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Autore: DueDiFiori    13/03/2016    0 recensioni
Nessuno aveva detto a Ryou che dopo tutte quelle che aveva passato si sarebbe anche ritrovato a decidere cosa fare della seconda personalità vendicativa di Marik tornata dal Regno delle Ombre. Ma evidentemente era destinato ad essere perseguitato da ogni singolo spirito maligno ci fosse in circolazione.
Non che lui si impegnasse poi tanto a tenersi lontano da situazioni del genere.
[Seguito di "Meravigliosa Paura", diventerà Deathshipping nei capitoli successivi]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Ryou Bakura, Yami no Malik
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza
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Questo è il primo capitolo serio della storia, spero vi piaccia!


Ryou controllò per l'ennesima volta di aver preso tutto quello che gli serviva. Il necessario per il gioco che aveva preparato, una torcia se fosse diventato troppo buio, uno spray al peperoncino nel caso avesse fatto brutti incontri. Brutti incontri non previsti, ecco.

Il ragazzo si mise lo zaino a tracolla della spalla sana ed uscì. Sperava non si fosse ritrovato a dover scappare da, o lottare con, Marik. Le sue gambe gli facevano ancora male, e sulla schiena aveva una serie di croste che prudevano in modo infernale e gli tiravano la pelle tutte le volte che muoveva il braccio.

C'era ancora un po' di luce fuori, ma per quando Ryou avesse raggiunto la periferia sarebbe stato completamente buio. Gli sembrava in un certo senso appropriato cercare la metà oscura di Marik di notte.

Il primo problema sarebbe stato trovarlo però. Ryou intendeva iniziare a cercarlo dalla zona in cui lo aveva incontrato, ma non era detto che Marik non avesse cambiato quartiere. Ryou ne dubitava, dopotutto la periferia di Domino aveva un tasso di criminalità piuttosto alto e Marik avrebbe potuto continuare ad aggredire la gente senza dare troppo nell'occhio da quelle parti. Ma d'altro canto chi poteva sapere per certo cosa passasse per la testa di quel pazzo.

Un gruppo di ragazzi in un angolo urlò qualcosa contro Ryou, ma lui li ignorò. Il suo aspetto curato e da bravo ragazzo gli attirava sempre qualche attenzione indesiderata quando veniva in certe aree di Domino, e più di una volta ne aveva approfittato per divertirsi a scappare da qualcuno.

Ma stasera era meglio non dare di corda a un gruppo di teppisti. Non solo non sarebbe riuscito a scappargli, ma aveva decisamente altre cose da fare.

Era arrivato nel quartiere dove aveva seminato Marik un paio di sere prima. Non c'era molta gente per strada; a quell'ora le persone più o meno rispettabili che abitavano in zona preferivano rimanere in casa. A parte un paio di tizi dall'aria di essere spacciatori le vie erano deserte.

Ryou si infilò in un vicolo. Non pensava di trovare Marik che passeggiava per una strada principale.

Dopo un po' le case iniziarono a diminuire e la maggior parte degli edifici divennero magazzini, spesso abbandonati, o fabbriche. Un sacco di posti per nascondersi.

«Marik» provò a chiamare Ryou «Marik, ti ricordi di me? Sono io, quello che assomiglia al ladro! Marik!»

Non ebbe risposta, se non un urlo confuso da un senzatetto in un angolo. Sempre meglio che girare a vuoto.

«Marik! Vieni a giocare con me?» riprovò Ryou. Per un attimo gli parve di vedere qualcuno che si muoveva in un magazzino, ma dopo averlo guardato un attimo vide che dovevano essere almeno due persone e decise di non indagare.

«Mari-» Ryou sentì dei passi dietro di sé, come di qualcuno che scende delle scale di sicurezza. Si voltò, osservando lo spazio buio fra due edifici. Fece qualche passo in quella direzione, prima che una figura ne sbucasse e marciasse a grandi passi verso di lui.

Ryou, sorpreso, non reagì neanche quando Marik lo afferrò per la maglia e lo strattonò verso di sé.

«Sei tornato a trovarmi ma che onore!» ringhiò Marik a cinque centimetri dalla sua faccia. Aveva un'espressione omicida, e Ryou ringraziò il fatto che stavolta non sembrava fosse armato.

«Ciao Marik» disse Ryou, cercando di suonare calmo nonostante la fredda e non del tutto sgradita sensazione di paura che gli strisciava lungo la schiena.

«Non vorrai giocare di nuovo con me? Perché stavolta non so se ho voglia di fare una corsa. Quasi quasi ti ammazzo subito» Ryou ebbe l'assurdo pensiero che almeno non c'erano bottiglie in giro.

«Voglio giocare. Ma non a correre. Niente inseguimenti o cose simili» disse. Marik lo squadrò un attimo, e la sua espressione mutò in un ghigno.

«E a cosa vorresti giocare allora?» chiese «Ti avverto, non sono in vena di perdere tempo stasera»

«Un gioco che ho inventato io» rispose Ryou.

«Hai inventato un gioco per giocare con me? Sono lusingato» Marik rise, lasciando andare Ryou e lisciandogli la maglia con finta premura. «Prego, spiegami come giocare» disse sghignazzando.

«Prima di iniziare il gioco, direi di stabilire delle condizioni» disse Ryou.

«Se vinco, tu rimani qui con me per un altro gioco» disse subito Marik, leccandosi le labbra. Se fosse stato qualcun altro a dirlo, Ryou avrebbe pensato a un doppio senso. Ma l'espressione di Marik non era di uno che volesse fare quel tipo di "gioco".

«Va bene. Se vinco io, poi posso andarmene senza che tu mi faccia nulla» Marik socchiuse gli occhi.

«Solo? Vuoi rischiare di essere ucciso solo per giocare un po'? Non ci credo» disse. Saresti stupito se ti dicessi quanto spesso lo faccio pensò Ryou.

«Fammi finire. Se vinco, tu mi dici come hai fatto a scappare dal Regno delle Ombre»

La reazione fu immediata. Marik afferrò di nuovo la maglia di Ryou e lo spinse contro un muro. La schiena di Ryou non gradì.

«Cosa hai detto?» sibilò. Ryou deglutì. Marik aveva strabuzzato gli occhi, e fissava Ryou con aria folle.

«Voglio che mi dici come hai fatto a scappare» ripeté Ryou col cuore che gli martellava le costole.

«Tu non mi ci rimandi là dentro, hai capito? Non ci torno là, col cazzo che mi ci rimandi!» urlò Marik. Qualche gocciolina di saliva schizzò sul volto di Ryou. Così vicini riusciva a sentire l'odore dell'alito di Marik e l'aria che si muoveva quando respirava.

«Non ti ho chiesto come rimandartici. Ti ho chiesto come ne sei uscito. È diverso» disse Ryou «Devi dirmelo solo se vinco io»

Marik lo fissò ansimando per qualche secondo, senza mollarlo. «Non ci torno» ringhiò ancora.

«Non mi dovrai dire niente se vinci tu»

«E come so che non hai truccato il gioco per vincere?» sibilò Marik. Ryou deglutì.

«È un gioco di probabilità. Se anche truccassi i dadi non avrei comunque garanzia di vincere» rispose. Marik rimase fermo ancora qualche istante, prima di mollarlo.

«Come si gioca?» disse brusco.

«Sediamoci, saremo più comodi» disse Ryou, piegando le gambe con una certa rigidità per farlo. Marik lo imitò, anche lui con qualche visibile problema nel muoversi. Ottimo, almeno Ryou non si sarebbe dovuto preoccupare di ritrovarsi a correre.

Ryou prese dallo zaino due dadi a sei facce e un sacchetto di biglie. «Ci sono tredici biglie in questo sacchetto. A turno, uno di noi due lancia i dadi e prende dal sacchetto un numero di biglie uguale al numero uscito. Per esempio, se lanciassi un totale di sette dovrei prendere sette biglie. Se il numero che ho tirato è maggiore del numero di biglie nel sacchetto, dovrò rimetterci dentro un numero di biglie pari al numero in eccesso. Ad esempio, se lancio sei e rimangono cinque biglie, le prenderò tutte e cinque e ne rimetterò dentro una. Se invece ne restano due e lancio un cinque, devo prenderle, rimetterle e prenderne una per arrivare a cinque. Vince chi riesce a far rimanere il sacchetto completamente vuoto. È chiaro?»

«Non è un gioco molto divertente» commentò Marik.

«Ammetto non sia il gioco migliore che abbia mai inventato, ma sono sicuro che ti divertirai molto di più se vinci» rispose Ryou «Possiamo fare un'altra corsa, se preferisci» Marik lo guardò in cagnesco.

«Inizio io» disse.

Marik lanciò i dadi. Un tre e un quattro. Prese sette biglie e le mise in fila davanti a sé.

Ryou lanciò a sua volta. Un due e un tre. Con una sola biglia nel sacchetto e due dadi, Marik non poteva vincere durante il prossimo turno.

Marik fece una smorfia e rilanciò. Un sei.

Ryou tirò un quattro. Ancora solo una biglia nel sacchetto.

Marik lanciò un altro sette, mugugnando qualcosa sottovoce.

Andarono avanti così per un po'. Man mano che andavano avanti, Ryou vedeva Marik diventare sempre più frustrato. Non era un gioco particolarmente emozionante in fondo, e la pazienza di Marik era piuttosto dubbia. Imprecò ad alta voce quando per una biglia non riuscì a svuotare il sacchetto, e iniziò a muovere una gamba impazientemente.

Ryou lanciò un otto.

Marik un sette.

Ryou si sentiva le viscere attorcigliare sempre più con ogni tiro di dado. Non gli era sembrato un cattivo gioco quando l'aveva preparato. Ora si rendeva sempre più conto di quanto avesse realmente affidato alla fortuna la sua vita. Era il suo subconscio che trovava sempre nuovi modi per metterlo nei guai?

Marik tirò di nuovo un sette.

Ryou un due.

D'altro canto, almeno con un gioco di dadi aveva eliminato la possibilità di fare l'idiota e uscirsene con qualche mossa azzardata per il gusto di farlo. Si rendeva perfettamente conto che se questo fosse stato un gioco di abilità a quest'ora avrebbe già provato almeno una volta a rendere la propria situazione peggiore per divertirsi di più nel cercare di uscirne.

Se se lo fosse scritto in fronte, forse allora Ryou si sarebbe ricordato di cercare aiuto professionale. Se usciva vivo da quella situazione, ecco.

Marik lanciò un cinque.

Ryou lanciò un nove. Prese le due biglie che gli erano rimaste nel sacchetto e ne rimise dentro sette. Fece appena in tempo a farlo che Marik scoppiò in una delle sue risate maniache.

«Sì?» domandò Ryou, sorpreso dalla reazione.

«Oh, mi divertirò con te, quanto mi divertirò» disse.

«Non hai ancora vinto» disse Ryou, confuso.

«Quasi» Marik ridacchiò di nuovo «È tutto il tempo che lancio un sette e un altro numero, un sette e un altro numero. Ora ho lanciato cinque. Con un sette, tu hai perso» Il sorriso di Marik si allargò sempre di più, e lui tirò i dadi.

Un quattro.

«La matematica non funziona così, temo» commentò Ryou senza riuscire a trattenersi. Marik fece un suono che aveva dell'animale e lo guardò con uno sguardo che la diceva lunga sulle idee che aveva per lui.

«Tira quei dadi» ringhiò. Ryou lo fece.

Un tre. Sacchetto vuoto.

Marik urlò e tirò le biglie che aveva in mano contro Ryou, che alzò le braccia appena in tempo per non prendersele tutte in faccia.

«Non puoi farmi del male!» esclamò. Marik gli urlò contro qualcosa in arabo dal suono volgare.

«...tu e il tuo gioco di merda, schifoso-» strillò, passando al giapponese. Ryou lo lasciò andare avanti per qualche secondo, sentendosi stranamente svuotato. La fortuna era evidentemente dalla sua parte ogni tanto.

«Abbiamo un patto» disse. Marik si fermò, respirando forte. «Dimmi come sei tornato. Dimmi come hai fatto ad uscire dal Regno delle Ombre.»

Il volto di Marik si contorse in una smorfia. Le sue mani si serrarono a pugno, e lui fece uno strano suono simile a un mugolio.

«Marik?» disse Ryou.

«Io... io non lo so come, era finita, era FINITA!» esclamò Marik.

«Cosa?»

«Ti ho detto che era finita! Mi voleva tenere ancora là, ci ha provato a tenermi là, ma mi ha dovuto lasciare, mi ha lasciato, mi ha lasciato» Marik aveva chiuso gli occhi e si stava mordendo le labbra, scuotendo la testa come se stesse cercando di scacciare qualcosa.

«Cosa era finita?» chiese Ryou. Non sapeva come reagire a questa esplosione. Il lato oscuro di Marik era violento e aggressivo e instabile, e Ryou non riusciva a capire che genere di reazione fosse questa. Nei suoi confusi ricordi di Battle City, questo Marik non aveva mai mostrato nulla di simile a... paura?

«Era finita e basta!» Marik riaprì gli occhi e lo fissò «Non devo più rimanere là!»

«Che cosa-» Marik gridò e si tirò in piedi.

«Non mi rimandate là, hai capito? Non mi rimandate là!» disse, puntando un dito contro Ryou.

«Ho capito» rispose Ryou, alzandosi lentamente «Va bene. Non ti sto rimandando nel Regno delle Ombre. Volevo solo mi dicessi come ne eri uscito, è tutto» disse.

«Non mentire!» Marik saltò su Ryou e lo spinse a terra. Con le mani cercò di afferrargli la gola.

Ryou si agitò, evitando le mani di Marik, e per un attimo non seppe cosa fare. Poi si ricordò dello spray al peperoncino che si era nascosto in tasca, e lo tirò fuori. Marik ululò quando Ryou glielo spruzzò in faccia, e si staccò da lui, strofinandosi gli occhi con le mani.

«Non puoi farmi del male» disse Ryou «Hai perso il gioco, Marik.»

Marik lo fissò per un attimo con gli occhi che lacrimavano, prima che un'espressione di puro orrore gli attraversasse il volto e lui iniziasse a strisciare all'indietro, cercando di allontanarsi da Ryou.

«No, no, no, no-» con una sorta di singhiozzo strozzato, Marik si spinse in piedi e iniziò a correre via, barcollando e gridando parole senza senso.

Ryou rimase a fissarlo, stupefatto. Non era abbastanza in forma per seguirlo, e dubitava sarebbe stato utile in ogni caso.

Aveva supposto che questo Marik, essendo nato dall'odio e dalla rabbia dell'altro, potesse provare solo quelle emozioni. Di certo non che potesse andare così totalmente e completamente nel panico.

   
 
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