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Autore: Sad Angel    28/03/2009    1 recensioni
La testa appoggiata contro il sedile, canticchiavo mentalmente una canzone dei Linkin Park quando, all’improvviso, un profumo mi avvolse. Fingendo indifferenza, continuai ad osservare il panorama finché, la nuova venuta, non appoggiò una mano sulla mia spalla, delicatamente. Solo allora, mi voltai, il sopracciglio destro sollevato, un sorriso accattivante sul volto. Senza che lei potesse rendersene conto, sogghignai. Mia cara, non hai la benché minima idea del guaio in cui ti sei andata a cacciare…
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Hallooo

Hallooo! Scusate il ritardo… Stupidi esami! A presto^^!

Per Shari92: Hallooo^^! Alles gut?!? Spero di sì! Ma passiamo alla recensione che mi hai lasciato(viel Dank!). Effettivamente, la frase che hai citato, è una delle classiche di Stef… Lui, trova sempre molto divertente cercare di incutere timore con queste uscite…. Il problema è che poi, il mio Stef è il re della coerenza^^!!! Quindi… Paura!!! Spero che anche questo cappy ti piaccia e scusa il ritardo!!! Bacio, bacio!!!

 

Capitolo Secondo….2

 

Troppo sconvolta, le gambe tremanti, fissai per interminabili minuti la porta, il cervello vuoto finché poi non mi decisi a tornare sul letto. Dopo averlo raggiunto, mi sedetti di nuovo, fissando un punto dell’etere che io sola, potevo vedere.

Sospirai. Il solo ricordo del discorso di Stefan bastava a farmi tornare i brividi lungo la colonna vertebrale. Consapevole di aver bisogno di un po’ di tempo, prima di affrontare di nuovo quel suo ghigno, mi rassegnai a restare dove mi trovavo.

Dopo pochi minuti, la campanella suonò, dando inizio all’ultima ora ma io non mi mossi.

Seduta sul lettino, fissavo il cielo di Venezia, rivivendo i momenti che avevo trascorso con Stefan, in cerca di una illuminazione divina che potesse risolvere tutte le mie domande. Dopo un ora di riflessione, non riuscendo a venire a capo del problema, quando la campanella suonò la fine delle lezioni, sbuffai e poi, con calma, raggiunsi l’aula, per recuperare la borsa.

Fortunatamente, quando guardai all’interno, scoprendo che era deserta, tirai un sospiro di sollievo.

Afferrai la borsa che Sofia probabilmente aveva riporto su, alla fine della lezione di Educazione Fisica e mi incamminai, lentamente, verso casa.

Arrivata al portone del palazzo, estrassi la chiave e la feci girare nella toppa. Come al solito, essendo una serratura vecchia, impiegai parecchi secondi prima di riuscire a farla scattare ma, infine, ci riuscii ed entrai. Un paio di gradini, poi aprii la porta di casa.

Non avendo fame, ignorai la cucina e mi diressi direttamente in camera mia. Gettai la borsa, per terra, in un angolo, poi mi buttai sul letto, l’mp3 nelle orecchie, a fissare il soffitto, di nuovo in cerca di quella illuminazione che stentava ad arrivare. A poco a poco, scivolai nel sonno e mi addormentai.

Rory! Rory!”

Sentendomi chiamare, mi svegliai, di soprassalto.

Mia madre, in piedi vicino alla porta, mi sorrise. “Rory! C’è Sofia al telefono per te!” esclamò subito, la voce allegra.

Con la lentezza di un bradipo, mi alzai e, ancora mezza intontita dal sonno, afferrai il cordless che lei mi tendeva “Grazie…” bofonchiai.

Mia madre annuì e repentinamente si allontanò mentre io, telefono in mano, aspettai di essermi sdraiata nuovamente sul letto, prima di avvicinare la cornetta all’orecchio.

Ehy, So’…” iniziai, la voce ancora mezza addormentata.

“Ciao, Rory!” esclamò subito lei allegra nel mio orecchio, per poi cambiare tono all’improvviso, mentre domandava “Ma stai bene? Non sei più tornata…”

“Si, scusa…Ti ho fatto preoccupare?”

“Un po’…” iniziò lei “Ma poi Toi ha detto che ti sentivi solo un po’ debole e che saresti rimasta in infermeria a riposare…”

Nell’oscurità della mia camera, sgranai gli occhi mentre il ghigno di Stefan compariva immediatamente nel mio cervello. Non avendo voglia di dare spiegazioni, bofonchiai ancora “Si” permettendo così alla mia amica di continuare il discorso.

“Puoi venire da me, adesso?”

Ancora sdraiata, spostai lo sguardo verso la finestra.

All’esterno, la sera era già calata. “Ma che ore sono, So’?” domandai.

“Le otto…” rispose subito lei, prima di aggiungere con voce seria “Devo darti gli esercizi di Matematica…”

Sgranai gli occhi, poi li strinsi. Matematica! No!

Ma non puoi darmeli domani?” chiesi ancora, la voce supplichevole.

“No, Rory, perché siccome Piombini non ci sarà nemmeno domani, lo sostituisce il Prof di Mate e ci ha riempito di compiti…Ha detto che li ritirerà e chi non farà lo sforzo di eseguirli, verrà interrogato sulle cose che ha spiegato oggi…”

Iniziando a pensare che lassù ci fosse qualcuno che ce l’aveva con me, strinsi di nuovo gli occhi. “Arrivo…” bofonchiai.

 

Grazie al Prof, improvvisamente, il ghigno di Stefan era solo un pallido ricordo…

 

 

 

“Grazie mille, So’! Ci vediamo domani!”

Dopo la corsa a casa di Sofia per una breve ma accurata spiegazione di Matematica, con gli appunti nella borsa, mi incamminai, per le calli, alla volta di casa.

All’improvviso, in lontananza, la campana di una delle innumerevoli chiese della mia città, rintoccò le nove.

Sbuffando, consapevole di non avere molto tempo a disposizione, aumentai il passo quando, all’improvviso, notai una figura che mi sembrava familiare, ferma su un pontile.

La luce fioca di un lampione creava strani riflessi sui capelli scuri di lui.

Rassegnata al beffardo caso che mi faceva incontrare di nuovo la persona che, mio malgrado, aveva ronzato nella mia testa per tutto il giorno, aumentai l’andatura, pregando mentalmente di riuscire ad allontanarmi senza che lui si accorgesse di me.

All’improvviso, una folata di vento gelido, mi investì, soffiando alle mie spalle, scompigliandomi i capelli e Stefan, che era un paio di metri più avanti, immediatamente si voltò nella mia direzione.

Iniziò a fissarmi, in silenzio, mentre io camminavo poi, non appena stavo per superarlo, sentii una squillante voce femminile chiamare allegra “Toi!” e mi voltai, incuriosita.

Un ragazza bionda, che dall’aspetto sembrava più grande di noi, si avvicinò repentinamente a lui. Immediatamente, sul volto di Stefan apparve il sorriso accattivante.

“Scusa il ritardo, Toi!” cinguettò ancora lei.

Io, non riuscendo a celare il disgusto, optai per spostare lo sguardo, di modo che la bionda non se ne accorgesse ma, quando poi un secondo dopo i due si allontanarono, sarei pronta a giurare che, passandomi accanto, Stefan avesse sfoggiato il suo solito ghigno.

Un istante dopo, nel mio cervello risuonò la sua voce “E’ questo il bello di me, Rory… Non c’è nulla che possa fermarmi, a questo mondo, quando io voglio qualcosa…”

Rabbrividii.

 

Ma che cos’è che tu vuoi, ora, Stefan?

 

 

 

La mente altrove, mi chinai sopra i compiti di Matematica. Mi sforzai a lungo, cercando di risolverli, ma poi, vedendo che era tutto inutile, mi rassegnai a consegnarli pieni di imperfezioni consapevole che la cosa più importante era non essere interrogata. Stanca, spensi la luce e mi trascinai al letto, dove mi distesi, tirando un sospiro di sollievo. Chiusi gli occhi.

Il volto di Stefan immediatamente apparve nel mio cervello ed io sbuffai, rigirandomi diverse volte, senza riuscire a scacciarlo dalla mia mente. Alla fine, rassegnata, allungai una mano sul comodino, afferrando l’mp3.

La musica iniziò a cullarmi piano piano ed io, lentamente, mi addormentai.

La mattina dopo mi preparai con estrema calma, riflettendo sul piano che avevo escogitato quella notte. Stare alla larga da Stefan. Con quindici minuti di ritardo sulla tabella di marcia, uscii di casa, consapevole che così sarei arrivata a scuola esattamente allo squillo della campana e, con un po’ di fortuna, lui non avrebbe avuto occasioni di parlarmi o di mostrarmi il suo ghigno.

Le cose andarono esattamente come nei piani.

Quando entrai in classe, il professore era già arrivato ed io, dopo essermi scusata, adducendo ad una sveglia che non aveva suonato, mi incamminai svelta al mio posto, la testa bassa, come un condannato a morte, per non rischiare di incontrare lo sguardo di lui, mentre passavo.

Raggiunto il mio banco, mi sedetti.

“Ciao Rory!” mi salutò una allegra voce maschile, alla mia sinistra.

Voltandomi di scatto, sobbalzai, per lo spavento. Facendo un salto indietro, avrei anche rischiato di cadere giù dalla sedia, se lui, muovendosi rapidissimo, non mi avesse afferrato per un braccio.

La schiena nel vuoto, il braccio teso che lui teneva, osservai il suo viso. Il ragazzo sogghignava, palesemente divertito dalla mia reazione. “Non ti facevo così impressionabile, Rory…” esclamò, prendendomi in giro, per poi tirarmi di nuovo su. Una volta sistematami nuovamente sulla sedia, mi voltai verso di lui, il viso duro “Che accidenti ci fai qui?” mormorai, cercando di non farmi sentire dal professore.

Stefan, il volto rivolto verso il televisore che il professore aveva sistemato per permetterci la visione di una commedia, sogghignò senza rispondere.

“Ragazzi! Chiudete le tende!” urlò all’improvviso il professore.

Immediatamente alcuni miei compagni si alzarono, facendo un casino tale che io ne approfittai per incalzare ancora Stefan “Allora?! Stai cercando di uccidermi, per caso, Stefan?” domandai, un brivido che mi attraversava la schiena, terrorizzata all’idea che lui potesse rispondere di sì.

La stanza calò improvvisamente nel buio. Unica fioca luce, il televisore.

Il mio vicino voltò lentamente il suo viso verso di me, piegandolo un po’ verso sinistra, sogghignando ancora.

Inspirai ed espirai, maledicendo mentalmente quel suo essere così irritante.

Consapevole che ora non mi restava altra scelta che tentare di ignorarlo, iniziai a fissare il televisore finché improvvisamente non sentii tutti i nervi del corpo irrigidirsi, apparentemente senza motivo. Aggrottai le sopracciglia, poi mi strinsi nel maglione.

“…Se volessi ucciderti, Rory, non pensi che saresti già morta…?!” mormorò suadentemente la voce di lui, a pochi centimetri da me.

Mi voltai di scatto alla mia sinistra. Non ebbi nemmeno il tempo di sgranare gli occhi, vedendolo così vicino, che lui mi aveva già afferrato fermamente il braccio, come se temesse che potessi spaventarmi come poco prima. “…Non avresti nessuna possibilità contro di me…” concluse la voce dolce che creava uno strano contrasto con il significato delle sue parole.

Deglutii, cercando di raccogliere tutto il mio coraggio. “Allora che cosa vuoi da me, Stefan?” domandai, la voce dura.

Immediatamente lui mi lasciò andare, ricominciando a guardare davanti a se “Da te?!” ripeté, la voce tranquilla “Niente, ovviamente.

Ridacchiai a bassa voce, sarcastica “Niente! Ma come mai non ci sono arrivata da sola?! E pensare che avevo l’impressione che ti piacesse esasperarmi!”

Stefan sorrise, gettandomi un’occhiata divertita “Esasperarti, in effetti, sta diventando il mio passatempo preferito… Devo pure trovare qualcosa da fare, no?”

Sbuffai, troncando la conversazione ed iniziando a fissare di nuovo lo schermo.

“A dir la verità, sono affascinato dal fatto di non piacerti…” ricominciò lui.

Mi voltai ancora, osservandolo con uno sguardo interrogativo “Cioè?” domandai “Ho ferito il tuo orgoglio?” Alzai il sopracciglio destro, di modo che capisse che lo stavo prendendo in giro.

Il ragazzo sogghignò, poi negò col capo “Il mio orgoglio non verrà scosso da così poco, non preoccuparti… Solo, lo trovo divertente…”

“Divertente?” ripetei, sconvolta dal suo ragionamento come il giorno prima. Espirai, cercando di calmarmi “Ti giuro, Stefan, che non riesco a capire come tu possa trovare divertente il fatto che non mi piaci…”

Lui piegò la testa verso sinistra, sfoderando un sorriso dolce. Vedendolo così, sentendomi presa in giro, mi irritai, sbuffando “Piantala di prendermi in giro e rispondimi!”

Stefan tornò serio “Davvero non capisci?” domandò, la voce tranquilla “Di norma, quando sorrido così ad una ragazza, lei rischia di svenire dall’emozione mentre tu ti arrabbi… E’ fantastico! Praticamente il mio sorriso seducente non ha nessun effetto su di te… “

Sgranai gli occhi, completamente spiazzata “E cosa c’è di divertente in tutto questo?” lo incalzai.

“E’ una novità!” rispose subito lui allegro “Le novità mi divertono, soprattutto se sono inaspettate!”

Continuai a fissarlo, sconvolta, poi scossi la testa “Davvero…Io, proprio non ti capisco…”

Il ragazzo rise ancora “Capirai, prima o poi…”

Ancora non troppo convinta, annuii ed infine, entrambi concentrammo lo sguardo sul televisore anche se, a dirla tua, la mia attenzione era ancora focalizzata sulle parole di lui.

Stefan era un enigma, per me. Qualcosa che sapevo avrei fatto bene a temere. Una persona che, per il mio bene, avrei dovuto allontanare il prima possibile prima di affezionarmi. Continuando a riflettere gli gettai un’occhiata con la coda nell’occhio, osservando il bel volto di lui.

Capivo perché Ambra voleva uscire con lui. Era un bel ragazzo e con le altre si comportava sempre in modo gentile eppure… Non riuscivo davvero ad inquadrare cosa ci fosse in lui che me lo facesse percepire così minaccioso. Non era solo ciò che diceva, i discorsi che mi aveva fatto. Era il modo, in cui li aveva fatti. Con la massima tranquillità, come se stessimo discutendo degli appunti di una lezione. Espirai poi all’improvviso, la luce mi colpì, infastidendomi gli occhi.

“Ma che…?!” mi lamentai, realizzando che qualcuno aveva riaperto le tende.

Al mio fianco, Stefan ridacchiò “E’ finita la commedia…” spiegò.

Mi guardai attorno, scoprendo che il professore, finita la lezione, stava trascinando il televisore fuori dall’aula. Realizzando di aver perso per l’ennesima volta la condizione del tempo, mi grattai la guancia sinistra, imbarazzata. Stefan, ridacchiò ancora, conscio di ciò che era successo.

Fissandolo, l’impressione che per uno strano caso lui sapesse o intuisse facilmente ciò che mi passava per la testa, imprecai mentalmente finché all’improvviso, una voce femminile, non iniziò a chiamarlo con voce dolce. Il ragazzo alzò un secondo le sopracciglia, sorridendomi, poi si voltò alla sua sinistra.

“Si, Rebecca?” rispose.

La mia compagna, un enorme sorriso sul voltò, cinguettò “Mi farebbe piacere conoscerti meglio…Ti va di uscire, qualche volta?”

Il ragazzo le sorrise, accattivante “Naturalmente! Ti chiamo io, ok?”

Rebecca sorrise, e, se non fosse per il fatto che si trovava davanti a lui, avrei giurato che a breve si sarebbe messa a saltare per la felicità. “Ok, grazie!” rispose allegra, prima di gettare un’occhiataccia a me. Nel suo sguardo mi parve di leggere il rimprovero di monopolizzare l’attenzione di Stefan. Infastidita, risposi alla sua occhiata, stringendo gli occhi.

Un secondo poi lei, con fare snob, mi diede le spalle mentre Stefan ricominciò a ridacchiare poi, si piegò verso di me mormorandomi in un orecchio “Credo che invece di preoccuparti di me, dovresti preoccuparti di lei…”

Spazientita, lo allontanai, alzandomi subito in piedi “Ed indovina un po’ a chi devo anche questo?!” risposi subito io, allontanandomi.

Alle mie spalle, il ragazzo, ridacchiò ancora.

Uscendo dall’aula, per un pelo non andai a sbattere contro il professore di Matematica.

Lui, la borsa in mano, mi fissò un po’ preoccupato poi esclamò “Sei sicura di star bene? Sei pallidissima…”

Deglutii prima di rispondere, cogliendo al volo un’occasione come quella “Effettivamente no…Penso che andrò a casa…”

Il professore si sistemò meglio gli occhiali sul naso, continuando a fissarmi poi, all’improvviso sorrise. “Si. Credo sia meglio…”

Rientrai, subito seguita da lui e mi avvicinai di nuovo a Stefan, raccogliendo le mie cose, lasciando fuori solo gli esercizi di compito, per consegnarli e dimostrare al professore che la mia non era solo una scusa perché temevo di essere interrogata.

Stefan mi osservò, continuando a sorridere. Irritata, sbattei tutto nella borsa, pregustando il momento in cui sarei stata lontana da lui. Chiusi la borsa e mi riavvicinai al professore, il libretto in mano. Il professore staccò il tagliando col permesso di uscita anticipata e lo firmò. Raccolta la borsa uscii lentamente dalla classe, ricominciando finalmente a respirare.

Percorsi i corridoi della scuola con calma ed uscii dal portone, iniziando ad allontanarmi ma, quando svoltai l’angolo, trovandomi Stefan di fronte, fui talmente stupita che, per poco non mi misi ad urlare. Il ragazzo, ovviamente, iniziò subito a sogghignare.

Ma…ma…” balbettai, gli occhi sgranati. Presi un bel respiro, poi esclamai, la voce sconvolta “Come diavolo hai fatto a…?”

Stefan sogghignò, alcuni secondi, senza rispondere.

Non ottenendo risposta, lo incalzai “Piantala di ridere! Sei irritante! Vuoi dirmi come accidenti hai fatto?”

Lui abbozzò un lieve sorriso “Secondo te…?” interloquì.

Senza sapere cosa rispondere, mi guardai attorno, prima di tornare a fissare il portone alle mie spalle, l’unica uscita. “Non ne ho la più pallida idea…” ammisi poi.

Stefan sorrise ancora “Allora, direi che non è importante…”

“Non è importante?!” ripetei, sbattendo le palpebre “Quando ho lasciato la classe eri seduto al tuo posto ed ora sei qui di fronte a me… Dimmi come hai fatto! Sai volare, per caso?!”

Il ragazzo rise ancora “E’ molto più semplice di ciò che pensi…” rispose, la voce allegra “Mi sono buttato dalla finestra nella calle…” concluse, indicando con una mano verso l’alto. Seguendo la direzione notai che, effettivamente, una finestra del secondo piano era spalancata.

Sbattei le palpebre, fissandola a bocca aperta, poi riportai lo sguardo su di lui “E perché non sei morto?!”

Un secondo.

Stefan rise, come se avessi appena detto una barzelletta, poi tornò serio. Il sogghigno sul volto, avvicinò il volto al mio, rispondendo con voce suadente “Io non posso morire…”

Lo fissai, un paio di secondi, poi scoppiai a ridere “Certo, certo! Tu non puoi morire… Chiaro… Va bene la presunzione, ma ora non ti sembra di esagerare, Stef?”

Dopo aver concluso la frase, realizzando di aver dimezzato il suo nome, segno che stavo iniziando a prendere confidenza, imprecai mentalmente, ben sapendo che la cosa più stupida che potessi fare era affezionarmi ad un tipo pericoloso come lui, che si buttasse o meno dalle finestre. Anche perché l’idea che, per divertimento, un giorno potesse decidere di scaraventare giù me, non mi sembrava per nulla una remota possibilità.

Il ragazzo intanto, mentre io riflettevo velocemente, fece spallucce, concludendo “Se non mi credi, non è un problema…Posso dimostrartelo anche subito così poi, dovrai credermi per forza…”

Sempre più consapevole di non riuscire davvero a capirlo, esclamai “Non vedo perché dovresti disturbarti a ripetere il salto… Non è mica così importante ciò che io credo e ciò a cui non credo, no…?!”

Stefan smise di sorridere un secondo “Certo che è importante! Tu non ti lasci sedurre dal mio sorriso, questo, ti rende importante!”

Sgranai gli occhi, poi risi, prima di dargli corda, rispondendo “Hai ragione! Il fatto che non mi piaci rende estremamente importante la mia opinione ai tuoi occhi! Ma perché non ci sono arrivata prima?! Che idiota che sono!”

Lui iniziò ad osservarmi attentamente, il labbro sinistro sollevato, ricreando il suo peculiare ghigno “Ti rende importante solo perché, dato che io, a priori, non ti piaccio, so già di non aver bisogno di fingere di essere gentile con te. Tanto non ti piacerei comunque, quindi, tanto vale che io ti mostri il mio vero io, no?!”

“A volte penso che tu non sia un essere umano…” risposi io, senza parole per il suo strano discorso.

Un secondo.

Stefan rise ancora poi si portò una mano agli occhi, asciugandosi le lacrime “Effettivamente, non lo sono…” interloquì, prima di concludere “E credo che dopo questa tua intuizione, non mi resti che ucciderti…” Sul suo volto, repentinamente, apparve un ghigno cinico, mentre avanza verso di me.

Un brivido mi attraversò la schiena, irradiandosi poi per tutto il corpo. Inconsciamente, iniziai a indietreggiare, gli occhi fissi su di lui. “Stef…cosa hai intenzione di…?” iniziai, la voce tremante.

Lui rise ancora. “Scappa, Rory…” iniziò, la voce seria “Scappa…Rendiamo il gioco divertente fino alla fine…”

Deglutii, continuando a rabbrividire, gli occhi sempre puntati su di lui finché poi, quando allungò rapido una mano per afferrarmi, inconsciamente, mi voltai ed iniziai davvero a correre.

Corsi e corsi, infilandomi in innumerevoli calli. Sentivo, la sua risata cinica dietro di me, perciò continuai a correre, senza sapere dove. La meta non era importante. L’unica cosa importante, infatti, era fuggire il più lontano possibile da lui. Spaventata com’ero, imboccavo calli a caso finché, all’improvviso, ritrovandomi in una calle buia e senza uscita, non imprecai, fissando il punto da dove, a breve lui sarebbe apparso.

“Dietro di te…” esclamò lui all’improvviso e, quando mi voltai, lo trovai effettivamente alle mie spalle.

Ma…ma…” ricominciai a balbettare, fissandolo esterrefatta.

Stefan rise “Come accidenti ho fatto?!” disse, intuendo la domanda che mi ronzava in testa. Io, immobile, annuii, continuando a fissarlo. Il ragazzo ricominciò ad avvicinarsi, il ghigno sulle labbra “Ti avevo detto, che non sono umano, Rory…Non capisco come possa stupirti ancora, questa cosa…”

Sbattei le palpebre, il terrore che invadeva il mio corpo e, mentre lo fissavo, all’improvviso, lui svanì.

Un secondo.

Le sue mani si chiusero sulla mia vita ed io sentii il corpo di lui, premuto contro la mia schiena, il suo respiro, tra i miei capelli, come se Stefan stesse annusando il mio profumo.

“Hai un odore delizioso…” iniziò, la voce suadente ed io, nonostante fino ad un attimo prima fossi completamente terrorizzata, scoprii che il brivido che in quel momento mi attraversava la schiena, era di tutt’altra natura e che forse, anche io, come le mie compagne, non ero davvero immune al suo fascino. Deglutii.

Alle mie spalle, Stefan scostò una mano dalla mia vita, appoggiandola sul primo bottone del cappotto. Lentamente, lo aprì poi passò al secondo, facendo altrettanto. Dopo aver slacciato anche il terzo, scostò un po’ il lembo di stoffa. Un secondo, poi sentii la sua mano sulla cerniera della felpa. Un colpo secco, l’aprì, scostandola come aveva fatto con la giacca. All’improvviso, sentii l’aria fredda colpire la pelle nuda del collo.

Con dolcezza, le sue mani, scostarono i miei capelli da lì ed io, incapace di muovermi, in preda al suo incantesimo, quando percepii le sue labbra contro la pelle, sobbalzai.

Stefan, ridacchiò ancora, aumentando la presa, riavvicinandosi ed annusando l’aria “Hai un profumo così buono…” ripeté ancora lui, la voce suadente contro il mio collo “Non oso immaginare il sapore…”

Sobbalzai nuovamente, ma lui mi trattenne senza troppo sforzo. La mano che teneva sulla mia vita sembrava una morsa ed io ebbi la certezza che neanche se avessi impiegato tutte le mie energie, sarei riuscita a liberarmi. Avevo solo una possibilità. Urlare ma, come al solito, ero troppo sconvolta per riuscire a parlare.

Un attimo di attesa in silenzio che a me parve lungo secoli e poi lui riappoggiò le sue labbra sulla pelle del mio collo, baciandola. Inconsciamente iniziai a trattenere il respiro, irrigidendomi.

“Sentirai male, tesoro…” ricominciò lui, la voce carezzevole “…ma solo un secondo…”

Deglutii ancora poi quando i suoi denti perforarono la mia pelle, mi lasciai sfuggire un gemito di dolore.

La mano di lui sulla mia vita mi tirò ancora più vicina, mentre lui beveva, lentamente, il mio sangue. Il terrore che mi invadeva, il cuore che batteva all’impazzata, iniziai a perdere le forze, la vista che si oscurava.

Stefan si fermò, ritraendo i denti, continuando a tenermi stretta a sé.

Un secondo poi io gli occhi chiusi, sentii ancora le sue labbra che baciavano il punto dove il collo pulsava. Stefan iniziò a cullarmi, poi sentii la sua voce suadente nel mio orecchio “…Ancora poco, tesoro…” e, di nuovo lui che beveva. Il corpo esausto, chiusi gli occhi, consapevole che ancora poco e poi ci sarebbe stato solo il nulla.

L’ultime cose che sentii, un fruscio in lontananza, poi Stefan sogghignò.

 

Lo sapevo, Stefan, sin dal primo momento che ti ho visto. Lo sapevo che non dovevo fidarmi di te…

 

 

 

 

 

 

  
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