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Autore: spongansss    10/03/2016    2 recensioni
Emma aveva sempre cercato di controllare la sua vita, nulla era mai riuscito a distruggere i suoi piani, tranne l'arrivo di Henry, finché un incontro le ha fatto capire che le nostre vite non possono essere controllate fino in fondo.
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 5
Solo per curiosità


 

-“Allora, Emma…”
-“Che c’è Regina? Ho sonno, starei andando a dormire. Sai com’è, si è fatto un po’ tardi.”
-“Solo una cosa” avvicinò il suo volto ai capelli della bionda, inspirò forte -“Profumi di buono.”
-“Dio Regina, stiamo davvero tornando su questo argomento a quest’ora?”
-“Sì, solo perché non vuoi ammettere che ti ha fatto piacere.”
-“Te l’ho già detto, non mi interessa. Ora posso andare a dormire?”
-“Non è vero, i tuoi occhi mi hanno detto la verità. Sei rimasta lusingata da quello che ha detto, ed anche un po’ sorpresa, credo.”
-“Andiamo Regina, l’ha detto solo perché è stato costretto da Ruby.”
-“Non è vero. Avrebbe potuto parlare solo di me. E poi a tavola nessuno gli aveva chiesto nulla, o sbaglio?”
-“Ma non è la stessa cosa!”
-“Come no? Dai ammettilo, Emma!”
-“Se ti darò ragione, potrò andare a dormire?”
-“Sì!”
-“Allora, hai ragione. Buonanotte.”
 


Emma si stese sul letto e chiuse gli occhi sperando di addormentarsi il prima possibile.
Non andò come sperava, aveva troppi pensieri per la testa per poter addormentarsi in fretta. Si rigirava nel letto mentre il suo cervello vagava sugli avvenimenti di quella sera.
Quell’ultima conversazione avuta con Regina aveva un eco nella sua mente che sembrava infinito.
Lei sapeva che la sua amica aveva ragione, ma non aveva alcuna intenzione di dargliela vinta. Erano anni che Regina tentava di farla uscire con qualcuno e in tutto quel tempo Emma non le aveva mai dato retta, di certo non avrebbe cominciato ora. E poi, come poteva Regina pensare che il fatto che quei complimenti l’avessero colpita significasse qualcosa? Chiunque sarebbe rimato piacevolmente sorpreso da delle affermazioni simili, non c’era alcun bisogno di coinvolgimento sentimentale.
Tra l’altro aveva fatto commenti anche su di lei, avrebbe dovuto capirla invece di insinuare interessi inesistenti.
Prese, quindi, una decisione: sapeva che Regina sarebbe tornata su quell’argomento, lei avrebbe risposto utilizzando la stessa arma.
Si girò nuovamente e chiuse gli occhi, sperando questa volta di riuscire a dormire.



La sveglia alle 6 del mattino la uccideva. Non aveva il tempo di svegliarsi per bene, di vestirsi e sistemarsi con la calma che sarebbe necessaria. Detestava il dover uscire di casa con le occhiaie per aver fatto tardi la sera precedente. La verità è che non voleva ammettere che la vera causa delle sue occhiaie erano state le due ore di sonno che il suo cervello in tilt le aveva offerto.
Persa nei suoi pensieri, aveva rischiato di riaddormentarsi davanti allo specchio, con lo spazzolino in mano. Ora era in ritardo, oltre che assonnata, non aveva tempo di fare colazione. Decise di prendere un caffè appena arrivata a lavoro.
Uscì di casa silenziosamente per non negare a Regina quell’ora di sonno che le era rimasta, invidiandola profondamente.
Entrò nel suo maggiolino giallo e scassato, si era ripetuta tante volte che avrebbe dovuto cambiare macchina ma il suo cuore non era in grado di rinunciare al legame che aveva con quel vecchio catorcio, e si diresse alla tavola calda.
Entrò e si fece un caffè che accompagnò con una ciambella. Aveva bisogno di energie vista la notte che aveva passato e sapeva che le persone che avrebbe incontrato non l’avrebbero aiutata.
Odiava il turno del lunedì mattina, le altre mattine erano già più accettabili, ma il lunedì era insopportabile. Le persone durante quel giorno della settimana erano spente, come “zombieficate”, prive di ogni forma di energia. Non le trasmettevano nulla se non l’angoscia del dover essere lì a servirli quando la loro voglia di vivere era pari a zero. Quel giorno in particolare, la vitalità assente delle persone la stava massacrando.


 
Intenta a servire la colazione ad una ragazza non si accorse della porta che veniva aperta da una persona conosciuta.
-“Buongiorno signorina, cosa offre di buono questo locale la mattina? Sa, un’amica di un amico mi ha consigliato di passare ma non so esattamente in che genere di posto mi trovi. Lei cosa mi consiglia?”
Emma era di spalle al bancone, stava finendo di preparare un caffè, poté solo sentire quella voce e capì a chi appartenesse senza bisogno di voltarsi. Il suo accento era troppo evidente perché un qualsiasi scherzo potesse riuscirgli.
-“Killian, smettila di fare l’idiota! Dammi un secondo e sono da te.”
Si occupò di consegnare il caffè appena fatto e di incassare i soldi, poi si avvicinò al ragazzo che poco prima l’aveva trattata con un garbo che era del tutto incompatibile con la sua personalità.
-“Allora, inaspettato gentiluomo, qual buon vento ti porta qui?”
-“Beh, è il mio primo giorno di lavoro e la tua amica mi ha detto che qui fate dei pancake da urlo. Ho ancora un po’ di tempo prima di attaccare in centrale, per cui mi sono detto che avrei fatto bene a verificare se mi avesse detto il vero.”
-“Dico subito in cucina di preparartene una porzione. Vuoi anche qualcosa da bere?”
-“Per il cibo ho ascoltato il consiglio di una mora, ora vorrei il consiglio di una ragazza bionda.”
-“Dipende quello di cui hai bisogno. Se sei addormentato come me, credo che un banale caffè andrà benissimo. Altrimenti, faccio una cioccolata meravigliosa, provare per credere.”
-“Dopo una presentazione simile la curiosità mi scorre nelle vene. Che cioccolata sia.”
La bionda si mise all’opera mentre due occhi incredibilmente azzurri erano puntati su di lei.
-“Sai, sei un po’ inquietante. Posso sapere perché mi stai fissando?”
-“Come perché? A te non piace guardare le belle cameriere all’opera?”
-“Era un complimento?”
-“Poteva essere altro?”
Gli donò un leggero sorriso. –“Di solito quando la preparo per me o per mio figlio ci aggiungo un po’ di cannella, ne vuoi anche tu?”
-“Adoro la cannella e immaginavo piacesse anche a te visto che i tuoi capelli emanano il suo profumo. Ehi, aspetta… ma tu hai un figlio?”
-“Già…”
-“Come mai non ne sapevo nulla?”
-“Ieri non è saltato fuori l’argomento. Per lasciarci la serata libera è andato a dormire da un amico, lo vado a riprendere dopo la scuola. Comunque, ecco a te cioccolata e pancake.”
-“Grazie dolcezza. Allora, questo ragazzino, come si chiama? Quanti anni ha? Sai, sono di indole estremamente curiosa.” Tagliò un pezzo di pancake e avvicinò  la forchetta alla bocca.
Emma trovò che quel movimento fosse estremamente sexy fatto da lui, ma scacciò subito il pensiero e, se avesse potuto, si sarebbe tirata una botta in testa.
-“Fin troppo curioso, direi. Comunque, si chiama Henry ed ha dieci anni. Se te lo stessi chiedendo, sono quasi certa che sia così, l’ho cresciuto da sola, il padre non sa nemmeno che esista.”
-“Mi dispiace, credo. Scusa, non volevo metterti in imbarazzo.”
-“A me sembri tu quello in imbarazzo.”
Seguì un momento di silenzio che i due occuparono scrutandosi a vicenda.
-“La tua amica aveva ragione, questi pancake sono deliziosi ma non sono assolutamente paragonabili alla bontà della tua cioccolata calda.”
-“Ti ringrazio, ma stai attento a non farti sentire in cucina, Granny è molto orgogliosa dei suoi pancake.”
-“Starò attento, non temere.”
Killian decise di far cadere l’argomento così, ma la verità è che aveva notato quel dettaglio a cui lei probabilmente neanche aveva dato peso: l’età del ragazzo. Non sapeva con esattezza quanti anni avesse Emma, ma credeva non arrivasse ai trenta. Quindi era stata una ragazza madre. Evitò di fare commenti a riguardo, non voleva in alcun modo interferire nella sua vita privata. Il giorno precedente aveva capito di avere a che fare con una persona parecchio riservata e aveva deciso di rispettare questo aspetto della sua personalità.
Quella scoperta, però, lo colpì parecchio. Come le aveva detto, era estremamente curioso, ma nei confronti di quella ragazza la sua curiosità cresceva ancora di più senza che ne comprendesse il motivo.
Mentre faceva questi pensieri, continuarono a parlare praticamente di nulla o poco più, terminò la sua colazione e pagò.
Prima di uscire, la sua bocca parlò probabilmente per volere del suo inconscio. –“Hai da fare per pranzo?”
-“Come, scusa?”
-“Sai, Robin sarà bloccato in centrale fino alle 17, avrei bisogno di qualcuno con cui passare la pausa pranzo, qualcuno che conosca la città e sappia consigliarmi un posto dove si mangi bene. Non so perché, ma credo che tu di cibo ne capisca, quindi credo tu sia la persona migliore per adempiere a questo arduo compito.”
Quella spiegazione era talmente fuori dal mondo che le riuscì davvero difficile trattenere una risata. Nonostante l’assurdità, quindi la falsità delle sue motivazioni, decise che poteva uscire a pranzo con lui. In fondo, l’avrebbe sicuramente visto altre volte essendo amico di Robin, non c’era nulla di male nel tentare di diventare amici, giusto?
-“Quanto dura la tua pausa pranzo?”
-“Dalle 13.00 alle 15.00.”
-“Io stacco alle 13.30, passa di qua per quell’ora poi ti porto a mangiare la pasta migliore che tu abbia mai assaggiato.”
-“Non vedo l’ora Swan.”
Detto questo, uscì felice di aver ottenuto un’uscita con quella ragazza che trovava così dannatamente intrigante, non nel senso romantico del termine, cosa che Robin gli aveva fatto capire avrebbe apprezzato, ma un senso più distaccato, quel moto che spinge i bambini ad avvicinarsi tra di loro e fare amicizia. Aveva visto una luce strana negli occhi di quella ragazza e voleva proprio sapere da dove arrivasse.


  
-“Ehi capelli d’oro, sono pronto per assaggiare questa chiacchieratissima pasta!”
-“Fidati di me, non ne rimarrai deluso.” Si avviarono verso l’esterno del locale mentre Emma faceva strada verso Marco’s. –“Il posto è abbastanza vicino, non c’è bisogno di prendere la macchina. Ci vado spesso anche per questo, non solo perché è una gioia per il palato.”
-“Quando parli di cibo ti brillano gli occhi. Dimmi un po’, lo usi per colmare le tue carenze affettive?”
Si era ripromesso di lasciarla stare per non turbarla, ma era più forte di lui, adorava punzecchiarla, sapeva che prima o poi lei avrebbe apprezzato questo suo aspetto.
-“Non c’è bisogno di carenze affettive per apprezzare il buon cibo. Poi, carenze di che tipo? Ovunque vada sono in compagnia dei miei amici o di mio figlio.”
-“Parlavo di un altro tipo di affetto ma ho tentato di essere delicato per non offendere la sensibilità della bambolina.” Lo disse alzando il sopracciglio nascondendo una risata, le espressioni di quella ragazza lo divertivano incredibilmente.
Emma alzò gli occhi al cielo e così chiuse il discorso.
 

 
-“Emma!”
Appena furono entrati nel locale un grido entusiasta li accolse. Emma corse verso il proprietario di quella voce e i due si strinsero in un abbraccio.
-“August, ciao!”
-“E’ da un po’ che non ti fai vedere. Come stai?”
Per quei pochi attimi che precedettero la presentazione di Killian, lui si sentì strano. Non sapeva esattamente come si sentisse, sapeva solo dire che era strano. Era in un ambiente così familiare per lei e lui si sentiva di troppo, un’altra volta. Capì che lei e quel ragazzo fossero molto intimi e, senza sapere la motivazione, la cosa gli diede fastidio, ma tentò di scacciare subito quelle sensazioni poiché quell’uomo gli stava tendendo la mano. Era stato talmente preso dai suoi pensieri che nemmeno si era reso conto che Emma li stesse presentando. Cominciava a pensare di avere qualche problema di attenzione, gli capitava troppo spesso di perdersi per i sentieri intrecciati della sua mente.
Il ragazzo li accompagnò al loro tavolo, dove Killian decise di dare sfogo alla sua solita curiosità.
-“Allora, mi hai portato qui davvero per il cibo e perché volevi presentarmi il tuo ragazzo? Sappi che ti conquisterò comunque.”
-“August non è il mio ragazzo e se fossi in te non sarei così certa della conclusione.”
-“Tesoro, alla fine tutte ci cascano, tu non sei diversa.”
-“Lasciamo perdere. Comunque, io e August siamo amici da moltissimo tempo. Questo locale era di suo padre Marco, che come avrai intuito era italiano. Quando venne a mancare, lui decise di prendere le redini del locale seguendo le orme del padre. Per questo la pasta qui è così buona, è fatta da chi la conosce davvero.”
-“Ti brillano gli occhi quando parli di cibo.”
-“Lo hai già detto.”
-“Sto diventando una persona banale e ripetitiva? Maledizione! Così perderò tutto il mio charme.”



L’ora che passarono insieme volò. Emma non l’avrebbe mai ammesso pubblicamente, doveva pur difendersi in qualche modo, ma con quel ragazzo il cui atteggiamento l’aveva così irritata la sera precedente, si trovava bene. Non sapeva esattamente come fosse successo, ma si era lasciata andare, aveva lasciato perdere tutto quello che le avevano detto Regina e Ruby, aveva vissuto quella situazione con molta tranquillità, così la vera Emma aveva cominciato a emergere.
Regina non doveva saperlo, lei era stata davvero bene.














Angolo dell'autrice
Ecco la motivazione per cui non ho comunicato alcun tipo di appuntamento per quanto riguarda i capitoli, sono scostante. Per forza di cose, non perché non avessi voglia di scrivere. Pensate che contavo di pubblicare mercoledì poiché martedì sera mi era rimasta da scrivere solo la conclusione, poi gli impegni si sono messi in mezzo, ed eccomi qui.
Allora, ho tentato di scrivere un primo vero approccio tra Emma e Killian e, francamente, questa volta non sono in grado di auto-giudicarmi. Non so, sono confusa, non so se il capitolo mi piaccia o meno.
Quindi, pensateci voi a tentare di farmi capire se effettivamente questo capitolo valga qualcosa o meno.

 
   
 
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