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Autore: cartacciabianca    28/03/2009    2 recensioni
[…] I due assassini si issarono sui bastioni della fortezza e furono a portata degli arcieri. -Via, via, via!- Altair l’afferrò per il cappuccio e la trascinò di corsa verso l’angolo della fortezza, che culminava con una torre, la quale facciata dava sull’immenso piazzale del distretto nobiliare. -Salta!- Altair la spinse giù e i due assassini, accompagnati dal ruggito di un’aquila, si gettarono nel vuoto. Nel bel mezzo del volo Altair la strinse a sé, ed Elena si avvinghiò a lui che, capovolgendosi in aria, atterrò di schiena nel cesto. Poi fu il silenzio, scortato dal canto delle campane d’allarme, ma almeno le voci dei soldati e le grida degli arcieri erano cessate. […]
Genere: Azione, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dea tra gli Angeli' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Faiyum, dalla Siria all’Egitto




Adha richiuse la porta all’istante, ma Altair la fermò poggiando una mano su di essa. –Aspetta- disse tranquillo.
La donna lo fissò con rabbia. –Cosa vuoi?- sbottò irritata.
-Voglio solo parlarti- proferì serio.
-Non ci credo- arrise maliziosa.
-Allora non è un problema mio. Posso entrare?- chiese educatamente.
Adha esitò, lanciando un’occhiata alle spalle dell’assassino, poi indietreggiò e lo lasciò entrare.
-Grazie- sorrise soddisfatto mentre lei richiudeva la porta.
-Perché sei qui?- sibilò osservandolo muovere alcuni passi su e giù nella stanza.
-Ti ho sentita parlare a Tharidl di una nave- la fulminò con uno sguardo, ma Adha rimase impassibile.
Altair le venne di fronte. –Posso sapere che cosa ti sta succedendo? Ultimamente sei…- le accarezzò i capelli –distante - commentò soave.
Adha scansò la sua mano lentamente, chinando la testa. –Perdonami, ti prego di perdonarmi-.
Sul volto dell’assassino comparve un’espressione confusa. –Di che parli?-.
Adha alzò i suoi occhi verdi in quelli neri e profondi di lui. –Me ne vado, Altair, devo partire-.
Gli ci volle del tempo per realizzare a pieno quelle parole, ma quando il senso venne lui, Altair fu sul punto di crollare. Aprì bocca ma non riuscì a proferirne suono.
Adha indietreggiò allontanando il suo sguardo alle spalle di lui, che si voltò.
C’era una valigia riposta sul grande letto a baldacchino. Era chiusa, piena e pronta. Era la valigia con la quale Adha era tornata alla fortezza una piovosa notte di quell’autunno.
-Non può essere- mormorò lui sbigottito. –Perché?- ruggì a denti stretti.
Adha si avvicinò al letto, e nella stanza fecero il loro ingresso Luisa e Lily.
-Signora- le due s’inchinarono, e la più giovane tre le sue damigelle afferrò la valigia.
-Il vostro cavallo è pronto, Adha, e attende nelle scuderie- la informò Luisa seria in viso.
Adha chinò il capo. –Grazie, sarò lì a breve- disse, e le due, come erano venute, se ne andarono.
 Lo sguardo della donna incontrò quello sconvolto dell’assassino. -Sono stata via troppo tempo, Altair, e tornando qui ho fatto solo il più grosso sbaglio della mia vita. Devo andarmene prima di peggiorare le cose- assentì avviandosi verso la porta.
Altair le andò incontro, sbarrandole il cammino. –Adha, non farlo- gemé.
-Non posso!- la donna ricacciò le lacrime, ma una di esse le scivolò sulla guancia e si sveltì nel farla sparire passandovi la manica del vestito –Ho una famiglia, in Italia, Altair. Sono stata via tutti questi anni e lì ho trovato la mia vera casa. È lì che devo tornare, dai miei figli, da mio marito!- pianse. –Ti prego, non rendere tutto più difficile- la sua voce incrinata dalla tristezza venne fuori.
-Perché sei tornata? Se non mi hai mai amato perché sei tornata?!- digrignò lui non riuscendo a contenere la rabbia.
-Volevo dirtelo- pronunciò affranta. –Sono tornata con l’intenzione di raccontarti la verità, tutta la verità…-.
-E che cosa ti ha fermata se non l’amore che provi per me?- sibilò sfiorandole una guancia, ma Adha fermò la sua mano stringendola nella propria.
La donna intrecciò le sue dita a quelle di lui. –Non capisci quanto mi dispiace averti imbrogliato così? Mi sento una stupida, e non ti biasimo se sei arrabbiato, ne hai tutti i motivi! Ma ti supplico di capirmi…-.
Altair alzò il mento. –Bambini, hai detto?-.
Lei annuì. –Perdonami se non ho trovato il coraggio di parlare, ma la gioia di rivederti è stata tale da cancellare ogni mio briciolo di coscienza-.
-Gioia? Tutto qua?- sgranò gli occhi. -E quella notte che ci siamo amati? Quando mi hai chiesto di avere un figlio da me! Anche quella era solo gioia?!- le disse furioso.
La donna tacque, ammutolita, spaventata. –Ti prego- bisbigliò.
-Che cosa dovrei fare ancora, spiegami? Starmene con le mani in mano e lasciarti andare così? Hai una minima idea di come mi senta?!- la strinse per le spalle.
-No, non riuscirei mai ad immaginare, ma ti scongiuro: lasciami andare-.
L’assassino respirava con affanno, stringendo forse troppo forte la presa sulle fragili ossa della sua amata. I suoi occhi persero quel vigore furioso, mentre i suoi muscoli si rilassavano poco a poco. Possibile che le fosse così semplice dirgli addio? La gioia della sua vita, l’unica che avesse mai provato davvero, gli stava scivolando via dalle mani come sabbia, andando a consumarsi in terre lontane.
Altair l’abbracciò di colpo, sovrastandola con la sua figura e poggiando una guancia sui suoi capelli corvini. –Dimmi che stai scherzando, dimmelo…- mormorò.
-Temo di no- lei si strinse a lui affondando il volto nell’incavo del suo collo. –Temo proprio di no- rispose afflitta.
Altair risalì la sua schiena con una mano fino a raggiungere la nuca, le alzò il viso e fece per baciarla, ma Adha girò la testa da un lato, mostrando la guancia bianca.
-Ti ho chiesto di non rendere tutto più difficile- disse seria, voltandosi a guardarlo negli occhi. Dopo un istante di silenzio che parve infinito, Adha si alzò sulle punte dei piedi e raggiunse con le labbra l’orecchio dell’assassino, che continuava a stringerla tra le sue braccia.
-Ma sappi- gli sussurrò –che porterò sempre una tua piccola parte dentro di me- e detto questo, si allontanò da lui.
-Prenditi cura di Elena- mormorò, poi le loro mani si staccarono, ed Adha si dileguò nel buio, scattante verso le scale.
Già in quello aveva fallito, si disse lui.

-Halef-.
-Sì, Maestro- il ragazzo s’inchinò.
-Potresti farmi un favore, prima che tu vada?- chiese il vecchio senza distogliere l’attenzione alle pergamene che stava leggendo.
-Certamente- fece disponibile.
Tharidl intinse la penna nell’inchiostro e, dalla lettura, passò alla scrittura. –Vorrei che chiamassi qui da me sia Altair che la sua allieva, se ti è possibile trovarli-.
-Subito, Maestro?- domandò aggrottando la fronte.
L’uomo annuì, ed Halef lasciò lo studiolo scendendo di corsa le scale.
All’ingresso della sala trovò di fortuna alcuni assassini, tra i quali riconobbe Rhami. –Avete visto Altair?- chiese loro.
Questi scuoterono la testa, poi Halef si rivolse esclusivamente al ragazzo dagli occhi di ghiaccio. –E tu, sai dove posso trovare Elena?-.
Rhami si strinse nelle spalle. –Non ne ho idea, e onestamente non m’importa-.
Halef riprese la sua ricerca, raggiunse prima la biblioteca ma non vi trovò nessuno, e poi si diresse agli alloggi più alti della fortezza.
Camminando tranquillo per il corridoio, arrestò il passo improvvisamente, si girò di lato e fu sorpreso di trovare la porta della stanza di Adha spalancata. Ma ancor più colpito di intravedervi all’interno, solo e abbandonato, il grande Altair, seduto su una sedia vicino al cornicione della finestra.
Halef bussò sulla porta già aperta e fece un passo dentro la camera.
Altair gli volse appena un’occhiata, prima di tornare a fissare l’orizzonte fuori dai vetri puliti.
Non l’aveva mai visto così affranto, ma Halef cercò di rientrare piuttosto nel suo ruolo. –Mastro Altair, Tharidl desidera vedere voi e la vostra allieva, al più presto possibile- dichiarò serio.
-Non so dove ella si trovi- mormorò lui. –Per quanto mi riguarda, sarò da lui a breve- sospirò.
-Bene, ma per caso, Altair, avete visto Marhim questa mattina?- chiese.
L’assassino alzò il volto, ma l’ombra del suo cappuccio si allungò oltremodo sui suoi occhi. –No, pensavo fosse con lei- proferì.
Halef ci pensò poco prima di giungere alla schiacciante conclusione, e assieme a lui, anche Altair assunse un’espressione ansiosa.
-Credete che…-.
-Spero per Elena che non sia così!- sbottò alzandosi e uscendo di corsa dalla stanza.

-Forse…-.
-Taci- si apprestò a dire Elena, mentre la sua bocca si spostava agli angoli di quella del ragazzo.
-Non è una buona idea- provò a dire, ma l’assassina non gli lasciò tempo di aggiungere altro privandolo del cappuccio.
-Non qui- aggiunse insicuro, ma Elena non diede pane alle sue paure. Piuttosto portò le mani all’altezza della fascia rossa e cominciò a scioglierla dai fianchi di lui. Con sveltezza lo denudò della parte superiore della veste, sorprendendosi della muscolatura che certo non si aspettava da un topo di biblioteca.
-Reagisci, non fare il tozzo di legno- ridacchiò lei ammirandolo.
-Tozzo di legno? Elena, sto morendo di freddo!- sbottò.
La ragazza gli accarezzò i muscoli delle braccia e si accorse che effettivamente aveva la pelle d’oca. -Sempre a lamentarti- si adagiò completamente sopra di lui, che lentamente stava scivolando con la schiena sempre più giù, fino a toccare terra.
-Si staranno domandando dove siamo finiti- azzardò lui.
-Non credo- fu la sua risposta ed Elena si chinò a baciarlo sul collo.
Marhim s’irrigidì d’un tratto, mentre il cuore gli batteva con violenza contro la cassa toracica.
-No, ferma!- disse improvvisamente, fermandola giusto prima che Elena si sfilasse la sua tunica.
-Che c’è?- fece affranta.
-Non possiamo, capisci?- aveva il fiato corto, sembrava terrorizzato. –La setta non lo permette, non possiamo, non…-.
La Dea si sollevò in piedi. –Rhami aveva ragione- rammaricò avvicinandosi al bordo della roccia, dove l’acqua sembrava essersi equilibrata per via della bassa marea.
-Che c’entra Rhami?- balbettò lui affrettandosi a rivestirsi.
Con un immenso senso di rifiuto, Elena si tuffò in acqua e attraversò lo stretto cunicolo che la portò allo sbocco sulla spiaggia. Non attese neppure il suo amico e cominciò ad avviarsi su per la roccia.
Marhim emerse dalla corrente e si guardò attorno. -Elena, aspetta!- la chiamò, ma la ragazza era già troppo lontana per sentirlo.
L’assassino scattò di corsa sulla sabbia e in breve dimezzò la distanza. –Elena, ti prego!- gridò di nuovo, ma nessuna risposta da lei che andava a scalare mutamente la scogliera.
Troppo codardo, le aveva detto Rhami riguardo a Marhim, e lei solo adesso ci credeva. Magari il loro poteva essere vero amore, ma pur di tener fede ai principi della confraternita, Marhim avrebbe rinunciato a lei, ne era certa.
Una volta risalita tutta la parete di roccia, Elena montò fulminea sul suo cavallo e lo spronò al galoppo. Comportandosi in quel modo, fuggendo così da lui, era stata parecchio ingiusta. Marhim le aveva sempre dato ascolto, le aveva sempre detto cos’era meglio per lei, ed ora che lui bisognava di comprensione, Elena gli voltava le spalle.
Raggiunse le porte della città e smontò di fretta dal suo destriero; con grande stupore delle guardie che la fissarono ammutolite, Elena dissellò l’animale e lo legò alla staccionata vicino all’abbeveratoio. Poi lasciò il cortile delle stalle e si avviò verso la fortezza.
Raggiunse il giardino interno della roccaforte e passò oltre l’arena degli allenamenti, ma non appena mise piede nella sala d’ingresso, gli occhi bui neri del suo maestro la inchiodarono con un ginocchio piegato.
La giovane Dea s’inchinò appena. –Maestro- mormorò, e questo le si avvicinò.
-Dove sei stata tutto questo tempo?- domandò irritato.
-Piuttosto voi avete fatto ciò di cui vi siete incaricato?- fece sfrontata.
Altair aggrottò la fronte. –Non ne ho avuto modo. Tharidl ci ha convocati dopo pranzo, vedi di esserci- le disse.
-Di cosa si tratta?- chiese lei tenendo un’espressione neutra in volto.
-Lo vedremo-.

Quella mattina nella mensa c’era una massa ristretta di assassini. Si poteva perfettamente dire che erano quattro gatti per davvero! Elena entrò nella sala e si stupì di trovare, seduta al tavolo vicino alle vetrate, solamente Kamila.
La Dea era sistemata composta sulla sedia con le gambe accavallate. Lo sguardo fiero che pareva assorto nel panorama fuori dalle finestre.
Elena le si sistemò di fronte, e Kamila si girò con cautela verso di lei.
-Ciao- mormorò con voce melodiosa la donna.
Elena gli scoccò un sorriso pacifico.
-Allora, raccontami. Chi era il giovanotto?- strizzò un occhio.
La giovane mordicchiò una fetta di pane di grano duro. –Mio fratello- disse d’un fiato.
-Questo lo sapevo già, e so che ti riferisci a Gabriel. Ma io palavo dell’altro, il maschietto di questa mattina che hai trascinato nella tua stanza- ridacchiò.
Elena quasi si strozzò con il boccone. –Ah, Marhim- proferì roca. –Ma come sai di Gabriel?- deviò l’argomento.
-Tharidl, la rana dalla bocca larga!- rise la bionda.
-Infatti, mi sembrava strano- bofonchiò.
Kamila si fece improvvisamente seria. -Elena, sinceramente non ti conviene. Te lo dico da amica-.
-Adesso di cosa parli?- proruppe irritata.
-Di entrambe le tue storie. Gabriel è bene che sappia di avere una sorella, e con Marhim non ti consiglio di approfondire più di tanto. È per esperienza, fidati- le arrise.
-Esperienza? Ma non era Leila che si faceva gli altri assassini?- sogghignò.
Kamila le lanciò un’occhiataccia. –Abbassa la voce!- mormorò. –Se non ti dispiace, tengo alla mia vita, e se Leila venisse a sapere che qualcuno a parte noi sa di lei e Atef, non vivremmo abbastanza per vedere come andrebbe a finire- pronunciò in un sussurro.
Ovviamente scherzava, vero?… vero?…
-Leila- ripeté Elena. –Sarà lei ad insegnarmi, non è così?-.
Kamila annuì. –Temo di sì, piccola mia, temo proprio di sì-.
Elena rabbrividì -perché temi?-.
La Dea si guardò attorno. –Spero che tu ti sia accorta dei suoi modi di fare alquanto mascolini-.
-E allora?-.
-Se c’è un consiglio che posso darti è di stare lontana dai suoi ganci sinistri- fece una smorfia. –A suo tempo, Leila ed io ci litigammo un bracciale quando avevamo più o meno la tua età. Finì piuttosto male, per me, ovviamente. Da quel momento, lo ammetto, Leila è cambiata ed è sicuramente meno violenta, ma proprio in quella sua giovane età amava sentirsi chissà chi ed essere lodata delle sua forza bruta-.
-Non potrebbe insegnarmi Elika?- balbettò intimorita.
Kamila scoppiò in un’acuta risata. –So come ti senti, piccola mia, ma come Tharidl ti avrebbe detto a breve, io ed Elika raggiungeremo un gruppo di assassini a Damasco per seguire i loro itinerari. Così, per riprendere un poco la mano. Anche una Dea come me ha bisogno di una spolverata, ogni tanto- gioì.
-Che genere di spolverata?- domandò maliziosa la ragazzina.
-Sei ancora troppo piccola per certe cose- rise la bionda, ed Elena stette al gioco.
-Piuttosto, stai in guardia questo pomeriggio, va bene? E tieni fede ai consigli che ti ho dato-.
Elena sapeva si stesse riferendo a Gabriel e Marhim, i due ragazzi che erano entrati a far parte della sua vita per sempre, e i cui volti l’avrebbero tormentata nei sogni e nei suoi incubi se non avesse preso posizione al più presto.

Dopo essersi riempita lo stomaco, Elena si diresse verso lo studio dove era stata convocata dal Maestro. Sulle scale, i suoi occhi sfuggirono a quelli di Marhim che, lanciandole appena un’occhiata, si dileguò in uno dei corridoi.
Aveva sbagliato tutto, ancora, un’altra volta aveva scelto l’approccio sbagliato, ed ora si trovava davvero sola, come in fondo aveva sempre voluto restare. Perché era stata tanto stupida? Perché non aveva dato retta a chi più volte e più volte l’aveva avvertita con un grande e grosso NO? Si sentiva solo una sciocca, quello che era successo nella grotta marina giù al lago era spazzatura, da gettare per sempre nel cesto dell’immenso mai più, nello stesso cesto nel quale era finito Rhami.
Ma Marhim era diverso. I suoi sguardi, i suoi abbracci, già le mancavano da morire mentre percorreva quel piccolo tratto che la separava dalla destinazione. Con quei suoi atteggiamenti intraprendenti nella caverna, Elena aveva messo per sempre una pietra sopra la loro amicizia, e forse Marhim stesso ne era afflitto. Dopo tutto, Elena l’aveva sempre saputo che il fratellone di Halef aveva una cotta per lei. Si vedeva lontano un miglio, insomma… il modo in cui l’aveva guardata negli occhi poche ore prima, la maniera in cui le sue mani le avevano accarezzato la schiena facendole sentire un brivido nel sangue, e come le loro labbra si erano sfiorate appassionatamente…
E poi, era caduto tutto giù dal precipizio. Avrebbe dovuto capirlo che gli aveva solo chiesto troppo. Il loro amore proibito era appena sbocciato, ma più di quando avrebbero avuto il loro primo rapporto, Elena si chiedeva se sarebbe continuato tanto allungo… Marhim avrebbe trovato il coraggio di dirle di no? Di metterla da parte nel momento in cui avrebbe dovuto scegliere tra lei e la setta, nella quale neppure sembrava mostrare grande interesse. Torturarsi in quel modo era inutile, si disse.
Salì due gradini alla volta e si fermò al fianco di Altair, che trovò già ad attenderla di fronte alla scrivania di Tharidl.
All’appello c’erano loro due ma sembrava mancare Tharidl, che come le disse Altair, li avrebbe raggiunti a breve.
-La mia collana posso star certa che ora pende al collo di Gabriel, Maestro?- sbottò lei ad un tratto, con rabbia repressa rimuginata assieme ai ricordi di quella primissima mattinata.
Altair sospirò. –No, sono stato… trattenuto da altro, mi dispiace- mormorò, ed Elena si stupì di tanto scoraggiamento nel suo tono.
-È successo qualcosa?- domandò addolcendo il tono. Doveva per forza essere successo qualcosa, e allo stesso modo di come il suo maestro si preoccupava per lei, la sua allieva si preoccupava di lui.
-Ora non è importante- Altair tornò a fissare il pavimento stringendo i pugni.
-Ma maestro- obbiettò lei. –Non posso vedervi in questo stato, non giova al mio addestramento- rise.
Un sorriso smorzato prese forma sulle labbra dell’assassino. –Quale addestramento?-.
-La formazione e…- divagò con le parole. –e l’apprendimento della mia… autorità- proferì con una faccia da totale deficiente.
L’uomo parve rallegrarsi. –Sì, è come dici tu- sibilò guardando altrove.
Tharidl finalmente si mostrò, comparendo dalle scale alle loro spalle.
-Ma che gioia nel vedervi entrambi così allegri!- il vecchio batté le mani e si sistemò dietro la scrivania.
I due tacquero, attendendo che fosse il Gran Maestro a proferire altro.
Tharidl sembrava allegro quanto loro, eppure Elena e Altair smentirono presto la loro gioia.
-Perché ci avete fatto chiamare?- intervenne il ragazzo.
-Impazienti, eh? Non temete, si preannuncia una stagione invernale ben poco tranquilla per entrambi-.
C’era qualcosa che non sapesse già in quello che Tharidl voleva dirle?! Si chiese.
Il vecchio soffocò d’un tratto il suo sorriso. –Questa sera si discuterà del Frutto. Verrà deciso chi, e dove sarà portato, poiché nell’incontro di cui mi sono occupato in separata sede con alcuni saggi, abbiamo stabilito che è meglio tenerlo lontano da Masyaf, ma tanto meno non distruggerlo e farlo viaggiare da che mondo a mondo. Resta solo da decidere in quale Dimora segregarlo, permettendo al Rafik soltanto di sapere. Alla seduta prenderanno parte i pochi più fidati della cerchia, miei cari, e voi due compresi- gli balenarono gli occhi.
-Non metterete in scena la stessa farsa dell’ultima volta, spero- avanzò Elena.
-Non temere, ragazza, non accadrà-.
-Questa sera?- chiese conferma Altair, e Tharidl annuì.
-C’è altro?- intervenne la Dea.
-Sì, molto altro, ma per proseguire avrei bisogno di discutere privatamente con ciascuno di voi- sospirò il vecchio. –Per tanto, vi congedo dai vostri impegni lasciandovi il pomeriggio libero. Elena, puoi andare- disse.
La ragazza sobbalzò. –Io?- si portò una mano al petto.
-Esatto, va’. Ci rincontreremo direttamente questa sera- proferì calmo.
Elena li salutò entrambi con un inchino e si avviò alle scale.

I bracieri nel cortile erano accesi, per i corridoi della fortezza si diffondeva lo scoppiettare dei carboni nelle torce appese alle pareti. Stormi di neri colombi si appollaiavano sui tetti, mentre le pattuglie delle guardie facevano la solita ronda attorno all’arena. Sopra la fortezza si stagliava un cielo stellato interrotto da una nuvola grigia frammentata, ai lati delle strade della cittadella vi erano ancora le pozzanghere per la pioggia della nottata precedente.
Elena avanzò spedita nel corridoio, e i passi dei suoi stivali risuonavano leggeri sulla pietra del pavimento. Fu quasi per allungare una mano al battente dell’ingresso della sala quando una voce bisbigliò il suo nome, e fu costretta a voltarsi.
-Chi c’è?- domandò lei, ma sapeva con chiarezza di chi si trattasse.
Marhim fece un passo verso di lei avanzando dalle ombre del corridoio opposto.
Elena attese che fu perfettamente davanti a lei.
-Scusa- dissero assieme, ed Elena arrossì sfacciatamente.
-No, è stata colpa mia- assentirono entrambi.
Stufa, Elena gli poggiò una mano sulla bocca facendolo tacere. –Sono una stupida- dichiarò lei, schietta, senza ulteriore indugi. –Non avrei dovuto comportarmi in quel modo, so quanto sei… timido e… fedele al credo, quindi non potevo pretendere quello che non mi avresti mai dato-.
-Veramente!- provò a dire, ma Elena si avvicinò ulteriormente a lui premendo con più forza sulle sue labbra.
-Ti prego, ora non posso. Ne parliamo più tardi-.
Marhim abbassò lo sguardo ed Elena allontanò la mano dal suo viso, sfiorandogli appena la guancia.
-Sì- mormorò lui. –Ho saputo che il destino del Frutto si deciderà questa sera, e tu prenderai parte alla seduta- sorrise fiero.
-In effetti- gioì lei.
-Allora- indietreggiò di un passo. –Allora ne parliamo più tardi- aggiunse.
La ragazza annuì e Marhim sparì infagottato dal buio del corridoio. Poi si voltò e scansò silenziosamente il battente della sala.
Attorno al grande tavolo sedevano una decina di saggi dalla tunica bianca, Tharidl, Altair e nessuno più. Quest’ultimo, accanto, aveva un posto vuoto al quale si sedette immediatamente Elena.
-Era ora- sibilò Altair. –Dov’eri? Sono dieci minuti che aspettiamo te!- digrignò.
-Davvero?- si stupì lei squadrando i volti dei presenti uno ad uno.
-No- ridacchiò Altair, allegramente in vena di scherzi quella sera.
Tharidl, dal capo tavola, si sollevò spostando rumorosamente la sedia, attirando così l’attenzione dei sudditi. –Oggi non vi chiederò, fratelli, di prestare attenzione a me, ma bensì di esporre ogni vostro dubbio affinché questo sia pertinente all’argomento di cui trattiamo, ovvero la città nel quale segregare per sempre il Frutto dell’Eden-.
C’erano delle guardie appostate vicino alle immense vetrate, le quali erano state coperte dagli spessi tessuti delle enormi tende scure. La sola luce era quella dei bracieri accessi per l’evenienza e sistemati attorno al tavolo.
-La nostra gente è perennemente terrorizzata dalla minaccia di subire un nuovo attacco e in maggior forze da parte di chi vuole il potere tutto per sé. Vi sto parlando di un essere spregevole che da suo padre non ha ereditato altro se non la brama di diventare un uomo di estremo prestigio, mentre la sua famiglia si avvicina sempre più al Trono di Gerusalemme. Siamo qui riniti oggi per impedire a Corrado, con l’utilizzo di qualsiasi mezzo, di entrare in possesso del Frutto che egli e i restanti Templari chiamano a gran voce. Al termine di questa seduta, verrete posti di fronte ad un giuramento che vi vincola a mantenere il silenzio nella vostra buona o cattiva sorte. Sono tempi in cui non possiamo permetterci debolezze, ritardi, e ripensamenti- e a quelle parole lo sguardo del vecchio si posò sui due assassini. –Piuttosto, giunge il momento di agire ed impugnare la spada dal verso del manico e colpire il nemico dove è più vulnerabile; o egli potrebbe adottare la stessa tattica su di noi, non trovate?- e un coro di voci si levò dalla cerchia di saggi, che risposero alla domanda assorti con: “sì” “certamente” “avete ragione”.
Tharidl poggiò una mano sul cofanetto al suo fianco. –Questa mattina sono stato informato che una truppa Templare sta battendo le terre a sud ovest nei pressi di Acri. Il nostro Amato Sire teme forse per la propria vita?- ridacchiò, e con lui anche i saggi. –Ma ora basta indugiare. Mi prendo la libertà di stabilire una prima idea. Sono a favore di segregare il Frutto del Peccato nella stessa Damasco. Città affollata di gente, ben protetta dall’esercito di Saladino e lontano dagli occhi indiscreti di Corrado e la sua combriccola-.
Un saggio si levò in piedi. –Non sono di parte, Tharidl. Rammento con ripugno che molti dei più fidati generali di Saladino e i più prestigiosi mercanti di Damasco un tempo facevano parte della Cerchia Templare. Non è così, Altair?- si rivolse all’assassino.
L’uomo col cappuccio seduto accanto a lei annuì. –Posso confermare- proferì contenuto.
Elena si guardò attorno spaesata. –Dov’è Adha?- chiese d’un tratto.
Altair le volse appena un’occhiata, sospirò e ignorò completamente la domanda.
Brutto segno, pensò Elena, e una volta terminata quell’agonia, era ben intenzionata a saperne di più.
-Invece- parlò il saggio vicino alla ragazza. –Sarebbe bene trasferirlo a nord. I nostri alleati di Aleppo ne saranno più che onorati- disse.
-Non si tratta di una questione d’onore!- intervenne furioso un altro vecchio. –Il tesoro andrà trasferito dove meglio è possibile proteggerlo, ma senza destare sospetti!- ruggì.
-Sono d’accordo- fece un terzo. -Ne vale la vita della gente che andrà ospitarlo, e, come sappiamo, portare il Frutto in un luogo troppo affollato non gioverebbe a quei poveri innocenti in caso di un attacco. Consiglio un villaggio contadino alle porte di Beirut. Lì sarà al sicuro, sorvegliato giorno e notte dai nostri compagni di quella città-.
-E bene!- ridacchiò un altro. –Intendete condurre il Frutto nel bel mezzo della Guerra? C’è da considerare che il viaggio deve battere strade non conosciute, e non possiamo rischiare di interferire in troppi accampamenti nemici!- dichiarò austero questo.
-Mi associo- proferì un quinto. –Ma aggiungo di mia ipotesi che potrebbe essere altrettanto sconsigliato segregare l’oggetto in prossimità di mare, cittadelle come Beirut e i loro villaggi vicini sono sì centro di focolari di guerra, ma anche molto esposte ad invasioni-.
La confusione stava sorgendo man a mano che nella conversazione vi comparivano nuove voci, nuovi nomi di città e nuove ipotesi che venivano subito rimpiazzare da quelle successive. Il caos divampò nella sala ben presto, e Tharidl rimase in disparte anche questa volta.
Elena sbuffò voltandosi a guardare il suo maestro.
Altair taceva, assorto in chissà quale dei suoi pensieri. Vederlo così chiuso in sé stesso, così distratto e affranto ad Elena sorprendeva molto, e in quel momento si accorse di un nuovo Altair che non aveva mai visto: schivo, malinconico, e tristemente umano.
-Hama! È a pochi giorni di viaggio da qui ed è ben celata tra le montagne almeno quanto questa fortezza!-.
-No, tacete! Quella città imperversa di malanni a malattie, facile preda di assalti epidemici! Sappiamo bene che molti degli assassini che la abitano muoiono giovani!-.
-Assurdità! Io provengo da Hama, e sono sano come un pesce a 56 anni!-.
-Fermate le vostre inutili chiacchiere. Proprio per la troppa vicinanza a Masyaf, Hama viene scartata. Qualcuno offra di meglio!-.
-Per piacere, non siamo mica ad un’asta!- sbottò scocciato qualcuno.
-Potremmo tentare fuori dal continente. Forse lontano da questa terra maledetta da Dio, il Frutto potrebbe essere maggiormente al sicuro- propose qualcuno d’intelligente, pensò Elena.
Gli occhi della ragazza saettavano da un volto all’altro, a seconda di chi prendeva la parola.
-Menzogne! Ci sarebbe impossibile controllare che sia così! Piuttosto, non esiterebbe nessuno ad usufruirne scomparendo poi dalla faccia del pianeta!- rise un saggio.
-Ricapitolando- delimitò il più giovane tra i vecchi. –Stiamo cercando meta distante ma non troppo. Così da assicurarne controllo, ma distanziarlo il sufficiente necessario per non instaurare alcun genere di contatto. Il posto che menzioniamo non esiste! Dio solo lo sa!-.
-In Paradiso, allora- Altair fece la battuta, e attorno al tavolo scoppiarono le risate.
Elena accennò un sorriso.
–Sarebbe un bene, ma qualcuno di voi sa dove si trovi questo Paradiso?- domandò un saggio, e i presenti si rallegrarono di nuovo.
-Tornando a noi- parlò un vecchio. –Mi sembra di capire che non siamo molto d’accordo, Fratelli- unì le mani poggiandole sul tavolo.
-Dovremmo cominciare col delimitare una zona precisa nella quale volgere le nostre attenzioni- suggerì un altro.
-La Siria è più che pronta a sopportare questo fardello. All’estero imperversano già abbastanza guerre- parlò qualcuno.
-Così isoliamo la nostra alle regioni esterne, non lasciandoci il modo di avvicinare le nostre scelte a città come Gerusalemme o Aleppo-.
-Non siamo costretti mica a prendere in considerazione ogni singolo villaggio popolare!- sbottò un saggio.
-Ma il tempo ci è prezioso, questa sera, e non possiamo indugiare per poi pentircene. Gerusalemme è fuori portata dai nostri raggi d’azione-.
-Anche se- cominciò Altair, ma Tharidl prese la parola bruscamente.
-Malik non è abbastanza forte per sopportare questo peso. Egli manca di un braccio e in caso di attacco, di nostri assassini in quella Dimora ce ne sono già troppi pochi. Escludiamo questa possibilità- proferì il Gran Maestro, e alle sue parole la sala tornò nel silenzio.
-Basta, io getterei fuori dalla nostra attenzione qualsivoglia Dimora. Sarebbe bene celare il Frutto in una delle Sedi centrali a sud, oltre la Città Santa. In Egitto si occuperebbero con dedito rispetto della questione- intervenne un saggio.
-Egitto?- ripeté un vecchio. –Quale scelta più ovvia?- si guardò attorno.
Questi si ammutolirono, e con loro anche Elena fu sorpresa di tale ipotesi, denunciata ovvia, per di più. Cosa c’era in Egitto che assicurava ai Fratelli della Confraternita sogni tranquilli? Si chiese.
Negli occhi di Tharidl balenò una scintilla.
-Stolti che siamo!- ruggì il giovane accorto. –Come non abbiamo fatto a pensarci subito?!-.
-Sembra assurdo, non è così?- gli diede una gomitata un uomo.
-Insomma- il ragazzo si girò a guardare i volti dei seduti al tavolo. –Il Cairo gode di un’ottima nostra sorveglianza, dopotutto. Non siamo certo dediti ad affidare il Frutto nelle mani di quella città, ma attorno ad essa vi sono varie delle nostre sedi!- disse meravigliato.
-L’Egitto- un vecchio assaporò quel nome. –Patria della cultura e madre delle civiltà- proferì.
-Sono di parte! In Egitto andrebbe benissimo, e i nostri discepoli ne saranno onorati!-.
-Ancora con questo onore?!-.
-Diceva per dare Patos, fratello, patos…-.
-Ovvio, l’Egitto! Mi associo -.
-Che la Biblioteca di Alessandria risorga dalle ceneri! Dio e me sono con voi, fratelli!-.
-Ottima decisione. Sembra possibile come mossa: la nostra parte è quella migliore di tutta la scacchiera- gioì un altro.
-Precisamente, dato la moltitudine di alleati in quelle terre, ove desiderereste porre l’oggetto in questione?- domandò qualcuno ancora dubbioso.
A quel punto nuovo silenzio divampò attorno al tavolo, mentre gli occhi si puntavano uno ad uno su di loro, ed Elena si strinse nelle spalle.
-Angelo e Dea, chiediamo il vostro parere. Non siete qui a riscaldar la sedia- rise un vecchio.
Altair alzò il mento dal petto e si voltò verso di lei. –Allora?- chiese.
-L’Egitto?- Elena si guardò attorno, mentre un nodo alla gola senza pari le stringeva la carotide. –Egitto- ribadì alla svelta, pur di levarsi il peso dallo stomaco. Non aveva idea di perché i saggi lì dentro fossero tanto favorevoli a quella destinazione, ma tanto valeva allearsi alla maggioranza, pensò.
-La Dea parlò. E voi, Angelo?- sorrise un altro.
-Sono di parte- dichiarò composto Altair, con tono pacato e neutrale.
Elena gli lanciò un’occhiata, e Altair incontrò i suoi occhi azzurri. –Piantala di fissarmi- sibilò a bassa voce, e la Dea arrossì d’imbarazzo. Probabilmente se n’era accorto che era dall’inizio della seduta che lo guardava con chissà quale espressione da demente in faccia.
-Maestro- chiamò un saggio guardando il vecchio a capo tavola. –Questa decisione che abbiamo preso ci mette d’accordo; ora è la vostra parola a mancarci- disse.
Tharidl si riscosse e poggiò i gomiti sul tavolo congiungendo le mani a mezz’aria. –Sono pienamente d’accordo. Di questi tempi non vi è posto migliore. Ma rimane da stabilire in quale precisa area situare il nostro beniamino-  mormorò assorto, e un istante dopo fece schioccare le dita.
Una guardia scomparve dall’ingresso della sala di corsa, ma tornò subito dopo con in grembo una moltitudine di testi e pergamene recuperati dalla biblioteca. Si avvicinò al tavolo e distese su di esso le carte geografiche e i tomi. Poi tornò accanto alle vetrate, riacquistando rigidezza al suo posto.
Elena si allungò in avanti e diede una svista alla mappa ben dettagliata del territorio egiziano. Il fiume Nilo era una sottile linea che costeggiava il bordo della carta, mentre il deserto africano prendeva piede per gran parte del territorio.
-Le nostre sedi principali si annidano nella piana attorno a Faiyum. Ed è lì, in quei terreni, che il Frutto sosterà-.
-Intendete, Maestro- intervenne un saggio. –Far viaggiare repentinamente il Tesoro dei Templari da una cittadella all’altra nella piana?- chiese.
Tharidl annuì.
-Mi sembra più che conveniente- proferì un vecchio.
-E in caso…- intervenne un altro, ma il Gran Maestro fece tacere i suoi dubbi precedendo la domanda.
-In caso che qualcosa vada storto, i Falchi riceveranno ordine immediato di recarsi a Nazla e di sostare tra le braccia dei nostri alleati egiziani. Non è certo per ripicca, ma credo che tenere il Frutto in movimento sia comunque conveniente. I miei occhi hanno assistito a fin troppi tradimenti- mormorò severo.
-E sia!- vociarono assieme i saggi.
Dopodiché, i vecchi della cerchia si apprestarono a decidere tappa per tappa la strada più breve e intricata, ovvero celata, per far giungere intero il Frutto a destinazione.
-Insomma- sopirò Elena. –Abbiamo parlato anche troppo- ridacchiò, e Altair allungò le labbra in un sorriso.
-Effettivamente, Tharidl poteva anche risparmiarti questa tortura- le disse guardandola.
-Già- sbadigliò portandosi una mano davanti alla bocca.
-Puoi andare; qui me la cavo anche da solo- mormorò serio.
Elena aggrottò la fronte. –Ma veramente…-.
-Siamo tornati da Acri per farti riposare, ma mi sembra di capire che in questi giorni si sono susseguiti avvenimenti alquanto strazianti- rise.
La ragazza, senza parole, cominciava a preoccuparsi. –Come mai tanta premura da parte vostra, se posso chiedere?- fece maliziosa.
-Lo devo ad una persona…- fu la sua risposta, e l’assassino distolse lo sguardo.
Dopo qualche istante di silenzio tra i due, mentre attorno armeggiava la confusione del parlottare dei saggi, Elena si alzò piano dalla sedia.
-Grazie- disse, e si allontanò dal tavolo.
Tharidl sollevò gli occhi dalle carte e la guardò andar verso le porte della sala, poi Elena varcò la soglia e il rumore delle voci dei saggi l’accompagnò fin sulle scale.

La Dea afferrò Halef per un braccio e lo tirò di fronte a lei nell’ombra di una colonna.
-Uh, uh- fece lui. –Una cosa seria?- mormorò malizioso.
-Smettila, oggi non è giornata- sbottò la ragazza affondando le unghie nella sua pelle.
Lo sguardo del giovane si fece meno arrogante. –Marhim non mi ha detto molto: dove siete stati questa mattina?-.
-Fatti gli affaracci tuoi!-.
-Sei stata tu a trascinarmi qui! Me ne stavo andando bello tranquillo per la mia strada e…-.
-Dimmi dove posso trovarlo-.
-Veramente lui mi ha chiesto la stessa cosa esattamente dieci minuti fa, credendo che il torneo di scacchi coi vecchi fosse finito da un pezzo!- confessò.
Elena gli lasciò il polso. –E dove si trova ora?- chiese severa.
-Allora è qualcosa di davvero serio! Dea, non scherzare col fuoco! Mio fratello sa essere molto bollente- sibilò.
Elena gli diede una gomitata, e il ragazzo si piegò dal dolore. –Parla; ti avevo avvertito che oggi non è giornata, e sono anche parecchio stanca- proferì.
-È andato verso le scale, è salito fino al terzo piano e oltre! Ti posso giurare che stava venendo a cercarti nelle tue stanze!- strinse i denti massaggiandosi il punto colpito sul fianco.
-Grazie- sorrise e s’incamminò.
In breve, quasi di corsa, Elena raggiunse il corridoio degli appartamenti degli Angeli e proseguì percorrendoli tutti. Una volta nella saletta nella quale si arrampicava la scala a chiocciola che portava nelle camere delle Dee, la ragazza si sorprese di trovarvi Marhim.
L’assassino era seduto su uno sgabello accanto ad una delle finestre aperte. I gomiti poggiati sulle ginocchia e lo sguardo basso, mentre i capelli arruffati gli ricadevano sul volto celandogli gli occhi irradiati dalla luce della luna.
-Marhim- lo chiamò, e il suo sguardo color nocciola la trafisse nel più profondo del cuore.
Il ragazzo scattò in piedi all’istante. -Alla buon ora! Non pensavo che…-.
Elena non gli lasciò il tempo di aggiungere altro, avvicinandosi a lui con un balzo e premendo inaspettatamente le labbra su quelle di lui.
Fu un bacio lento, silenzioso come il primo; entrambi spaventati da cosa sarebbe successo dopo o cosa sarebbe semplicemente potuto succedere. In quella saletta angusta d’ingresso alle stanze delle Dee erano esposti, a rischio di sviste indiscrete e pettegole che non avrebbero esitato a confabulare alla prima occasione.
Quando si staccò da lui per riprendere fiato, Elena temeva di conoscere la sua reazione. Così tenne gli occhi chiusi finché non fu certa che qualcosa era andato storto.
Li riaprì lentamente, accorgendosi del modo estasiato con il quale la guardava Marhim. A quel muto discorso, Elena rispose avvolgendogli il collo con le braccia e avvicinando la bocca al suo orecchio.
-Vieni di sopra con me… per favore…- sussurrò, e percepì un brivido assurdo attraversare il corpo rigido del giovane assassino.
-Elena, non lo so- rispose lui incerto, tentando invano di stanziarsi da lei, ma Elena fece aderire meglio il corpo a quello di lui.
-Ti prego- mormorò lei con le labbra poggiate sul suo collo.
-Va bene- acconsentì in fine con un gran sospiro.
Elena intrecciò le dita delle loro mani e lo tirò fino al piano di sopra. Alzandosi sulle punte, si guardò attorno constatando il più nero silenzio per gli appartamenti femminili, quindi proseguì spedita fino alla sua stanza da letto; aprì e richiuse la porta alle loro spalle, e quando si voltò, trovò Marhim immobile al centro del pavimento.
-Non possiamo farlo- disse serio. -Non dobbiamo farlo- ribadì con stesso tono.
Elena aggrottò la fronte. -Ho capito quali sono i miei e i tuoi limiti - proferì avvicinandosi. –E non ti ho portato qui per questo-.
-Ah no?- inarcò un sopracciglio, d’altro canto parve rilassarsi a quelle parole.
La ragazza si portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. –No, vorrei semplicemente… che tu dormissi con me, soltanto questo- un leggero colorito purpureo affiorò sulle sue guance; un’immensa fatica le era costata pronunciare una cosa del genere.
Marhim indietreggiò. –Ne sei sicura?- chiese.
-Sì, non devi preoccuparti. Non mi farò prendere dai miei istinti omicidi nel sonno, stai tranquillo- sorrise cominciando a spogliarsi della cintura di cuoio e i lacci sulle spalle, adagiando il tutto sulla scrivania accanto alle armi.
Marhim, titubante, fece altrettanto slacciandosi dalla vita il fodero della spada, gli stivali e privandosi della parte formale della veste; restando solo con i pantaloni e una canottiera di cotone.
Per farlo sentire meno in imbarazzo, Elena distolse lo sguardo e si infilò il pigiama il più in fretta possibile mentre lui era impegnato con l’occuparsi dei suoi abiti. Li sistemò ordinatamente in un angolo della stanza sopra una sedia. Poi il ragazzo sedette sul lettuccio opposto e fece per stendersi giù, quando Elena gli andò incontro.
-Ma che fai?- ridacchiò; gli afferrò i polsi e lo tirò in piedi, guidandolo fino al letto nel quale lei aveva sempre dormito.
-Staremo un po’ stretti, non trovi?- provò a dire, ma Elena lo spinse giù e Marhim si sdraiò sotto le coperte con la schiena alla parete.
Elena s’infilò nel piumino al suo fianco e si strinse al suo petto. –Ma che dici- mormorò cercando di accogliere tutto il calore del suo corpo.
Marhim, dal solito tozzo di legno che era, si rilassò in breve e, quando Elena stava ormai per chiudere occhio, le poggiò una mano su un fianco, accarezzandole il lembo di pelle che la camicia di seta aveva tralasciato prima del laccio dei pantaloni.
Elena si avvinghiò più stretta a lui, e Marhim fece scorrere le dita delicatamente fino al bendaggio candido, lì su quel fianco dall’inizio del mese.
-Ti fa ancora male?- domandò in un sussurro.
-No- assentì flebile lei, e il tepore del sonno l’avvolse allo stesso modo di come il calore del sangue di Marhim le riscaldava la pelle.
Senza pensarci, Elena intrecciò una gamba a quella del ragazzo, che a quel contatto non si fece per nulla intimidire.
Ripensando alla sua domanda di poco prima, Elena si disse che ormai molte delle sue ferite si erano rimarginate del tutto. Da tempo.
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Che dire? Chappo intenso e pieno di emozioni!!! Mi stavo per mettere a piangere per quanto riguarda la storia finita male tra Adha e Altair, storia che, pensandoci, non era mai cominciata. devo ammettere che all’inizio era stata allettante l’idea di fargli, scusate il termine, “scopare” nella caverna; che freddo! Mi vengono i brividi solo a pensarci! E poi come prima volta sarebbe sembrata piuttosto eccessiva. No, mi sono detta, meglio rallentare la corsa e infatti, come avete avuto modo di scoprire, i due piccioncini si sono lasciati sfuggire anche quest’occasione. Pensandoci, non avrebbero poi potuto fare tanto trambusto dato che nelle stanze accanto dormono le tre comari!!! XD Per quanto riguarda la scelta di dove trasferire il Frutto… be’, quella ci voleva. L’Egitto! E chi se l’aspettava!!! Mi sono improvvisata tutto sul momento, e dato che mia nonna è tornata da poco da El Cairo XD Tutte le città menzionate in questo chappo esistono. Piuttosto! Mi scuso per questo mio gravoso errore, ma Alhepo non si scrive così!!! Ma così: Aleppo!!! Sono una totale deficiente, lo so, ho inventato una città che non esiste. Comunque, mi riferisco ad Aleppo perché alcuni chappo prima Halef, Adel e un gruppo di assassini sono diretti lì per un itinerario, mentre Marhim si unirà a loro dopo aver scoperto lo “scandalo” di Elena e Rhami la notte prima che lei partisse per Acri!!! Che soap-opera che sto mettendo su, mamma mia!!! Ed ora, che cosa succederà??? Bho!!! XD
Nonostante ciò, spero che come chappo vi sia piaciuto.

Sento il dovere di elencare ancora una volta i coraggiosi che si sono avventurati nella mia ff nella buona e nella cattiva sorte.

Saphira87
goku94
Lilyna_93
Carty_Sbaut
Angelic Shadow
Assassin
Diaras

Hmm… … … …

Ah, ecco! Ciao! XD non mi veniva!!!








   
 
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