Hallooo! Scusate il ritardo… Stupidi esami! A
presto^^!
Per Shari92: Hallooo^^! Alles
gut?!? Spero di sì! Ma
passiamo alla recensione che mi hai lasciato(viel Dank!). Effettivamente, la frase che hai citato, è una
delle classiche di Stef… Lui, trova sempre molto
divertente cercare di incutere timore con queste uscite…. Il problema è che
poi, il mio Stef è il re della coerenza^^!!! Quindi… Paura!!! Spero che anche questo cappy ti piaccia e scusa il ritardo!!! Bacio, bacio!!!
Capitolo Secondo….2
Troppo sconvolta, le gambe tremanti, fissai per
interminabili minuti la porta, il cervello vuoto finché poi non mi decisi a
tornare sul letto. Dopo averlo raggiunto, mi sedetti di nuovo, fissando un
punto dell’etere che io sola, potevo vedere.
Sospirai. Il solo ricordo del discorso di Stefan bastava a farmi tornare i brividi lungo la colonna
vertebrale. Consapevole di aver bisogno di un po’ di tempo,
prima di affrontare di nuovo quel suo ghigno, mi rassegnai a restare
dove mi trovavo.
Dopo pochi minuti, la campanella suonò, dando inizio
all’ultima ora ma io non mi mossi.
Seduta sul lettino, fissavo il cielo di Venezia,
rivivendo i momenti che avevo trascorso con Stefan,
in cerca di una illuminazione divina che potesse
risolvere tutte le mie domande. Dopo un ora di
riflessione, non riuscendo a venire a capo del problema, quando la campanella
suonò la fine delle lezioni, sbuffai e poi, con calma, raggiunsi l’aula, per
recuperare la borsa.
Fortunatamente, quando guardai all’interno, scoprendo
che era deserta, tirai un sospiro di sollievo.
Afferrai la borsa che Sofia probabilmente aveva
riporto su, alla fine della lezione di Educazione
Fisica e mi incamminai, lentamente, verso casa.
Arrivata al portone del palazzo, estrassi la chiave e la feci girare nella toppa. Come al
solito, essendo una serratura vecchia, impiegai parecchi secondi prima di
riuscire a farla scattare ma, infine, ci riuscii ed entrai. Un paio di gradini,
poi aprii la porta di casa.
Non avendo fame, ignorai la cucina e mi diressi direttamente
in camera mia. Gettai la borsa, per terra, in un angolo, poi mi buttai sul
letto, l’mp3 nelle orecchie, a fissare il soffitto, di
nuovo in cerca di quella illuminazione che stentava ad arrivare. A poco a poco,
scivolai nel sonno e mi addormentai.
“Rory! Rory!”
Sentendomi chiamare, mi svegliai, di soprassalto.
Mia madre, in piedi vicino alla porta, mi sorrise. “Rory! C’è Sofia al telefono per te!”
esclamò subito, la voce allegra.
Con la lentezza di un bradipo, mi alzai e, ancora
mezza intontita dal sonno, afferrai il cordless che
lei mi tendeva “Grazie…” bofonchiai.
Mia madre annuì e repentinamente si allontanò mentre
io, telefono in mano, aspettai di essermi sdraiata nuovamente sul letto, prima
di avvicinare la cornetta all’orecchio.
“Ehy, So’…”
iniziai, la voce ancora mezza addormentata.
“Ciao, Rory!” esclamò subito
lei allegra nel mio orecchio, per poi cambiare tono all’improvviso, mentre
domandava “Ma stai bene? Non sei più tornata…”
“Si, scusa…Ti ho fatto preoccupare?”
“Un po’…” iniziò lei “Ma poi Toi
ha detto che ti sentivi solo un po’ debole e che saresti rimasta in infermeria
a riposare…”
Nell’oscurità della mia camera, sgranai gli occhi
mentre il ghigno di Stefan compariva immediatamente
nel mio cervello. Non avendo voglia di dare spiegazioni, bofonchiai ancora “Si”
permettendo così alla mia amica di continuare il discorso.
“Puoi venire da me, adesso?”
Ancora sdraiata, spostai lo sguardo verso la finestra.
All’esterno, la sera era già calata. “Ma che ore sono, So’?” domandai.
“Le otto…” rispose subito lei, prima
di aggiungere con voce seria “Devo darti gli esercizi di Matematica…”
Sgranai gli occhi, poi li strinsi. Matematica! No!
“Ma non puoi darmeli domani?”
chiesi ancora, la voce supplichevole.
“No, Rory, perché siccome
Piombini non ci sarà nemmeno domani, lo sostituisce il
Prof di Mate e ci ha riempito di compiti…Ha detto che li ritirerà e chi non
farà lo sforzo di eseguirli, verrà interrogato sulle cose che ha spiegato
oggi…”
Iniziando a pensare che lassù ci fosse
qualcuno che ce l’aveva con me, strinsi di nuovo gli occhi. “Arrivo…”
bofonchiai.
Grazie al Prof, improvvisamente, il ghigno di Stefan era solo un pallido ricordo…
“Grazie mille, So’! Ci
vediamo domani!”
Dopo la corsa a casa di Sofia per una breve ma
accurata spiegazione di Matematica, con gli appunti nella borsa, mi incamminai, per le calli, alla volta di casa.
All’improvviso, in lontananza, la campana di una delle
innumerevoli chiese della mia città, rintoccò le nove.
Sbuffando, consapevole di non avere molto tempo a
disposizione, aumentai il passo quando, all’improvviso, notai una figura che mi
sembrava familiare, ferma su un pontile.
La luce fioca di un lampione creava strani riflessi
sui capelli scuri di lui.
Rassegnata al beffardo caso che mi faceva incontrare
di nuovo la persona che, mio malgrado, aveva ronzato nella mia testa per tutto
il giorno, aumentai l’andatura, pregando mentalmente di riuscire ad
allontanarmi senza che lui si accorgesse di me.
All’improvviso, una folata di vento gelido, mi investì, soffiando alle mie spalle, scompigliandomi i
capelli e Stefan, che era un paio di metri più
avanti, immediatamente si voltò nella mia direzione.
Iniziò a fissarmi, in silenzio, mentre io camminavo
poi, non appena stavo per superarlo, sentii una squillante voce femminile
chiamare allegra “Toi!” e mi voltai, incuriosita.
Un ragazza bionda, che dall’aspetto sembrava più grande di noi, si
avvicinò repentinamente a lui. Immediatamente, sul volto di Stefan
apparve il sorriso accattivante.
“Scusa il ritardo, Toi!”
cinguettò ancora lei.
Io, non riuscendo a celare il disgusto, optai per spostare lo sguardo, di modo che la bionda non se
ne accorgesse ma, quando poi un secondo dopo i due si allontanarono, sarei
pronta a giurare che, passandomi accanto, Stefan
avesse sfoggiato il suo solito ghigno.
Un istante dopo, nel mio cervello risuonò la sua voce
“E’ questo il bello di me, Rory…
Non c’è nulla che possa fermarmi, a questo mondo, quando io voglio qualcosa…”
Rabbrividii.
Ma che cos’è che tu vuoi, ora, Stefan?
La mente altrove, mi chinai sopra i compiti di
Matematica. Mi sforzai a lungo, cercando di risolverli, ma poi, vedendo che era
tutto inutile, mi rassegnai a consegnarli pieni di imperfezioni
consapevole che la cosa più importante era non essere interrogata. Stanca,
spensi la luce e mi trascinai al letto, dove mi distesi, tirando un sospiro di sollievo. Chiusi gli occhi.
Il volto di Stefan
immediatamente apparve nel mio cervello ed io sbuffai, rigirandomi diverse
volte, senza riuscire a scacciarlo dalla mia mente. Alla fine, rassegnata,
allungai una mano sul comodino, afferrando l’mp3.
La musica iniziò a cullarmi piano piano
ed io, lentamente, mi addormentai.
La mattina dopo mi preparai con estrema calma,
riflettendo sul piano che avevo escogitato quella notte. Stare alla larga da Stefan. Con quindici minuti di ritardo sulla tabella di
marcia, uscii di casa, consapevole che così sarei arrivata a scuola esattamente
allo squillo della campana e, con un po’ di fortuna, lui non avrebbe avuto
occasioni di parlarmi o di mostrarmi il suo ghigno.
Le cose andarono esattamente come nei piani.
Quando entrai in classe, il professore era già
arrivato ed io, dopo essermi scusata, adducendo ad una sveglia che non aveva
suonato, mi incamminai svelta al mio posto, la testa
bassa, come un condannato a morte, per non rischiare di incontrare lo sguardo
di lui, mentre passavo.
Raggiunto il mio banco, mi sedetti.
“Ciao Rory!” mi salutò una allegra voce maschile, alla mia sinistra.
Voltandomi di scatto, sobbalzai, per lo spavento.
Facendo un salto indietro, avrei anche rischiato di cadere giù dalla sedia, se
lui, muovendosi rapidissimo, non mi avesse afferrato per un braccio.
La schiena nel vuoto, il braccio teso che lui teneva, osservai il suo viso. Il ragazzo sogghignava, palesemente
divertito dalla mia reazione. “Non ti facevo così impressionabile, Rory…” esclamò, prendendomi in giro, per poi tirarmi di
nuovo su. Una volta sistematami nuovamente sulla sedia, mi voltai verso di lui,
il viso duro “Che accidenti ci fai qui?” mormorai,
cercando di non farmi sentire dal professore.
Stefan, il volto rivolto verso il
televisore che il professore aveva sistemato per permetterci la visione di una
commedia, sogghignò senza rispondere.
“Ragazzi! Chiudete le tende!” urlò
all’improvviso il professore.
Immediatamente alcuni miei compagni si alzarono,
facendo un casino tale che io ne approfittai per
incalzare ancora Stefan “Allora?! Stai cercando di
uccidermi, per caso, Stefan?” domandai, un brivido
che mi attraversava la schiena, terrorizzata all’idea che lui potesse rispondere di sì.
La stanza calò improvvisamente nel buio. Unica fioca
luce, il televisore.
Il mio vicino voltò lentamente il suo viso verso di
me, piegandolo un po’ verso sinistra, sogghignando ancora.
Inspirai ed espirai, maledicendo mentalmente quel suo
essere così irritante.
Consapevole che ora non mi restava altra scelta che
tentare di ignorarlo, iniziai a fissare il televisore
finché improvvisamente non sentii tutti i nervi del corpo irrigidirsi, apparentemente
senza motivo. Aggrottai le sopracciglia, poi mi strinsi
nel maglione.
“…Se volessi ucciderti, Rory,
non pensi che saresti già morta…?!” mormorò suadentemente la voce
di lui, a pochi centimetri da me.
Mi voltai di scatto alla mia sinistra. Non ebbi
nemmeno il tempo di sgranare gli occhi, vedendolo così vicino, che lui mi aveva
già afferrato fermamente il braccio, come se temesse che potessi spaventarmi
come poco prima. “…Non avresti nessuna possibilità contro di me…” concluse la
voce dolce che creava uno strano contrasto con il significato delle sue parole.
Deglutii, cercando di raccogliere tutto il mio
coraggio. “Allora che cosa vuoi da me, Stefan?”
domandai, la voce dura.
Immediatamente lui mi lasciò andare, ricominciando a
guardare davanti a se “Da te?!” ripeté, la voce tranquilla “Niente, ovviamente.”
Ridacchiai a bassa voce, sarcastica “Niente! Ma come mai non ci sono arrivata da sola?! E pensare che avevo l’impressione che ti piacesse esasperarmi!”
Stefan sorrise, gettandomi un’occhiata divertita
“Esasperarti, in effetti, sta diventando il mio passatempo
preferito… Devo pure trovare qualcosa da fare, no?”
Sbuffai, troncando la conversazione ed iniziando a
fissare di nuovo lo schermo.
“A dir la verità, sono affascinato dal fatto di non
piacerti…” ricominciò lui.
Mi voltai ancora, osservandolo con uno sguardo
interrogativo “Cioè?” domandai “Ho ferito il tuo
orgoglio?” Alzai il sopracciglio destro, di modo che capisse che lo stavo
prendendo in giro.
Il ragazzo sogghignò, poi negò col capo “Il mio
orgoglio non verrà scosso da così poco, non
preoccuparti… Solo, lo trovo divertente…”
“Divertente?” ripetei, sconvolta dal
suo ragionamento come il giorno prima. Espirai, cercando di calmarmi “Ti
giuro, Stefan, che non riesco
a capire come tu possa trovare divertente il fatto che non mi piaci…”
Lui piegò la testa verso sinistra, sfoderando un
sorriso dolce. Vedendolo così, sentendomi presa in giro, mi irritai,
sbuffando “Piantala di prendermi in giro e rispondimi!”
Stefan tornò serio “Davvero non capisci?” domandò, la voce
tranquilla “Di norma, quando sorrido così ad una ragazza, lei rischia di svenire dall’emozione mentre tu ti arrabbi… E’
fantastico! Praticamente il mio sorriso seducente non
ha nessun effetto su di te… “
Sgranai gli occhi, completamente spiazzata “E cosa c’è
di divertente in tutto questo?” lo incalzai.
“E’ una novità!” rispose subito lui allegro “Le novità
mi divertono, soprattutto se sono inaspettate!”
Continuai a fissarlo, sconvolta, poi
scossi la testa “Davvero…Io, proprio non ti capisco…”
Il ragazzo rise ancora “Capirai, prima
o poi…”
Ancora non troppo convinta, annuii ed infine, entrambi
concentrammo lo sguardo sul televisore anche se, a dirla tua, la mia attenzione
era ancora focalizzata sulle parole di lui.
Stefan era un enigma, per me. Qualcosa che sapevo avrei fatto bene a temere. Una persona che, per il mio bene,
avrei dovuto allontanare il prima possibile prima di
affezionarmi. Continuando a riflettere gli gettai un’occhiata con la coda
nell’occhio, osservando il bel volto di lui.
Capivo perché Ambra voleva uscire con lui. Era un bel
ragazzo e con le altre si comportava sempre in modo gentile eppure… Non
riuscivo davvero ad inquadrare cosa ci fosse in lui
che me lo facesse percepire così minaccioso. Non era solo ciò che diceva, i
discorsi che mi aveva fatto. Era il modo, in cui li aveva fatti. Con la massima tranquillità, come se stessimo discutendo degli
appunti di una lezione. Espirai poi all’improvviso, la
luce mi colpì, infastidendomi gli occhi.
“Ma che…?!” mi lamentai, realizzando
che qualcuno aveva riaperto le tende.
Al mio fianco, Stefan ridacchiò “E’ finita la commedia…” spiegò.
Mi guardai attorno, scoprendo che il professore,
finita la lezione, stava trascinando il televisore fuori
dall’aula. Realizzando di aver perso per l’ennesima volta la condizione
del tempo, mi grattai la guancia sinistra, imbarazzata. Stefan, ridacchiò ancora, conscio
di ciò che era successo.
Fissandolo, l’impressione che per uno strano caso lui sapesse o intuisse facilmente ciò che mi passava per la
testa, imprecai mentalmente finché all’improvviso, una voce femminile, non
iniziò a chiamarlo con voce dolce. Il ragazzo alzò un secondo
le sopracciglia, sorridendomi, poi si voltò alla sua sinistra.
“Si, Rebecca?” rispose.
La mia compagna, un enorme sorriso sul voltò, cinguettò “Mi farebbe piacere conoscerti meglio…Ti va
di uscire, qualche volta?”
Il ragazzo le sorrise,
accattivante “Naturalmente! Ti chiamo io, ok?”
Rebecca sorrise, e, se non fosse per il fatto che si trovava davanti
a lui, avrei giurato che a breve si sarebbe messa a saltare per la felicità. “Ok, grazie!” rispose allegra, prima di
gettare un’occhiataccia a me. Nel suo sguardo mi parve di leggere il
rimprovero di monopolizzare l’attenzione di Stefan.
Infastidita, risposi alla sua occhiata, stringendo gli occhi.
Un secondo poi lei, con fare snob, mi diede le spalle
mentre Stefan ricominciò a ridacchiare poi, si piegò
verso di me mormorandomi in un orecchio “Credo che invece di preoccuparti di
me, dovresti preoccuparti di lei…”
Spazientita, lo allontanai, alzandomi subito in piedi
“Ed indovina un po’ a chi devo anche questo?!” risposi
subito io, allontanandomi.
Alle mie spalle, il ragazzo, ridacchiò ancora.
Uscendo dall’aula, per un pelo non andai a sbattere
contro il professore di Matematica.
Lui, la borsa in mano, mi fissò un
po’ preoccupato poi esclamò “Sei sicura di star bene? Sei pallidissima…”
Deglutii prima di rispondere, cogliendo al volo
un’occasione come quella “Effettivamente no…Penso che
andrò a casa…”
Il professore si sistemò meglio gli occhiali sul naso,
continuando a fissarmi poi, all’improvviso sorrise.
“Si. Credo sia meglio…”
Rientrai, subito seguita da lui e mi avvicinai di
nuovo a Stefan, raccogliendo le mie cose, lasciando
fuori solo gli esercizi di compito, per consegnarli e dimostrare al professore
che la mia non era solo una scusa perché temevo di essere interrogata.
Stefan mi osservò, continuando a sorridere. Irritata, sbattei tutto nella borsa, pregustando il momento in cui
sarei stata lontana da lui. Chiusi la borsa e mi riavvicinai al
professore, il libretto in mano. Il professore staccò il tagliando col permesso
di uscita anticipata e lo firmò. Raccolta la borsa uscii lentamente dalla classe, ricominciando finalmente a
respirare.
Percorsi i corridoi della scuola con calma ed uscii
dal portone, iniziando ad allontanarmi ma, quando svoltai l’angolo, trovandomi Stefan di fronte, fui talmente stupita che, per poco non mi
misi ad urlare. Il ragazzo, ovviamente, iniziò subito a sogghignare.
“Ma…ma…” balbettai, gli occhi
sgranati. Presi un bel respiro, poi esclamai, la voce sconvolta “Come diavolo hai fatto a…?”
Stefan sogghignò, alcuni secondi, senza rispondere.
Non ottenendo risposta, lo incalzai “Piantala di ridere! Sei irritante! Vuoi
dirmi come accidenti hai fatto?”
Lui abbozzò un lieve sorriso
“Secondo te…?” interloquì.
Senza sapere cosa rispondere, mi guardai attorno,
prima di tornare a fissare il portone alle mie spalle, l’unica uscita. “Non ne
ho la più pallida idea…” ammisi poi.
Stefan sorrise ancora “Allora, direi che non è importante…”
“Non è importante?!” ripetei, sbattendo le palpebre
“Quando ho lasciato la classe eri seduto al tuo posto
ed ora sei qui di fronte a me… Dimmi come hai fatto! Sai volare, per caso?!”
Il ragazzo rise ancora “E’ molto più semplice di ciò
che pensi…” rispose, la voce allegra “Mi sono buttato dalla finestra nella calle…” concluse, indicando con una mano verso l’alto.
Seguendo la direzione notai che, effettivamente, una finestra del secondo piano
era spalancata.
Sbattei le palpebre, fissandola a bocca aperta, poi
riportai lo sguardo su di lui “E perché non sei morto?!”
Un secondo.
Stefan rise, come se avessi appena detto una barzelletta,
poi tornò serio. Il sogghigno sul volto, avvicinò il volto al mio, rispondendo
con voce suadente “Io non posso morire…”
Lo fissai, un paio di secondi, poi
scoppiai a ridere “Certo, certo! Tu non puoi morire…
Chiaro… Va bene la presunzione, ma ora non ti sembra di esagerare, Stef?”
Dopo aver concluso la frase,
realizzando di aver dimezzato il suo nome, segno che stavo iniziando a prendere
confidenza, imprecai mentalmente, ben sapendo che la cosa più stupida che
potessi fare era affezionarmi ad un tipo pericoloso come lui, che si buttasse o
meno dalle finestre. Anche perché l’idea che, per divertimento, un giorno potesse decidere di scaraventare giù me, non mi sembrava per
nulla una remota possibilità.
Il ragazzo intanto, mentre io riflettevo velocemente,
fece spallucce, concludendo “Se non mi credi, non è un
problema…Posso dimostrartelo anche subito così poi, dovrai credermi per forza…”
Sempre più consapevole di non riuscire davvero a
capirlo, esclamai “Non vedo perché dovresti disturbarti a ripetere il salto…
Non è mica così importante ciò che io credo e ciò a cui non credo,
no…?!”
Stefan smise di sorridere un secondo “Certo che è importante! Tu non ti lasci sedurre dal
mio sorriso, questo, ti rende importante!”
Sgranai gli occhi, poi risi, prima
di dargli corda, rispondendo “Hai
ragione! Il fatto che non mi piaci rende estremamente
importante la mia opinione ai tuoi occhi! Ma perché
non ci sono arrivata prima?! Che idiota che sono!”
Lui iniziò ad osservarmi attentamente, il labbro
sinistro sollevato, ricreando il suo peculiare ghigno “Ti rende importante solo
perché, dato che io, a priori, non ti piaccio, so già di non aver bisogno di
fingere di essere gentile con te. Tanto non ti
piacerei comunque, quindi, tanto vale che io ti mostri
il mio vero io, no?!”
“A volte penso che tu non sia un essere umano…”
risposi io, senza parole per il suo strano discorso.
Un secondo.
Stefan rise ancora poi si portò una mano agli occhi,
asciugandosi le lacrime “Effettivamente, non lo sono…” interloquì, prima di concludere “E credo che dopo questa tua intuizione, non mi
resti che ucciderti…” Sul suo volto, repentinamente, apparve un ghigno cinico,
mentre avanza verso di me.
Un brivido mi attraversò la schiena, irradiandosi poi
per tutto il corpo. Inconsciamente, iniziai a
indietreggiare, gli occhi fissi su di lui. “Stef…cosa
hai intenzione di…?” iniziai, la voce tremante.
Lui rise ancora. “Scappa, Rory…”
iniziò, la voce seria “Scappa…Rendiamo il gioco
divertente fino alla fine…”
Deglutii, continuando a rabbrividire, gli occhi sempre
puntati su di lui finché poi, quando allungò rapido una mano per afferrarmi,
inconsciamente, mi voltai ed iniziai davvero a
correre.
Corsi e corsi, infilandomi in innumerevoli calli.
Sentivo, la sua risata cinica dietro di me, perciò continuai a correre, senza
sapere dove. La meta non era importante. L’unica cosa importante, infatti, era
fuggire il più lontano possibile da lui. Spaventata com’ero, imboccavo calli a
caso finché, all’improvviso, ritrovandomi in una calle buia
e senza uscita, non imprecai, fissando il punto da dove, a breve lui sarebbe
apparso.
“Dietro di te…” esclamò lui all’improvviso e, quando
mi voltai, lo trovai effettivamente alle mie spalle.
“Ma…ma…” ricominciai a
balbettare, fissandolo esterrefatta.
Stefan rise “Come accidenti ho fatto?!” disse, intuendo la
domanda che mi ronzava in testa. Io, immobile, annuii, continuando a fissarlo.
Il ragazzo ricominciò ad avvicinarsi, il ghigno sulle labbra “Ti avevo detto, che non sono umano, Rory…Non
capisco come possa stupirti ancora, questa cosa…”
Sbattei le palpebre, il terrore che invadeva il mio
corpo e, mentre lo fissavo, all’improvviso, lui svanì.
Un secondo.
Le sue mani si chiusero sulla mia vita ed io sentii il
corpo di lui, premuto contro la mia schiena, il suo
respiro, tra i miei capelli, come se Stefan stesse
annusando il mio profumo.
“Hai un odore delizioso…” iniziò, la voce suadente ed
io, nonostante fino ad un attimo prima fossi
completamente terrorizzata, scoprii che il brivido che in quel momento mi
attraversava la schiena, era di tutt’altra natura e
che forse, anche io, come le mie compagne, non ero davvero immune al suo
fascino. Deglutii.
Alle mie spalle, Stefan
scostò una mano dalla mia vita, appoggiandola sul primo bottone del cappotto.
Lentamente, lo aprì poi passò al secondo, facendo
altrettanto. Dopo aver slacciato anche il terzo, scostò un po’ il lembo di
stoffa. Un secondo, poi sentii la sua mano sulla cerniera della felpa. Un colpo secco, l’aprì, scostandola come aveva fatto con la giacca.
All’improvviso, sentii l’aria fredda colpire la pelle nuda del collo.
Con dolcezza, le sue mani, scostarono i miei capelli
da lì ed io, incapace di muovermi, in preda al suo incantesimo, quando percepii
le sue labbra contro la pelle, sobbalzai.
Stefan, ridacchiò ancora, aumentando la presa,
riavvicinandosi ed annusando l’aria “Hai un profumo così buono…” ripeté ancora
lui, la voce suadente contro il mio collo “Non oso
immaginare il sapore…”
Sobbalzai nuovamente, ma lui mi trattenne senza troppo
sforzo. La mano che teneva sulla mia vita sembrava una morsa ed io ebbi la
certezza che neanche se avessi impiegato tutte le mie energie, sarei riuscita a liberarmi. Avevo solo una possibilità.
Urlare ma, come al solito, ero troppo sconvolta per
riuscire a parlare.
Un attimo di attesa in
silenzio che a me parve lungo secoli e poi lui riappoggiò le sue labbra sulla
pelle del mio collo, baciandola. Inconsciamente iniziai a trattenere il
respiro, irrigidendomi.
“Sentirai male, tesoro…” ricominciò lui, la voce
carezzevole “…ma solo un secondo…”
Deglutii ancora poi quando i suoi denti perforarono la
mia pelle, mi lasciai sfuggire un gemito di dolore.
La mano di lui sulla mia vita
mi tirò ancora più vicina, mentre lui beveva,
lentamente, il mio sangue. Il terrore che mi invadeva,
il cuore che batteva all’impazzata, iniziai a perdere le forze, la vista che si
oscurava.
Stefan si fermò, ritraendo i denti, continuando a tenermi
stretta a sé.
Un secondo poi io gli occhi chiusi, sentii ancora le
sue labbra che baciavano il punto dove il collo pulsava. Stefan
iniziò a cullarmi, poi sentii la sua voce suadente nel
mio orecchio “…Ancora poco, tesoro…” e, di nuovo lui che beveva.
Il corpo esausto, chiusi gli occhi, consapevole che ancora poco e poi ci
sarebbe stato solo il nulla.
L’ultime cose che sentii, un fruscio in lontananza, poi Stefan sogghignò.
Lo sapevo, Stefan, sin dal
primo momento che ti ho visto. Lo sapevo che non dovevo fidarmi di te…