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Autore: Carmy_D    13/03/2016    2 recensioni
Red ha da poco compiuto diciott'anni, guadagnandosi il diritto di diventare un allenatore di pokémon, mirando a diventare il migliore del mondo. Purtroppo il suo primo giorno non è dei migliori: dopo un ritardo causato da postumi alcolici, un pokémon starter problematico e una serie di fastidiose difficoltà, Red si renderà conto che essere un allenatore di pokémon non è facile come sembra. Red però non è intenzionato a demordere, e a bordo del suo pick-up si dirige verso la prima città in compagnia di un pokémon indesiderato, un veicolo un po' malconcio e la sua unica determinazione.
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Questa storia nasce come una rivisitazione dei primi due episodi dell'anime "Pokémon", narrato in chiave più matura e più "realistica". Scritta puramente per riadattare la storia dei pokémon in modo da rimuovere tutti quegli elementi improbabili ed esagerati presenti nell'anime. Dei bambini di dieci anni non vengono mandati a piedi nelle terre selvagge, ma dei ragazzi di diciott'anni, terminata la scuola, partono motorizzati a caccia di pokémon.
Genere: Avventura, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Misty, Pikachu, Prof Oak, Red
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime
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NOTE SULL'AMBIENTAZIONE:


Dopo un olocausto nucleare causato da un ultima, violenta Guerra Mondiale, il mondo è diventato un posto totalmente diverso. La popolazione mondiale si è ridotta a circa 50 milioni di abitanti tutti concentrati in poche centinaia di città e paesi sparsi per il mondo a parecchia distanza l'una dalle altre, tra i quali non vi sono altro che terre selvagge e, saltuariamente, piccoli insediamenti. Dopo la Guerra, le armi sono state completamente distrutte e bandite in ogni forma, anche da parte delle forze dell'ordine. Per combattere la piccola criminalità rimasta, vengono utilizzati i Pokémon, curiose creature dalla grande intelligenza che sono capaci di evolversi e assumere forme diverse diventando più forti. La tecnologia moderna ha trovato un modo per inserire i Pokémon in delle sfere di metallo, chiamate Pokéball, all'interno delle quali i Pokémon entrano in una sorta di stasi e ne consente il facile trasporto e controllo. Già da pochi decenni dopo la Guerra, i Pokémon hanno cominciato a vivere in completa armonia con gli esseri umani, apprezzandone la compagnia e ambendo ad essere allentati per diventare più forti.
Questa curiosa propensione dei Pokémon ha dato origine alla professione di Allenatore di Pokémon, ovvero un professionista nell'allenare queste creature per poi farle lottare in competizioni ufficiali, creando di conseguenza il più seguito sport al mondo.



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La signora Bryce osservava fuori dalla finestra della cucina, con ancora i guanti di gomma rosa appena usati per pulire i piatti della cena. Era tardi. Parecchio tardi. Si era lasciata quei piatti da pulire perché sapeva che sarebbe dovuta restare sveglia ad aspettare suo figlio, e non riusciva mai a dormire quando aveva dei servizi da fare in casa. Eppure nemmeno questo stratagemma aveva funzionato, alla fine il nervosismo le aveva imposto di darsi da fare, e nel frattempo suo figlio non era ancora tornato.
Si aggirò per la piccola casa, dirigendosi all'orologio a cucù del salotto. Il piccolo pidgey sbucò da una fessura dell'orologio e aprì le alette di legno emettendo uno squittio basso. Erano le due.
La donna sbuffò esasperata. Suo figlio il giorno dopo avrebbe dovuto svegliarsi di buona mattina per la cerimonia del ritiro del suo primo Pokémon, e lei doveva andarsene di casa ancora prima per i preparativi, non sarebbe potuta restare a svegliarlo.
Ma ormai aveva perso la pazienza, se voleva fare tardi ad un giorno così importante, significa che forse non se lo meritava. Con questi pensieri furibondi in testa, la donna si diresse verso la stanza da letto, si infilò la vestaglia e si mise a letto, addormentandosi all'istante.
Fuori, sulla strada debolmente illuminata dai lampioni, non un anima si aggirava. Solo due ragazzi camminavano sulla via di terra battuta del paesino di Biancavilla. Barcollavano, in realtà.
Erano un ragazzo e una ragazza. Lei aveva i capelli castani portati corti, con una frangetta arruffata sul volto. Portava un paio di orecchini circolari molto piccoli e un piercing al naso. La sua canottiera violetta aperta all'ombelico lasciava poco spazio all'immaginazione, sotto di essa portava dei jeans molto stretti e un paio di logore scarpe da ginnastica, attorno ai polsi diversi bracciali tintinnavano rumorosamente. Dalla tasca posteriore del jeans sbucava un berretto con una grande visiera. Era una ragazza molto carina, anche se in quel momento rideva sguaiatamente aggrappata al ragazzo.
Lui aveva i capelli neri e arruffati, con due grandi occhi color nocciola. Una sottile ombra di barba scura sotto il mento gli dava un aria trasandata. Indossava una maglietta nera sotto una giacca di pelle rossa e bianca. Sotto un paio di logori jeans blue indossava degli scarponcini neri. Intorno alle mani portava un paio di guanti senza dita di colore rosso.
I due ondeggiavano sulla strada reggendosi l'uno all'altro come in preda a uno scarso equilibrio, eppure sembravano entrambi molto divertiti.
«...e-e poi...» stava raccontando il ragazzo, biascicando pesantemente e preso da risa incontrollabili«...e poi lei mi fa: “ah, se fossi un pokémon sarei di sicuro di tipo terra” e io chiedo: “perché?” e lei: “perché per 'battermi' c'è bisogno per forza di un 'pokemon d'acciaio'!”»
La ragazza rise ancora di più, con le lacrime agli occhi «Ma dai! È una cazzata!» disse, senza smettere di ridere.
«Ovvio che è una cazzata! Ma ammetti che è divertente!»
La ragazza riuscì a calmare il suo attacco di risate, ma con un bel sorriso ancora stampato sul volto, si rivolse al suo accompagnatore.
«In realtà sei tu ad essere divertente, Alfred. La battuta non era poi granché.»
Alfred smise di sorridere. La sua faccia divenne scura, anche se forse era solo concentrata per evitare che il proprietario incappasse nei propri piedi.
«Te l'ho già detto. Non devi chiamarmi “Alfred”.»
La ragazza sbuffò leggermente, ma non perse la sua espressione divertita «Ma dai! È il tuo nome! Preferisci forse Al?»
«Per carità, no! Sembra il nome di un cugino fattone o uno zio bifolco.»
«Oh ti prego, non può davvero piacerti essere chiamato...» la ragazza alzò gli occhi al cielo «...”Red”.»
«Perché no?!» Esclamò Red, scandalizzato «È un validissimo diminutivo!»
«Beh, anche a me fa schifo il nome “Mary”. Ma alla lunga ci ho fatto l'abitudine, non ho mica cercato nomignoli idioti.»
Red sollevò un sopracciglio, tornando a sorridere con un evidente rossore sulle guance.
«Ma poco fa non dicevi che sono divertente...?»
Mary rispose sorridendo a sua volta «Beh, forse è l'alcol che fa parlare me, oppure rende divertente te... le possibilità sono parecchie.»
Camminando, Red e Mary raggiunsero la piccola casa dove abitavano lui e sua madre, Delia Bryce.
«Beh...» cominciò Red, avvicinandosi di più a Mary «...magari possiamo coglierne qualche altra di possibilità...»
Mary sorrise maliziosa, fingendo un tono scandalizzato per niente convincente. «Alfred Bryce! Se non ti conoscessi da cinque giorni direi che ci stai provando con me!»
«E anche se fosse?» rispose Red, con aria innocente, ma avvicinandosi ancora di più. I due si erano fermati, e ormai le loro labbra si distanziavano di pochi centimetri.
«...se fosse, direi...» ormai i due si stavano quasi per sfiorare «...che non mi dispiacerebbe... » un attimo prima che arrivassero al contatto, Mary lo bloccò mettendogli una mano sul petto e allontanandosi con un sorriso furbo.
«...ma...!» continuò, parendo divertita dall'espressione sconcertata di Red «...purtroppo sono costretta a rifiutare!»
«M-ma...» boccheggiò il ragazzo, senza smettere di ondeggiare «...perché?!»
Mary tirò fuori il cappello, di colore rosso, dalla tasca e glielo piazzò in testa.
«Domani mattina lo saprai! Ci vediamo per la cerimonia!»
Gli diede le spalle e cominciò ad allontanarsi, trovando evidenti difficoltà a mettere un piede dietro l'altro. Red rimase lì immobile per alcuni secondi, di fronte al vialetto di casa sua.
«Ehi! Hai dimenticato il cappello!» esclamò sperando di vederla tornare, ma lei non si voltò. Sollevò un braccio in segno di saluto e rispose: «Tienilo pure! Ti sta bene!» e girò l'angolo, scomparendo nella notte.
Red si voltò verso casa sua. Le finestre erano tutte spente. Che ore erano? Di sicuro erano passate le due e sua madre era già andata a dormire. Si sarebbe dovuto svegliare da li a cinque ore, ma non sarebbe stato un problema. Sapeva di potercela fare. Ormai era un uomo adulto, da più di quattro mesi, dal giorno in cui aveva compiuto diciotto anni e si era guadagnato il diritto di diventare un Allenatore di Pokémon. Era così emozionato che non sarebbe riuscito a dormire, perciò il problema del sonno non sussisteva minimamente.
Mentre sfruttava tutta la sua concentrazione residua per infilare le chiavi nella toppa di casa, si chiese se anche Mary avrebbe avuto difficoltà. Come lui, la ragazza sarebbe partita il giorno dopo per diventare un' allenatrice.
Il comitato della Lega Pokemon consegnava tre Pokémon ad ogni città ogni mese, permettendo a giovani aspiranti allenatori di ricevere uno dei tre e di mettersi in viaggio per allenarli. Nonostante la frequenza con cui i pokémon venivano inviati, c'era bisogno di passare alcuni test per fare domanda e riceverne il possesso. Red aveva provato i test tre volte, ma alla fine ce l'aveva fatta. Mary invece era passata al suo primo tentativo. Red l'aveva conosciuta il giorno dei test e la disinvoltura con cui aveva scritto e con cui aveva consegnato il suo plico per prima lasciavano trasparire una bravura che Red aveva paura di non poter mai raggiungere. I due avevano stretto amicizia e, per festeggiare il loro ultimo giorno da “non-allenatori di pokémon” avevano deciso di uscire a festeggiare, ma la situazione era lievemente precipitata.
Entrando in casa, Red fu costretto ad aggrapparsi alla ringhiera della scala che portavano alla sua stanza come se stesse abbracciando un genitore che non vedeva da anni. Sua madre non sembrò essersi svegliata, perciò fu con una certa rilassatezza che si accasciò sul letto senza spogliarsi e crollò in un sonno senza sogni.


Quando si risvegliò il mattino dopo, gli sembrava di avere un omino dispettoso all'interno del cervello che martellava contro le pareti del suo cranio.
Aprì un solo occhio. La luce del sole penetrava nella sua iride come un pugnale arroventato. Qualcosa squillava con prepotenza, Red sventolò una mano, sentì un tonfo e lo squillo si interruppe.
La cerimonia... i pokémon... diventare allenatore... beh, di sicuro era presto, forse poteva tenere gli occhi chiusi un altro po'... la testa gli faceva così male...
Pochi secondi dopo gli aprì gli occhi, solo per rendersi conto che non erano passati pochi secondi. Le ombre nella stanza avevano una posizione diversa, il sole doveva essere sorto da un bel po'.
Cosa doveva fare?
«OH CAZZO!»
Balzò giù dal letto in un lampo. Il mal di testa martellante era quasi scomparso, sostituito da un terrore e un'adrenalina pulsante che gli davano l'impressione di poter scalare una montagna. Ringraziando il cielo di essere già vestito, si scaraventò letteralmente fuori di casa, controllando il suo orologio da polso. La cerimonia doveva concludersi mezz'ora prima.
«Merdamerdamerdamerda...!»
Prese a correre più veloce che poteva verso il laboratorio del professor Oak, lo studioso di pokémon che gli avrebbe fornito i loro primi pokémon. Avrebbe dovuto dire addio alla cerimonia, pazienza, ma di sicuro gli altri allenatori sarebbero partiti prima. E lui avrebbe fatto la figura dell'idiota e del menefreghista di fronte a gran parte del paese. Sua madre gli avrebbe di sicuro urlato contro senza mostrare alcun pudore. E soprattutto non avrebbe potuto scegliere il Pokémon che voleva.
Correndo, fece mente locale di quali erano i tre pokémon disponibili: Charmender, Squirtle e Bulbasaur. I pokémon in questione non venivano assegnati, ma era una corsa a chi prima se li accaparrava. Il primo ad arrivare poteva scegliere tra tutti e tre, il secondo era costretto a scegliere tra i due rimanenti, e l'ultimo doveva rassegnarsi a quello che era rimasto. Lui voleva Charmender, il pokémon di fuoco capace di evolversi fino a diventare un fighissimo dragone sputa-fuoco. Dubitava che lo avrebbe trovato... ma Mary aveva detto di volere lo Squirtle, e il terzo ragazzo avrebbe potuto essere una di quelle fighette che hanno paura di sforzarsi, dato che Charmender, dei tre, è il pokémon più complesso da allenare e con cui trattare. Forse c'era qualche speranza.
Raggiunse il laboratorio dopo una decina di minuti di corsa. Era un edificio bianco e rettangolare il cui accesso era possibile attraverso una breve scalinata, dalle pareti spuntavano come enormi radici dei grandi tubi di ferro che andavano a conficcarsi nel terreno. A poca distanza, c'era parcheggiato un piccolo Pick-up rosso scuro a due posti.
In fondo alla scalinata c'era sua madre, visibilmente irritata, intorno c'erano coriandoli e un paio di striscioni, ma nessun altro.
«ALFRED BRYCE!»
Red nemmeno la degnò di uno sguardo mentre saliva la scalinata di corsa.
«Si, sono un idiota irresponsabile, lo so! La ramanzina a dopo, scusa!»
Arrivato alla porta del laboratorio, questa si aprì improvvisamente. Di fronte a lui comparve Mary, con una maglietta a maniche corte di colore viola e un paio diversi di Jeans rispetto alla sera prima, sembrava fresca come una rosa. Gli sorrise con sarcasmo evidente.
«Buongiorno, raggio di sole!»
In quel momento Red si rese conto che anche lei doveva essere nella sua stessa situazione. Assonnata, con postumi epocali e in ritardo. Invece eccola lì, fresca e già con lo zaino in spalla. Red rimase sconvolto da quella immagine per qualche attimo.
«T-tu... come...?»
Mary fece una finta espressione confusa.
«Io cosa?»
«Come fai a... essere...?»
«Sveglia?» rise «Beh, io a differenza tua mi sono fatta un bel pisolino ieri pomeriggio, e inoltre non ho bevuto nulla.»
Red cominciò a sbraitare, furioso.
«Ma che cavolo dici! Siamo andati alla “Grotta di Snorlax” a farci il primo cocktail e poi siamo andati al bar del tuo amico, quello dove hai ordinato sempre tu mentre io ero seduto al... al...»
Si bloccò, sgranando gli occhi con orrore mentre un orribile pensiero lo colpiva come un calcio nei testicoli. Mentre Mary si esibiva in una espressione innocente, Red le puntò contro un dito accusatore.
«TU! Tu mi hai fatto sbronzare! Nei tuoi drink non c'era niente! Eri d'accordo con il tuo amico barista! Tu brutta...»
«Cosa succede qui?»
Una voce profonda interruppe le accuse di Red. Alle spalle di Mary era sbucato un uomo dai capelli grigi, sulla cinquantina. Indossava un camice bianco sopra un abito elegante di colore scuro. Aveva un cipiglio severo rivolto all'indirizzo di Red.
«Mary, vuoi spiegarmi...?» cominciò l'uomo, parlando alla ragazza.
«Niente, zio» disse lei, con naturalezza «Red si è svegliato tardi è ha pensato di dare la colpa a me.»
«ZIO!?» esclamò Red, sconvolto «Tu sei la nipote del professor Oak?!»
«Proprio così» rispose l'uomo, con le sopracciglia sollevate «Adesso ti sarei grato se la smettessi di aggredire mia nipote e ti pregherei di seguirmi, se ci tieni ancora a diventare un Allenatore di Pokemon». Si voltò e rientrò nella struttura.
Red lo seguì puntando uno sguardo di assoluto disprezzo nei confronti di Mary, che gli rispose con uno sprezzante occhiolino.
Schiumante di rabbia, Red entrò nel laboratorio. Era una sala spoglia, piena di macchinari dall'aspetto curioso ma senza un goccio di colore all'infuori del grigio. C'erano computer, scrivanie e sedie di metallo che conferivano alla stanza un aspetto sterile e decisamente triste.
Al centro c'era un piedistallo cilindrico con una cupola di vetro, all'interno la cupola sembrava vuota. Il professor Oak lo attendeva vicino al piedistallo, mentre continuava a fissarlo con sguardo severo.
«Ehm, professore... quale pokémon è rimasto?» chiese, come se fosse una domanda legittima e del tutto naturale, fingendo di guardarsi intorno con curiosità.
«Secondo te?» rispose lui «Vieni a vedere.»
Red si avvicinò. La cupola di vetro si aprì rivelando tre conche in cui sembrava dovessero essere inseriti degli oggetti sferici. Sul fondo di ognuna di queste conche c'erano dei simboli, rispettivamente: una fiammella, una foglia e una goccia. Ma a parte questo, non c'era altro.
«...TUTTI?!» esclamò Red, sconvolto «...m-ma, ho superato il test! Uno dei pokémon spettava a me, anche se arrivavo in ritardo!»
Il professor Oak sospirò, paziente. «Non proprio, il quarto classificato al test ha guadagnato la possibilità di ottenere il suo pokémon in conseguenza al tuo ritardo. Sono le regole della Lega Pokémon, mi dispiace.»
Red sentì come se un macigno gli si fosse formato sul fondo dello stomaco, e non aveva nulla a che fare con i postumi. Cosa sarebbe successo ora? Avrebbe dovuto aspettare il mese prossimo? Ripetere il test? O non sarebbe più riuscito a diventare Allenatore?
«M-ma...!» cominciò a balbettare, ormai ad un punto di esasperazione «...deve esserci qualcosa che lei possa fare! Non saprei... richiedere un quarto pokémon o...»
Il professor Oak sospirò nuovamente, questa volta sembrava un po' ansioso.
«Beh, effettivamente...»
«Cosa? COSA?!» esclamò Red, aggrappandosi al suo camice.
«C'è un quarto pokémon che da un po' di tempo conservo per evenienze simili ma... è un tantino problematico.»
«E una patacca, in pratica» affermò Red, spegnendosi improvvisamente «Ovviamente.»
«No no! A dir la verità...»
«Si, va beh» sbottò il ragazzo, rassegnato «Non ho alternative, no? Vediamo quanto sono messo male, su.»
Il professor Oak non disse nulla. Si limitò a tirare fuori dalla tasca una sfera bianca e rossa, con un pulsante lungo la linea di congiunzione dei due dcolori, e a puntarla verso il piedistallo. Un sottile raggio rosso partì dal pulsante, e un piccolo essere si materializzò improvvisamente.
Red lo fissò, senza nascondere il suo scetticismo misto a lieve terrore.
Era piccolo, parecchio piccolo. Tozzo come una palla e dagli arti talmente piccoli che sembrava impossibile che potesse anche solo spostarsi. Era giallo, simile ad un grosso topo, con le orecchie a punta e un visino coccoloso. Poco sotto gli occhi il pelo era rossiccio, dando l'impressione di un innocuo rossore sulle guance. La sua coda era a zig-zag, come a voler imitare la forma di una saetta.
«Pika-Chu!» Esclamò il pokémon, osservando Red con allegria.
«Lui è un Pikachu» spiegò il professor Oak, mentre Red continuava a fissare il pokémon «Il così detto “topo elettrico”».
Red girò la testa verso il professore, senza cambiare espressione di una sola ruga.
«”Topo elettrico?!”»
«Ehm si...» il professore faticava a nascondere il suo imbarazzo «...è raro che un allenatore cominci con un pokémon di tipo elettro, sono problematici, incostanti e difficili da allenare ma...»
Pikachu intanto fissava Red come se non desiderasse altro che abbracciarlo. Mentre il professor Oak parlava, il Pokémon si gettò tra le braccia del ragazzo con un verso allegro e, improvvisamente, una scarica esplose con una forza inaudita. Red sentì l'elettricità scorrergli per tutto il corpo e i muscoli irrigidirsi per il dolore. Con la rapidità con cui era iniziata, la scarica finì. Lasciando il ragazzo sconvolto e con i vestiti e i capelli leggermente bruciacchiati.
«... oh, ehm...» continuò il professore, accennando ad un sorriso imbarazzato «...sembra che tu gli piaccia...! Di solito i pikachu non si fidano facilmente degli umani.»
«GLI PIACCIO!?» esclamò Red, furibondo, spintonando sul piedistallo il pokémon che squittì spaventato. «E se gli stavo sul cazzo che faceva?! Faceva saltare in aria il laboratorio?!»
«A-ehm, innanzitutto dovresti calmarti...»
«CALMARMI! Ma questo è un disastro! Non posso andarmene in giro con un pokémon che oltre ad essere inutile come un buco del culo sul gomito potrebbe abbrustolirmi quando meno me lo aspetto! Non posso aspettare il mese prossimo?!»
Il piccolo pikachu abbassò le orecchie a punta, visivamente sconsolato
«Beh, dovresti fare richiesta di disdetta, ma queste sono procedure delicate, potrebbe volerci un po'...» spiegò il professore, mantenendo un tono comprensivo «Comunque sappi che i pokémon capiscono la lingua umana, perciò...»
«LO SO BENISSIMO!» esclamò Red, rivolgendo uno sguardo di puro disgusto al pikachu, che sembrò più abbattuto che mai.
«Ascolta....» riprese Oak, questa volta con più decisione «...questo pikachu non sarà facile da addestrare come gli altri tre, ma non esiste un pokémon “debole”. Con l'allenamento qualunque pokémon può diventare forte, inoltre questo pikachu...»
«Si, si! Ho capito!» continuò Red, furibondo. Prese la pokéball dal professor Oak e la puntò verso il pikachu, per rimettercelo. Ma quello, come ripresosi, diede una codata alla mano del ragazzo, che perse la presa sulla sfera e la fece cadere.
Red era sconvolto. Fissava il pikachu come se gli avesse provocato un feroce affronto personale. Il pokémon abbassò la testa colpevole e la scosse freneticamente, con gli occhi serrati.
«Piii!»
«BRUTTO PICCOLO...!»
«Ti prego, calmati!» esclamò il professore, afferrando Red che stava per avventarsi con furia sul piccolo pokémon che ora si era velocemente andato a rannicchiare spaventato in un angolo della stanza. Red si calmò, sistemandosi i vestiti ma senza smettere di guardare il pokémon con rabbia.
«I Pikachu non amano restare nella pokéball! Sono spiriti liberi che odiano restare al chiuso!» spiegò Oak, ormai quasi esasperato.
Red sospirò a occhi chiusi, tentando di calmarsi. Dopo aver mentalmente contato fino a dieci, si rivolse al professore con tono amabile, ma che nascondeva ancora una rabbia repressa.
«Ci sono altri problemi che questo pokémon potrebbe causare?»
«Beh, no, ma...»
«Benissimo.» disse Red, per poi puntare un dito accusatore contro il pikachu, che sobbalzò spaventato. Red poi gli fece cenno di avvicinarsi.
«Coraggio, stupido topo. Se devo per forza portarti in giro è inutile rimandare.»
Pikachu si avvicinò un po' timoroso, con le orecchie basse per lo sconforto. Red ringraziò il professor Oak con una certa fretta e uscì fuori, dove c'era ancora sua madre ad aspettarlo. La donna, di circa quarant'anni ben portati, con gli stessi capelli neri di Red sormontati da un paio di occhiali da sole, inizialmente sembrava irritata, ma alla vista di Pikachu, il suo volto s'illuminò di sollievo.
«Oh, ti hanno dato un pokémon, allora! Meno male... credevo che non avresti potuto più prenderlo.»
Red sbuffò, senza guardare Pikachu che lo seguiva in silenzio.
«Seh... mi sono beccato il fondo del barile.»
Sua madre mise le mani sui fianchi con un espressione accusatoria.
«Beh, forse se qualcuno si fosse ricordata di svegliarsi ad un orario decente, adesso sarebbe già in viaggio con il suo Charmender!»
Red emise un verso esasperato «Devi proprio farmela pesare così, tanto?! Mi dispiace, ok?»
La signora Bryce lo squadrò per un attimo, poi gli consegnò un mazzo di chiavi e quello che sembrava un piccolo libro rosso elettronico.
«Tieni allora. Questo è il tuo pokédex e queste sono le chiavi del pick-up rosso qui davanti. Era di tuo padre ma... beh, non credo che a lui serva dov'è ora.»
Red guardò il pick-up. Era da tradizione regalare un mezzo di trasporto ai giovani Allenatori di Pokémon alla loro prima partenza. Viaggiare per il mondo come allenatore non era una cosa che si poteva fare a piedi.
Red guardò sua madre per un attimo, con sguardo serio, poi la strinse forte in un profondo abbraccio, come non lo faceva da quando era bambino. Sua madre rispose con ulteriore affetto.
«Giuro che mi farò sentire ogni volta che potrò» disse Red, sorridendo a sua madre dopo essersi separato dal suo abbraccio. Lei aveva gli occhi lucidi, ma sorrideva. Gli sistemò amorevolmente la giacca e gli accarezzò i capelli.
«Il mio Alfred... sei diventato proprio grande...» il suo sguardo indugiò poi sulla testa del figlio.
«E questo cappello? Non ricordavo che ce l'avessi...»
Red si mise la mano in testa. Aveva ancora il cappello di Mary. Per un momento gli venne voglia di calpestarlo, ma poi si ritrovò a riflettere... quel cappello gli ricordava quella che ora era una sua rivale, di sicuro molto più brava di lui. Lo avrebbe tenuto, invece. Per avere sempre un monito che non gli consentisse di adagiarsi sugli allori. E poi, specchiandosi sugli occhiali da sole che sua madre aveva sulla testa, notava che gli stava decisamente bene.
«Oh, è un regalo...»
«Capisco» disse sua madre con un sorriso «Beh... buon viaggio allora. Nel pick-up c'è il tuo zaino che hai preparato ieri... mi raccomando, abbi cura di te. E non fumare tanto!»
Si abbracciarono di nuovo, ma questa volta quando si staccarono, Red si diresse lentamente al veicolo salutando con la mano, seguito da Pikachu.
Aprì la portiera, e in quel momento il suo pokémon balzò sul sedile del guidatore per poi posizionarsi su quello del passeggero, sempre con le orecchie basse e in silenzio.
«Che fai?» chiese Red, con un'espressione scura.
Pikachu si voltò ad osservare il suo allenatore sollevando un orecchio «Piii?».
«Tu vai nel cassone» disse, indicando il retro del veicolo. Pikachu prima strabuzzò gli occhi poi scosse freneticamente la testa.
«Piii! Piiika-chu!»
Red inarcò le sopracciglia, infilando una mano in tasca ed estraendo la pokéball.
«Ti lascio decidere. O la sfera, o il cassone. Queste sono le tue alternative.»
Inizialmente, Pikachi osservò la Pokéball, poi guardo Red con espressione supplicante. Ma lui non demorse e continuò a fissarlo severo, perciò il piccolo pokémon scese dal sedile e si arrampicò lentamente verso il cassone.


La strada su cui Red viaggiava era il “Percorso 111”. Una lunghissima strada si terra battuta che in alcuni punti presentava addirittura rimanenze di antico asfalto, ma in molti altri punti attraversava enormi zone steppose o grandi foreste umide. La sua prima tappa era Smeraldopoli, la “città verde”.
Per diventare un allenatore davvero capace, era consuetudine visitare le città di tutta la regione e affrontare i rappresentanti delle palestre pokémon di ognuna di queste città, i cosiddetti “Capipalestra”. E così Red aveva intenzione di fare, voleva diventare il più forte allenatore del Kanto, e poi di tutti il mondo!
Ma, osservando nello specchietto retrovisore il piccolo Pikachu rannicchiato in un angolo del cassone, si disse che prima bisognava catturare un pokémon decente.
Pikachu si accorse di essere fissato, e si avvicinò al finestrino posteriore aperto. Mettendosi si due zampe tentò di avvicinare il muso all'abitacolo.
«Pika-pii?» chiese, tristemente. Red, premette un pulsante sul cruscotto e il finestrino si chiuse. A quel punto Pikachu sembrò abbandonare la sua timidezza e prese ad esclamare rabbiosamente.
«Pika-chu! Pika! Pika-pii!!»
Red alzò il volume dello stereo, e cominciò a cantare ad alta voce sulle note della sua playlist hard-rock, tamburellando rumorosamente le dita sul volante, finché le lamentele di Pikachu non furono solo un ronzio lontano.
Il viaggio sarebbe stato lungo, puntava di arrivare a Smeraldopoli per il tardo pomeriggio, ma forse sarebbe riuscito a ritagliare un paio d'ore in qualche zona selvaggia per tentare di catturare qualche pokémon. A Smeraldopoli non c'erano palestre di Pokémon, ma sarebbe stata una buona idea cominciare a preparare una buona squadra da mettere in campo, possibilmente. All'orizzonte purtroppo non si vedeva altro che grandi praterie sterili e qualche albero solitario. Fortunatamente ogni due o tre chilometri un cartello segnalava la continuazione del percorso, altrimenti di sicuro Red si sarebbe perso in meno di venti minuti.
Infilò la mano nella tasca interna della giacca e tirò fuori un pacco di sigarette, afferrandone una con le labbra. Si guardò intorno, alla ricerca dell'accendino. Tastò tutte le sue tasche per poi trovarlo sul retro dei jeans, chissà come.
Si accese la sigaretta con lo sguardo basso e, quando lo risollevò, si rese conto che si stavano avvicinando ad una grande foresta il cui verde intenso si stagliava con un certo contrasto con l'azzurro intenso del cielo limpido.
Eccola, la prima tappa del suo viaggio per diventare un Allenatore di Pokémon. In quella zona selvaggia di sicuro c'erano una marea di pokémon interessanti da catturare... non stava più nella pelle! Premette il piede sull'acceleratore, facendo sobbalzare parecchio il pick-up sulla strada dissestata. Pikachu ballonzolò come una pallina di gomma all'interno del cassone, ma Red non ci badò minimamente.
Avvicinandosi alla foresta, la strada divenne un sentiero ancora più impervio. Alberi enormi e fiumiciattoli ricoprivano la zona. Mentre si addentrava sempre di più nel verde, Red notò che ogni tanto il sentiero attraversava un ponte di pietra sopra una zona paludosa o sopra un laghetto umido. Quando ormai era all'interno della foresta da più di quindici minuti di strada, decise di accostare in una piccola radura e di scendere.
Si stiracchiò, provato dal viaggio. Mise lo zaino in spalla, assicurandosi di avere sufficienti pokéball, e cominciò a camminare. Uno zampettare alle sue spalle lo mise in allarme. Si voltò.
Pikachu era sceso dal cassone e si apprestava a seguirlo. Red lo fissò con rimprovero.
«No. Tu resta qui.»
Non aveva voglia di badare anche a Pikachu oltre che a se stesso, sarebbe stato meglio se il pokémon fosse rimasto a pisolare sul veicolo, magari ponderando l'idea di levarsi dai piedi.
Pikachu fece una faccia imbronciata e si avvicinò frettoloso. Raggiunse le spalle di Red ed estrasse qualcosa da una tasca dello zaino.
«EHI! Ridammelo!»
Tra i denti Pikachu reggeva il piccolo libro elettronico di colore rosso. Red lo riconobbe come il pokédex.
Se n'era quasi dimenticato. Il pokédex era il mini computer portatile capace di fornire informazioni sui pokémon in cui ci si poteva imbattere nelle zone selvagge, e che gli era stato consegnato per registrare dati che venivano inviati al laboratorio a Biancavilla.
Red quasi non credeva di essersene dimenticato. Quella che Pikachu ora aveva tra le fauci era anche la sua fonte di sostentamento economico: i laboratori di pokemon delle varie città pagavano gli allenatori in viaggio affinché potessero effettuare una catalogazione dei pokémon della regione in cui operavano. I pokémon erano creature in costante movimento e in frequente evoluzione, tenere una catalogazione precisa in tempi come quelli era piuttosto difficile, per questo gli studiosi approfittavano dei viaggi degli allenatori per raccogliere dati, in cambio, gli allenatori venivano pagati consentendo loro di continuare a viaggiare. Tra questi laboratori quello di Biancavilla non faceva eccezione.
Inizialmente Red pensò che Pikachu puntasse a rubargli il pokédex, in realtà non fece minimamente resistenza quando lui glielo sfilò di bocca. Cominciò a trafficarci mentre Pikachu lo fissava. Trovato il tasto di accensione, una voce robotica giunse dal pokédex.
«Questo pokédex appartiene ad Alfred Bryce, di Biancavilla.»
Una sua foto-tessera comparve sullo schermo. Red premette una delle quattro freccette sul pannello comandi.
«All'interno del pokédex vi sono conservati molti pokémon con tutte le informazioni attuali conosciute a riguardo. Per ottenere informazioni su un pokémon basta puntarlo con la telecamera e il pokédex fornirà le informazioni necessarie. Se volete catturare un pokémon, è consigliabile prima indebolirlo facendolo combattere con un altro pokémon»
Red fissò Pikachu, che aveva le orecchie dritte e una espressione eloquente con sopracciglia sollevate, così umana da risultare inquietante.
«Qui dice “è consigliabile”! Sai che vuol dire? Che me la posso cavare anche da solo. Torna nel cassone, io tra un paio d'ore tornerò con una marea di nuovi pokémon fortissimi, così capirai cosa significa essere davvero un buon pokémon».
Lasciando Pikachu a lanciare scariche rabbiose contro il terreno, Red si allontanò nella foresta con passo deciso.
Camminò per alcuni minuti, guardandosi intorno. La foresta era silenziosa, per un attimo gli sembrava di sentire dei rumori, ma che poi si rivelavano essere il soffio pigro del vento o lo scrosciare dell'acqua. Eppure quel posto sembrava selvaggio al punto giusto. Forse i pokémon avvertivano la presenza di un allenatore?
Dopo un po' la situazione si fece frustrante. Red camminava da circa mezz'ora, faticando per mantenere l'orientamento. Si sedette poi esausto su una pietra, togliendosi il cappello e massaggiandosi la nuca in un gesto impaziente. Rimase sul sasso a pensare a diversi modi per come attirare un pokémon, quando un fruscio lo costrinse a voltarsi alla sua sinistra.
Vicino ad un albero, tra le foglie cadute, c'era una piccola creatura marroncina, simile ad un bruco. Aveva piccoli piedini tondi e un grosso naso ovale di colore rosa. Tra i piccoli occhietti neri c'era un corno bianco dall'aspetto affilato.
Eccitatissimo, Red tirò fuori il Pokédex, lo accese e lo puntò contro il pokémon. Il computer parlò immediatamente.
«Weedle, Pokémon Millepiedi. Vive nei prati o nei boschi, dove si nutre di foglie. Il suo pungiglione inietta un veleno capace di provocare fastidiosi dolori ad un uomo adulto per diverse ore.»
Il weedle fissò Red con curiosità. Lui si mosse con cautela, rimettendo il Pokédex in tasca. Il piccolo pokémon non sembrava minimamente spaventato, perciò Red pensò di agire in maniera tempestiva.
«AH!»
Lanciò una pietra contro il weedle, ma questi riuscì ad evitarlo. Spaventato, il pokémon si voltò e cominciò a strisciare a gran velocità tra due alberi, veloce come un serpente.
«Oh, ma dai!» esclamò Red, rimettendosi il cappello e gettandosi all'inseguimento. Le radici degli alberi erano insidiose, perciò ogni tanto Red era costretto a rallentare per evitare di rimetterci l'osso del collo, fortunatamente il weedle non era veloce quanto lui, perciò fu con poca difficoltà che riuscì a stargli dietro.
Il pokémon continuava a strisciare infilandosi sotto le radici e oltre i cespugli, Red lo inseguì per circa cinque minuti quando il weedle raggiunse una radura con un grande albero dalle possenti radici. Si infilò tra le radici, andando verso un vicolo cieco, per poi voltarsi verso l'allenatore.
«Eh eh...» ridacchiò Red soddisfatti, estraendo una Pokéball «adesso sei mio, piccoletto.»
Ma weedle non sembrava più spaventato, anzi, appariva molto sicuro di se. Sollevandosi ben dritto, il pokémon puntò lo sguardo verso l'alto, come a voler suggerire a Red di dare un'occhiata.
Il ragazzo guardò verso l'alto.
Tra i rami, diversi bozzi ambrati erano attaccati alle cortecce come grotteschi bubboni pulsanti, ma soprattutto, lì tra le fronde c'erano decine e decine di pokémon dello stesso tipo.
«Porca put...»
Erano simili ad enormi api, alte quasi un metro l'una. I loro brillanti occhi rossi erano puntati tutti su Red, le grandi ali da coleottero fremevano rabbiose come un terrificante applauso eccitato.
Avevano solo quattro zampe, ma quelle anteriori disponevano di due aculei dall'aria affilata e molto resistente.
Molto lentamente, Red prese il Pokédex e lo puntò verso l'alto. Quello rispose con la solita precisione.
«Beedrill. Pokémon Velenape. Lo stadio evolutivo finale di Weedle dopo Kakuna. Generalmente poco aggressivi, i beedrill possono diventare molto feroci se la prole viene messa in pericolo. Una sola puntura è sufficiente per uccidere un uomo adulto. Più punture contemporaneamente sarebbero capaci di uccidere un Venusaur»
Le ali dei beedril frinirono sempre più forte, alcuni di loro planarono su dei rami più in basso. Nessuno di loro distolse lo sguardo da Red.
Lui ripose lentamente il Pokédex, poi cominciò a indietreggiare ancora più lentamente, tentando di non muoversi in modo da agitare quello sciame di pokémon assassini. Cominciò a sudare freddo, e avvertì come una mano d'acciaio che gli stringeva con forza le viscere.
«Beh ehm... è s-stato un vero piacere...!» Annunciò, sorridendo e sollevando una mano in segno di saluto. «Sono contento di aver riaccompagnato il vostro cucciolo a casa. Si era perso, poverino... ma per fortuna abbiamo ritrovato la strada! È bastato seguire quel... terrificante... rumore di ali...»
Alcuni beedrill si librarono in volo, avvicinandosi a Red. Il ragazzo indietreggiò sempre più velocemente, fino a quando non si rese conto che ormai agire con calma era del tutto inutile. Si voltò e prese a correre.
Immediatamente tutto lo sciame di beedrill calò dagli alberi come un unico pokémon, gettandosi all'inseguimento dell'intruso con gli aculei ben puntati in avanti, accompagnati da un assordante battito d'ali che ruggiva tra i rami della foresta.
Red corse, veloce come mai aveva fatto in vita sua. A terrorizzarlo quanto lo sciame di beedrill incazzati, c'era anche la non così remota possibilità di inciampare in una radice e spaccarsi la testa, ma se doveva scegliere se morire senza accorgersene per il cranio spappolato contro una corteccia e ridotto a groviera da uno sciame di pokémon velenosi... allora avrebbe optato per la corteccia tutta la vita.
Fortunatamente Red era un buon corridore. Riuscì a evitare alberi bassi, cespugli e rami mentre correva. Ma i beedrill non accennavano a rallentare. Sentiva le loro ali fendere l'aria alle sue calcagna, ma non osava voltarsi perché non voleva sapere quanto realmente erano vicini. Probabilmente sarebbe stato preso ancora di più dal panico.
Pikachu, intanto, era raggomitolato sul cassone del pick-up del suo allenatore, con le orecchie basse e estremamente sconsolato. Ogni tanto sospirava, con aria triste.
Improvvisamente, un suono curioso attirò la sua attenzione. Sollevò le orecchie appuntite e levò la testa. Si voltò verso la fonte del rumore: la direzione in cui poco prima era andato Red.
Era un urlo, qualcuno stava gridando a pieni polmoni senza riprendere fiato. Pikachu aveva una vaga idea di chi potesse essere. E infatti, dagli alberi comparve il suo allenatore, che correva come se avesse il diavolo alle calcagna.
«TOPO!» gli urlò. Pikachu in quel momento si rese conto del motivo per cui il suo allenatore stava correndo. Annunciati da un terrificante frinire di ali, uno sciame di beedril sbucò dal fondo degli alberi, all'inseguimento di Red.
Pikachu squittì terrorizzato.
«PRESTO! NELL'ABITACOLO!»
Il pokémon eseguì immediatamente, infilandosi in uno dei finestrini lasciati aperti del pick-up e osservando il suo allenatore che, probabilmente ora che non era più intralciato da radici e piante, riuscì a distanziare di parecchio lo sciame.
Red si scaraventò in macchina, chiuse la portiera e urlò: «PRESTO! I FINESTRINI!»
Pikachu cominciò a muovere la manovella sulla portiera, sollevando il finestrino, Red fece lo stesso, mentre i beedrill erano ormai addosso al pick-up. Uno dei loro pungiglioni s'infilò nella fessura tra il finestrino e la portiera, a pochi centimetri dalla tempia di Red, che continuò a sollevare il vetro, costringendo il beedril a sospendere il suo attacco e a ritirare il pungiglione.
Anche se la loro preda era ben protetta, i beedrill non sembravano avere intenzione di demordere. Continuarono a colpire il veicolo con i pungiglioni con tutta la forza che avevano. Il tettuccio in poco tempo si ricoprì di bozzi come colpito da una potente tempesta di grandine. Qualche punta dei pungiglioni cominciò a farsi spazio tra le lamiere. I vetri cominciavano a creparsi, non sarebbero rimasti integri per molto.
Immediatamente, Red mise il veicolo in moto, innestò la marcia e premette l'acceleratore a tavoletta. Il veicolò partì rombando, investendo alcuni dei pokémon e stridendo sul percorso sterrato. I beedrill continuarono a inseguire il veicolo con ostinazione assassina.
«È TUTTA COLPA TUA!» esclamò Red a Pikachu, mentre stringeva il volante così forte che le sue nocche erano diventate bianche. «SE FOSSI STATO UN POKÈMON DECENTE ORA NON SAREMMO IN QUESTA SITUAZIONE!»
Pikachu sembrava esterrefatto. Rispose con lo stesso vigore del suo allenatore.
«PIKA-PI! PIKA! PIKA-CHU!»
«BEH, NON MI SEMBRA UNA VALIDA CONTROARGOMENTAZIONE!»
La strada era piena di curve, che lo costringevano a tenere un andatura non proprio adatta per sfuggire ad uno sciame di beedril assassini. Purtroppo quello era il meglio che poteva sperare di fare, non era esattamente un guidatore provetto.
Alla sua sinistra, tra gli alberi, notò una piccola rupe che sembrava dare su un fiume. Il sentiero girava in quella direzione, ma Red prese la curva troppo velocemente, e il grosso pick-up non riuscì a tenere la strada, finendo a urtare violentemente la fiancata contro un albero. Red e Pikachu furono sballottolati violentemente nell'abitacolo. L'allenatore tentò di rimettere velocemente in moto, ma il motore si sforzava con sofferenza per poi arrestarsi a ogni tentativo.
«OH, MA DAI!»
E tutto ricominciò. I beedril si avventarono nuovamente sul veicolo con tutta la loro furia. Pikachu si prese la testa e cominciò a tremare.
Red osservò oltre lo sciame. Il fiume era vicino. Era la loro unica possibilità. Disperato, rovistò nel cruscotto. Estraendo una bomboletta di insetticida. Poi si tastò tutte le tasche della giacca.
«MA DOVE CAZZO L'HO MESSO?!»
Uno dei finestrini si spaccò. Il braccio di un beedril si agitava violentemente nell'abitacolo, sfiorando di poco Pikachu che cominciò ad dibattersi preso da puro terrore.
Red riuscì finalmente a trovare l'accendino nel porta monete del pick-up. Pensando a sua madre che gli diceva che il fumo lo avrebbe portato nella tomba, Red si preparò al suo contrattacco.
«Presto! Sulla mia spalla!» disse a Pikachu. Il piccolo pokémon eseguì immediatamente, aggrappandosi con le unghiette alla giacca bianca e rossa.
Red sollevò la leva della portiera e le diede un calcio che la spalancò con un boato, alcuni beedrill furono sbalzati via, ma gli altri si gettarono su Red e Pikachu come impazzite di rabbia.
Red sollevò l'accendino d'avanti alla bomboletta e premette sullo stoppino.
Una fiammata esplose dalla punta dello spray, alcuni beedrill presero fuoco, gli altri si allontanarono, terrorizzati. Red uscì fuori dal pick-up con la bomboletta e l'accendino ben sollevati e Pikachu ancora sulla sua spalla. Ogni tanto faceva partire un'altra fiammata, per spaventare i pokémon che sembravano estremamente innervositi ma per niente intenzionati a fuggire.
Red era costretto a sparare una vampata ogni volta che poteva, perché il beedrill gli erano ancora addosso. Ormai fuori da veicolo, Red abbassò velocemente le sue armi improvvisate, si voltò e prese a correre più veloce che poté verso il fiume.
Ormai quasi al bordo del crepaccio, si rese conto che gli aspettava un volo di almeno dieci metri prima di toccare l'acqua. Ma, mentre sentiva lo sciame di beedrill che gli ronzava alle calcagna, si disse che aveva una scelta abbastanza limitata. Con la coda dell'occhio si rese conto che Pikachu stava violentemente scuotendo la testa, mentre squittiva terrorizzato. Non ebbe tempo per pensare cosa volesse.
Il terreno gli mancò sotto le scarpe da ginnastica. La sensazione di vuoto nello stomaco fu quasi nauseante mentre precipitava nel vuoto. Pikachu si aggrappò con le unghiette alla sua giacca con tutta la forza che aveva.
L'urto con l'acqua arrivò molto più tardi di quanto si aspettasse.


Red non era l'unico allenatore di pokémon nei paraggi, anche se era di certo l'unico inseguito da uno sciame di coleotteri impazziti. A poca distanza, sulla riva opposta di quel fiume, c'era una ragazza.
Era una figura bassa e esile, ma che era comunque capace di incutere una certa curiosità. Aveva i capelli rossi come fuoco, rasati sul lato sinistro e raccolti in una piccola coda sul lato opposto della testa. Aveva le orecchie ricoperte di piccoli piercing, compreso uno attorno al labbro inferiore, uno piccolo al naso e uno all'ombelico. In tutto il suo vestiario non c'era una sola goccia di colore: indossava una giacca di pelle nera con un top bianco che lasciava scoperto il ventre. I suoi aderenti pantaloni di pelle nera terminavano con un paio di scarponi neri che le raggiungevano quasi il ginocchio. Intorno alle dita indossava alcuni anelli d'acciaio.
Tra le labbra rosse reggeva un piccolo filtro di spugna mentre, seduta a gambe incrociate sulla riva del fiume, era concentrata a rullare una sigaretta puntando i suoi grandi occhi azzurri sulla cartina e il tabacco nelle sue mani.
Alle sue spalle, su un sentiero, era parcheggiata una moto da corsa di colore nero con un porta bagagli sulla coda. A un metro da lei, invece, una lunga canna da pesca era infilata saldamente nel terriccio, con la lenza che cadeva pigramente nell'acqua. La ragazza non ci stava badando chissà quanto, ma nel momento in cui la lenza cominciò a vibrare in modo strano, lei sollevò lo sguardo, lasciò tabacco e sigaretta e afferrò la canna saldamente tra le mani.
Qualsiasi cosa avesse preso, doveva essere parecchio grosso, perché tirava come un forsennato. Inizialmente ne fu compiaciuta, ma la sua espressione cambiò quando dal fiume non spuntò un pokémon acquatico, ma un ragazzo.
Red sbucò dall'acqua boccheggiando, con l'amo infilzato nella giacca. Si aggrappò con decisione al bordo del fiume, tirandosene fuori frettolosamente e reggendo Pikachu con la mano sinistra per la coda. Red si tirò via l'amo senza badarvi troppo per poi stendersi sulla schiena, ansimante e ancora sconvolto. Vicino a lui, Pikachu era seduto sull'erba, anche lui con il fiatone e con le macchie rosse sulle guance che ora erano di un preoccupante rosa pallido.
La ragazza, in tutto ciò, era rimasta così esterrefatta da non riuscire a proferire parola.
«Ehilà.» disse Red, sollevando appena un braccio fradicio ma senza smettere di guardare il cielo.
«Grazie dell'aiuto. Solo... la prossima volta evita di infilarmi un uncino nella schiena, davvero.»
La ragazza aveva ancora la bocca semi aperta e gli occhi sbarrati, ma riusci finalmente a parlare.
«T-tu sei un allenatore...!»
Red le rivolse finalmente lo sguardo «In carne ed ossa. Mi chiamo Red. Vuoi un autografo?»
«No!» esclamò la ragazza, ora curiosamente irritata «Vorrei solo sapere chi cazzo ti ha insegnato a prenderti cura di un pokémon! Jack lo Squartatore?!»
Red si mise seduto sul terreno, sfilandosi il cappello e strizzandolo per farvi uscire l'acqua. Volse il suo sguardo a Pikachu, ancora seduto sul terreno che ansimava.
«È solo un po' stanco. Un paio di bacche, un riposino e tornerà a rompermi i coglioni.»
«DEFICIENTE!» urlò lei, mentre sembrava trattenere l'impulso di picchiarlo. «Pikachu è un pokémon elettrico! E lo hai appena fatto stare ammollo nell'acqua! Se non trovi subito un dottore ci resta secco!»
Red si voltò di nuovo verso Pikachu, che proprio in quel momento si accasciò su un fianco e chiuse gli occhi, perdendo i sensi.
«AH, MERDA!»
Red prese in braccio Pikachu, rendendosi conto che il suo pokémon respirava appena. Si voltò di nuovo verso la ragazza.
«Dove...?»
Lei puntò un dito verso il sentiero. «Smeraldopoli è a due ore di cammino da quella parte, ma...»
Red non volle sapere altro. Scattò verso la moto mettendo Pikachu nel piccolo porta bagagli, afferrò le chiavi che fortunatamente erano state lasciate nel quadro, diede gas e partì sfrecciando sul sentiero.
«EHI!» urlò la ragazza «QUELLA È LA MIA MOTO, STRONZO!»
«Scusa!» rispose Red «Giuro che te la riporto!»
Sentì una serie di pesanti insulti alle sue spalle, la maggior parte rivolti a sua madre, ma Red non vi badò, doveva raggiungere Smeraldopoli il prima possibile.
Detestava quel pokémon, ma era una sua responsabilità. E anche se Red lo aveva trattato un po' da stronzo, lui amava tutti i pokémon, e non avrebbe permesso che uno di loro morisse senza fare qualsiasi cosa in suo potere per salvarlo.
Inoltre... quel Pikachu ormai gli si era affezionato. Red si rese conto che i beedrill che volevano ucciderlo ce l'avevano solo con lui, Pikachu avrebbe potuto semplicemente andarsene, lasciarlo solo, e lui di sicuro si sarebbe salvato. Invece aveva deciso di continuare a restare con lui, a beccarsi gli attacchi dei coleotteri infuriati e un tuffo nell'acqua che ora lo stava quasi per uccidere.
Mentre guidava, Red si rese conto di quanto avesse davvero responsabilità di quello a cui era successo a Pikachu, e un senso di colpa bruciante sembrò alimentarlo come una scossa elettrica. Il sentiero era impervio e sconnesso, perciò la moto non riusciva a tenere bene la strada. Nonostante ciò Red dava al veicolo più gas che poteva.
Seguì il sentiero per circa dieci minuti. Quando finalmente uscì dal bosco ormai era sera, e alla fine di una lunga strada sterrata intravide le luci di una città.
«Ci siamo! Pikachu, questo è un ordine del tuo allenatore, ti PROIBISCO di crepare!»
Non arrivò alcuna risposta da Pikachu, ma un altro suono giunse alle orecchie di Red, un suono tremendamente familiare.
Diede un'occhiata allo specchietto retrovisore e li vide: lo sciame di beedrill era tornati, più feroce che mai.
«EH DAI PERÒ!»
Red diede ancora più gas alla moto. Fortunatamente lo sciame non riuscì a stargli dietro su quella strada sterrata ben dritta, perciò distanziarli fu facile. Ormai la città era vicina. Ma il destino si diverte a giocare brutti scherzi nei momenti davvero peggiori.
Una buca fece sobbalzare la moto mentre Red era distratto nel guardare nello specchietto retrovisore, il veicolo sobbalzò e il suo guidatore non riuscì più a mantenerlo in equilibrio. Red fu sbalzato in avanti, mentre la moto crollava sul fianco, spingendo Pikachu lontano.
Tentò di atterrare sui piedi, ma la spinta era troppa. Avvertì un dolore terribile alla caviglia e si ritrovò a strisciare nella terra.
Cercò immediatamente di alzare lo sguardo. Pikachu era di fronte a lui, ancora steso su un fianco, proprio tra Red e lo sciame di beedrill che ormai era vicinissimo.
«Cazzo!» esclamò Red rabbioso, tentando di rialzarsi. Sarebbero morti entrambi, di sicuro. Davvero niente male come primo giorno da Allenatore di Pokèmon. Tentò di trascinarsi verso Pikachu che, in quel preciso momento, si alzò lentamente.
Red ne fu sconvolto. Era incredibile che si reggesse ancora. Era rivolto verso lo sciame di beedrill che frinivano furiosi. Pikachu non sembrò minimamente aver intenzione di scappare.
Red avvertì una goccia d'acqua sulla guancia, annunciando la pioggia. Osservò il suo Pikachu inspirare profondamente, come se si stesse preparando ad urlare.
«Piikaaah...»
Poi strinse i pugni di fronte a sé, e la luce esplose violentissima, come milioni di fulmini che squarciavano il cielo, come il sole.
«...CHUUU!»
Il bagliore fece lacrimare gli occhi di Red, che non riuscì a vedere quello che accadde. Ma per alcuni secondi un rosso intenso si staglio dietro le sue palpebre chiuse. Quando non sentì più il rumore graffiante dell'elettricità e un nauseante odore di bruciato colpì le sue narici, aprì di nuovo gli occhi.
Pikachu era di nuovo steso sul fianco. Intorno a lui, i beedrill erano riversi per terra, immobili e per la maggior parte completamente carbonizzati. Poco lontano, la moto della ragazza aveva preso fuoco.
Red riuscì a tirarsi su con molta fatica, mentre la pioggia cominciava ad aumentare d'intensità. Raccolse il suo Pikachu e lo avvolse nella sua giacca. Non respirava e aveva gli occhi chiusi. Le sue guance una volta di un rosso vivido ora erano quasi bianche.
Red non perse altro tempo, prese a zoppicare quanto più velocemente possibile la sua caviglia gli consentisse. Raggiunse la città zoppicando vistosamente dopo circa dieci minuti, quando ormai la pioggia cadeva fitta. Un cartello diceva “Benvenuti a Smeraldopoli”.


Nel centro pokémon di Smeraldopoli c'era un aria tranquilla. Il banchetto delle informazioni sulla parte opposta della porta d'entrata era vuoto, tranne per una giovane donna sui trent'anni, con i capelli castani raccolti in un cappello bianco e gli occhi scuri, era vestita da infermiera.
La donna, osservando la porta scorrevole di vetro che dava sulla strada, distinse una figura arrancare dall'oscurità. Le fotocellule della porta si attivarono e quella scorse di lato, lasciando passare un ragazzo completamente fradicio che reggeva un fagotto tra le braccia.
«Presto! Un dottore, vi prego!» esclamò Red, terrorizzato.
L'infermiera, senza nascondere la sua preoccupazione alla vista di Pikachu, afferrò rapidamente una cornetta ed esclamò velocemente alcuni ordini al telefono: «Abbiamo un pikachu ferito, sembra grave!»
Quasi immediatamente, un piccolo gruppo entrò da una porta laterale, reggendo una piccola barella. Erano due infermieri e un dottore con un paio di occhiali sottili sul naso. I tre si avventarono su Red con molta fretta e gli strapparono Pikachu dalle mani, per poi metterlo sulla barella e tornare da dove erano venuti. Red tentò di seguirli, mentre il dottore analizzava velocemente il suo pokémon.
«Pikachu, maschio. Età compresa tra i tre e i cinque anni. Probabile stato di sottocorrente.»
Uno degli infermieri lo bloccò prima che potesse attraversare la porta.
«Mi spiace, non può venire con noi. Lei deve restare qui.»
«No, senta... quello è il mio pokémon e...»
«Lo capisco, ma non può fare nulla per lui. Sarebbe solo d'intralcio.»
Non aggiunse altro. Seguì i suoi colleghi oltre la porta, finché le voci allarmate non scomparvero in lontananza. L'infermiera gli si avvicinò e gli mise una mano sulla spalla.
«Signore, devo farle compilare alcuni moduli e poi... le conviene sedersi e aspettare. Lo so che può essere difficile ma non c'è nient'altro che può fare.»
Red rimase in piedi a guardare la porta oltre la quale il suo pikachu era scomparso. Se fosse morto sarebbe stata solo colpa sua, e l'ultima cosa che avrebbe sentito dal suo allenatore sarebbero stati solo insulti. Non se lo sarebbe mai perdonato se fosse davvero accaduto.
Dopo aver rapidamente compilato alcuni moduli al banco informazioni, Red si diresse verso una delle panche d'aspetto trascinando il piede, a fatica. Si sedette con un gemito dolorante, appoggiò i gomiti sulle ginocchia e fissò il pavimento, senza guardarlo davvero.
Il tempo sembrò non passare mai. Un orologio bianco sopra il banchetto informazioni muoveva le sue lancette con una lentezza tale da sembrare quasi immobili. Rimase lì, a fissare il nulla, tremando da capo a piedi. Ogni tanto l'infermiera sistemava alcune pratiche, faceva una telefonata o controllava qualcosa al computer. Red non sapeva se lei si stesse tenendo aggiornata sulle condizioni del suo pikachu, ma non osò chiedere.
Il tempo passò lento come un giorno di scuola, ma più angosciante. Non era possibile che Red fosse li ad aspettare da solo un'ora... un'ora e mezza... due ore...
Poi, dopo due ore e mezza, il dottore che aveva accompagnato Pikachu poco prima entrò nella stanza. Red alzò subito lo sguardo. Sul camicie, il medico indossava un grembiule da operazione compreso di cuffietta, bavaglio e guanti di gomma che, Red notò con orrore, erano pesantemente insanguinati.
Abbassò il bavaglio, dietro le lenti dei suoi occhiali la sua espressione era indecifrabile.
«Signor Bryce...?» disse a Red, che si alzò come se qualcuno gli avesse dato la scossa, ignorando il dolore alla caviglia.
Il dottore lo fissò per qualche secondo, in silenzio.
«Vivrà. Ora sta riposando, entro domani mattina sarà già capace di rimettersi in viaggio.»
Red sentì il cuore alleggerirsi e l'aria riempirgli i polmoni, crollò sulla panca, avvertendo sulle spalle tutta la fatica e la stanchezza che fino a quel momento sembravano inesistenti.
«Quando posso entrare a vederlo?» chiese al dottore, che si stava avvicinando.
«Anche ora se vuole, ma è sotto sedativi.»
«Mi accompagni.»
Red si alzò e si diresse verso la porta da cui Pikachu ancora non era uscito, seguito dal dottore. Questi lo accompagnò lungo un corridoio spoglio con porte numerate. Raggiunta la numero dodici, il dottore si fermò e aprì la porta, Red entrò.
Era una stanza piccola, dai pavimenti e pareti bianche. C'erano solo due sedie di ferro, un cassettone e un lettino sul fondo della stanza, troppo piccolo per un umano. Su questo, collegato a diversi macchinari e con un piccolo respiratore sul muso, c'era Pikachu, privo di sensi.
Red si avvicinò lentamente. Oltre al respiratore, aveva diversi cerotti sulla fronte ai quali erano fissati dei cavi collegati ad un curioso macchinario, con uno schermo pieno di numeri, manopole e su cui era inciso il simbolo di una saetta. Infine, il pokémon aveva un grande cerotto chirurgico nel punto in cui c'era lo sterno. Il suo respiro era regolare e, a giudicare dai battiti segnati sul rilevatore cardiaco, sembrava essersi ripreso.
Red si sedette sulla sedia di ferro, e continuò a guardare il suo pokémon, senza dire nulla. Il dottore rimase alle sue spalle, immobile. Era ovvio che voleva dirgli qualcosa, ma che gli stava lasciando un minuto per assimilare la notizia. Dopo qualche minuto, infatti, prese a parlare.
«Signor Bryce, io sono il Dottor Hanson, permette qualche parola? Oh, no no... resti pure seduto»
Red aveva fatto per rialzarsi, ma il dottore, notando la sua caviglia, glielo impedì.
«Si, certo... dica pure.»
«Ecco...» il medico sollevò la sua cartella medica e la sfoglio distrattamente «... mi piacerebbe sapere cosa è capitato al suo pikachu.»
«Beh, siamo stati attaccati.»
Il dottore sollevò lo sguardo dalla cartella. «Attaccati?»
«Già...»
Red prese a raccontare di come aveva cercato di catturare il weedle, di come si era imbattuto nello sciame di beedrill e della loro fuga. Disse tutta la verità, compreso il fatto che aveva lasciato Pikachu al pick-up invece che portarlo con sé, e che si era buttato in acqua di sua volontà senza pensare alle debolezze del suo pokémon. Giungendo alla fine del racconto, Red si rese conto che mentre parlava era come se un grosso peso stesse lentamente scomparendo dallo stomaco.
«... a quel punto l'ho preso in braccio, cercando di ripararlo dalla pioggia, e sono arrivato a Smeraldopoli. Una poliziotta mi ha indicato la strada per il Centro Pokémon e... beh, il resto lo sa.»
Il dottor Hanson sembrò estremamente interessato al racconto, durante il quale sembrava essersi trattenuto dal fare domande.
«Quindi... il suo pikachu è riuscito a tramortire lo sciame di beedrill prima di svenire?»
Red sbuffò divertito «Non li ha tramortiti. Li ha letteralmente carbonizzati. Alcuni non sembravano altro che poltiglia nera.»
Hanson rimase in silenzio per alcuni secondi.
«E i beedrill quanti erano?»
«Beh, non mi sono certo messo a contarli, ma potevano essere una ventina, forse anche trenta.»
Il dottore sembrava esterrefatto. Osservò prima Red, poi Pikachu e poi di nuovo Red. Afferrò la seconda sedia e vi si sedette, appoggiando i gomiti alle ginocchia.
«Signor Bryce... il suo Pikachu ha sofferto di un grave indebolimento a causa di una eccessiva idratazione, ma soprattutto ha riscontrato una significativa condizione di sottocorrente... sa cosa significa?»
Red aveva capito la parte sull'idratazione eccessiva, ma il resto era come nebbia. Scosse la testa.
«Per farla breve, i pokémon elettrici sono come una batteria. Dispongono di una carica energetica che si consuma con lo sforzo fisico, ma soprattutto con gli attacchi elettrici.
«Ora, questa carica energetica non viene mai consumata del tutto, poiché provocherebbe gravi danni all'organismo del pokémon. Di conseguenza, il cervello del pokémon stesso impone delle sorta di limiti energetici oltre i quali questa energia non può consumarsi.»
Red rimase in silenzio per qualche secondo, poi ripensò ad un articolo di medicina che aveva letto qualche tempo prima. «Un po' come i limiti degli esseri umani. Il cervello umano non ci consente di usare la nostra totale forza fisica perché provocherebbe dei danni al nostro corpo, giusto?»
«Si, esattamente.» asserì Hanson «Ora, esattamente come capita agli esseri umani quando ricevono una scarica di adrenalina, anche i pokémon elettrici possono, in situazioni particolari, superare questi limiti. Generalmente succede quando il pokémon è soggetto a forte stress generato dalla paura o dalla rabbia. Da qui la condizione di cui ha sofferto il suo pikachu, chiamata “sottocorrente”. In parole povere: una perdita eccessiva dell'alimentazione energetica che, in situazioni gravi, smette di alimentare anche le funzione degli organi interni, soprattutto il cuore.»
«Capisco» disse Red, tornando a guardare Pikachu, e notando con piacere che le sue guance stavano tornando di un rosso vivo. Poi tornò a osservare il dottore, che lo fissava ancora con una profonda curiosità mista forse ad una leggera ansia.
«...ma lei non vuole dirmi solo questo, vero?»
«No, Signor Bryce. No.»
Hanson si tolse gli occhiali e li infilò in tasca, poi tornò ad osservare Red intensamente.
«Se il suo racconto è vero, il suo pikachu è stato capace di carbonizzare letteralmente un enorme sciame di beedrill...»
«È quello che è successo.»
«Non lo nego, ma lei deve rendersi conto di ciò che questo significa. Il suo pikachu non è mai stato allenato, giusto?»
«No, siamo al primo giorno di viaggio.»
«Perché, vede Signor Bryce... il beedrill è il terzo stadio evolutivo di un pokémon. Il livello massimo raggiungibile in natura. Mentre il suo pikachu ha circa quattro anni, e non ha mai ricevuto un allenamento. In condizioni normali, un pokémon come il suo non avrebbe avuto alcuna possibilità.»
Red era confuso «Lo so, ma... mi ha appena fatto tutto il discorso sulla sottocorrente e...»
Hanson sollevò una mano, per zittirlo. «Non mi sono spiegato bene. Intendo dire che in condizioni normali, un pikachu con la stessa età e lo stesso grado di allenamento del suo, non sarebbe stato capace di sconfiggere nemmeno un solo beedrill selvatico, e al massimo delle sue potenzialità, portandosi in sottocorrente, al limite sarebbe riuscito a tramortirne tre o quattro, ma a costo della vita.»
Hanson sospirò, come cercando di concepire lui stesso la situazione.
«Invece il suo pikachu... questo pikachu, dopo essere stato indebolito dall'acqua è stato capace di carbonizzare letteralmente uno sciame di addirittura trenta beedrill e riuscire anche a sopravvivere. Ha idea di cosa questo voglia dire?»
Red era confuso. Tornò a guardare Pikachu, così piccolo e che respirava a malapena. Gli sembrava impossibile che una creatura del genere nascondesse un potere tanto grande.
«Che... che cosa significa? Che il mio è una specie di... super-pokémon?»
Hanson si rimise in piedi lentamente, con un ennesimo sospiro.
«Beh, di sicuro non è un esemplare normale. Se lo tenga stretto, signor Bryce... potrebbe essere capace di fare grandi cose con un pokémon del genere.»
Il dottore si diresse verso Pikachu controllando attentamente gli strumenti dopo essersi inforcato gli occhiali.
Fori dalla porta, poggiata al muro vicino allo stipite, c'era l'infermiera dai capelli bruni. Ascoltava la conversazione in silenzio. Sul suo viso c'era uno sguardo estremamente serio.
L'infermiera si morse le labbra, poi si voltò, camminando a passo svelto verso la reception mentre i suoi passi rimbombavano nel corridoio vuoto.
Giunse ad una porta di sicurezza, che dava su un vicolo sul retro del centro. La aprì, e uscì dalla struttura, trovandosi in una stretta stradina cieca con alcuni bidoni metallici accatastati sul fondo. Una singola luce ronzante era puntata sulla porta di sicurezza del centro, il resto del vicolo era avvolto nell'oscurità più totale.
L'infermiera si riparò dalla pioggia battente sotto un balconcino. S'infilò le mani in tasca e e tirò fuori un pacchetto di sigarette, afferrandone una con le labbra. Prese il suo accendino e tentò di far scattare la fiamma, ma dopo diversi scatti e scintille l'accendino non sembrava volerne sapere di far scattare la fiamma.
L'infermiera era troppo concentrata sulla sua sigaretta per notare i passi felpati che le si erano avvicinati, ma notò un braccio uscire dall'ombra che reggeva un accendino di metallo acceso.
«Ecco.» disse l'uomo. L'infermiera notò che sull'accendino era incisa una rosa sottile.
Lei sorrise, accendendo la sigaretta alla fiamma. «Eri già nei paraggi, allora.»
«Ovvio» disse lui, chiudendo l'accendino con uno scatto e uscendo dall'ombra. «Ho ricevuto il tuo messaggio poco fa.»
Era un uomo alto, con un lungo impermeabile di pelle nera e dei guanti neri, aveva un bel viso rasato con due occhi azzurri come il ghiaccio. I suoi capelli scuri erano lunghi oltre il mento, ben curati.
«Allora, è vero?»
«Sembra di si» rispose l'infermiera, aspirando con la sigaretta.
«E di che pokémon si tratta?»
«Un pikachu.»
L'uomo ridacchiò «Un pikachu?! Ma sei seria?»
La donna lo fissò quasi con rabbia «Si, James. Sono seria.»
Si tolse il cappello da infermiera, lasciando sciolti i capelli castani. Ora che li aveva liberi, dalla fronte era visibile una lunga ciocca violetta che terminava con un ricciolo.
«Dai Jessie... che cosa può avere di speciale questo pikachu?»
Jessie si esibì in un'espressione di sarcastico dubbio «Beh vediamo... forse il fatto che senza allenamento è riuscito ad uccidere uno sciame di trenta beedrill incazzati?»
Ora James sembrava incuriosito, la sua attenzione era stata destata «Un pikachu selvatico? Uno sciame di beedrill? Andiamo, sii seria... lo sai che è impossibile.»
«Ti dico che è così. A dire del suo allenatore, quei beedrill sono finiti carbonizzati. E il pikachu in questione era anche pesantemente indebolito dall'acqua.»
James questa volta sembrava davvero stupito. «Wow... beh, allora cosa stiamo aspettando? Prendiamolo ora. Al mercato nero un pokémon del genere lo rivenderemo ad una fortuna.»
«Calma, James.» disse Jessie, quieta «Non possiamo rubare un pokémon in pieno centro cittadino e sperare di scappare. Domani mattina ripartirà. Attenderemo che sia solo con il suo allenatore... è un cretino inesperto, non ci darà problemi.»
«Ma se quel pikachu è davvero così forte...» ribatté James, ma Jessie lo interruppe.
«Per il momento sembra che sia in grado di scatenare la sua forza solo quando è sottoposto a forte stress. Non sarà difficile tramortirlo o drogarlo alla prima occasione. Inoltre quel pikachu è l'unico pokémon dell'allenatore. Preso lui, il ragazzo sarà indifeso.»
James rimase in silenzio per un attimo, perso in profondi ragionamenti.
«Facciamo come dici tu allora... ma dobbiamo prima accertarcene. Sarebbe un peccato far saltare la tua copertura per nulla.»
«Non preoccuparti della mia copertura» rispose Jessie, tranquilla «Tutti mi credono una timida e gentile infermiera di un Centro Pokémon. Anche se sparissi improvvisamente a nessuno verrebbe in mente che faccio parte di un organizzazione criminale.»
James ridacchiò, sinceramente divertito.
«Cielo, io non riuscirei proprio a immaginarti “timida e gentile”, ma dopotutto... c'è un motivo se sei un membro così importante.»
James sollevò il pugno destro, puntandolo contro Jessie «Direi che siamo pronti a partire.»
Jessie chiuse la sigaretta tra le labbra con un sorriso e rispose con complicità battendo le nocche contro il pugno di James.
«Alla velocità della luce.»


Red dormì tutta la notte su una brandina nei dormitori riservati agli infermieri. Quando si alzò la mattina dopo, fu inconsciamente tentato di dirigersi verso la stanza di Pikachu, ma preferì prima cercare i dottor Hanson per chiedere dei dettagli.
Giunse alla reception ancora un po' barcollante. Gli avevano sistemato la caviglia con una certa cura, ma gli era stato chiesto di recarsi in un ospedale. Red aveva rifiutato. Non avrebbe lasciato quel posto senza il suo Pikachu in spalla.
Trovò il Dottor Hanson alla reception, che discuteva con l'infermiera dai capelli castani. Indossava ancora un soprabito nero elegante e un ombrello stretto in mano. Evidentemente era arrivato da poco. Red gli si avvicinò.
«Dottor Hanson...»
«Ah» rispose il dottore, accennando un sorriso «Signor Bryce, ben svegliato. Come sta la sua caviglia?»
«Abbastanza bene. Senta, come sta...»
«BRYCE!»
Un urlo esplose dall'esterno. Red, sentendo il suo cognome, si voltò con un sobbalzo. Era una voce femminile dall'aria famigliare.
«VIENI FUORI, STRONZO!»
Hanson fissò Red, e lui ricambiò lo sguardo misto tra incredulità e ansia, poi si apprestò a uscire fuori. Prima ancora che le porte scorrevoli si aprirono, Red si era fatto una mezza idea di chi ci fosse all'esterno del centro pokémon.
Aveva smesso di piovere, ma nuvoloni carichi d'acqua ancora incombevano sulla città. Sulla grande strada di fronte al centro pokémon era parcheggiato un pick-up. Il suo. Sul cassone invece, in piedi, c'era la ragazza dai capelli rossi che Red aveva incontrato il giorno prima.
Era livida. I suoi occhi mandavano lampi di puro disprezzo verso Red. Il volto rabbioso era coperto di terra e fuliggine, i suoi capelli erano arruffati e scompigliati e le sue mani erano ricoperte di grasso. Alla vista di Red, la ragazza gli scaraventò contro qualcosa che Red non vide, ma che riuscì a schivare. L'oggetto atterrò sul terreno battuto con un rumore metallico.
«FIGLIO DI PUTTANA! CHE CAZZO HAI COMBINATO ALLA MIA MOTO?!»
Red si guardò intorno, in cerca di aiuto. Il suo primo istinto fu quello di mentire spudoratamente. Tentò di ridacchiare divertito per apparire innocente, ma forse stava solo palesando il suo nervosismo.
«Ehm... è parcheggiata sul retro... non serve che ti agiti.»
«PARCHEGGIATA SUL RETRO, EH?!»
La ragazza si chinò nel cassone e, con uno sforzo poco femminile, vi tirò fuori un grosso cumulo di rottami annerito e bruciato. Lo fece cadere giù dal pick-up, e quello rotolò pigro fino ai piedi di Red, che riconobbe la carcassa della moto.
«A me sembra che sia ESPLOSA COME UN FOTTUTO PETARDO!»
Red non osò dire nulla. Quella ragazza, molto più bassa di lui, in quel momento gli faceva quasi paura. Lei scese dal pick-up con un salto e gli andò incontro come una furia. Red dovette usare tutta la sua forza di volontà per non indietreggiare.
La rossa gli puntò contro un dito coperto di grasso.
«Non ti ammazzo solo per un motivo, Bryce. DEVI RIPAGARMI FINO ALL'ULTIMO CAZZO DI CENTESIMO!»
«Ehm, senti... lo capisco che sei arrabbiata, ma c'è stato un incidente e...»
«ME NE SBATTO! QUELLA MOTO MI SERVIVA, E TU MI RIDARAI I SOLDI PER COMPRARMENE UN'ALTRA!»
Ora Red cominciò ad arrabbiarsi. Non solo aveva rischiato di morire almeno tre volte nelle ultime ventiquattr'ore, ma ora avrebbe dovuto anche rimetterci dei soldi che non aveva? La cosa non gli andava proprio giù.
«Ascolta, carina...»
«MI CHIAMO MISTY!»
«Ok, ehm... Misty. Non ho neanche un soldo da darti, mi dispiace per la tua moto. Se vuoi troviamo qualche altra soluzione con una discussione pacifica, ma ora, se vuoi scusarmi, sarei un po' impegnato.»
Si voltò e si diresse verso il centro pokémon, voltandogli le spalle. Misty fece un verso irritato, ma non disse nulla. Si limitò a seguirlo all'interno.
Hanson era ancora lì, immobile. Osservò la ragazza coperta di terra e fuliggine con uno sguardo non poco incuriosito.
«Oh, ehm... buongiorno signorina...?»
«Sono Misty» sbottò lei. Red si rivolse ad Hanson con una certa ansia.
«Dottor Hanson, Pikachu... posso vederlo?»
Il dottore annui in silenzio, per poi dirigersi verso il corridoio delle sale d'accoglienza. Red lo seguì con Misty alle calcagna. E dopo solo alcuni passi, per la prima volta, Misty gli si rivolse quasi senza palesare la sua irritazione.
«Come sta il tuo pikachu?»
«Si rimetterà.» disse lui «Ha rischiato parecchio, ma... sembra essere decisamente un osso duro.»
«Meglio così. Finché la tua stupidità causa danni solo a te stesso chi se ne frega, ma se deve andarci di mezzo un innocente non mi va a genio.»
Redo non disse nulla, forse perché era troppo stanco per discutere, o forse perché in fondo sapeva che la ragazza non aveva tutti i torti.
Quando entrarono nella stanza, Pikachu era ancora steso sul lettino, ma questa volta gli elettrodi erano stati rimmossi dalla fronte, non c'era più traccia del respiratore e il cerotto sullo sterno era scomparso, mettendo in evidenza una striscia di pelle chiara dove il pelo era stato rasato. Sulla pelle scoperta c'era una sottile cicatrice chirurgica.
Non appena la porta si aprì, Pikachu sollevò le orecchie con uno sguardo entusiasta all'indirizzo di Red. L'allenatore si avvicinò al lettino con un'espressione imperscrutabile.
Pikachu si sedette sul letto rivolto verso Red, con un sorriso sempre più largo e con la coda a forma di saetta che oscillava allegra.
«Pika-pi!»
Red rimase per un attimo in silenzio, per un attimo accenno un sorriso, poi inspirò lentamente.
«MA TI SEI FOTTUTO IL CERVELLO?!»
Si ritrovò ad urlare senza rendersene conto. Pikachu abbassò di scatto le orecchie mutando la sua espressione allegra in uno sguardo terrorizzato.
«CHE CAZZO DI IDEA TI È VENUTA DI STRAFARE COSÌ, AH?! VOLEVI FARE IL GRAND'UOMO DI 'STO PAIO DI PALLE, EH?! DOVEVI ANDARTENE INVECE DI RESTARE A FARE L'EROE! IMBECILLE!»
Pikachu abbassò la testa, mortificato. Squittì a intervalli molto brevi, come se stesse singhiozzando.
«SE LO FAI UN'ALTRA VOLTA GIURO CHE TI AMMAZZO IO!»
Seguì un momento di silenzio. Pikachu continuò a squittire intristito, mentre Red respirava affannosamente, come dopo una corsa. Misty era sconvolta, mentre il Dottor Hanson sembrava turbato. Si rivolse a Red con gentilezza.
«Signor Bryce, non c'è bisogno di...»
Poi, inaspettatamente, Red afferrò Pikachu con entrambe le braccia e lo abbracciò forte. Sul suo volto c'era solo una sincera determinazione.
«Idiota.» disse, ora molto calmo «Non farlo mai più. Mi hai fatto cagare addosso di brutto.»
Pikachu sembrava sconcertato. Per un momento rimase con la bocca semi aperta e lo sguardo perso nel vuoto. Poi i suoi occhi s'inumidirono lentamente, e le il suo labbro inferiore cominciò a tremare.
Scoppiò letteralmente in lacrime, squittendo a pieni polmoni e affondando la faccia sulla maglietta di Red.
«Su, su...» disse Red, piano. Dandogli dei colpetti sulla testa «Non volevo farti piangere. Però mi hai fatto arrabbiare sul serio.»
Pikachu pianse ancora più forte. Dopo dieci minuti di lacrime ininterrotte, il dottor Hanson decise di dargli qualcosa per farlo calmare. Si addormentò quasi subito, ma questa volta lo fece con un sorriso sulle piccole labbra pelose e con le guance di un bel rosso pomodoro.


«...capisci quindi che non è stata colpa mia. Se Pikachu non avesse messo tutto sé stesso in quell'attacco, saremmo morti entrambi. Perciò... mi dispiace per la tua moto, ma non posso proprio ripagartela.»
Red e Misty erano seduti su dei divanetti intorno ad un tavolo alla caffetteria del centro pokémon, situata dalla parte opposta della reception, con delle porte di vetro scorrevoli che davano su un piccolo cortile.
«Capisco» disse Misty, girando il cucchiaino nel suo caffellatte sovrappensiero.
«Tra l'altro...» cominciò Red, con un espressione di curiosità mista a sospetto «...come hai fatto a recuperare il mio pick-up? Credevo si fosse sfasciato.»
Misty diede un sorso alla sua bevanda calda.
«Era messo male, effettivamente. Quando sono rimasta nella foresta senza un veicolo ho seguito il fumo che lasciava la tua macchina, credendo che fossero dei campeggiatori a cui potevo chiedere un passaggio. Ma quando ho trovato il pick-up aperto e ho rovistato un po' dentro ho capito che era tuo. C'è ancora il tuo zaino con il pokédex.»
«Ah, ecco dov'era»
«Già. Così, dato che non avevo intenzione di farmi una scarpinata di due ore nella fitta foresta piena di pokémon selvatici, ho riparato il tuo pick-up, mettendoci praticamente tutta la notte, e ho deciso di seguirti a Smeraldopoli. Sulla strada ho trovato la carcassa della mia moto e... beh, il resto lo hai visto.»
Red rimase in silenzio per un attimo, sorseggiando il suo caffè.
«Beh... allora dovrei dirti grazie per aver riparato il mio pick-up.»
«Non ringraziarmi.» sbottò Misty in fretta «Innanzitutto non l'ho fatto per te. E poi è una riparazione provvisoria. Bisogna portarla da un meccanico.»
Red la osservò per un attimo. Sembrava che Misty se ne intendesse di motori, e il suo vecchio modello di pick-up non era nelle migliori condizioni per affrontare un viaggio per tutta la regione. In più era in debito con lei. Un'idea si fece strada nella sua mente.
«Di un po', Misty. Tu sei un'allenatrice di pokémon?»
«Già» disse lei, distrattamente «Sono in viaggio da due mesi.»
«Perché non viaggiamo insieme?»
A Misty andò il caffellatte di traverso. «Cosa?!»
«Massì, pensaci: la tua moto ti serviva per viaggiare per la regione e affrontare i capipalestra, giusto? Beh, se viaggi nel mio pick-up non ne avrai più bisogno. In compagnia si viaggia meglio, no? In più ti prometto che non ti farò pagare un goccio di benzina.»
Misty lo guardò con un sopracciglio sollevato per alcuni secondi, come cercando di trovare l'inghippo nella proposta di Red. Poi parlò, con sicurezza.
«D'accordo, ci sto. Ma...» gli puntò nuovamente contro un dito accusatore «...voglio una percentuale del tuo sussidio per la catalogazione dei pokémon.»
«No.»
«E che cazzo... va bene.»
Red sorrise, soddisfatto «Ottimo, allora!» Vuotò la tazzina con il caffè e si alzò in piedi, stiracchiandosi. «Forza, allora. È già tardi, e voglio arrivare a Plumbeopoli prima di sera.»
Misty sbuffò sonoramente. «Regola numero uno: non devi mettermi fretta.»
«Oh, sono certo che andremo proprio d'accordo io e te.»
Pochi minuti dopo, Red e Misty erano usciti dal centro pokémon e si stavano avviando verso il pick-up, seguiti a ruota da Pikachu, ormai ripresosi. Camminando, il pokémon aveva le orecchie un po' basse, sembrava che qualcosa lo turbasse. Red lo notò abbastanza in fretta.
«Che cos'hai?»
Pikachu si mise ritto sulle zampe posteriori e s'indicò la cicatrice esposta dal pelo rado, con uno squittio sommesso.
«Ah, il dottor Hanson dice che quando ti ricrescerà il pelo non si vedrà più. Purtroppo hanno dovuto riattivarti il battito cardiaco fissandoti degli elettrodi direttamente nel cuore. O facevano così o adesso eri ciccia per vermi.»
Pikachu spalancò leggermente la bocca, lievemente a disagio.
«E poi...» continuò Red «... lo sanno tutti che le cicatrici attirano le femmine come nient'altro al mondo. Con una cicatrice come quella, qualche bella pikachu femmina l'acchiappi di sicuro.» Terminò facendo l'occhiolino a Pikachu, il cui volto s'illuminò sognante e con le orecchie ben dritte. Misty levò gli occhi al cielo esasperata.
La ragazza alzò il passo, raggiungendo il pick-up e aprendo la portiera del passeggero. Red si fermò di scatto e osservò Misty, serio.
«Che fai?» chiese, con espressione scura.
«Ehm... mi siedo?» chiese Misty, dubbiosa.
Red scosse la testa «Scusa, ma tu vai nel cassone. Quel posto è per Pikachu.»
Al suo fianco, Pikachu osservò il suo allenatore con gli occhi e la bocca sbarrati, come se non potesse credere a quello che aveva appena sentito. Anche Misty aveva la stessa espressione, ma la sua era accompagnata da un'abbondante dose di irritazione.
«Come scusa?!»
«Hai sentito» disse Red, incrociando le braccia, senza guardare Pikachu «Scusa, ma non c'è abbastanza posto per tre persone, avresti dovuto notarlo.»
«E il tuo pokémon non può andare nella pokéball?!»
Red si strofinò il naso, distrattamente «Certo che no, non gli piace stare al chiuso.»
Misty tentò di ribattere, ma Red la bloccò sul nascere. «Ehi ehi ehi, hai accettato di venire con me perciò accetti anche le mie regole. O vai nel cassone o ti lascio qui.»
Misty rimase a bocca spalancata, come se non potesse credere alle proprie orecchie. Poi, schiumante di rabbia, chiuse violentemente la portiera e si arrampicò sul cassone, digrignando tra i denti.
Red riaprì la portiera lentamente, per poi sorridere a Pikachu facendogli un cenno. Quello saltellò felicemente dirigendosi verso il pick-up e balzando sul sedile. Sembrava che niente avrebbe potuto renderlo più felice.
Partirono salutando con la mano il Dottor Hanson e l'infermiera. Sulla strada il sole era già alto e tutte le nuvole erano scomparse dal cielo. Alla guida, Red osservò Pikachu. Si era messo con le zampe anteriori sul cruscotto, osservando a bocca aperta la strada oltre il finestrino e agitando velocemente la coda.
«Ehi, Bryce!» disse Misty, da dietro «Voglio che sia chiara una cosa! Solo perché ho accettato di venire con te, non significa che...!»
Continuò a scaraventare fiumi di parole addosso a Red, che inizialmente tentò d'ignorare, ma alla fine perse la pazienza. Si rivolse a Pikachu, sottovoce.
«Ehi...» fece un cenno verso Misty, che parlava ancora «... ti dispiace?»
Pikachu scosse la testa, poi si diresse al cruscotto e premette un pulsante con la manina. Il finestrino posteriore si chiuse, interrompendo la miriade di frasi di Misty, che non sembrò esserne felice, a giudicare dal suo agitarsi ancora di più.
«Ah, vedrai che si calmerà.» disse a Pikachu «Alla fine sono certo che diventerà una compagnia piacevole».
Pikachu gli sorrise, per poi continuare a guardare la strada scorrere a gran velocità di fronte a lui. Il pick-up sfrecciava sul sentiero sterrato diretta verso Nord, con il sole alle spalle che illuminava la grande strada deserta di fronte a loro. Le ruote scorrevano con forza sulla sabbia, ma il terriccio non si limitava a sporcare il ventre del veicolo.
Sotto il parafango, ben nascosto alla vista, un piccolo bottoncino di metallo lucido emetteva una sottile lucina rossa intermittente. Aveva la forma di un piccolo razzo.
Poco lontano, al centro pokémon, l'infermiera dai capelli bruni osservava su un cellulare una cartina stradale. Un puntino rosso luminoso percorreva una strada a gran velocità. L'infermiera si allontanò dalla reception, uscendo sulla porta sul retro. James l'attendeva in fondo al vicolo, giocherellando con il suo accendino.
«Ce l'hai?» chiese, serio. Jessie si limitò a sollevare il cellulare che mostrava ancora la mappa.
«Ho piazzato il rilevatore mentre mangiavano. Non se n'è accorto nessuno.»
Si tolse il cappello e si sfilò il grembiule. James invece allargò il suo sorriso «Bene...» chiuse l'accendino con uno scatto secco.
«Diamo inizio alla caccia.»


(Probabilmente non) Continua...

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Come annunciato nell'introduzione, questa storia è una rivisitazione moderna dell'inizio dell'anime "Pokémon". L'ho partorita rivedendo il primo episodio in tempi recenti, e rendendomi conto (da amante del realismo quale sono) che c'erano diversi elementi narrativi che anche sforzandomi non riuscivo a vedere possibili. Perché, invece di studiare, un bambino di soli dieci anni dovrebbe andare in giro per il mondo, da solo, a piedi, a caccia di pokémon? Come fanno i suddetti bambini a sostenersi economicamente? Perché, in ogni regione, da una città all'altra ci sono solo sentieri boschivi o terra selvaggia in generale? Perché la polizia o i criminali non sono armati? Da queste domande la storia ha preso forma quasi da sola, lasciando a me solo il compito di raccontarla.
Ammetto di aver cambiato anche qualcosa senza che fosse necessaria all'aumento del realismo. Ad esempio, al posto di Ash ho preferito metterci Red, che effettivamente considero un personaggio migliore senza che abbia mai spiccato una parola. Poi ho cambiato il rapporto iniziale tra il protagonista e Pikachu (Nell'anime originale, Ash provava simpatia per Pikachu, che invece trovava antipatico il suo allenatore. Nella mia storia è Red a non sopportare Pikachu, che invece gli si affeziona immediatamente). Mi ha anche divertito rendere Gary Oak/Blue una ragazza, trovo che funzioni bene. Misty invece avrei voluto sostituirla con qualcosa di diverso, ma effettivamente è un personaggio che aveva bisogno solo di un'evoluzione. Una ragazza meccanico, metallara e decisamente sboccata mi sembrava adatta.
Infine, anche se non è scritto nelle note d'ambientazione o nella storia, questo mondo dei pokémon è ambientato in una versione futura degli Stati Uniti. Più precisamente, Biancavilla e Smeraldopoli si troverebbero in Louisiana, nell'estremo sud, la storia dovrebbe spostarsi poi verso il Nord America, fino in Canada. Questa scelta deriva dalla capacità degli allenatori di percorrere le strade con un veicolo. Se avessi utilizzato le regioni "classiche", chiunque avrebbe potuto visitare l'intera regione nel giro di una settimana. Così invece trovo che funzioni meglio. Magari si potrebbe pensare al Nord America, Sud America, Africa, Europa, Asia e Oceania come una versione moderna delle regioni pokémon quali Kanto, Johto o Hoenn. Mi piace pensarla così.
Inizialmente pensavo di continuare questa storia... ma non lo farò. Una volta descritta l'introduzione, chiunque può essere capace di rileggerla attraverso questi elementi nuovi, andare oltre sarebbe solo uno spreco di tempo.
Grazie a tutti per aver letto ^^
  
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