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Autore: i1976    28/03/2009    3 recensioni
Anche una semplice influenza può sconvolgere la pacifica cittadina di Hazzard, dove tutto, ma veramente tutto, è possibile.
Genere: Romantico, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Enos Strate, Daisy Duke
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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storia

Capitolo 2

Mentre Enos si trovava finalmente sotto le coperte, Daisy si guardò un po’ intorno nella stanza, senza la concitazione iniziale.

Era tutto in ordine tranne per la divisa di Enos buttata sul divano (che probabilmente Enos si era tolto sbrigativamente prima di mettersi a letto a causa della febbre, quella mattina).

La ragazza non poté fare a meno di sorridere alla vista delle sue foto sulla specchiera del comò: erano varie foto di lei in diverse fasi della sua vita, accuratamente sistemate in bella vista.

A parte quell’elemento così "personale", la stanza era perfettamente ordinata e per certi versi anonima: era una cosa strana vedere una stanza così in ordine per un uomo che viveva da solo, ma evidentemente Enos era abituato a vivere da solo; Daisy sospirò, "Se Bo e Luke tenessero in ordine le loro stanze anche solo la metà di quanto Enos tiene in ordine la sua, avrei molto meno lavoro da fare alla fattoria; quei due dovrebbero imparare ad arrangiarsi un po’ da soli".

Daisy piegò accuratamente la divisa di Enos, poi decise che era il momento di mettersi ai fornelli.

Un occhio al frigorifero le fece capire che Enos non cucinava molto, o comunque non cucinava cose particolarmente elaborate; scosse la testa, "In questo Enos non è molto diverso da Bo e Luke; vedo che oggi sono proprio costretta a fare la spesa".

E così Daisy uscì in tutta fretta; non voleva lasciare Enos per troppo tempo da solo.

Mentre Daisy era fuori, Enos, sotto le coperte, cercava di addormentarsi, esausto.

Nella sua mente, tra il sonno e la veglia, scorrevano diverse immagini, alcune belle e altre spaventose.

La febbre rendeva le sue percezioni alterate.

E così gli sembrava che le pareti della piccola stanza in cui viveva gli stessero per crollare addosso, e un attimo dopo quelle stesse pareti si allontanavano velocemente da lui; le coperte sembravano prima proteggerlo, e un attimo dopo si sentiva soffocare.

Quando Daisy rientrò nel piccolo appartamento, dopo aver comprato lo stretto necessario per cucinare qualcosa che potesse farlo stare meglio, lo vide girarsi e rigirarsi nel letto; il suo respiro a volte rallentava e a volte accelerava.

La ragazza si domandò cosa stesse sognando.

Istintivamente Daisy gli toccò la fronte con la mano per sentire se la febbre era ancora alta o stava scendendo un po’; al suo tocco fresco, Enos si tranquillizzò un po’.

Finalmente Daisy si mise ai fornelli, e mentre cucinava di tanto in tanto guardava verso il letto, per controllare che Enos stesse dormendo.

Pian piano, nei sogni confusi di Enos, si inserì un profumo tranquillizzante, un qualcosa che veniva dal passato e che lo faceva stare meglio; ricordò sua nonna e la sua vecchi casa (cose che ormai non esistevano più) e pian piano aprì gli occhi.

Si mise a sedere sul letto, confuso.

Gli ci volle qualche minuto per ricordare dove fosse e cosa fosse successo.

Daisy si trovava ancora di fronte ai fornelli, e gli dava le spalle.

Enos rimase seduto nel letto, appoggiandosi alla parete e guardando Daisy ai fornelli; quello era il suo sogno diventato realtà: lui e Daisy nella stessa casa, condividendo le faccende quotidiane; non essere più solo, finalmente.

Pensò che dopo tutto non era poi così male avere la febbre.

"Dovresti avvertire zio Jesse, Bo e Luke che sei qui", disse Enos in un sussurro (della sua voce rimaneva ben poco, come si accorse in quel momento).

Daisy sussultò; non si era accorta che lui si era svegliato.

"Hai proprio ragione. Ma come ho fatto a dimenticarmi di avvertirli? Mi staranno aspettando alla fattoria con la spesa. Magari mi stanno già cercando".

Detto questo, Daisy si precipitò al telefono.

Enos continuava a osservarla; non si stancava mai di guardarla, e in quel momento la febbre gli dava la sensazione di essere come sospeso nel tempo, come se tutto fosse rallentato.

Ascoltava la voce di Daisy come ipnotizzato.

"Zio Jesse, sono io Daisy", pausa, "Già, lo so che sono in ritardo, ma c’è stato un contrattempo", pausa, "No, non preoccuparti. Non mi è successo niente. Sono a casa di Enos", pausa, "Nulla di grave. Ha solo l’influenza, ma ha la febbre alta e così gli sto dando una mano", pausa, "Va bene, zio Jesse. Penserò io a lui, appena starà meglio tornerò alla fattoria, non preoccuparti".

Quando si voltò verso di lui, dopo la telefonata, Daisy era sorridente.

Si avvicinò al letto, quasi cinguettando, "Bo e Luke stavano uscendo a cercarmi. Per fortuna mi hai ricordato di chiamare casa. Ma adesso veniamo a noi, dolcezza. Ho preparato un bel brodo caldo, e poi un gustoso stufato. E per finire, gelato; il tuo gusto preferito, vaniglia".

Enos arrossì, "Grazie, Daisy".

Poco dopo, mentre erano seduti a tavola, Daisy lo osservava.

Improvvisamente notò qualcosa a cui non aveva fatto molto caso poco prima, troppo intenta a soccorrerlo quando era svenuto e troppo intenta a cucinare mentre lui era sotto le coperte.

"Enos, cos’è quella cicatrice?"

Enos si fermò, "La cicatrice? Ah, la cicatrice", sfiorò la cicatrice che aveva poco sotto la clavicola destra, "Intendi questa?".

Daisy annuì, " Certo che intendo quella. Non mi ricordo che tu ti sia mai fatto male alla spalla".

Enos alzò le spalle con fare incurante, cercando di nascondere l’imbarazzo, "Ah… vedi…… un incidente quando ero a Los Angeles", poi, come se niente fosse, si concentrò sul gelato.

Ma Daisy non era certo il tipo da lasciar cadere così facilmente una questione, "Quale incidente? Non mi hai mai parlato di un incidente. Mi hai sempre scritto delle lettere, ma in nessuna di queste si accennava al minimo incidente".

Il tono di Daisy fece capire a Enos che non poteva sottrarsi all’interrogatorio, "Non volevo che ti preoccupassi. Sono stato in Ospedale solo una settimana, poi ho avuto qualche problema a muovere il braccio per cui mi sono limitato al lavoro di ufficio. Ma niente di grave".

Si fermò, pensando di aver soddisfatto la curiosità di Daisy, ma l’espressione sul volto della ragazza, tra l’arrabbiato e il preoccupato, gli fece capire che doveva continuare.

Con un sospiro, posò sul tavola la coppa di gelato, "E’ successo ormai più di un anno fa, Daisy".

"Cosa? Cosa è successo più di un anno fa, Enos Strate?"

Ecco, stava chiamandolo con il suo nome completo; brutto segno.

Addio gelato (almeno era arrivato fino al gelato).

Perché non aveva pensato di indossare una maglietta prima di sedersi al tavolo?

"Vedi….. un giorno…… mentre ero di turno…… sai……. una sparatoria……… sono stato colpito…….ma non era una ferita grave".

"COSA?", Daisy balzò in piedi, "E tu non mi hai detto una cosa del genere? Ma come ti è saltato in mente di tacere una cosa del genere? Hai nascosto una cosa del genere… proprio a me?".

Enos si era aspettato una reazione del genere, ma nonostante questo non riusciva a controbattere, "E’ solo che……non era niente di grave……non volevo preoccuparti……..".

Daisy si mise le mani sui fianchi, "Enos Strate, sei un uomo…….impossibile".

Enos si aspettava di vedere Daisy uscire dall’appartamento, sbattendo la porta; sapeva che a Daisy non piaceva essere messa da parte, soprattutto sulle questioni importanti che riguardavano le persone che aveva a cuore.

Ma, contrariamente a quanto temeva, Daisy, invece di andarsene sbattendo la porta, si mise a piangere.

Enos la fissò a bocca aperta.

Avrebbe preferito essere preso a schiaffi invece di vederla piangere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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