Capitolo 9:
... O FORSE NO
Si
risvegliò sopra un pavimento di piastrelle marroni, in un
luogo che
non conosceva. Di nuovo.
Tossì,
mettendosi a sedere. La testa le girava ancora un po’, ma se
non altro ora riusciva a ragionare in maniera lucida e a mettere a
fuoco con la
vista.
Quella
attorno a lei era una stanza minuscola, di pochi metri
quadrati, completamente spoglia. Un ronzio proveniva da sopra la sua
testa,
dove una lampadina penzolante attaccata al soffitto buttava della fioca
luce
sulle pareti realizzate interamente in mattoni.
Una porta
di ferro si trovava di fronte a lei, chiusa e senza alcun
foro per guardare al di fuori di essa.
Rachel si
alzò, continuando a guardarsi attorno; le sembrava di
trovarsi in una specie di segreta. Di una cosa, se non altro, era
certa: era
viva.
La prima
cosa che fece fu quella di mettersi una mano nella tasca
posteriore. Trattenne il fiato per un momento, poi espirò
rasserenata. La foto
di lei e sua madre c’era ancora.
Decise di
meditare sull’accaduto. L’ultima cosa che ricordava
erano
quegli inquietanti individui che uscivano da ogni angolo buio della
casa in cui
aveva cercato di passare la notte. Uno di loro l’aveva colta
alla sprovvista e
l’aveva messa fuori gioco usando l’unico sistema
possibile con una come lei,
ossia drogandola. E poi... l’uomo che aveva visto prima di
svenire. Non aveva
visto né Lucas né Tara nella camera da letto,
però. Sperò che stessero entrambi
bene, così come Ryan e Amalia.
E ora si
trovava in quella stanza, senza sapere né dove si situasse
con esattezza, né da quanto tempo vi fosse. Sicuramente
erano stati gli stessi
individui vestiti di nero a portarla lì.
Fece una
smorfia. Si sentì un’emerita idiota per come si
era fatta
catturare, con i poteri che si ritrovava. Tuttavia, ora che
l’effetto del la droga
era passato, sentiva l’energia oscura dentro di lei di nuovo
disponibile.
Osservò
la porta di ferro. Se davvero speravano che quella sarebbe
bastata a tenerla chiusa lì dentro, allora si sbagliavano di
grosso. Sarebbe
uscita e avrebbe scoperto dove si trovava e, soprattutto, sei i suoi
compagni
stavano bene.
Sollevò
una mano e la puntò contro l’unico ostacolo tra
lei e l’uscita.
Stava per farlo saltare in aria, quando un rumore metallico proveniente
proprio
da esso la fece esitare; qualcuno stava per entrare. Udì i
meccanismi della
serratura muoversi uno dietro l’altro, fino a quando non
cessarono con un
ultimo clack. Dopodiché,
la porta si
aprì con un lento cigolio.
Rachel
piegò le gambe, pronta ad attaccare chiunque gli si parasse
davanti.
«Non
fare stupidaggini, Conduit.»
Una voce
parlò all’improvviso, facendola trasalire. Il
timbro era
basso, offuscato, come se chiunque avesse detto quelle parole avesse
avuto
qualcosa di fronte alla bocca.
La porta
si aprì del tutto, permettendole di vedere due figure che la
fecero sussultare.
La prima
era sicuramente uno di quegli individui che aveva visto. Un
uomo interamente vestito di nero, con un lungo cappotto che gli copriva
il
corpo fino alla vita, dei calzoni del medesimo colore e degli stivali.
Indossava un cappello a tesa larga, sempre nero, e una maschera che gli
copriva
il volto. Rachel rimase shoccata quando la vide. Era a forma di becco,
argentata, con due soli fori per gli occhi. Maschere come quella le
aveva viste
solamente nei libri di storia, sul volto di quei medici che durante la
peste
del 1300 tentavano invano di curare le persone.
Subito
dopo la corvina notò l’altra figura, che
l’uomo stava
stringendo a sé tenendogli una pistola premuta contro la
tempia: Ryan.
Rachel si
portò una mano di fronte alla bocca, sconvolta. Il ragazzino
teneva gli occhi chiusi e la testa abbandonata verso il basso. Tracce
di sangue
ormai secco gli coprivano il labbro superiore e parte del naso.
Emetteva dei
gemiti e di tanto in tanto muoveva il capo di scatto, come se avesse le
convulsioni. Quel particolare permise alla ragazza di assicurarsi che
almeno
era vivo.
«Sappiamo
che puoi uscire da qui in qualsiasi momento...» disse un
altro individuo entrando in quel momento. Questo era vestito proprio
come
l’altro, ma indossava una maschera diversa, con tutti i
tratti fisici del volto
umano, completamente bianca. E la sua voce era quella di una donna.
«...
ma per il bene dei tuoi amici ti sconsigliamo di provarci»
concluse il primo, premendo con più insistenza
l’arma sulla tempia di Ryan,
facendolo mugugnare di dolore.
La
corvina rimase interdetta, facendo vagare lo sguardo dalle due
figure al ragazzino ferito. Non ci mise molto a mettere insieme i pezzi.
«Chi
siete?!» domandò, stringendo i pugni.
«Cosa volete da noi?!»
«Vieni
con noi senza fare storie, e lo saprai.»
I due
individui uscirono dalla stanza, trascinandosi dietro il rosso.
Rachel serrò la mascella, ma non le restò altro
che obbedire. Avevano Ryan come
ostaggio, e probabilmente avevano anche Lucas e gli altri. Avrebbe
potuto
scappare senza problemi, come gli stessi individui avevano detto, ma
non poteva
rischiare che qualcuno si facesse del male a causa sua. Non lo avrebbe
sopportato.
Uscì
dallo stanzino, trovandosi in un corridoio freddo e pieno di
spifferi d’aria, con pareti di mattoni e pavimento di marmo
grigio. Diverse
file di lampadine illuminavano l’ambiente.
Ad
attenderla c’erano altri uomini vestiti di nero, ognuno con
un
fucile o una pistola in mano e una maschera sopra il volto... e infine
i suoi
amici.
Tara,
Lucas, Amalia e ora Ryan erano lì, nel corridoio, ognuno di
loro
circondato, immobilizzato e con un’arma puntata addosso. Le
due ragazze
sembravano illese. Parecchio sconvolte, ma illese, mentre Lucas era
conciato
anche peggio del fratello di Komand’r. Era chiaro che avesse
opposto non poca
resistenza, prima di arrendersi.
Non
appena la videro uscire, tutti loro sgranarono gli occhi, e lo
stesso fece lei. «Ragazzi!» esclamò.
Avrebbe voluto andare da loro e
abbracciarli uno per uno, anche Tara, ma si ritrovò con
decine di armi puntate
addosso in tempo zero, e le fu intimato di mantenere la calma.
Rachel si
rabbuiò. Odiava quella sensazione, essere con le mani
legate, costretta ad agire contro il proprio volere.
Incrociò lo sguardo di
Lucas, ma lui non disse nulla. Non le rivolse nemmeno un cenno, niente.
Il suo
sguardo... era spento. La guardava, ma non sembrava che la vedesse
davvero. Era
la prima volta che Corvina lo vedeva così... abbattuto. Fu
una pugnalata al
cuore per lei. Giurò a sé stessa che sarebbero
usciti da quella situazione, in
un modo o nell’altro, e che nessuno si sarebbe fatto del male.
Solo...
non in quel momento. Prima doveva inventarsi qualcosa.
Iniziarono
a guidarla lungo il corridoio, seguendola con attenzione
con lo sguardo e tenendo sempre sotto tiro i suoi compagni, che quasi
venivano
trascinati di peso dagli uomini mascherati.
Più
li osservava e più quelli le ricordavano i Mietitori. O gli
Spazzini. E forse anche i Primogeniti. Insomma... a quanto pareva,
Empire non
era l’unica città in cui si erano formate delle
bande. La sgradevole teoria che
Rachel aveva avuto si rivelò veritiera. Anche Sub City
celava le sue insidie.
Non
riusciva a spiegarsi il perché di tutto ciò.
Perché anche quella
città possedeva una banda? Anche lì era esplosa
una bomba? Quante metropoli
erano state colpite, allora? E quali altre bande erano presenti?
Le
tornò in mente il manifesto che aveva visto, con
quell’uomo
mascherato sopra. Che ci fosse un collegamento con tutto quello?
Rimase
così immersa in quei pensieri che nemmeno si accorse della
strada che le fecero percorrere. Continuò semplicemente a
camminare, fino a
quando non riuscì a scorgere in lontananza una porta
tagliafuoco.
Quando giunsero in prossimità di essa, due degli uomini la spalancarono. Rachel rimase senza fiato.
Un’amplia sala si estendeva di fronte a tutti loro. Al suo interno, decine, centinaia, forse migliaia di quegli uomini vestiti di nero, tutti in piedi e armati. Erano divisi in due grossi gruppi ai lati della sala, disposti in modo da lasciare uno spazio in mezzo a loro, dove Rachel fu scortata.
Passò accanto a tutti loro, in quella sorta di corridoio improvvisato. I cappotti che avevano indosso erano tutti identici, così come i loro cappelli, ma le maschere erano quasi tutte diverse le une dalle altre. C’erano quelle a becco, quelle bianche inespressive, quelle veneziane color oro, altre nere, altre ancora grigie. C’era perfino chi, non possedendone una, portava mascherine bianche da dottori e occhialoni spessi, da aviatore, per restare anonimo.
Oppressa da tutti i loro sguardi, Rachel spostò lo sguardo sul fondo della sala. Qui vide un palco, su cui si trovavano altri quattro individui in nero, disposti due a due accanto ad una specie di trono, su cui era seduto un altro individuo.
L’attenzione di Rachel si focalizzò su quest’ultimo. Era vestito come tutti gli altri, con un lungo ed elegante cappotto nero che gli arrivava alle ginocchia. Era chiuso nella regione toracica, ma non dalle gambe, sulle quali era posato un paio di pantaloni del medesimo colore nero, che terminavano con degli stivali, sempre neri. Una cintura con la fibbia argentata brillava sotto le luci penzolanti della sala.
Teneva il capo chinato e il grosso
cappello nero a cilindro
impediva di scorgere ulteriori dettagli del suo volto. Tra le mani
stringeva un
lungo bastone da passeggio, alla cui estremità si trovava
una sfera color oro.
Corvina e
compagni furono scortati fino a quando non giunsero di
fronte all’intero gruppo di uomini in nero, poco distanti dal
palco. Qui furono
disposti uno accanto all’altro, formando una specie di fila
parallela.
«Benvenuta,
demone di Empire City.»
Rachel
trasalì. L’uomo seduto sollevò il capo,
incollando lo sguardo
proprio su di lei. «Ti stavo aspettando.»
Il suo
volto era scoperto da qualunque tipo di maschera, ed era
bianco, nel vero senso della parola. Probabilmente era coperto da
pittura. I suoi
occhi erano di un verde scuro penetrante, ciocche di capelli castano
chiaro,
quasi biondi, scivolavano sulla fronte, al di fuori della visiera del
copricapo. Osservandolo meglio, era chiaro che quello non era un uomo,
era
impossibile. Era molto più giovane.
Le labbra
sottili erano dipinte di bianco, con disegnate sopra diverse
righine nere verticali, che si assottigliavano man mano che si giungeva
alle
estremità di esse. Andavano poi a piazzarsi sopra a due
linee orizzontali che
si accentuavano verso l’alto, lungo le guancie, facendo
sì che sembrassero i
prolungamenti di un inquietante sorriso. Il naso era dipinto di nero,
la zona
intorno agli occhi era violacea. Pareva quasi che avesse due lividi.
Era quasi... attraente, nonostante tutto. Rachel si sorprese di pensare una cosa del genere, ma era la verità. Quell’individuo, quel... ragazzo, possedeva un qualcosa, nei suoi tratti, nel suo sguardo, perfino in quelle zone di volto truccate, che impediva letteralmente alla corvina di staccargli gli occhi di dosso. Era... magnetico, non c’era altro termine per descriverlo.
E fu osservandolo in quel modo che realizzò la scioccante verità: era lui la figura che aveva visto prima di svenire, quella che le aveva rivolto quel ghigno.
«Finalmente
ho l’opportunità di conoscerti di persona» disse
ancora lui, alzandosi.
Cominciò a camminare, aiutandosi con il bastone da passeggio anche se non ne aveva alcun bisogno. La sua voce era molto diversa da quella degli uomini che l’avevano condotta di fronte a lui. Era molto più mite, quasi cordiale.
Scese dalla struttura attraverso una
rampa di gradoni
laterali
e la raggiunse, seguito dai suoi uomini. Per tutto il tempo non
separò gli
occhi da lei. Sembrava le stesse leggendo nell’anima.
La
ragazza si sentì soffocare sotto quell’ennesimo
sguardo. Migliaia
di domande frullavano nella sua testa, ma alla fine scelse la
più banale. «Chi
sei tu?»
Una
leggera risata fuoriuscì dalle labbra di lui.
«Immaginavo una
domanda simile da parte tua. Non temere, ogni cosa a suo tempo. Prima,
però,
lascia che ti illustri come stanno le cose... Rachel, giusto?»
La
corvina schiuse le labbra. «Come sai il mio nome?»
«Come
mi giungono le informazioni a te non interessa. Sappi solo che
in questo momento tu e i tuoi amici vi trovate nel mio impero, nella
mia casa.»
Il ragazzo allargò le braccia, rivolto all’enorme
platea di fronte a lui. «Quelli
che vedete qui, queste persone vestite di nero, sono miei amici. Sono
miei
fratelli.» Cominciò a camminare, passando accanto
a ciascuno dei ragazzi
intrappolati, osservando loro uno per uno negli occhi.
«Uomini,
donne, giovani, anziani, riuniti qui con un obiettivo comune.
Stanchi di essere oppressi, stanchi di essere comandati. Visionari,
sognatori,
guerrieri, desiderosi di cambiare le cose, di cambiare il mondo,
di...»
«Risparmiati
il curriculum, stronzo...» sbottò Lucas
all’improvviso,
interrompendolo. «A nessuno frega un...»
«Silenzio!»
L’uomo che gli puntava contro la pistola lo colpì
con il
calcio sulla tempia. Il moro mugugnò di dolore e
tossì. Rachel sussultò, così
fecero tutti i suoi altri amici. Volle intervenire, ma mantenne i nervi
saldi
non appena notò la canna dell’arma di nuovo
premuta sul lato della testa del
suo partner. Non poteva fare nulla, o gli avrebbero sicuramente sparato.
Il
ragazzo vestito di nero, nel frattempo, si parò di fronte a
colui
che lo aveva interrotto. Lo osservò per quelli che parvero
decenni, non una
sola emozione trapelò dal suo volto, poi sorrise quasi
intenerito da lui. «Ne
ho conosciuta di gente come te, sai? Gente che finge di essere forte,
agguerrita, che cerca di far credere di non avere paura di nulla, che
nulla
possa anche solo sfiorarli...» Avvicinò il viso a
pochi millimetri da quello
dell’interlocutore. «Ma credo che tu sappia meglio
di me il perché di questo
vostro comportamento, ho ragione? Dimmi... quanti abusi hai subito da
bambino?»
«VAFFANCULO!»
sbraitò Lucas avventandosi addosso a lui, venendo
trattenuto all’ultimo momento per le braccia.
Cominciò a divincolarsi e a
scalciare, ma l’altro non parve minimamente impressionato.
«Tu non sai niente
di me!
NIENTE! Come cazzo ti permetti di...» Lo colpirono ancora,
questa volta con
molta più forza. Il ragazzo tacque con un lamento,
abbassando la testa e
tossendo nuovamente.
Rachel fu
costretta a distogliere lo sguardo da lui, prima di farlo
ammazzare agendo d’impulso. Tara si lasciò
scappare un gemito spaventato,
mentre Amalia chinò la testa, i suoi lunghi capelli neri le
coprirono il viso, rendendo
impossibile capire cosa stesse pensando.
«Ehi,
ehi, stai tranquillo...» Il ragazzo carezzò con il
dorso della
mano la guancia di Lucas, sussurrando quelle parole con tono
rassicurante. Era
chiaro che fingesse, eppure... sembrava quasi che cercasse davvero di
tranquillizzarlo. Era dannatamente bravo a parlare. «... ora
è tutto finito... quelli
sono giorni lontani, vero? Ora sei grande, sei forte, niente e nessuno
possono
intimorirti...»
Red X non
rispose. Rimase immobile, a lasciarsi accarezzare. A
lasciarsi umiliare. Rachel lo conosceva abbastanza per capire che in
quel
momento doveva sentirsi davvero da schifo. Ma le alternative quali
erano, farsi
picchiare ancora, o peggio?
«Bene.
Qualcun altro ha intenzione di interrompermi?» chiese
l’individuo, allontanandosi dal moro e voltandosi verso le
tre ragazze. «Tu,
forse?» domandò ad Amalia, puntellandola con il
bastone da passeggio. La
ragazza strinse con forza i pugni, ma non rispose.
«Saggia
decisione. Mi sarebbe dispiaciuto parecchio uccidere tuo
fratello di fronte a te, dopotutto.»
Komand’r
drizzò la testa di colpo, osservando con occhi spalancati
prima
il fratellino ancora semisvenuto, poi il ragazzo di fronte a lei.
«Se provi
solo a sfiorarl...»
L’uomo
dietro di lei le premette il piatto di un coltello contro la
gola, costringendola a serrare la mascella e a non dire più
nulla. Rachel si
morse un labbro fino a farlo sanguinare, pur di tenere a freno le mani.
Accanto
a lei, Tara singhiozzò terrorizzata.
«Già...»
fece l’individuo, scuotendo la testa quasi deluso.
«Lo
immaginavo. Dunque, stavo dicendo...» Riprese il discorso,
incurante dello
stato d’animo di coloro a cui stava parlando. «Noi
tutti siamo sognatori, siamo
visionari, desideriamo un mondo migliore, un mondo libero da
oppressioni,
soprusi, tiranni. In questo momento potremmo sembrarvi i cattivi della
situazione, ma non è così. Non è
affatto così. Noi siamo i buoni e agiamo
contro coloro che da anni si credono i padroni di questa
città.»
Appoggiò
a terra il bastone con un colpo secco, che rimbombò per
tutta
la sala. «Perché noi non siamo dei vigliacchi, noi
desideriamo un mondo
migliore e lottiamo per averlo, noi sappiamo per quale motivo siamo
stati messi
al mondo.» Si posò una mano sul petto, sorridendo
quasi con orgoglio. Tutte
quelle parole suonarono sgradevolmente familiari a Rachel.
«Noi
siamo Visionari. E io sono Il Visionario per eccellenza. Sono un
sognatore, un guerriero, poco più che un adulto, certo, ma
con il cuore di un
eroe. Il mio nome di battesimo non ha importanza alcuna, voi potete
chiamarmi
Dreamer. Jeff Dreamer, Il Visionario. Ed è un
onore...» chinò leggermente il
capo, abbassando la visiera del cappello con la punta delle dita,
rivolto proprio
verso di Rachel. «... fare la tua conoscenza,
Demone.»
«Perché?»
domandò Rachel. «Perché vuoi
conoscermi? Come fai a sapere
che sono una Conduit? Come facevi a sapere che ero qui a Sub
City?!»
«Mi
pare di aver già detto che come mi giungono le informazioni
non è
affatto affar tuo, Demone.» Jeff posò entrambe le
mani sulla sfera del bastone,
il sorriso cominciò a svanire dal suo volto.
«Sappi solo che in questa città i
conduit come te non vivono a lungo. Ed è proprio per questo
motivo che ti ho
fatta portare qui. Voglio farti una proposta.»
«Una...
una proposta?»
«Alleanza,
per meglio dire.»
La
corvina cominciò a non capirci più nulla.
«Perché?!»
«Perché
coloro che vedi qui, accanto a te, me compreso, sono la tua,
la vostra, unica
possibilità di
sopravvivenza, qui a Sub City. Delle teste calde come voi non
durerebbero molto
a lungo. Wilson è intransigente su certe cose.»
Dreamer sogghignò. «Obbedire o
morire... ti dice nulla?»
Rachel
sgranò gli occhi. Improvvisamente tutto le fu chiaro. La
realtà
delle cose fu una doccia gelata per lei.
«Ormai
siete qui, a Suburb City. Andarsene è praticamente fuori
discussione. Ciò che entra, qui, non esce più. A
meno che non arrivino
ordini... dall’alto.» Jeff indicò il
soffitto, ridacchiando, per poi tornare
serio quasi immediatamente. «Noi abbiamo deciso che questa
storia deve
concludersi. Ma è con profonda amarezza che ti dico che con
le nostre sole
forze non possiamo riuscire a realizzare ciò che
desideriamo. Il nostro
avversario è troppo potente, perfino per noi. Ed
è per questo motivo che ci servi
tu...»
Il
ragazzo cominciò a camminare e a gesticolare, distogliendo
lo
sguardo da lei. «Vedi, avere un conduit dalla nostra potrebbe
giovarci
parecchio. Riusciremmo a sorprendere i nostri avversari, potremmo
perfino
rimescolare tutte le carte in tavola. Potremmo detronizzarli. Siamo
sullo
stesso fronte, Rachel. La città è sotto la
tirannia degli Underdog, e dal
momento stesso in cui ci siete entrati, anche voi lo siete. Secondo
loro avete
due possibilità: obbedire o morire. Noi invece ve ne
concediamo una terza:
combattere. Per la libertà. Una guerra sta per scoppiare,
Rachel. A me piace
chiamarla Guerra dei Cambiamenti. E tu ci aiuterai a raggiungere la
vittoria.»
Rachel
ascoltò interdetta tutte quelle parole, come in trance. Una
follia, ecco cosa le sembravano. «E se io mi
rifiutassi?» domandò, osservandolo
con aria di sfida, anche se purtroppo già sapeva dove
sarebbero andati a
parare.
Dreamer
ridacchiò. «Beh, nel caso in cui ti rifiutassi, o
nel caso in
cui accettassi e poi decidessi all’improvviso di voltarci le
spalle...» Rivolse
un cenno del capo ai suoi uomini. Quelli colpirono i suoi amici, uno
per uno,
anche le ragazze. Urla di dolore si sollevarono nell’aria.
Ognuna di esse fu
una pugnalata per la corvina.
Il
Visionario osservò la sua reazione, e sorrise compiaciuto.
«Come
vedi non hai molta scelta...»
«Non
farlo, Rachel...» mugugnò Lucas, sputando una
macchia di sangue a
terra. «Non darla vinta a questi bastardi...»
L’individuo
dietro di lui sollevò la pistola. Fece per abbatterla
nuovamente su di lui, ma si bloccò dopo un cenno di Dreamer.
«Aspetta.» Si parò
di nuovo di fronte al ragazzo, e lo scrutò con molta
attenzione, piegando il
capo. Red X ringhiò di rabbia, ma non mosse un muscolo.
Mantenne i nervi saldi
e lo sguardo fisso su di lui. Corvina ammirò la sua forza
interiore.
«Coraggio,
continua» lo incalzò Jeff. «Che
cos’hai da dire alla tua
amichetta?»
Lucas
serrò la mascella, poi proseguì, continuando a
guardare il Visionario
di fronte a lui. Gli soffiò letteralmente in faccia quelle
parole, con
disprezzo. «Questi tizi sono come i Mietitori. Sono
senz’anima, dei mostri. Non
appena lascerai questi porci entrare nella tua vita, loro non se ne
andranno
mai più. Pur di obbligarti a restare con loro ci
tortureranno tutti, uno ad
uno, fino a quando non moriremo.»
«Lo
sai che se non lo fa voi morite comunque, vero?»
domandò Dreamer,
sollevando il bastone e premendo un tasto sopra la sfera. Una lunga
lama
comparve all’estremità dell’asta e
andò a sfiorare la gola di Lucas. Il moro
digrignò i denti e sollevò il capo, per cercare
di non farsi graffiare o
tagliare.
«Io
credo proprio di no, Jeff.»
Dreamer
si voltò verso Corvina. «Come hai detto?»
Rachel
strinse i pugni, chiudendo le palpebre. «Ho
detto...» Riaprì
gli occhi, diventati completamente bianchi. «Che non
moriranno!»
Allargò
le braccia di scatto. Un’ondata di energia nera si riverso
fuori dal suo corpo e come un enorme boato scaraventò a
terra tutti i presenti
nella sala, i suoi amici e Dreamer compresi. Le pareti tremarono.
Non fu un
attacco di grande impatto, più che altro era servito come
sotterfugio per far guadagnare alla conduit un po’ di tempo.
Gli uomini vestiti
di nero cominciarono a rialzarsi quasi subito, ma Amalia fu
più rapida di loro,
perfino di Rachel.
La mora
si rimise in piedi, tenendo tra le mani una pistola che
probabilmente aveva raccolto da terra, e si fiondò su
Dreamer. Lo sollevò da
terra avvolgendogli un braccio attorno al collo, poi gli premette la
canna
della pistola contro la tempia. «Tutti fermi o lo stronzo
muore!» esclamò.
Il
ragazzo era quello che per primo era rimasto sorpreso da
quell’azione così repentina, ma
l’espressione sbigottita durò poco sul suo
volto. Scoppiò a ridere. «Accidenti a te, sotto
l’aspetto da gattino nascondi
una pantera, non è vero?»
«Vai
a farti fottere!» esclamò la sorella di Ryan,
colpendolo con
forza sulla tempia e mettendolo a tacere con un verso soffocato.
Rachel
rimase a bocca aperta di fronte a quella scena. Quello non era
proprio ciò che aveva in mente, ma poteva funzionare
comunque.
L’esercito
di uomini si rimise in piedi, sollevarono tutti le armi
contro di loro. Rachel piegò le gambe e si
preparò a combattere.
«State
indietro, schifosi!» gridò ancora Amalia, premendo
con ancora
più forza l’arma sul suo ostaggio.
«Allontanatevi! O il pavimento si bagnerà
del cervello del vostro capo!»
I
Visionari esitarono, alcuni di loro abbassarono perfino il fucile.
«Giù
le armi, forza. E allontanatevi» ordinò Dreamer,
con tono di voce
ancora divertito. «Obbedite.»
Gli
uomini abbassarono le armi, chi più convinto chi meno e si
allontanarono
dai ragazzi, che uno dopo l’altro si misero accanto ad
Amalia.
«E
ora che si fa?» domandò Tara, aiutando Ryan a
stare in piedi.
«Ah,
se non lo sai tu...» replicò Jeff, continuando a
ridacchiare
sommessamente, prima di beccarsi un’altra legnata da Amalia.
«Usciamo
da qui. Amalia, tu vai per prima. Se vedi uno solo di loro
muoversi di un millimetro, aprigli un buco in testa»
ordinò Lucas, indicando
Dreamer.
Komand’r
annuì con determinazione, poi cominciò a
muoversi,
trascinandosi dietro di peso l’ostaggio.
«Fatevi
tutti da parte» esclamò Red X, mentre il gruppetto
avanzava. «E
se qualcuno di voi prova a seguirci, vi ritroverete senza
capo.»
«Avete
sentito il signore? Tutti immobili!» fece ancora una volta
eco
l’ostaggio, sghignazzando. Amalia lo colpì ancora,
ma Rachel dubitò che tutto
ciò servisse davvero a qualcosa, con lui.
Uscirono
dalla sala, sotto gli sguardi di tutti gli uomini inermi, poi
Lucas si fermò sulla soglia, per ripetere: «Avete
capito? Se vedo solo uno di
voi venirci dietro, ammazziamo quello stronzo di Dreamer!»
Affrettarono
il passo. Obbligarono il capo dei Visionari ad indicare
loro la giusta strada per uscire, minacciando di farlo fuori nel caso
li avesse
condotti in una trappola, e nel frattempo Lucas continuò ad
assicurarsi che
nessuno li seguisse.
«Volete
andarvene senza nemmeno riprendervi le vostre valige?»
domandò
Jeff, mentre percorrevano l’ennesimo corridoio.
«Le
valige?» domandò Rachel, perplessa.
Il
ragazzo annuì, sogghignando. «La roba che avete
lasciato in quella
bella casetta... l’abbiamo presa noi e messa in un nostro
deposito. Non la
rivolete indietro? Ecco, è proprio lì.»
Ed indicò una porta di ferro sulla
destra. «La porta è aperta.»
I ragazzi
si fermarono e si guardarono tra loro, perplessi. Rachel
cercò lo sguardo di Lucas, come usava fare in casi come
quello, ma il ragazzo
sembrò volerla evitare. Anzi, fu proprio lui ad andare a
controllare la porta.
Non appena la aprì, si voltò verso di loro.
«È vero. C’è la nostra roba
qui.»
«Visto?»
domandò Jeff, con tono innocuo, mentre Ryan, ripresosi da
poco, e Lucas iniziavano a tirare fuori zaini e borsoni dallo stanzino.
«Perché
ce l’hai detto?» lo interrogò Rachel,
ancora diffidente.
«L’ho
già spiegato. Io sono il buono, qui. E lo scoprirai non
appena
tu e i tuoi amici metterete piede nelle strade della
città.»
«Un
buono non rapirebbe mai delle persone!» esclamò
Tara, pestando un
piede a terra. Si passò una mano sulla guancia, dove un
piccolo taglio si era
aperto, poi gli mostrò il suo palmo macchiato di sangue.
«E non le farebbe di
certo malmenare!»
Il
Visionario sospirò, questa volta sembrava abbattuto.
«Purtroppo
abbiamo dovuto agire alla svelta, prima che fosse Wilson ad arrivare a
voi per
primo. Non saremmo mai stati così grezzi con voi, se
avessimo avuto altra
scelta. E inoltre dovevo accertarmi che tu avessi avuto modo di udire
la mia
proposta, Rachel. Ma... non avrei mai potuto immaginare che la vostra
scaltrezza potesse arrivare così in alto. Sono sorpreso, in
senso positivo.
Davvero» concluse lui, ridacchiando di nuovo.
«L’uscita è al prossimo bivio, a
destra. Prendete la vostra roba e andatevene. Nessun male vi
sarà fatto, ve lo
prometto. A fare ciò ci penseranno gli Underdog non appena
vi troveranno a
bazzicare nel loro territorio.»
«No
invece» rispose Rachel. «Perché noi
lasceremo la città.»
«Questa
l’ho già sentita» ribatté
Dreamer, cominciando a ridere di
gusto, gesto che irritò parecchio Amalia.
«Devi
smetterla di ridere, hai capito?! O giuro che...»
«Santo
cielo, certo che voi ragazze amanti del sesso debole siete
davvero insopportabili...» si lamentò lui,
interrompendola.
«Come?!»
La voce della mora si alzò di un’ottava. Lo
spintonò via,
facendolo ruzzolare a terra, osservandolo con aria sconvolta. «Ma che diavolo stai
dicendo, razza di maniaco?!»
Il
Visionario si rialzò ridacchiando e spolverandosi.
«Come non
detto...»
«Dammi
un buon motivo per non aprirti un buco in fronte ora, dopo quello
che ci hai fatto e dopo che hai anche minacciato di uccidere
Ryan!» esclamò
Komi, puntandogli la pistola e abbassando il cane.
«Lui
cosa?!» domandò il rosso, scioccato, mentre lui e
Lucas
terminavano di portare fuori dal deposito i loro pochi averi.
Dreamer
sollevò le mani in segno di resa. «Darò
ordine ai miei uomini
di non cercarvi. Ma se mi elimini... allora rastrelleranno tutta la
città pur
di trovarvi e farvi pentire di tale scelta. E vi posso assicurare che
non vi
servono altri nemici.»
«Come
posso credere che tu davvero darai quell’ordine?!»
«Una
settimana.»
«Che
cosa?»
Dreamer
sorrise. I suoi occhi scintillarono sotto la luce delle
lampadine. Il suo sguardo sembrava quello di una persona molto sicura
di sé,
come se anche in quel momento stesse agendo secondo i suoi piani.
«In questo
momento esatto potrei obbligarvi con le sole parole a restare qui ed
aiutarmi.
Con un solo sguardo posso capire tutto di voi. I vostri segreti, le
vostre
ossessioni, le vostre paure. Con
una
sola parola potrei rievocare i vostri demoni interiori, quelli che da
sempre vi
tormentano. Ve ne ho già dato un assaggio, poco
fa’. Avrei perfino potuto
uccidere la vostra amica, mentre mi puntava contro la pistola. Ma non
l’ho
fatto.
«Vedete,
vi ho fatti catturare anche per conoscervi. Volevo studiarvi
più da vicino, e con quel poco che ho visto, sono riuscito a
capire molte cose.
Siete forti, ma non abbastanza per Wilson. Tuttavia, la vostra forza
è
sufficiente per permettervi di sopravvivere il tempo necessario per
capire che
io sono la vostra unica possibilità. Perciò
potete stare tranquilli: avete
sentito la mia proposta, e dunque potete essere certo che io
sarò qui ad
attendervi, quando realizzerete di non avere altra scelta se non quella
di
accettarla.
«Non
serve che io ordini ai miei uomini di cercarvi, perché
tornerete
ad implorare il mio aiuto entro una settimana. Ve lo posso garantire.
Ammesso
che Wilson non vi catturi prima e vi usi come cavie per i suoi
esperimenti.»
Rachel
dischiuse le labbra, lo stesso fece Amalia. Le due ragazze
rimasero immobili, ad osservare il volto bianco di Jeff.
«Noi
da soli non possiamo sconfiggere Wilson, e lo stesso ha valenza
per voi. Solamente unendo le forze le nostre possibilità si
fanno più concrete.
Pensavate che l’inferno fosse ad Empire? Oh no, mie care.
L’inferno è ovunque.
E lo è anche qui.»
Corvina
fece per parlare ancora, interdetta, ma Lucas arrivò
all’improvviso, anticipandola. «Ora basta.
Lasciatelo perdere, con lui abbiamo
finito. Andiamocene. Ma prima...»
Scattò
di colpo verso il ragazzo, per poi sferrargli un potentissimo
gancio destro sul volto. Scaraventò Jeff a terra,
procurandogli una vistosa
perdita di sangue da labbra e naso. Il Visionario mugugnò di
dolore, portandosi
una mano sulla parte di volto martoriata.
Lucas
sollevò il pugno con le nocche macchiate di rosso, fissando
con
odio il nemico. «... hai ancora voglia di parlare di cose che
non ti
riguardano?! Ah, e comunque, il face painting era il mio marchio,
stronzo!»
Dreamer
lo guardò mentre era sdraiato a terra, cercando di ripulirsi
del sangue che grondava inesorabile. Per un attimo sembrò
davvero infuriato con
lui, ma poi tutto svanì con l’ennesima risata.
Rovesciò il capo all’indietro e
rise, rise e rise ancora.
Red X
serrò la mascella. Parve quasi volergli saltare addosso, ma
all’ultimo gli diede le spalle. «Andiamocene,
presto.»
Corvina
osservò il proprio partner, seriamente preoccupata per lui.
Tuttavia non disse nulla, visto che quello non era affatto il momento
giusto.
Afferrò il suo zainetto e insieme a tutti i suoi amici corse
via, il più
lontano possibile da quel luogo maledetto e quell’individuo
che ancora non
aveva smesso di ridere.
Allora, rieccomi. La settimana di inferno non è ancora finita, ma sono già a buon punto. Perciò, ecco a voi uno dei capitoli a cui ho lavorato più minuziosamente e che ho anche modificato numerose volte.
Spero che vi sia piaciuto!
Per la serie dei personaggi che ancora dovevano entrare in scena, ecco che si aggiunge allo schieramento dei meno conosciuti il Visionario.
In questo caso potrei anche dire "sconosciuti", ma direi che meno conosciuti si sposa bene con costui, visto che... no, non lo dico, altrimenti che gusto ci sarebbe?
Ora avrete capito che Sub City è una città proprio come Empire, che possiede anche le sue bande di criminali, con l'unica differenza che, questa volta, le bande sono inventate da me.
Questo riportato qui di seguito è il prestavolto di Dreamer, anche se questo ha i capelli castani. Non l'ho disegnato io, tutt'altro, è una fan art raffigurante un cantante (Mark Crozer) che si è truccato così in una sua prestazione dal vivo, a cui mi sono ispirato, appunto, per l'aspetto del Visionario. Anche i Visionari sono ispirati alla band di questo medesimo cantante, i quali hanno suonato nel medesimo evento con queste maschere a forma di becco.
Il suo nome invece è formato per metà dalla parola "sognatore", la quale si sposa bene con la sua indole da visionario, per l'appunto, mentre il nome Jeff è ispirato da uno dei miei wrestler preferiti, ossia Jeff Hardy. In teoria, anche Dreamer è il nome di un wrestler, ma sorvoliamo.
Naturalmente questo è solo un alias, il suo nome vero deve ancora arrivare, e credo che sarà una bella sorpresa. Spero di averlo presentato bene, questo sarà un personaggio su cui voglio puntare, proprio come feci con Metalhead ed Edward all'epoca (chi dimentica è complice).
Ok, ho concluso. Spero davvero di ricevere qualche opinione in merito, non solo, ovviamente, su Jeff, ma su tutto quanto in generale. Ho gettato le basi per ciò che verrà più avanti, e sarà un qualcosa di grosso. Segnalatemi anche gli errori se ne trovate, e se vi va di farlo, naturalmente.
Alla prossima!