Serie TV > Agents of S.H.I.E.L.D.
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Autore: Agent Janice    05/03/2016    2 recensioni
«Sono l'Agente Phil Coulson, lavoro per la Strategic, Homeland, Intervention, Enforcement & Logistic Division. Sei al sicuro adesso.»
Questa che (spero) state per leggere è la storia che ho creato intorno all'Agente Phil Coulson, mio personaggio preferito dell' MCU e dela serie TV "Marvel's Agents of S.H.I.E.L.D."
La storia comincia nel 2002, circa dieci anni prima gli avvenimenti del film "Marvel's The Avengers" e della "Battaglia di New York", ed ha come protagonista una ragazza, personaggio di mia invenzione, che non ha un vero nome se non il codice 3-1-7 che l'Istituto in cui è segregata le ha affibbiato. Non rivelo di più su di lei, non sono brava nei riassunti vi rovinerei i punti interessanti dei primi capitoli. E' una storia di lotta tra bene e male, come la 'casa delle idee', la Marvel, ci insegna e che, se riesco a portare a termine, dovrebbe ripercorrere e rivisitare alcune delle vicende salienti che abbiamo visto sia nei film, sia nella serie tv.
Genere: Avventura, Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maria Hill, Melinda May, Nick Fury, Nuovo personaggio, Phil Coulson
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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3-1-7

Coulson stesso non aveva idea del 'perché' si fosse rivolto direttamente allo S.H.I.E.L.D. invece di chiamare un ospedale civile, per prendersi cura della ragazza. 
Qualcosa dentro di lui, probabilmente il suo sesto senso, gli stava gridando che quella era stata la cosa migliore da fare.
In quel momento si trovava sul Quinjet, ad un'ora di arrivo dalla base. Ormai aveva abbandonato l'idea dell' appuntamento romantico, appuntamento che sicuramente lo stava maledicendo per via della clamorosa buca ricevuta. 
Si era allentato la cravatta e rimboccato le maniche della camicia fino al gomito. 
Gli Agenti di supporto e i medici che erano arrivati con il veivolo, atterrato sul tetto di uno degli edifici intorno al vicolo dove era stata trovata 3-1-7, una volta aperto il portellone erano rimasti alquanto sorpresi nel vedere che l'Agente fosse piuttosto in salute e senza nemmeno un graffio e soprattutto che l'oggetto di tanta urgenza fosse una ragazza, per di più una civile. 
Comunque fosse si attennero agli ordini ricevuti, non avevano fatto altre domande che non riguardassero lo stato di salute della ragazza. «Rapporto, Agente!» disse con tono autorevole una dottoressa cominciando ad esaminare 3-1-7 mentre veniva portata velocemente sul Quinjet. 
«Civile. Due assalitori. Uno dei quali probabilmente medico, le deve aver somministrato un mix di quelle sostanze che erano contenute dentro le tre fiale che ho trovato laggù. Non so altro.» Seguì a passo svelto la barella osservando in modo alternato la dottoressa e la ragazza. Pensò velocemente a quello che era successo nel vicolo cercando altri dettagli che lì per lì potevano essergli sfuggiti. Fece un cenno di diniego con la testa e sospirò: «Non mi viene in mente altro. Ha provato a parlare ha detto 3-1-7 e poi ha perso i sensi. Non sembrava lucida, aveva lo sguardo fisso a tratti...» la dottoressa lo interruppe con un gesto della mano: «Ok. Non mi serve altro, stiamo già analizzando le fiale. Ne sapremo di più quando arriveremo alla base.» Coulson annuì e si fece da parte, osservando i medici intubare la ragazza, organizzarsi tra prelievi e flebo in modo rapido ed efficente.
 
Eccoci tornati al punto in cui l'Agente Coulson si era messo a pensare alla sua serata sfumata, distratto però dal pensiero più rumoroso di tutti gli altri, ovvero Chi diamine sei? rivolto verso la ragazza sdraiata sulla barella davanti a lui.  
Se ne stava seduto con i gomiti appoggiati alle ginocchia e il mento appoggiato sugli indici, pregando che i parametri vitali della ragazza, il cui *bip* dell'ecg a cadenza regolare era l'unico rumore che riempiva quella parte del Quinjet, si alzassero tornando in una fascia sicura. 
Guardò fuori e riconobbe le luci della pista d'atterraggio della base in lontananza, fece un respiro profondo e si accostò con la schiena al sedile allacciandosi in un gesto automatico le cinture. Strinse le labbra ad una fessura e strinse i denti. Aveva il brutto presentimento di essersi cacciato in una storia più grande di quanto in realtà appariva. I due uomini volevano disfarsi della ragazza "Probabilmente ha visto qualcosa che non doveva..." pensò appoggiando la testa al sedile aspettando le manovre di atterraggio del Quinjet.
Una volta toccata terra la ragazza fu portata d'urgenza nell'ospedale della struttura lasciando Coulson indietro a registrarsi e a fare rapporto sul motivo della sua presenza in quella base S.H.I.E.L.D.
Ci volle tutta la notte per stabilizzare i parametri vitali di 3-1-7. Coulson che era rimasto lì per tutto il tempo, tra scartoffie burocratiche e pensieri, si era allontanato dalla sala d'attesa solo la mattina seguente , con la parola dei medici che sarebbe stato informato non appena avessero avuto delle novità sulla salute della ragazza. 
Stanco Coulson si diresse in una parte della base S.H.I.E.L.D. dedicata agli Agenti operativi, dove vi erano dei monolocali destinati ad accoglierli quando erano in missione e non potevano allontanarsi dallo S.H.I.E.L.D. Trovò una stanza libera, vi passò davanti il proprio tesserino guadagando l'accesso ad un po' di meritato "RIPOSO". 
Mangiò qualcosa velocemente e altrettanto velocemente si spogliò lasciando i vestiti in ordine pronti all'uso su una sedia fuori dal bagno, si fece una doccia veloce e frugando nel piccolo armadietto nella stanza pescò una tuta unisex della sua taglia, nera con il marchio dello S.H.I.E.L.D. ben in vista. Questa cosa lo aveva sempre fatto sorridere, erano un'agenzia spionistica e il loro logo era ovunque e nessuno ci aveva mai fatto poi così caso. 
Una volta recuperato qualche momento per se stesso si stese sul letto e si addormentò, quasi per miracolo, con il rumore frenetico dei suoi pensieri. 
 

3-1-7 cominciò a recuperare coscienza, sentiva il rumore dei macchinari che la monitoravano rimbombargli nelle orecchie così si sforzò di aprire gli occhi. Quando vi riuscì si ritrovò in una stanza di ospedale, la frequenza cardiaca le si impennò, facendo impazzire l'ecg, per paura di essere tornata indietro dai suoi aguzzini. Alzò la testa e si sollevò su un braccio per guardarsi meglio attorno, si calmò quasi subito, notando alcuni particolari che le fecero riacquisire auto-controllo, uno dei quali il simbolo di un'aquila che ricorreva su diversi oggetti, come un marchio importante. Non lo conosceva e poteva essere un bene, sicuramente era quasi impossibile che esistesse un centro peggiore da quello da cui aveva tentato di fuggire. Si passò una mano sulla nuca dove sentiva una lieve pressione, con le punte delle dita toccò la superficie di un cerotto al disotto del quale sentiva la pelle tirare, ipotizzò che le avessero messo qualche punto...o forse erano stati quelli dell'istituto? Aveva qualche eco di ricordo ma non riusciva a mettere a fuoco i fatti. 
Nella stanza con lei non c'era nessuno, le tapparelle alla finestra erano abbassate, ma trapelava un po' di luce, ne dedusse solamente che sicuramente quella notte infernale era passata, poi se fosse passato più di un giorno non riusciva a stabilirlo. Finendo di passare la stanza con lo sguardo, su un bancone lì vicino vide una giacca nera appogiata in malo modo, e improvvisamente le tornò in mente l'uomo che l'aveva salvata. Si lasciò andare, poggiando la testa sul cuscino con un piccolo tonfo sordo, e cercò di rilassarsi, le facevano male tutti muscoli e tutte le ossa, si sentiva debole e la testa ovattata, il suo dono si era assopito annichilito da ciò che le avevano iniettato e ancora le era difficile concentrarsi, sapeva che quell'uomo dagli occhi verdi le aveva detto il suo nome ma in quel momento non riusciva a ricordarlo, oltre al colore degli occhi ricordava bene il timbro della sua voce: «...Sei al sicuro adesso.» «...You're safe now.»
Voleva credergli, anzi... ne aveva veramente bisogno, così chiuse gli occhi e si abbandonò al riposo. 
 

Quando 3-1-7 riaprì gli occhi fuori era nuovamente buio, sentì un rumore vicino a lei e girando la testa vide una donna con un camice bianco: «Chi è lei?» la voce le uscì roca, cercò di schiarirsela tossendo ma aveva la bocca impastata e secca. La donna si girò verso di lei: «Oh! Finalmente ti sei svegliata.» aveva l'aria sollevata e si affrettò a controllare i vari schermi vicino al letto, punzecchiandoli con le punte delle dita per ampliare le informazioni e metterle in primo piano al posto di altre. «Ti do subito dell'acqua...» disse distogliendo lo sguardo dai dati. «Sono la dottoressa Susan Cormack. Sei al sicuro in un ospedale, ci stiamo prendendo cura di te.» si allontanò dalla visuale della ragazza, che rimase in silenzio, per aprire uno stipetto da cui estrasse una bottiglia d'acqua e una pila di bicchieri di plastica. Ne prese uno e lo riempì tornando vicino a 3-1-7. Prima di porgerle il bicchiere premette un tasto sul telecomando del lettino per alzarne un po' lo schienale e avvicinò il tavolino scorrevole dove infine vi poggiò il bicchiere: «Ecco qua!» le disse accennando ad un sorriso: «Mentre chiamo i miei superiori, mi diresti il tuo nome? Così lo aggiungo alla cartella...» Così chiedendo premette un'altro tasto, questa volta da dietro la testata del letto, vicino ad uno degli schermi di monitoraggio.
 «3-1-7» rispose la ragazza guardandola e bevendo un sorso d'acqua. 
La dottoressa ricambiò lo sguardo perplessa. Si sentì un bip e una voce dall'altro capo dell'interfono: «Stanza 24B, ci sono novità?» «Si! Chiamate l'Agente Coulson, la ragazza si è appena...svegliata.» 
Coulson percorse il corridoio a passo svelto, era al telefono con il Direttore quando era arrivata la notizia che la ragazza che aveva trovato la sera prima si era finalmente svegliata. 
Nick Fury non era particolarmente contento della scelta di Coulson di portarla nella base S.H.I.E.L.D. e quest'ultimo si era sentito uno sciocco e si era quasi pentito di averlo fatto. «Mi occuperò personalmente delle conseguenze.» Aveva cercato di rassicurarlo. «Mi faccia solo fare alcune domande, ho un presentimento sulla ragazza...qualcosa non mi quadra in quello che è successo in quel vicolo.» Strinse i denti cammiando avanti e indietro per il corridoio con passo lento e fare nervoso aspettando una risposta dal Direttore che non arrivò.  «Stamattina presto ho letto il rapporto medico dello staff. La ragazza è piena di cicatrici che una persona normale non dovrebbe presentare.» Aggiunse.
Sentì un sospiro venire dall'altro capo del telefono: «Ho letto il suo rapporto su questa notte. E ho qui di fronte una copia della cartella clinica ed effettivamente ci sono alcuni dettagli che non quadrano con delle comuni aggressioni.» Coulson lo interruppe per un attimo: «Ho fatto delle ricerche, nei database non ci sono sparizioni recenti di ragazze che corrispondo al suo aspetto. Penso ci sia qualcosa di più dietro.» Parlando distrattamente si inumidì il labbro inferiore con la lingua, sperava di riuscire a convincere il Direttore. 
Ci fu silenzio per alcuni secondi e poi: «Agisca come crede sia giusto, mi fido di lei Agente Coulson, non me ne faccia pentire.» 
In quel momento arrivò un'infermiera correndo: «Eccola Agente, la stanno aspettando nella stanza 24B, la ragazza si è svegliata.» L'uomo fece un segno di assenso e le fece cenno con una mano che gli serviva solo un attimo. «Solo alcune domande Signore, se vedo che mi sto sbagliando la faccio trasferire in un ospedale in LA.» «Ha il mio permesso Agente».  
Phil Coulson bussò alla porta della stanza 24B ed entrò: «Buonasera, sono l'Agente Phil Coulson, non so se ti ricordi di me.» Si girò a chiudere la porta facendo una pausa per sentire se la ragazza era incline a parlare con lui. 
3-1-7 lo guardò incuriosita, senza rivederlo non avrebbe potuto descriverlo ma lo avrebbe ugualmente riconosciuto. 
«Mi ricordo di lei.» L'Agente si girò verso di lei sorridendo: «Posso sedermi vicino a te? Avrei bisogno di farti alcune domande...» La ragazza annuì, guardandosi le mani e sentendosi in imbarazzo. Era la prima volta che parlava con qualcuno al di fuori della struttura. Aveva ricordi lontanissimi, sapeva che era già successo, probabilmente con i suoi genitori ma non aveva ricordi visivi, solo pochissime sensazioni. E in più, si sentiva ancora abbastanza uno schifo.
Si guardò in giro per la stanza per poi tornare a concentrarsi sulle proprie mani. 
«Grazie...»  alzò lo sguardo verso Coulson. «La ringrazio per avermi salvata. Non sa...in che debito mi ha cacciata.» Accennò un sorriso storto, e una lacrima le scese su una guancia. «Mi scusi, è che sono nervosa, non riesco a controllarmi.» Si asciugò la lacrima e si schiarì la voce. Coulson fece spallucce: «Non è un problema per me. Hai tutte le buone ragioni per sfogarti.» Accostò la sedia della dottoressa al fianco del letto, mettendosi seduto di fronte alla ragazza. «Come ti chiami?» «3-1-7» rispose lei automaticamente.
«Oh...» Coulson si rese conto del significato della loro breve conversazione nel vicolo. Però questo non è un nome. La guardò incuriosito: «Non è un nome... comune.» 
Lei lo guardò preoccupata, aveva paura a raccontargli come stavano le cose, se l'avesse rimandata indietro? O se avesse voluto approfittare anche lui del suo potere? Non sapeva quasi niente del mondo al di fuori dell'istituto dove era cresciuta, i suoi ricordi ricorrevano a poche cose di quando aveva circa 10 anni e a quell'età si sa, è tutto rosa e fiori. 
«Non mi ricordo il mio nome, questo è quello che mi hanno dato all'istituto dove mi tenevano.» 
La storia cominciava a farsi interessante, il sesto senso dell'Agente gli urlò che aveva ragione, c'era qualcosa di più, ma non era più tanto sicuro di volerlo sapere. Rivolse un'altro sguardo alla ragazza, analizzandola: era magra, pallida e aveva alcuni lividi su viso, collo e braccia. Aveva notato che le maniere dei due uomini non fossero delle più delicate, ma probabilmente c'era stata una colluttazione prima che arrivassero in quel vicolo.  Riconobbe le cicatrici menzionate nel rapporto medico, perlomeno quelle in vista. Molte in via di guarigione, sottili, bianche, troppo precise per essere solo graffi. Aveva i capelli alle spalle tirati su che rendevano il cerotto sulla nuca ben visibile. 
«Quale istituto? Dove si trova?» Domandò appoggiandosi allo schienale della sedia e incrociando le braccia. 
«Non so dove sia, questa è la prima volta che esco da...anni. Fanno degli esperimenti la dentro.» Deglutì cercando di riflettere su cosa dire e cosa omettere. «Non so bene il perchè, non parlano mai con noi, ci operano. Ci fanno esami su esami. Test su test.» Coulson l'ascoltò basito. Non era una novità l'esistenza di tali strutture. E lo S.H.I.E.L.D. probabilmente aveva anche partecipato nel farne smantellare alcune. Soprattutto se dietro queste strutture c'erano menti criminali conosciute nell'agenzia. 
«Parli al plurale, c'erano altre persone come te, che subivano queste cose?» 3-1-7 ci pensò un attimo poi optò per una mezza verità: «Si. Fino a qualche anno fa c'erano altre cavie, poi piano, piano sono rimasta da sola.» Guardò l'Agente tirandosi un po' su, per stare più comoda, cosa difficile dato che dovunque toccasse le faceva male.
«Sai quando sei nata?» domandò Coulson avvicinandosi con la sedia alla scrivania per rubare un foglio e una penna e prendere gli appunti su quello a cui era venuto a conoscenza. La ragazza annuì: «Il 17 Giugno 1979». Voltandole le spalle l'Agente fece un rapido conto: «Dunque hai 23 anni.» «Già. Ho passato circa 13 anni all'istituto. Non... non ho molti ricordi di quando sono arrivata là.» Confusa guardò l'agente per qualche attimo negli occhi, cercando di concentrarsi e capire bene la situazione.
«Da che parte state ?! Intendo lei e la Strategic Homeland...» distolse un attimo gli occhi dall'uomo cercando di ricordare cosa avesse detto nel vicolo ma non vi riuscì. «Difficile da ricordare vero?» «A little bit mouthful doesn't it?» sorrise lui. «Stiamo dalla parte dei buoni, qui non ti verrà fatto niente di tutto ciò che hai raccontato. Gli unici esami saranno solamente per verificare le tue condizioni di salute.» 3-1-7 annuì ad ogni parola grata nel sentirgliele dire. «Okay. Hem...io, cosa mi succederà adesso?» Non aveva nessuno. Non apparteneva a nessun posto. Non sapeva niente della vita lì fuori. 
«Cercheremo di ridarti un'identità, o di creartene una nuova. Non ti lasceremo in mezzo ad una strada se è questo che temi. » La rassicurò l'uomo. 
«Temo che mi vengano a cercare.» Le uscì senza pensarci, e il terrore le si annidò dentro. Coulson lo notò e una parte in fondo a lui si incupì, non lo dette a vedere, da buon agente riusciva a mantenere una facciata neutra, così cercò di consolarla e di rassicurarla: «Dovrebbero prima essere certi che tu sia sopravvissuta alla notte, cosa improbabile dal loro punto di vista. Fino a qualche ora fa... beh lo era anche dal nostro di punti di vista.» Si alzò dalla sedia e si avvicinò al letto sedendovisi, vicino a lei. «Nel caso vengano a cercarti, saremo pronti a proteggerti. Nel frattempo cercheremo noi loro.» 
In quell'istante entrò la dottoressa Cormack nella stanza: «Salve Agente Coulson, ci metterò solo un attimo, devo solo prendere un campione di sangue dalla nostra ragazza. Vediamo a che punto siamo con le cure.» Così dicendo fece il giro del letto, andando dalla parte opposta dell'uomo. Prese il braccio della ragazza, chiuse l'agocanula della flebo. Applicò il laccio emostatico, scartò una siringa pescata dalla tasca e... a quel punto 3-1-7 si girò dall'altra parte. 
Coulson stava per sorridere ma se ne pentì solo per averne avuto l'intenzione, perchè ovviamente non era una paura infantile la sua, ma ricordi di una brutta esperienza. 
Quando la dottoressa con una mano afferrò il bracciò della ragazza per tenerlo fermo e con l'altra fece penetrare l'ago nella pelle, questa afferrò la mano dell'agente inconsciamente, cercando qualcosa a cui aggrapparsi. 
Come una valanga, i sentimenti della dottoressa le si riversarono addosso. Era stata una giornata lunga, stancante e per certi aspetti frustrante, per altri invece soddisfacente. 3-1-7 si sentì lieta di scoprire che faceva parte delle soddisfazioni del giorno e non delle frustrazioni. Quando finalmente la lasciò andare 3-1-7 riprese fiato e aprì gli occhi, che non si era accorta di aver chiuso. «Scusi, ho paura degli aghi.» mentì. 
Si accorse in quel momento che stava tenendo il polso dell'Agente. Lo mollò, lasciandoci un segno bianco. 
Guardò Coulson in viso e poi gli guardò il braccio. «Tutto a posto?» le domandò l'uomo. Lei annuì guardandolo ancora stordita. 
Coulson guardò la dottoressa che annuì alzando un sopracciglio in segno d'intesa e poi si rivolse di nuovo alla ragazza: «E' meglio se ti lascio in pace. Tornerò domani, con un piano per te e spero delle novità. Magari ti porto qualche libro, per passare il tempo.» 
3-1-7 rimase in silenzio. Si limitò ad annuire. Coulson strinse le labbra annuendo distrattamente a sua volta e si diresse verso la porta. 
«Riposati. E nel frattempo pensa ad un nuovo nome.» Sorrise, cercando di sollevarle il morale: «Uno tosto, te lo meriti!» (A badass one. You deserve it!)
 

3-1-7 si svegliò sudata e dolorante nel cuore della notte. Da quando aveva chiuso gli occhi, poche ore prima, era stato un susseguirsi frenetico di incubi. Alcuni senza senso che sfociavano poi in altri che davano sfogo, una ad una ad ogni sua paura. Il cuore le palpitava, non era più attaccata all'ecografo e nella stanza c'era un silenzio e un buio che la fecero rabbrividire. Allungò una mano in cerca del telecomando del letto e ne accese le luci fioche per la lettura. Piano, piano si calmò, scostò le coperte e si mise seduta respirando a fondo. Si guardò intorno per rassicurarsi e notò la giacca dell'Agente appesa all'attaccapanni a muro vicino alla porta. La dottoressa doveva averla spostata dalla notte prima e soprattutto doveva essersi dimenticata di renderla al proprietario. 3-1-7 si mise a sedere sul letto e piano, piano si fece scivolare sull'orlo del materasso fino a toccare con i piedi scalzi il pavimento ghiaccio. Appena riuscì a mettersi in piedi sentì la testa girarle, ancora non aveva fatto un pasto come si doveva e ne sentiva la mancanza fisiologica. Si appoggiò all'asta della flebo, ancora attaccata al suo braccio e piano, piano strascicando i piedi si avvicinò all'attaccapanni, sollevò la giacca con la mano libera e la portò con se al letto. Si rimise con le gambe sotto le coperte per recuperare un po' di calore. Appoggiò la schiena ai cuscini, mettendosi comoda.
Toccò il tessuto della giacca cercandone i "ricordi" ma niente, non avvertì nè vide niente. L'avvicinò al viso chiudendo gli occhi e concentrandosi, ma ancora niente, a parte il profumo che portava l'agente Coulson. Storse la bocca demoralizzata, probabilmente era ancora molto stanca e il suo "dono" non funzionava a dovere. Anche se...con la dottoressa aveva funzionato piuttosto bene. Si girò su un fianco, tirò le coperte fino a coprirle le orecchie e mise la giacca nera poggiata vicino al cuscino. Possibile che anche quell'uomo abbia un dono analogo al mio? Con questo pensiero il sonno fece di nuovo capolino e lei vi si lasciò andare sperando di non avere altri incubi.


Nel frattempo Coulson era nello studio di casa sua poco fuori Los Angeles, il computer acceso su alcuni database dello S.H.I.E.L.D. e di varie altre intelligence. Tamburellava con la mano destra la penna su  diverse cartelle in bianco che doveva riempire per il Direttore Fury e aveva fatto una lista su un foglio volante di quello che sapeva della ragazza per cercare di farne un po' più chiarezza.  
⦁    "3-1-7" è la sigla che le hanno dato nella "struttura" - Nome di battesimo non pervenuto.
⦁    Nata il 17 Giugno 1979 - presa dai suoi rapitori all'incirca nell'89 all'età di 10 anni, con cui è rimasta per circa 13 anni. 
⦁    Presenta numerose vecchie cicatrici riconducibili ad operazioni chirurgiche, data la precisione dei tagli, la maggiorparte delle quali situate dietro la nuca, sul collo e sulla testa dietro le orecchie.
⦁    Nei suoi racconti fa menzione di un istituto dove svolgono degli esperimenti - (Genetici? Chimici? Batteriologici?)
Usando la data di nascita e la data del "rapimento" cercò sul computer le sparizioni di bambine di 10 anni avvenute nell'89. Escluse i casi risolti. Escluse le false piste. E niente, non trovò assolutamente NIENTE. Si allungò sulla sedia e si passò le mani nei capelli corti lasciandole poi allacciate dietro al collo. Demoralizzato e stanco mise insieme due idee e mandò delle mail usando i canali S.H.I.E.L.D. a degli Agenti di grado superiore al suo per vedere se più menti e gradi più alti di autorizzazione riuscivano a mettere insieme qualcosa su questa faccenda. Fatto ciò, mise in ordine le cartelle pronte per portarsele dietro in ospedale il giorno seguente per riempirle insieme alla ragazza. 
   
 
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