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Autore: Agent Janice    10/03/2016    3 recensioni
«Sono l'Agente Phil Coulson, lavoro per la Strategic, Homeland, Intervention, Enforcement & Logistic Division. Sei al sicuro adesso.»
Questa che (spero) state per leggere è la storia che ho creato intorno all'Agente Phil Coulson, mio personaggio preferito dell' MCU e dela serie TV "Marvel's Agents of S.H.I.E.L.D."
La storia comincia nel 2002, circa dieci anni prima gli avvenimenti del film "Marvel's The Avengers" e della "Battaglia di New York", ed ha come protagonista una ragazza, personaggio di mia invenzione, che non ha un vero nome se non il codice 3-1-7 che l'Istituto in cui è segregata le ha affibbiato. Non rivelo di più su di lei, non sono brava nei riassunti vi rovinerei i punti interessanti dei primi capitoli. E' una storia di lotta tra bene e male, come la 'casa delle idee', la Marvel, ci insegna e che, se riesco a portare a termine, dovrebbe ripercorrere e rivisitare alcune delle vicende salienti che abbiamo visto sia nei film, sia nella serie tv.
Genere: Avventura, Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maria Hill, Melinda May, Nick Fury, Nuovo personaggio, Phil Coulson
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Benvenuta...!

La mattina seguente 3-1-7 si svegliò presto sentendo dei rumori nella camera. Alzò lo sguardo dalle coperte, la dottoressa Cormack era già al lavoro. «Buongiorno!» le disse la donna quando si accorse che era sveglia. 
La ragazza rimase un attimo in silenzio, poi un po' titubante si girò supina e con il telecomando del letto tirò sù lo schienale: «Buongiorno dottoressa.» 
«Come stai oggi?» Susan Cormack le controllò la flebo e guardò la ragazza aspettando una risposta ma 3-1-7 scostò lo sguardo distratta dal fatto che si era resa conto che la giacca dell'agente non era più sul letto. 
«L'ho messa da parte. Penso che sia meglio lavarla prima di rendergliela. No?» Le disse la dottoressa sorridendole. 
Le girò le spalle per prendere qualcosa dalla scrivania mentre 3-1-7 rimase in silenzio un po' imbarazzata. «E' normale che sia importante per te. Voglio dire...è un simbolo. Dio solo sa cosa hai passato e quello è stato il primo contatto con una nuova realtà». Dicendo questo la dottoressa si girò di nuovo verso di lei con un vassoio in mano. «Ecco la colazione, gentilmente offerta dalla Strategic Homeland Intervention e blah blah blah via dicendo!» scherzò la donna.
3-1-7 si affrettò a far scorrere il tavolino del letto fino ad arrivarle di fronte: «Grazie...» rispose la ragazza «...sto morendo di fame.» aggiunse facendo un sorriso storto. 
Ai primi bocconi cominciò subito a sentirsi meglio, sia fisicamente che moralmente, scordandosi l'imbarazzo del dialogo precedente.
Poco prima di aver finito la sua colazione, bussarono alla porta, era l'agente Coulson che aprì la porta alla risposta: «Avanti!» della dottoressa.  «Buongiorno dottoressa Cormak, buongiorno 3-1-7.» salutò entrambe le ragazze entrando nella stanza. 
«Buongiorno Agente Coulson, la lascio al suo lavoro, se ha bisogno basta suonare il campanello.» Disse la dottoressa prendendo le sue cose e sorpassando l'agente per uscire.
L'uomo si sfilò la borsa dei documenti dalle spalle poggiandola per terra e poggiò il bicchiere del caffè, preso poco prima ad un chiosco, sulla scrivania. «Buongiorno signore.» 3-1-7 notò che l'agente indossava un completo diverso, questa volta di colore grigio e al taschino aveva attaccato un tesserino bianco e giallo.
L'uomo afferrò la sedia che era lì vicino e l'avvicinò al letto della ragazza, portandosi dietro la borsa da cui tirò fuori la cartella che avrebbe contenuto da lì a pochi mesi tutti i dati di lei.  Coulson poggiò l'occorrente sul bordo del letto: «Mi dispiace disturbarti così presto ma domani rientro ufficialmente a lavoro e mi dovrò occupare di un altro incarico.» La ragazza annuì tirando giù l'ultimo sorso di succo d'arancia. Per poter scanzare via il tavolino e fare più spazio all'agente. «Non ci sono problemi. Non ho molto altro da fare.» 
«Per rimediare a questo, ti ho portato alcuni libri. Dopo ricordami di darteli.» Nel frattempo l'agente aprì la cartella e tirò fuori i primi fogli: «Ho fatto delle ricerche e nessun caso corrisponde al tuo. Anche dall'alto non è arrivato niente di utile. Quindi sarei per creare una nuova identità ed usare un nuovo nome, che ne dici? Hai pensato a qualcosa?» 
3-1-7 rimase un attimo in silenzio, effettivamente ci aveva pensato ma... in quel momento le sembrava una sciocchezza così annuì imbarazzata e distogliendo lo sguardo dall'uomo gli rispose: «Nell'istituto ho visto una serie tv, ambientata negli anni 40 e la protagonista era un'archeologa di nome Janice.» Dirlo a voce alta la fece sentire ancora più sciocca ed infantile, però quel nome le piaceva. «Ed era davvero tosta... Che dice, può andare?»
Coulson sorrise: «Bel nome, mi sembra perfetto. Ho visto anche io quella serie!» 3-1-7 rise portandosi le mani al viso: «Ok, è stupido vero?» Coulson diniegò con un cenno della testa ridendo anche lui: «No, per niente.» e scrisse il nuovo nome di 3-1-7. 
 
Nome originario: Non pervenuto - Conosciuta con il nome in codice 3-1-7. 
Nome nuova identità: Janice 
Cognome: ...
Sesso: F

«Quando verrà rivisionato questo file ti verrà assegnato un cognome a tua scelta tra diverse opzioni.» 3-1-7 annuì seguendo con lo sguardo la penna che scriveva i suoi nuovi dati.
 
Data di nascita: 17 Giugno 1979

«Sai dove sei nata?» 
«Nope. Ho sentito dire una volta che sono americana, ma non so di preciso di dove, e soprattutto se sia vero.» Coulson annuì senza distogliere lo sguardo dal foglio e aggiunse: 
 
Provenienza originaria: Sconosciuta 
Provenienza nuova identità: ...

«Anche questa verrà aggiunta quando decideranno dove spostarti.» Prese dalla cartella il foglio dei pochi dati presi dal team medico. 
 
Altezza: 1m 67cm
Colore degli occhi: Verdi
Colore dei capelli: Castani ramati.

«Hai dei segni particolari da riferire, oltre alle cicatrici dietro al collo e alla testa?» la ragazza arrossì: «Ho le cicatrici dell'intervento per la protesi.» Coulson alzò gli occhi dal foglio: «Protesi?» domandò sbigottito. 
La ragazza annuì. «Tre anni e mezzo fa una delle micro-sonde che mi applicarono nella testa si guastò...» era stata colpa sua ma non se la sentì di specificare: «...e persi l'uso delle gambe. Mi operarono e mi misero una protesi, è un esoscheletro applicato alle mie ossa che registra gli impulsi che arrivano dal mio cervello per passarli al mio sistema nervoso. Le gambe funzionano come prima, però sono capace di sopportare più peso, mentre la sensibilità non è mai tornata come prima.» 3-1-7 raccontò tutto cercando di omettere la parte per cui riusciva a farlo grazie le sue capacità cerebrali alterate. Coulson la guardò rimanendo a bocca aperta: «Ah, va bene, questa parte l'abbozzo e la lascio ai medici.» Magari possiamo risalire a qualcosa di interessante facendo uno scan delle protesi. Pensò l'uomo grattandosi una tempia con il fondo della penna. 
 
Segni di riconoscimento: Diverse cicatrici sul corpo, per informazioni precise rivolgersi all'allegato medico.

Sotto la dicitura "Background originario" Coulson scrisse tutto quello che avevano detto su di lei in quei due giorni. Il rapimento, il tempo passato nell'Istituto, dove l'agente venne a sapere che la ragazza aveva avuto un' istruzione normale, come si conviene ad ogni ragazza della sua età, in più il tempo per leggere e approfondire argomenti non era mancato, quindi aveva una cultura generale buona, mancava tutta la parte di esperienza personale, nessun viaggio, mai visto un museo, lontani ricordi di cosa potesse essere un cinema, pochissima tv con solo determinati programmi, e ovviamente nessuna vita sociale se non quella poca avuta con gli altri pazienti. 
L'agente rilesse quello che aveva scritto, controllando se il profilo, anche se incompleto, stesse prendendo forma, fornendo tutti i dettagli che sarebbero poi serviti ai diversi addetti per completare la sua scheda. 
«Non è molto...» ammise: «Ma è qualcosa su cui cominciare.» Mise in ordine i fogli che aveva compilato e li rimise nel fascicolo, ne recuperò altri dalla cartella che compilò e poi porse alla ragazza: «Mi servirebbe la tua firma qui...» disse indicando un punto. «E qui.» Aggiunse indicandone un'altro poco più sotto. 
«Va bene anche solo Janice, l'importante è che ci sia una prova grafica che ho compilato i moduli davanti a te e che non mi sia inventato tutto.» 
La ragazza prese i fogli e vi scrisse il suo nuovo nome sopra, una marea di sentimenti esplosero mentre la penna scorreva sul foglio, sorrise sentendosi improvvisamente qualcuno e non più un numero. Gli occhi le si gonfiarono di lacrime mentre continuava a sorridere: «Scusi...» riuscì solo a dire asciugandosi una guancia con la manica del camice. 
Coulson accennò un sorriso comprensivo e rispettoso della gioia e della commozione della ragazza: «Benvenuta Janice!» le disse. 
Rimasero qualche attimo in silenzio in cui l'Agente mise a posto tutti i documenti pronti per essere validati e nel mentre Janice si concentrava nel trattenere l'emozione, il brutto del suo potere era che doveva sempre mantenere il controllo perchè rischiava di influenzare i sentimenti di chi le stava intorno. 

«Questi sono i libri che ti ho portato.» Disse l'agente posando sul letto tre libri. «Spero che ti piacciano, ho scelto tra quelli che vanno di più tra i ragazzi, anche un po' a gusto personale a dire il vero, scopriremo se abbiamo gli stessi gusti...» scherzando tirò fuori anche un'albo a fumetti: «Questo è totalmente a gusto personale, ma vista l'origine del tuo nuovo nome, ora sono quasi certo che ti possa piacere.» Passò l'albo a Janice stringendo le labbra in un'espressione divertita, poi aggiunse: «Sono alcune delle storie di Captain America, è un po' il mio idolo. Condivido i suoi ideali e mi piace il simbolo di speranza che è  stato per molta  gente.» 
Janice lo guardò incuriosita, era strano vedere un uomo preso da dei libri di avventura, non aveva mai conosciuto persone così, o forse sì e semplicemente non le ricordava. Rimase un po' imbarazzata dalla sua gentilezza e non sapeva bene come rispondere... un semplice grazie sembrava ridicolo. 
«Grazie.» Rispose arrossendo e maledicendosi subito dopo. 
Coulson non disse nulla, non sorrise propriamente ma gli angoli della bocca si incurvarono in un mezzo sorriso che ricordava tanto un gatto. Sembrava gli avesse letto nel pensiero. 
«Mi sento un totale disastro in questo momento.» Ammise la ragazza. «In tre giorni la mia vita è cambiata radicalmente...» fece un sospiro profondo prendendosi un attimo di pausa. Coulson divenne serio e rimase ad ascoltarla. «Non sono nemmeno ancora sicura che voi siate i buoni, non so niente di voi... so solo che vi siete presi cura di me. E per me in questo momento tanto basta... ma sono confusa perchè devo ancora rendermi conto di quello che mi sta succedendo.» Coulson si passò la lingua sul labbro inferiore in un gesto distratto, non aveva ancora specificato alla ragazza cosa fosse la Strategic, Homeland, Intervention Enforcement and Logistic Divsion, per una questione quasi burocratica. Però quello sembrava il momento giusto di spiegarle in che mani si fosse messa. «A questo punto dei fatti, sei abbastanza coinvolta da permettermi di scoprire alcune delle carte in tavola e  poterti assicurare che siamo davvero i buoni.» Si alzò dalla sedia per andare a recuperare il suo bicchiere di caffè e tornò a sedersi. «Facciamo parte di un'agenzia di intelligence spionistica. Per quello molte delle nostre risposte sono:"Non è pervenuto." oppure:"Informazione riservata."» Scherzò sull'argomento e bevve un sorso di caffè, mentre Janice lo ascoltava: «Pochi sanno della nostra esistenza e di cosa ci occupiamo, non posso dirti più di tanto ma sappi che siamo tutti agenti specializzati che ci adoperiamo con ricerche e con missioni sul campo a mantenere sicure le persone dalle minacce che vi sono la fuori.» Janice annuì confusa guardando distrattamente i libri che aveva sulle ginocchia, aveva mille cose per la testa...e a quel punto le serviva solo tempo per metterle in ordine e vedere cosa succedeva. Si lasciò andare e si appoggiò al cuscino: «Grazie Agente!» Coulson annuì senza rispondere. 

«Da domani verrò assegnato ad un nuovo incarico e devo andare via per un po'. Una equipe specializzata si prenderà cura di te e ti aiuteranno con il tempo a muovere i primi passi in questo mondo.» L'uomo si alzò dalla sedia e gli porse la mano: «Mi ha fatto piacere conoscerti. Se non ci dovessimo rivedere, buona fortuna!» Janice allungò la mano titubante e strinse quella dell'Agente. Niente. Non successe niente. Confusa sorrise: «Buona fortuna a lei. Spero di rivederla... sennò come posso farle sapere se mi sono piaciuti?» disse tirando su la piccola pila di libri. Coulson aggrottò la fronte per un attimo e fece un mezzo sorriso divertito: «Giusto! Allora alla prossima Janice.» Così dicendo prese le sue cose ed uscì dalla stanza. Janice rimase ad osservare la porta chiusa e senza saperlo stava avendo la stessa sensazione che stava sentendo l'agente mentre percorreva il corridoio allontanandosi dalla 24B, ovvero la consapevolezza che il caso si stava chiudendo e che probabilmente non si sarebbero mai più rivisti.
   
 
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