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Autore: tixit    11/03/2016    3 recensioni
Sottotitolo: Quel che si fa per amore.
Una famiglia riunita per Natale, un ospite, anzi... più di uno, e un rametto di vischio.
Aggiungiamo una richiesta insolita, la prova generale di un concerto, uno slittino, delle frittelle, qualche bacio, molte chiacchiere.
Qualcuno si farà dei nuovi amici. Qualcuno dirà la sua. Qualcuno ascolterà cose che non faranno piacere.
Qualche personaggio è inventato, ma bazzica dalle mie parti da tempo per cui è come se fosse di famiglia - non serve conoscerli: li conoscerete. Oscar, André, le sorelle di Oscar (una in particolare), Madame Marguerite, il Generale, Girodelle ed i suoi fratelli, il padre di Girodelle e il fratello del Generale - ognuno con i suoi pensieri per la testa.
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Come al solito risistemo - piccole variazioni, la storia non cambia. Revisionato fino al capitolo 10
Genere: Commedia, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Madame Jarjayes, Oscar François de Jarjayes, Sorelle Jarjeyes, Victor Clemente Girodelle
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sigyn la rossa'
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Ringraziamenti: a Barbara, Françoise, Katia e Tetide, in ordine alfabetico, per la compagnia. Dall'acquaio, in pochi minuti, siamo arrivati alla terme di Jotunheimr. Spero vi divertiate :) 

Dedicato a Madame Neko, noto critico letterario, che non leggeva, ma passeggiava sulla tastiera insoddisfatta.




Un bacio di magia e di ghiaccio


Maxence stese le gambe lunghe, tipiche dei Girodelle, sotto il tavolo di legno, poi, agitando la forchetta verso la piccola disse: “Prima di tornare a Loki… ma... questi Giganti... dimmi un po’... che aspetto avevano? Perché una donna alta è una cosa - a me piacciono molto, per esempio…” Alo sogghignò divertito abbassando lo sguardo, ma non disse nulla, “... ma una gigantessa, alta il triplo di me, non so… mi pare una perversione...”

Sigyn sospirò “Gli Jotun erano di tanti tipi, e tante altezze,” cercò di spiegare, “Jotunheimr non era solo un castello, era un mondo intero: ce ne erano di enormi, e ce ne erano dell’altezza giusta per un Aesir… solo che la Gente del Ghiaccio non era dello stesso colore della gente di Asgard: erano blu!”

Poi abbassò la voce, in tono confidenziale, “Nessuno lo sa per davvero," sottolineò, "ma io, personalmente, credo fossero solo leggermente azzurrini, in realtà. Un sottotono della pelle… certo sarebbe bello un blu di Persia, intenso come il colore ebano degli uomini delle Antille, un bell’effetto, come il colore del demonio in certe chiese antiche, ma io penso ad un mondo dove d’inverno c’è tanto bianco: il candore soffice della neve, il bianco traslucido del ghiaccio, il bianco opaco della stalattite dell’acqua che cola e che gela dalla grondaia…”

Maxence annuì, aveva presente gli inverni sull’isola di Jersey ed era anche stato anche altrove: aveva visto i lastroni di ghiaccio galleggiare su un fiume del Nord, a febbraio, come promessa di primavera, le foche stese a prendere un pallido sole ed i passanti abituati allo spettacolo, che nemmeno si sporgevano più a guardare…

“Gli orsi polari sono bianchi ed avorio, le volpi artiche sono bianche e grigio-azzurrate..." continuò la ragazzina, "io penso che gli Jotun dovessero avere un colore chiaro e azzurrino... per camuffarsi nell'ambiente in cui vivevano.”

Alo sorrise “Vada per l’azzurro, come la luna! Prosegui!”

"E avevano gli occhi rossi o orlati di rosso, come i lupi infernali, che correvano tra le terre di ghiaccio, enormi, che uno Jotun li poteva cavalcare, se ne aveva il coraggio, mettendogli intorno al collo un collare di ferro. E alcuni Jotun avevano bellissime corna arcuate. E altri avevano segni chiari sulla pelle azzurrina...”

"Niente animali domestici un po' più tranquilli? Il mantenimento di un lupo infernale non doveva essere cosa da poco..." chiese esageratamente cortese Victor. "Di quante volpi artiche c'era bisogno ogni sera per la cena del lupo?"

La ragazzina si osservò le mani, dibattendo dentro di sé una questione spinosa: doveva rispondere a quello screanzato che le aveva calpestato l'orgoglio e tutto il resto? lui ed i suoi assoli!
Poi disse, decisa: "Gatti."

"Gatti blu?" la stuzzicò Victor.

"E perché no?" replicò la ragazzina con aria di sfida. Victor distolse lo sguardo - era ancora arrabbiata, ce ne sarebbe voluto del tempo...

“Non so se la faccenda delle corna mi piacerebbe…" rifletté Alo ad alta voce, mentre stava seguendo tutto un suo ragionamento interno, "sono gusti immagino… Su una ragazza devono essere un bell’impiccio...”

Maxence sospirò - divagavano tutti troppo per i suoi gusti - “Loki era uno Jotun quindi?" andiamo al punto, pensò irritato, "Tutto blu? Con delle striature bianche?”

“Non proprio, Loki era Loki Laufeyson, che vuol dire figlio di Laufey...” disse Sigyn incerta e anche un pochino imbarazzata, ancora seduta accanto al camino.

“Capisco… ma chi è questo Laufey?” chiese il ragazzo dagli occhi scuri addentando con gusto una frittella.

Clément sorrise e si intromise gentilmente “Non è un uomo, Maxence: Laufey è una donna… per quel che se ne sa… i miti norreni sono meno documentati di quelli greco-romani… e le trascrizioni sono di epoca cristiana: la narrazione è in un certo senso meno autentica, parlano di un mondo che per loro non è vitale... non ci credevano più.”

Alo alzò gli occhi al cielo “Victor, ti prego… spegni il precettore che è il te!”

“Perché? Vuoi essere l’unico So-Tutto-Io della famiglia?” rispose il ragazzo un vago sorriso ironico che gli aleggiava tra le labbra e gli occhi azzurri chiarissimi.

“Strano patronimico…” disse Maxence, cambiando argomento, volutamente “che ruolo avevano le donne ad Asgard? Per caso contava di più la madre per gli Jotun? Come sempre del resto...” aggiunse, abbassando il tono della voce.

Victor fu secco nel rispondere: “Non nella nostra società." disse. "Per una famiglia qui conta il padre.”

“Tu dici?” disse Alo con un sogghigno.

Victor rispose serio serio “Sì. Conta il padre. E conta anche la madre. Non si esclude nulla, ma si unisce tutto.”

Alo arrossì e versò da bere un po’ di birra al fratello minore, passandogli il bicchiere con un gesto brusco. Maxence sogghignò divertito, ma non disse nulla - che se la sbrigassero tra di loro! alla fine quei due deficienti andavano d’accordo: avevano gli stessi occhi.

“Laufey era del mondo degli Aesir, una asgardiana, ed era bellissima. Aveva i capelli dorati...” fu Sigyn stavolta ad interromperli, “Lui si chiamava Farbauti ed era uno Jotun.”

“Oh Santo Cielo!” disse Alo alzando un sopracciglio, “Lui la rinchiuse in soffitta, legata con una catena di ghiaccio? O fu lei che minacciò di sterminare la famiglia di lui se lui non la sposava all’istante?”

“Oh no!” sospirò la bambina con occhi sognanti, “Lui era il fulmine e Laufey le foglie e per me questa immagine vuol dire che tra Laufey e Farbauti ci fu un grande amore che divampò come un incendio in una foresta, in un notte di temporale. Selvaggio e senza freni.”

Clément alzò gli occhi al cielo, ma non disse nulla.

Maxence fischiò “Dovrò proprio dare un’occhiata ai libri che vi scambiate tu e Cassandra… questa cosa del selvaggio e senza freni non è che mi piaccia poi tanto, piccoletta… forse è il caso che voi due torniate a leggere Cenerentola! Direi che quella è una storia sufficientemente  emozionante per la vostra età… c’è la fata, la fuga notturna, il pericolo, la ricerca… per voi basta e avanza! Fin troppe emozioni!”

Alo si mosse a disagio sulla sedia e poi replicò in tono sarcastico “Il classico mito nato per spiegare un fenomeno naturale… la divinità primordiale del fulmine, il mucchietto di foglie, ed ecco il fuoco. Poi, ai bambini, quando li metti a letto, racconti di Farbauti che ha le corna, perché un fulmine non è una cosa che piace, diciamolo francamente, nessuno lo vuole vedere capitare a casa propria… per cui deve essere come il diavolo, che è il più cattivo dei cattivi: cornuto! E di Laufey si narra che è dorata perché le foglie verdi non prendono fuoco facilmente...”

Maxence sorrise “Sei proprio un poeta…”

Alo alzò un sopracciglio arcuato con un gesto elegante, poi congiunse le mani in un angolo acuto toccandosi le punta delle dita: “Dimenticavo… sei tu, Maxence, nella nostra famiglia, la massima autorità nel campo della poesia”.
Maxence quasi si strangolò con la birra.
Guardò Alo con occhi di fuoco, ma non disse nulla di nulla, poi guardò Victor che però aveva un sorriso innocente - fintamente innocente! pensò con veemenza il ragazzo dagli occhi scuri, fintamente e fottutamente molto poco innocente. Ma c’era la bambina con loro e non era il caso di commentare come avrebbe voluto.
Stranito tacque.

Sigyn li guardò scuotendo la testa, rattristata “No, Alo, non è come dici tu! Non è affatto come dici tu… un fulmine, letteralmente un fulmine... e delle foglie secche, che idea... “ gli sorrise paziente, “Farbauti era alto e forte, un guerriero, un mago ed un principe e amava Laufey di un amore immenso, e quando si videro fu un colpo di fulmine ed è questa è la storia: non un vero incendio in un bosco, quella è un metafora, non so se il precettore te la ha spiegata…” si fermò e lo guardò incerta, colta da un dubbio “se non lo sai non c’è nulla di male…” la voce le uscì molto comprensiva, come quella di una mammina.

Alo la guardò senza fiato, non sapendo come replicare.

Victor sorrise e disse “Alo, non te ne devi vergognare, ci mancherebbe…se non lo sai...”

“Eh si Alo, se non lo sai…” fece eco Maxence.

La ragazzina riprese, tutta precisa: “Una metafora è quando sostituisci un termine con un altro, che non appartiene alla cosa di cui stai parlando, ma che rende l’idea, come il ruggire del mare, che non è un leone e però il mare comanda, anche se spesso è tranquillo, alla fine... comanda e ruggisce.”

Alo sorrise “Quindi se uno dicesse, che ne so? in un poesia... i tuoi capelli, cuore del mio cuore, sono oro, userebbe una metafora?.” chiese gentilmente, guardando di sottecchi Maxence, che, dopo averlo guardato storto replicò garbato “Anche una grandine di pugni, penso sia una metafora, sai, Alo? Molto calzante...”

“Si, esatto, bravi” disse la bambina, con un sorriso, “Per cui il fulmine in questa storia vuol dire vedersi e di colpo amarsi, e come Farbauti e Laufey capirono che il loro era amore, si reclamarono l’un l’altro con la velocità di un lampo...”

Alo sogghignò “Spero per la povera Laufey che non sia stato proprio... veloce come un lampo al momento di...” Maxence gli tirò uno scappellotto, Clément lo guardò scuotendo la testa disgustato e Sigyn lo fissò stupita “Che vuoi dire? Non ho capito...”

“Meglio!” disse Maxence in tono secco.

“Nulla,” bofonchiò Alo, “lascia perdere… e quindi i due si amarono e poi?”

La voce della ragazzina si abbassò in un tono confidenziale “Io ho sempre immaginato che si fossero incontrati durante una tempesta di neve, una di inizio novembre…”

Clément la guardò socchiudendo gli occhi - “A inizio novembre?” chiese con educazione. Poi le porse la ciotola con dentro le sue forcine per i capelli.
Lei lo ringraziò, sostenuta, con un cenno del capo.

“Si,” Sigyn sospirò, e cominciò pian piano ad appuntare la lunga treccia rossa intorno alla testa, come una coroncina fiammante “per me lei si era persa nella tempesta, doveva andare ad Utgard in visita con una delegazione di Aesir, ma si perse, sapete come sono i viaggi… il vento, la neve, la pioggia, le strade diventano impraticabili, interi tratti si cancellano, diventano fango e non li distingui dai campi, solo se c’è qualche muretto a secco, allora forse... bisogna cambiare direzione, tutti che brontolano, si deve passare per posti che non si conoscono, la pioggia batte, le dita si gelano, i cavalli diventano nervosi, succede sempre qualche guaio prima o poi, e alla fine ci si è persi… e tocca che qualcuno ti aiuti...”

Clément suggerì vagamente irritato “Forse bisognerebbe andarsene in giro di meno e restare tranquilli a casa propria, rimandando le gite all’estate, quando fa caldo e il sole tramonta tardi…”

“Forse,“ disse Sigyn incerta, “o forse la cosa importante è ricordarsi di portarsi sempre dietro un po’ da mangiare, da bere e delle coperte, che non si sa mai… Comunque per me fu lui che la trovò grazie al seidhr”

Maxence la interruppe con un gesto della mano “Il seidhr… sarebbe?”

“Magia” spiegò Clément, “una cosa praticata solo dalle donne.”

“Ma Farbauti non era un uomo? Un guerriero forse e potente e alto? “ chiese Maxence perplesso.

“E non dimentichiamo le sue stupende corna...” aggiunse Alo impassibile, “corna arcuate! Da vero maschio capo branco!”

La bambina fece un gesto esasperato “Victor Clément de Girodelle, non li confondere! Il seidhr era una cosa da donne ad Asgard: ad Asgard gli Aesir disprezzavano le femmine e apprezzavano solo la guerra e la lotta. Si occupavano solo di quello e tenevano in gran conto solo quella cosa lì, tutto il resto non importava. Tutto il giorno a tirare asce, frecce, darsi dei gran colpi di spada, da mattina a sera, senza un attimo di tregua - gli piaceva fare solo quello. Per cui gli uomini Aesir non si interessavano al seidhr!”

Maxence annuì “Dei bruti, insomma, senza un’oncia di sensibilità…”

Alo proseguì severo: “Gente incolta, che si pasceva nel brago della sua ignoranza, non sapevano nulla dei Sette Re di Roma, immagino...” ma la ragazzina fece conto di non aver sentito.

“Non esistevano maghi maschi tra gli Aesir, mentre ai maschi di Jotun il seidhr piaceva, non pensavano ci fossero molte cose solo da maschio o solo da femmina, ma ad Asgard tutto era molto diviso: gli uomini si interessavano solo di armi e di guerra e di storie di armi e di guerra, e le donne potevano interessarsi del seidhr, o di nulla del tutto - agli Aesir non importava. Se non eri un guerriero per un Aesir eri una persona che non esisteva e, anche se non te lo dicevano chiaramente, era chiaro che ti disprezzavano.”

“Ambientino curioso questa tua Asgard” disse Maxence, “ma mi interessa Farbauti: la situazione si era fatta interessante… con tutta quella neve e quella tempesta...”

Sigyn proseguì tutta un sorriso, gli occhi persi in un sogno “Lui la portò in una grotta scavata nella roccia, una con dentro una sorgente… un rifugio che conosceva lui...” la ragazzina arrossì, sospirando: stava pensando ad un luogo che le aveva mostrato il Nonno, uno in cui non aveva mai portato Oscar perché quello era stato un luogo che la Nonna aveva fatto conoscere al Nonno tanto tanto tempo prima, prima ancora che nascesse il Generale, figuriamoci! Era lì che si erano dichiarati il loro amore… e siccome Oscar rideva sempre delle storie d’amore e la prendeva in giro… - era insopportabile! e André, poi, che non la contraddiceva mai... sempre a raddrizzare le cose che diceva Oscar, cambiare il tono, grattar via le parole sgradevoli... tutto per farla passare, poi, ogni volta, dalla parte della ragione... perché non contava mai cosa aveva detto o fatto, ma solo cosa intendeva e come lo avrebbe voluto dire, ma non le era riuscito bene. Arricciò il nasino disgustata. Non ce l’aveva mai portata. Punto e basta!
Tanto sua sorella non avrebbe apprezzato la magia di quel posto - si sarebbe tuffata nel laghetto schiamazzando, avrebbe tirato dei sassi, avrebbe spinto in acqua André… la solita selvaggia, insomma..
No, lei lo voleva tenere per qualcun altro, portarci una persona speciale, al massimo un amico, uno vero... come Clément, non fosse che adesso non erano più amici, solo che poi, lei lo sapeva, vagamente, che non potevano restare in lite in eterno... magari anche Alo e Maxence, solo che se poi Oscar lo avesse scoperto... e chi la sentiva più?
E poi c'era che l’acqua nella sua, di grotta, era fredda.

“Una sorgente,  con un laghetto di acqua calda…” disse, guardandoli per vedere se avevano capito - non sapere cosa fosse una metafora! Alla loro età! E chissà cosa altro non sapevano quei due! L’unico era Clément… una certezza. Che però forse pensava ad Oscar - non che sarebbe stato un male, per carità, perché magari a lei, a Oscar, avrebbe fatto bene...

“Vulcani” tagliò corto Alo, “Gli Jotun vivono dove ci sono dei vulcani e delle sorgenti termali.”

“Lui la portò lì che era gelata e respirava appena appena e costruì per lei una culla di ghiaccio con la sua magia. Incise sul bordo le rune di protezione: Naudhr, la runa della costrizione, per darle la determinazione, Eiwaz, la runa della pazienza, su tutte Hagalaz la runa del risveglio e poi Othila, la runa del ritorno a casa.
Poi la foderò con il suo mantello di pelli di lupo infernale, morbido e bianco ed argento, le tolse gli abiti bagnati e gelati e, avvolta nel mantello, la fece scivolare nel laghetto. Così piano piano la culla-zattera si sarebbe sciolta e lei lentamente si sarebbe scaldata,” li guardò severa, “Non va affatto bene passare bruscamente dal freddo al caldo! L’Asciutta dice sempre che deve essere graduale, quando un marinaio viene ripescato in inverno, o sbattuto dalle onde della burrasca sulla riva, non so se lo sapete...”

Maxence annuì “Farbauti fece molto bene, un laghetto con acqua calda è un’ottima idea… ed è molto elegante il tocco delle pelli di lupo infernale… scommetto che le ragazze Jotun ne andavano pazze.”

Alo sogghingò “Si, ma le tolse i vestiti...”

Clément concesse “Non aveva scelta… e comunque, siccome era un principe, anche se Jotun e quindi un pochino barbaro, di sicuro non l’aveva guardata, mentre glieli toglieva...”

“Ah beh!” disse Alo sarcastico, “se era un principe… di certo non frequentava il Parco dei Cervi e non sbirciava le ragazze senza vestiti addosso… al Parco dei Cervi ci vanno solo i Re!”

Maxence gli allungò un calcio da sotto il tavolo, “Non dargli retta, bambina, continua il racconto, sono certo che Farbauti non ha fatto nulla di scorretto con Laufey!”
"O comunque," aggiunse sottovoce, tra sé "nulla che Laufey non volesse anche lei."

La ragazzina arrossì, “Farbauti cantò per Laufey per far montare il seidhr ed aiutarla a guarire, anche se lui non era un guaritore, ma un guerriero.. ma per lei cercò dentro di sé la magia di guarigione e lasciò che il suo seidhr si unisse a quello  di Laufey per ricondurla a sé, lontano dal freddo. La avvolse nel seidhr e le cantò di svegliarsi, di non cedere alla magia del ghiaccio che ti chiede di addormentarti per sempre, avvolto nella sua bellezza, ma di soffiare, piuttosto, sulle braci del suo fuoco rinnovandone la magia. Cantò di non seguire lo scricchiolio del passo della volpe sulla neve, ma di fermarsi e piano piano tornare indietro. Tornare verso la casa, accanto al fuoco, e di non temere se accanto alla fiamma c'era uno straniero. Lui era lì solo per alimentare il fuoco, bruciando il legno di tasso per le magie degli incantatori e farle trovare la strada. Cantò per lei con il seidhr fino a quando non sentì tutte le increspature dei pensieri di Laufey cominciare a formarsi e i pensieri di lei tornare da dove erano fuggiti e rispondergli, allora smise di cantare per lei e le carezzò i capelli dorati e a quel punto lui sentì il fulmine che passava tra loro, e per un attimo gli parve che lei per lui divenisse azzurrina mentre lui diveniva rosato come un Aesir. Ma fu solo un attimo.”

Maxence guardò la ragazzina stupito “E’ una bella storia, piccola Sigyn dalla Lingua d’Argento - meglio di quella dei Sette Re, te lo concedo.”

La ragazzina arrossì deliziata, tutta contenta del complimento e di essere al centro della loro attenzione.
Poi abbassò gli occhi e finì di appuntarsi la treccia con le sue forcine argentate ricoperte da perle di fiume. “Farbauti vide la bellezza di Laufey e Laufey quella di Farbauti e quindi si amarono. Dalla loro unione nacque Loki… il fuoco.”

Alo scosse la testa, “Farbauti ha guardato, eccome se ha guardato! Principe si! ma anche un barbarico Jotun!”

Clément alzò gli occhi al cielo, ma non disse nulla.

“E di che colore era Loki?” chiese Maxence incuriosito

“Azzurro!” disse al bambina con un sorriso, “Era Jotun!”

“E i capelli?” insistette il ragazzo con aria indifferente.

La ragazzina arrossì “Loki era il fuoco… i capelli erano rossi, come una fiamma.”

“E ad Asgard come ci finisce Loki?” chiese Maxence pazientemente.

La bambina arrossì e poi disse esitante “Un giorno Odino bussò alla porta della casa di Loki e disse che lo voleva ad Asgard, perché era ciò che Laufey avrebbe voluto, forse, nessuno sa bene perché... giurò che lo avrebbe trattato sempre come… come... uno della sua gente, e portò Loki nel suo Palazzo…ma non fu proprio…”

Clément la guardò incuriosito, ma non disse nulla.

“Il fatto è che Loki era Jotun, non era Aesir, lui sapeva che non era per davvero proprio uno di loro...“ la bambina sussurrò piano piano, senza guardarli.

Clément disse schietto: “Era Aesir. Era lui che non lo capiva. Guardava le differenze come differenze abissali e non come ricchezza… Ma era Aesir. Anche nei difetti.”

“Beh se era tutto blu tra gente di un altro colore...” tagliò corto Alo, “ci credo che si sentisse a disagio e che gli altri lo fissassero stupiti… Un tizio blu coi capelli fiammeggianti in mezzo ad una banda di gente bionda tutta bianca e rosa… non dirmi che non lo si nota!”.

“Loki mutava la sua forma, era una sua magia... Loki è il Dio che cambia il suo aspetto a secondo del luogo...” disse la bambina incerta.

Clément annuì, venendole in soccorso “E’ salmone, è moscone, è anche cavallo, uomo e a volte donna… è un mutaforma… nessuno fissava Loki perché Loki non era blu.” Poi aggiunse molto severo “Nel caso lo fissavano, piuttosto, quando aveva una delle sue uscite imbarazzanti.”

“Ma sta sempre ad Asgard quindi?” chiese Alo.

“Loki viveva ad Asgard, ma non sempre… “ disse la bambina esitante, “ogni tanto partiva e tornava tra gli Jotun.”

“Perché?” chiese Clément, cercandone gli occhi con lo sguardo, “Perché Loki desidera sempre andare via? Non gli piace Asgard? Eppure è un posto molto bello, e Loki ci si diverte parecchio... Perché sempre ad un certo punto sparisce senza salutare nessuno?”

“Perché? Io credo che sentisse la nostalgia di Jotunheimr... forse..." disse la bambina irritata, "Io non lo so perché… è così e basta!”

“Magari la domanda giusta è quella contraria” disse Alo irritato “perché diavolo torna ad Asgard questo Loki? Se è Jotun… perché non li manda tutti al diavolo?”

“Per Laufey, credo... e perché Asgard era bella... Quando era a Jotunheimr era orgoglioso dell’azzurro e del rosso, mentre ad Asgard era chiaro come Laufey, il suo tocco poteva essere di ghiaccio o caldo, non importava, aveva tutte e due le forme dentro di sé, ma i capelli di Loki erano rossi e restavano tali, non li cambiava mai...”

“Faceva bene, anzi benissimo! Va bene tutto, ma modificare ogni cosa no, non va chiesto e non va fatto!” Alo fu duro nel dirlo.”Se uno ti vuole nel suo Palazzo, è giusto che prenda la versione che c’è e non la versione migliore dei giorni di festa!”

Maxence guardò il fondo del bicchiere “E’ tardi piccina, dimmi solo una cosa, Loki… i suoi capelli... li teneva legati stretti stretti in modo che non si notassero?”
Non la guardò in viso. Scusa topolina se te lo chiedo, pensò, ma forse mio fratello capirebbe perché era più divertente, per una volta, venire via a scivolare con noi e non te lo chiederebbe più di essere spiacente. Non con quel tono almeno. Ma per lui è più semplice: è piccolo e certe cose non le sa.

“No,” disse la ragazzina arrossendo, "lui si faceva delle trecce." tacque pensosa. Si sfiorò i capelli, che erano, oramai, perfettamente acconciati “E’ ora di andare, l’assolo…” si capiva che era disagio.

Clément guardò la ragazzina intensamente, ma non disse nulla.

Maxence si alzò i piedi e poi disse con fare distratto “Qualcuno che ha esperienze di luoghi diversi è sempre un ospite gradito ed interessante. Sono certo che fosse un piacere avere Loki a casa propria come ospite.”

Ma la ragazzina non disse nulla, si sistemò la gonna, lisciando le pieghe, con attenzione e si allontanò dal camino.

Alo si alzò anche lui, pronto ad andare “Quando uno vive tra due mondi, invece, secondo me, finisce sempre che non appartiene né all’uno e nemmeno all’altro” disse, “e risulta sgradito a tutti e due, perché nessuno lo sente come un vero membro del proprio gruppo!”

Sigyn lo guardò senza fiato, gli occhi enormi enormi nel visetto pallido, ma non disse nulla.

Maxence sentì dentro di sé che avrebbe tanto voluto colpire Alo, con una grandine di pugni assolutamente non metaforica.

Fu Clément che ruppe il silenzio “E’ ora che andiate…" la voce era gelida e distante, "quanto a Loki," aggiunse brusco, "io ho sempre pensato che ogni volta che Loki se ne andava da Asgard per i suoi viaggi tra gli Jotun… chi lo conosceva, tra gli Aesir, finiva sempre per sentire la sua mancanza." la voce gli si addolcì, involontariamente, "Sempre.”

Alo alzò le spalle e si diresse fuori dalla cucina seguito dalla bambina, che teneva le mani intrecciate dietro la schiena.

Clément si avviò anche lui, esasperato, dietro di loro, ma Maxence gli mise una mano sul braccio e lo fermò “Aspetta solo 30 secondi, ti prego, Lingua d’Argento ha il diritto di dirgli qualcosa in privato, anche di tirargli un pugno, se crede, io non la fermo… senza giocarsi la faccia...” non aggiunse “E lui ha diritto di scusarsi senza perdere la faccia davanti a noi due...” perché non ce ne fu affatto bisogno: Clément annuì  - era un Girodelle pure lui - e cominciò a contare con la fronte aggrottata.
Non era contento per niente.
   
 
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