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Autore: ElisabettaL93    10/03/2016    0 recensioni
Rebecca, giovane segretaria, decide di trascorrere una vacanza Torre Colimena, in Salento, per rilassarsi. Senza accorgersene si ritroverà catapultata nel passato, tra vecchi amori e grandi equivoci, addii e frasi mai dimenticate.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quella mattina Rebecca si svegliò con l'intenzione di visitare la zona, uscì da casa, fece colazione al bar più vicino e partì con la sua auto, una Fiat Punto.

Era una bellissima giornata, incontrò poca gente per le strade, per lo più giovani con indosso solo un costume da bagno ed un asciugamano piegato e poggiato sulla spalla. Uscendo dal centro abitato si ritrovò lungo una strada circondata solo dalla natura, gli alberi d'ulivo riempivano i suoi occhi, era affascinata dalle diverse forme che assumevano, sembravano in posa, alcuni erano piegati, curvi, altri tendevano verso il cielo cercando di toccarlo con la punta dei loro rami. Percorse l'intero tragitto ascoltando una cassetta di Vasco Rossi, suo padre gliela regalò per i suoi 26 anni. Attraversò Avetrana e arrivò a Manduria. Passò la mattinata a visitare il paese: camminò per le vie del centro, ammirò il centro storico, scattò diverse fotografie e infine si dedicò alla lettura. Aveva portato un libro che le tenesse compagnia durante la vacanza, amava leggere, quando sentiva il bisogno di evadere prendeva un libro e si perdeva nei luoghi descritti, imparava a conoscere pian piano i personaggi, ad alcuni di loro si affezionava, altri rappresentavano il tipo di persona che Rebecca avrebbe voluto essere, c'erano personaggi per cui provava avversione e personaggi che non riusciva a comprendere, ma, nella maggior parte dei casi, desiderava con tutta se stessa essere l'eroina del racconto per poter vivere davvero tutte quelle emozioni in pieno. Era in questo modo che riusciva ad andare avanti, dedicando almeno un'ora delle sue giornate all'evasione dalla realtà, si dimenticava della sua vita, dei suoi problemi, delle sue aspettative deluse, in quei momenti esistevano solo lei, il suo libro, i suoi sogni, i suoi desideri e le sue emozioni. Mentre era immersa nella sua lettura sentì le voci divertite di alcuni bambini, alzò lo sguardo e vide 5 piccoli amici che giocavano e ridevano insieme, si passavano un pallone con i piedi, uno di loro, alto, moro e dal tono di voce aggressivo intercettava sempre i passaggi impedendo agli altri di contribuire al gioco, c'era poi un biondino che, al contrario, si teneva sempre a distanza dall'azione, la sua timidezza si poteva toccare con mano. Rebecca sorrise, si ricordò di quando giocava lei con le sue amiche, da piccola, e si rese conto di quanto quel bambino biondo le somigliasse. Infondo possiamo trovare qualcosa di noi in ogni situazione, in ogni luogo e in ogni parola, in ogni persona, basta guardare bene e con attenzione. A Rebecca sono bastati un gruppo di amici, un pallone e il sole per riportarla nel suo passato facendole rivivere quei felici momenti spensierati, pieni di gioia, di meraviglia e di scoperte. “Eppure sarebbe bello riuscire a trovare sempre, anche da adulti, qualcosa per cui ridere e per cui sorprendersi” si disse.

L'orologio del paese suonò le 12.00 e Rebecca tornò con la mente alla realtà, infilò il libro nella borsa e si diresse a casa per il pranzo.

Nel tardo pomeriggio, mentre il sole tramontava e l'aria rinfrescava, Rebecca percorreva la strada verso la spiaggia ma, prima di arrivarci, fu fermata dal signor Paolo.

  • Buonasera signorina, mi sono reso conto di non averle ancora dato il benvenuto, posso offrirle un caffé?

  • Buonasera a lei signor Paolo, certo, con molto piacere.

Si recarono a casa, in silenzio, Paolo la fece accomodare e iniziò a preparare il caffè. Rebecca era seduta in sala su un vecchio divano giallo poggiato al muro e si guardava intorno. Al centro c'era un piccolo tavolo di plastica a 2 posti ma con una sola sedia posizionata di fronte al televisore a 17 pollici pieno di polvere, al lato opposto c'era una madia in legno ricoperta da una tovaglia di stoffa blu. Il muro era bianco e vi erano appesi 2 quadri: una riproduzione della Gioconda e un paesaggio impressionista, ma l'attenzione di Rebecca si concentrò su un ritratto a matita raffigurante una giovane donna, la carta era ingiallita, era un disegno fatto molti anni prima. Il signor Paolo arrivò con il caffè e Rebecca non poté fare a meno di chiedere di chi fosse quel volto ritratto.

  • Una persona importante della mia vita.

  • Sua moglie?

  • No signorina, non sono sposato. Allora, come si trova qui?

  • Molto bene, la ringrazio. Mi piace molto la zona, la trovo molto tranquilla e rilassante. Lei viene qui ogni estate?

  • Io qui vivo tutto l'anno.

  • E' nato qui?

  • No, mi sono trasferito nel 1982, tra l'altro era proprio l'11 Luglio, come oggi.

  • Si trasferì da dove? Come mai decise di vivere qui?

Erano entrambi seduti sul divano a sorseggiare il caffè, il signor Paolo rimase in silenzio per un po', fissava la tazza che aveva in mano, quella mano grande e leggermente tremante, piena di piccoli nei e di rughe, Rebecca pensò che sarebbe dovuta essere davvero una bella mano ai tempi d'oro, le sembrava così forte ma allo stesso tempo delicata, così armoniosa e così elegante.

Il signor Paolo guardò Rebecca negli occhi e cominciò a raccontare:

  • Arrivai qui l'estate del 1982, era proprio l'11 Luglio, come oggi, sono passati già 13 anni. Vivevo in un paese in provincia di Genova, lavoravo nella cucina di un piccolo ristorante per famiglie, un posto accogliente, senza pretese. Servivamo lo stesso menù da che ne ho memoria, i clienti erano sempre gli stessi e le ordinazioni sempre uguali, eravamo come una grande famiglia ormai..

Fece una pausa, bevve un sorso di caffè e riprese:

  • Signorina, ha presente quando, nonostante le sue radici, la sua infanzia, la maggior parte dei suoi ricordi alberghino in un paese, lo stesso paese che ancora le offre una casa e una vita, sente che non è quello il posto in cui dovrebbe essere? Quando, stendendosi sotto le coperte del suo letto, sente che non è quella la sua casa? Quando parlando con i suoi più cari amici sente che non sono quelli i volti di cui ha bisogno? Ecco mi sentivo così, un estraneo, fuori luogo, sentivo che la mia vita passava in silenzio, sentivo che non potevo fare nulla, come quando sogni di correre senza riuscirci, ecco, mi sentivo un inetto. Per carità, le mie giornate passavano in modo tranquillo, senza problemi, le persone erano squisite e il paese davvero bello. Il problema è che mancava qualcosa, così, appena andai in pensione, decisi di continuare la mia vita altrove. Sa, non avendo una famiglia non è stato così' difficile prendere la mia decisione e partire. Sono sempre stato affascinato dal mare, fin da bambino, credo sia terapeutico, ti basta osservarlo per trovare la pace, per rilassarti, per riuscire a trovare quel piccolo barlume di felicità dentro di te e ingrandirlo. Bé, detto questo, credo sia facile per lei dedurre il motivo del mio trasferimento qui.

Fece un grosso sospiro e si bloccò, lo sguardo fisso davanti a sé, immobile, come se qualcosa avesse catturato improvvisamente la sua attenzione, ma davanti a lui c'era solo un muro bianco con appeso il vecchio disegno della ragazza. Rebecca fu colpita dal suo sguardo, non aveva mai visto degli occhi così penetranti, pieni di rabbia, o forse tristezza, magari entrambi. Non riusciva a decifrare quale sentimento si nascondesse dietro a quegli occhi color del mare, ma ne era veramente affascinata. Paolo ebbe un fremito e tornò alla realtà, fece un colpo di tosse e con la tazza in mano riprese a parlare:
<< Come le ho detto all'inizio arrivai l'11 Luglio del 1982, ricordo bene quel giorno, era la finale dei mondiali di calcio, ha presente? Italia, Germania, 3 a 1. Bene, credo che in tutta Italia ci fossero solo 2 persone alle prese con qualcosa di diverso dalla partita: uno ero io in viaggio per il trasferimento, l'altro era un ragazzo, credo avesse sui 20 anni, lo vidi al centro di San Pietro, cercavo disperatamente qualcuno a cui chiedere informazioni stradali, non riuscivo più a capire dov'ero. Lo vidi seduto su un panchina, da solo. Si guardava intorno, incuriosito, confuso, sembrava aspettasse qualcuno, o forse, in quella situazione, aspettava tutti. Mi avvicinai, abbassai e il finestrino e gli chiesi la strada per Torre Colimena.

  • Sempre dritto.

  • Grazie mille giovanotto, ma come mai se qui da solo?

  • Me lo chiedo anche io, di solito c'è sempre tanta gente.

Mi scappò un sorriso e lo salutai, provai un'infinita tenerezza per quel ragazzo, infondo era come me, era diverso e mentre tutti aspettavano un goal davanti alla tv, lui aspettava davanti al mare che la vita tornasse.>>

Finì di bere il suo caffè e si scusò con Rebecca per essersi dilungato così tanto, in realtà lei sperava continuasse a parlare, amava sentire storie di vita vissuta, si soffermava ad ascoltare le parole, le diverse inclinazione della voce, amava osservare i gesti più piccoli delle mani, dopotutto sono la parte più espressiva del corpo dopo il viso e lei, questo, lo sapeva bene. Finita la conversazione Rebecca ringraziò per il piacevole tempo trascorso in sua compagnia e lo salutò, tornò a casa e si stese a letto ripensando alla vita del signor Paolo e al suo meraviglioso modo di raccontarla. Chiuse gli occhi e si addormentò con la voglia di conoscere quel dolce vecchietto più a fondo.

   
 
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