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Autore: eleCorti    09/03/2016    4 recensioni
“Io... posso saperla?” e all’improvviso la bambina che c’era ancora dentro di lei rinacque.
“Certo...” le sorrise. Per lei era ancora la sua adorata nipotina che – quando era bambina – veniva sempre a casa sua per sentire fantastici racconti sulla sua vita.
“Sono passati ottantacinque anni...” prese una pausa. Quelle dolorose scene erano riapparse nella sua mente come flash.
Ispirata dal film Titanic.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Sana Kurata/Rossana Smith, Un po' tutti | Coppie: Sana/Akito
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Once upon a time... a wonderful ship




 
Ottantacinque anni... erano già passati ottantacinque anni da quel fatidico giorno. Aveva quasi rischiato di perderlo... pensò l’anziana signora di nome Sana Hayama.
Prese la foto sua e di suo marito - scomparso tragicamente – erano così felici, felici come se non fosse successo niente quel giorno.
“Nonna...” l’anziana signora – ormai molto avanti con l’età, sfiorava i cento anni – si girò. Era la sua bellissima nipote, Eri, la primogenita della sua prima figlia.
La giovane era bionda – proprio come suo nonno – ma gli occhi erano di un bellissimo color cioccolato – proprio come quelli della nonna – aveva circa trent’anni, anche di meno.
L’anziana Sana da anni viveva con lei – da quando suo marito l’aveva lasciata – poiché entrambe si facevano compagnia – la giovane, infatti, non era impegnata con nessuno.
“Eri cara...” le sorrise amorevolmente, mentre si sedeva sulla sedia a dondolo accanto al camino. Aveva preso la foto. Per lei era assai importante.
“Nonna... a che pensi?” non poté fare a meno di domandarle. Aveva capito che sua nonna fosse pensierosa.
“Sai...  come ho conosciuto tuo nonno” sorrise, poiché se lo ricordava in modo così chiaro che sembrava che l’evento fosse accaduto ieri.
“Non... me l’hai mai raccontata questa storia” le fece notare, mentre si sedeva sul pavimento – ricoperto da un tappeto persiano – con le gambe incrociate; proprio come quando era bambina.
“Nessuno la sa, neanche tua madre e tuo zio” le rivelò. Ed era vero, mai aveva raccontato quella storia a nessuno.
“Io... posso saperla?” e all’improvviso la bambina che c’era ancora dentro di lei rinacque.
“Certo...” le sorrise. Per lei era ancora la sua adorata nipotina che – quando era bambina – veniva sempre a casa sua per sentire fantastici racconti sulla sua vita.
“Sono passati ottantacinque anni...” prese una pausa. Quelle dolorose scene erano riapparse nella sua mente come flash.
“Nonna...” le mise la mano sulla sua. Preoccupata? Sì.
“Ce la faccio!” la rassicurò, stringendole la mano.
“Sono passati ottantacinque anni ed ancora ricordo tutto alla perfezione...” si fece trasportare dai ricordi...





 
****




 
Liverpool. Una città molto importante per l’Inghilterra... perché? Il porto che garantiva proficui scambi commerciali con l’America.
Quel giorno di aprile era ricolmo di gente. Il motivo di cotanta curiosità era l’inaugurazione della più grande nave da crociera: il Titanium, considerata dal suo costruttore la nave inaffondabile.
Molte persone erano dei passeggeri – di prima o seconda o terza classe – che si accalcavano all’ingresso della nave – che altro non era che un ponte levatoio – quelli di prima classe – i nobili – passarono subito (avevano la precedenza d’altronde) gli altri no: prima dovevano subire un controllo sanitario – in caso covassero qualche strana malattia.
Tra la folla – però – spiccò un’auto lussuosa, cui nessuno fece caso, poiché troppo impegnati a osservare il maestoso mezzo navale.
Da essa scesero due donne: la prima, di mezza età, aveva i capelli raccolti in un'acconciatura buffa dalla quale spuntava uno scoiattolo, la seconda, di diciassette anni, aveva i capelli rossi lunghi e lisci, indossava un vestito stretto e rosso – doveva essere una delle tante figlie di un ricco viziata – ma chi la conoscesse poteva affermare che non lo fosse per niente.
Un uomo: un uomo dai capelli castani, vestito in giacca e cravatta e con indosso degli occhiali – l’aiutò a scendere dall’auto. Quello doveva essere il suo maggiordomo – chi la conoscesse sapeva che non fosse così.
Infine dall’altro lato dello sportello scese un altro uomo – molto più giovane rispetto all’altro – dai capelli viola e gli occhi azzurri. Quello era un ricco finanziere, molto famoso nell’Inghilterra dei primi del ‘900.
“E così questo sarebbe il Titanium...” la giovane ragazza osservò la maestosa nave con aria di sufficienza. Lei non voleva venirci.
“Il Mongomery è molto più grande...” l’uomo dai capelli viola le diede man forte. Lui era salito a bordo di navi ben più grosse.
“Signore non si faccia ingannare dalle dimensioni. Il Titanium è molto veloce” il capitano della nave – un uomo sulla quarantina – si era avvicinato a loro per dare loro il giusto benvenuto. Quelli erano i suoi clienti più importanti.
“Sì... vedremo...” si lasciò convincere.
“è un piacere averla a bordo signor Kamura” strinse la mano al suo cliente più importante.
“Il piacere è mio. Vorrei presentarle la mia fidanzata Sana... ” indicò la giovane accanto a lui – che si fece baciare la mano dal capitano.
“E la signora Kurata, la madre di Sana...” indicò anche l’altra donna, la quale fece una piccola riverenza.
“Bene... se volete seguirmi...” fece strada loro verso la nave denominata dei sogni. E lo era per davvero.
“Mi raccomando stia attento ai bagagli!” Sana poté sentire il loro autista – Rei – che dava ordini ai facchini su come disporre i bagagli.






 
****




 
Un bar… poco distante dal porto. Esso era pieno di tante persone – di basso rango – molte mangiavano, molte si ubriacavano, molte giocavano a carte.
In particolare in un tavolo posto al centro del locale vi erano quattro persone occupate a disputare una partita di poker.
Il primo uomo – di origine tedesca – passò il turno – il secondo uomo – dai capelli castani, gli occhi marrone e con indosso due paia di occhiali rotondi e molto spessi – passò il turno – il terzo – anche lui di origine tedesca – mise sul tavolo una doppia coppia – l’ultimo – biondo e dagli occhi miele – vinse tutto.
“Mi dispiace Tsu...” era un bluff e il suo amico non lo capì.
“Come? Ho scommesso tutto?” il suo amico perse la calma.
“Mi dispiace Tsu, ma sarai costretto a non vedere Aya per un po’. Andiamo sul Titanium!” mise sul tavolo le sue carte vincenti. Il suo amico lo abbracciò: per un attimo aveva temuto il peggio.
L’uomo prese per il colletto il giovane – il cui nome era Akito – stringendo il pugno. Chiuse gli occhi, capendo le intensioni del giovane, ma niente accadde: l’uomo aveva colpito il suo amico.
Il suo migliore amico prese dal tavolo i biglietti, e li baciò. Sì era decisamente l’uomo più felice di Liverpool.
“Andiamo sul Titanium!” urlò il giovane Akito. Si sentiva potente come un leone.
“No, se non ti sbrighi, lo perdi!” il barista gli indicò l’orologio: tra pochi minuti la nave sarebbe partita, dovevano sbrigarsi.
Uscirono correndo come forsennati da quel piccolo, squallido locale. Fortuna che il porto fosse poco distante, sennò avrebbero perso la nave per sempre.
Giunsero. Il ponte levatoio era stato appena sollevato, ma i due inseparabili amici riuscirono a salire lo stesso.
“Avete fatto il controllo sanitario?” l’ufficiale di bordo, prima di farli entrare, pose loro quella fatidica domanda.
“Sì, sì... ma non abbiamo niente, siamo inglesi!” rispose Akito. Loro avevano fretta e quel ufficiale li bloccava.
“D’accordo. Entrate!” dopo una prima esitazione li fece entrare. Si fidava? No, ma doveva chiudere il portello.
Entrarono correndo, felici perché erano a bordo di una delle navi più lussuose di sempre – ma loro di quel lusso avrebbero visto poco e niente... forse.




 
****


 
Finalmente era giunta nella sua stanza – posta nella prima classe – più che una stanza era una vera e propria suite con il salotto annesso, ed era anche da sola, poiché sua madre dormiva nella stanza accanto, mentre il suo fidanzato alloggiava nella stanza accanto alla sua.
Finalmente le sue valigie le furono restituite; erano davvero numerose, si era portata tutto – lei non viaggiava mai senza le sue cose – inclusi i suoi quadri di Picasso, che lei amava tanto.
“Questo dove lo metto signorina Kurata?” una delle tante cameriere di bordo, che le erano state affidate, le domandò.
“Per terra, signorina Fuka” le rispose la giovane, mentre prendeva un altro quadro.
“Finalmente anche questa stanza ha un tocco di colore!” girò su se stessa per osservare il piccolo salotto, ricoperto da quadri variopinti.
“Mmm... abbiamo speso una fortuna per queste... chiamiamole opere!” il suo ragazzo Naozumi fece il suo ingresso. Loro due avevano gusti assai diversi.
“Sì... caro la differenza tra me e te è che io il gusto dell’arte ce l’ho” non poté fare a meno di lanciargli quella piccola frecciatina. Ma non doveva: era il suo promesso sposo, dopotutto. Voleva sposarlo? No, ma che poteva fare?
“Mi farai spendere un capitale!” ribatté, mentre la stanza veniva invasa dai facchini che posavano i numerosi bagagli.
“Nel guardaroba va questo! Ed anche quello!” Rei dava indicazioni a tutti i facchini. Quello era il suo lavoro e doveva rispettarlo.






 
****




 
Avevano percorso tutta la nave, ma alla fine avevano trovato il loro alloggio. Esso era posto in un buio e stretto corridoio anonimo e non era di certo lussuoso, anzi era peggio di una vera e propria topaia. Eppure poco prima erano immersi in un sogno... ora invece erano ripiombati nella dura e cruda realtà.
Quando aprirono la porta, si ritrovarono all’interno di una piccola stanza con due letti a castello, in uno – su quello di destra – vi era un ragazzo della loro età dai capelli corvini.
“Piacere Akito” il giovane biondo si avvicinò al suo compagno di stanza e gli tese la mano.
“Piacere Gomi” ricambiò la stretta. Eppure pensava che i suoi compagni di stanza fossero tedeschi. Meglio così, si disse.
“Piacere Tsuyoshi” il castano si avvicinò al giovane e si presentò anche lui.
Quella sarebbe stata l’inizio di una grande amicizia.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice: è la prima long su Kodocha che scrivo (non è la prima fic, una già l’avevo scritta quest’estate) e niente è ispirata al film Titanic – che, spero, voi conosciate, andate a vedervelo sennò – e niente spero vi piaccia.
Scusate la brevità di questo primo capitolo. Ma era solo una piccola introduzione, giusto per introdurre la vicenda.
  
   
 
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