoto, con sguardo perso.

"He-ecto..-cominciò a dire tremolante- Mi fa... fami-ilia.. no quiere." Fece per dire altro ma Anica e Gala portarono una coperta da metterle a dosso e una bevanda che le avrebbe dato un po' più di energia.

Capii subito da quella minima e sussurrata frase della ragazza, che cosa volesse dire.

La sua famiglia non vedeva di buon occhio Hector in quanto, e lo venni a sapere solo più in la da Estella, il padre era stato uno dei poliziotti –diablo, fautore delle prime irruzioni della storia di Manos.

Mi sentivo impotente e non seppi cosa dirle per tutto il resto della giornata, anche quando l'accompagnai a casa. Mi limitai a stringerla forte e a sorriderle, insieme a Gala e ad Anica.

Durante il tragitto cercammo di parlarle d'altro e Anica raccontò uno dei suoi bellissimi aneddoti con Guapo.

"E' un fesso quel ragazzo. Un giorno ha provato a corteggiarmi con un fiore preso dal mio vaso sul davanzale della cucina. L'avrei anche mandato via se non fosse stato così attraente. Il problema è che ora si attacca peggio di una sanguisuga; non capisce che ho altri ragazzi con cui stare che sono di gran lunga migliori di lui!"- disse tutta seccata.

"Bhè non mi stupisce, lo fa con tutte. Spero proprio di non trovare un cretino come lui, un giorno."- proseguì la piccola Gala speranzosa.

Riuscirono a strappare un sorriso ad Alma, la quale anche se sofferente, apprezzava il discorso anti-Guapo delle ragazze che andò avanti per un bel po'.

Alma è sempre stata una delle ragazze più forti e coraggiose che io abbia mai conosciuto: lottava per un amore che non sarebbe dovuto mai nascere, sopportava il continuo lavoro casalingo che la madre le imponeva, ma nonostante tutto era sempre pronta ad aiutarti e a divertirsi durante gli allenamenti e le lezioni. L'ammiravo molto.

Cominciai a tossire e a perder sangue. Mi prese una fitta allo stomaco e non riuscii più a smettere di sputare sangue. Questo mi ricordò il grandissimo dolore che provai la sera prima, verso le sette.

Mi recai con Anica all'ospedale, dopo aver lasciato a casa Alma, in compagnia di Gala.

Appena entrammo vidi Thomas venirmi incontro, a passo svelto.

"Blanca, vedi di renderti utile e vai via di qui, ritorna dal tuo londinese."- mi rivolse la parola scontroso e con la sua solita aria di nonchalance.

"Come prego?" Ero stufa dei suoi sbalzi d'umore da schizzato.

"Guarda cosa hai creato da quando sei qui. Stai sempre in mezzo, ti attacchi alle persone ed ora invii pure uno scagnozzo del tuo nuovo ragazzo a dare soldi alla madre di Hector ed Estella per 'sentite condoglianze'. Bhè, non so se ti cambia qualcosa , ma qui, grazio a Dio, non è morto nessuno. Non so se ti dispiaccia o no, ma qualsiasi cosa il tuo cuore meschino e ipocrita ti dicesse di fare, faresti meglio a sparire dalla nostra vista. Ritornatene alla tua cara amata Boston insieme al tuo fidanzatino."

Era rosso in volto stavolta. Urlò e pronunciò quelle frasi di getto.

Non sapevo cosa rispondere. Volevo chiedergli di quali soldi stesse parlando ma mi colpì talmente tanto il suo tono di voce che rimasi immobile a fissarlo, incredula.

Ci guardammo negli occhi per un po', poi lui ritornò in sala d'attesa insieme agli altri.

Vidi Estella guardarmi in lontananza ma non si mosse, si limitò ad osservare e a distogliere lo sguardo.

Anica era spaesata quanto me, ma non indesiderata da tutti in quel momento, come lo ero io.

Uscii dall'ospedale, correndo.

Ero stanca, volevo tornare a casa. Di quella giornata ne avevo avuto abbastanza.

Mandai un messaggio a James chiedendogli scusa per non aver risposto alle chiamate e dicendogli che ci saremmo sentiti la mattina dopo.

Poi qualcosa improvvisamente, quando rallentai, mi colpì forte alla testa e caddi a terra.

******

Tremavo molto. Probabilmente mi avevano colpito pesantemente, perché oltre al dolore incessante alla testa, mi dolevano molto le gambe e il costato; dopo un po'smisi fortunatamente di sputare sangue.

Mi guardai intorno, nonostante la vista mi tradiva molto in quel momento.

Mi trovavo sul pavimento di un grande magazzino completamente vuoto; c'era solo un grande tavolo al centro e qualche colonna portante.

Si moriva di freddo e c'era molta puzza di alcool e fumo. Il mio stomaco non ne poteva più.

Non so per quanto tempo rimasi in quell'orrido magazzino. Credo giusto il tempo di incontrate la mia cara e dolce nonna in sogno, svegliarmi dolorante e ricordare la movimentata e triste giornata del giorno prima, per poi  sprofondare in un profondo e pauroso abisso nero.

Riuscì solo a sentire la porta del magazzino aprirsi, la voce di un uomo e di un ragazzo; quest'ultimo a me fin troppo familiare.

"Portatela su un pullman, sarà diretta a Lima."

"James, cosa succederà se il governo Peruviano non l'accetta perché troppo bianca? Sai come sono..."

"Tranquillo Jose, l'accetteranno. Sono in crisi adesso, le accettano tutte."

******

Thomas's POV

Mio padre era tornato.

Si presentò verso le dieci del mattino. Non ero andato a scuola per via di Hector, che pian piano stava migliorando.

Ci mancava quasi che a mia madre venisse un infarto.

"Jose! Vuelve a casa..oh, Dios mío! Cuánto tiempo, mi amor!"- disse, subito dopo averlo visto sulla soglia della porta di casa.

"Camilla, Thomas. Estoy feliz de verte. Gli altri mocciosetti stanno a scuola, immagino eh?"- disse, accennando una piccola smorfia.

Da quella piccola smorfia però, si potevano capire molte cose.

Vedevo che era stanco; aveva un sorriso spento, le mani rovinate dal lavoro che si era trovato in Perù e che, aggiunto al mio e a quello dei miei fratelli, mandava avanti la famiglia.

Mentre mamma tutta contenta abbracciava e parlava con papà, continuai a guardarlo attentamente: aveva paura.

Le sue mani tremavano appena e lo sguardo era di una persona che fuggiva; guardava spesso indietro verso la porta di casa: qualcuno lo stava aspettando.

Io e mio padre eravamo uguali e ne ebbi la prova in quel momento. Duri all'apparenza, un uragano di pensieri ed errori dentro.

"Vorrei parlare con Thomas, ho bisogno di un favore. Vuoi venire con me un attimo fuori?'"- mi chiese all'improvviso, con degli occhi quasi supplichevoli.

Lo seguì fuori casa e tutto d'un fiato, come se avesse chissà quante volte programmato quel momento, disse:

"E' arrivato il momento di dirti la verità,ormai. Sei l'unico che può aiutarmi ad uscire da questo giro..ho bisogno di te. Por favor, non fare domande. Perdoname.. ascoltami, tu..saprai perdonarmi. Vieni con me in Perù. E' importante. Partiamo fra un'ora."

******

Buona sera! 

Ho solo una cosa da dire: il prossimo capitolo sarà molto importante, accadranno un bel po' di cose, quindi ci metterò un po' per organizzarlo e scriverlo bene! 

Cosa ne pensate della coalizione James-Carlos-Jose? (Saranno solo loro tre?..)

Spero me lo facciate sapere per capire se vale la pena continuare  la storia e per avere un opinione differente dalla mia :') 

Adioss

   
 
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