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Autore: irene_alice    12/03/2016    1 recensioni
Elisa è una ragazza carina e intelligente ma è costretta a vivere una vita da schiava, trattata come un oggetto, costretta a lavorare ed esposta alle urla dei compratori. Ma cosa accadrebbe se qualcuno cominciasse, pur mantenendo la sua condizione di schiava, a trattarla con gentilezza e le facesse vivere una vita migliore e rispettabile?
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tutto quello che avevo pensato di lui in precedenza in quel momento crollò. Avevo provato a immaginare un uomo di mezza età vestito elegantemente e un viso severo che mi scrutava dall'alto, avevo pensato ad un padrone con uno sguardo dolce che mi avrebbe trattata bene, avevo messo in conto anche la possibilità di trovarmi difronte un uomo cattivo che mi avrebbe sfruttata per i lavori più duri. Ma colui che mi trovavo davanti non incuteva alcun timore né mi faceva sorridere dal sollievo. Mi trovavo davanti a un ragazzo, un ragazzo che poteva avere al massimo diciotto anni, era alto, magro, indossava un paio di pantaloni sgualciti e una camicia di un azzurro chiarissimo, con le maniche larghe che si restringevano sui polsi. Aveva i capelli biondi, mossi, che gli ricadevano sul viso, un viso magro, scarno, ma con dei bei lineamenti, ciò che mi colpì maggiormente però furono i suoi occhi, aveva gli occhi verdi, ma la sua espressione era triste e malinconica, sembrava che non avesse mai sorriso in vita sua, e che avesse sempre vissuto solo in quella grande casa vuota e solitaria.

Mi vergognai per la mia espressione incredula e abbassai lo sguardo, ma probabilmente egli aveva già immaginato come sarebbe stata la mia reazione e senza scomporsi mi ordinò: “vieni”. Era la prima volta che udivo la sua voce, aveva un tono per nulla autoritario, come se non avesse bisogno di dimostrare a nessuno di essere il capo, io ero una schiava, era naturale che avrebbe comandato lui e in effetti oltre a me non c'era nessun altro a cui dimostrare qualunque cosa. Ne fui definitivamente certa quando lo seguii nel grande atrio nel quale entrammo uscendo dalla piccola stanza, non si sentiva un solo scricchiolio, tutta la casa era avvolta nel silenzio più totale. “mi ci sono appena trasferito” spiegò. Ci fermammo davanti a una grande rampa di scale. Poi si volse verso di me: “mi puoi parlare per chiamarmi, per rispondere alle mie domande e per chiedermi cose importanti, se non lo sono, non aspettarti una risposta. Salendo questa scala si arriva alle camere, la tua è l'ultima a destra, la penultima a sinistra è la mia e l'ultimo è il mio studio, dentro a queste due ci puoi entrare solo con il mio permesso”. Poi ci spostammo al centro della sala. Da una parte c'era il grande portone centrale che si vedeva anche dall'esterno e difronte, dall'altra parte della sala, c'era un altra grande porta che il padrone mi indicò “da quella porta si accede all'ala nord dove tu non puoi entrare mai. Là invece,” disse indicando una terza porta “ci sono i salotti, la biblioteca, la sala da pranzo e la cucina, tutte stanze dove puoi entrare quando vuoi, se però entri nella biblioteca ricordati di mantenere l'ordine, non voglio vedere un solo volume fuori posto”. Ci avvicinammo nuovamente alla scala, “ora vai in camera tua, quando entri, sulla destra troverai la porta del bagno”. Il padrone si allontanò, ma io avevo una domanda importante da fargli: “mi sarà possibile avere dei vestiti puliti?” chiesi, lui si voltò a guardarmi, poi, senza rispondere, uscì dalla stanza chiudendo piano la porta.

Allora salii le scale e raggiunsi la mia stanza, dopo un momento di esitazione aprii la porta ed entrai. Era abbastanza spaziosa con una grande finestra coperta da due graziose tendine azzurre, ma era spoglia, quasi vuota, c'era solo un letto sulla sinistra un tavolino con una sedia accanto alla finestra e una cassettiera vicino alla porta del bagno. Mi avviai da quella parte per risciacquarmi un po' dopo tutta quella strada a piedi. Quando entrai vidi su una sedia vicino al lavandino dei vestiti puliti. Contro l'altra parete c'era una specchiera, all'interno c'erano dei morbidi asciugamani rosa, sopra invece vi erano appoggiati una spazzola, un pettine e dei colorati nastri per capelli. Sorrisi, sorrisi per la prima volta dopo tanto tempo.

   
 
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