Anime & Manga > Ranma
Segui la storia  |       
Autore: InuAra    13/03/2016    8 recensioni
ULTIMO CAPITOLO ONLINE!
Con due bellissime fanart di Spirit99 (CAP. 4 e 13)
------
Cosa succede se il mondo di Ranma incontra il mondo di Shakespeare? Rischia di venirne fuori una storia fatta di amori, avventura, amicizia, gelosia, complotti. Tra fraintendimenti e colpi di scena, ne vedremo davvero delle belle!
DAL CAPITOLO 2
Ranma alzò lo sguardo verso il tetto. “Akane. Lo so che sei lì” “Tu sai sempre tutto, eh?” A Ranma si strinse il cuore. Ora che era lì, ora che l’aveva trovata, non sapeva cosa dirle. Soprattutto, non poteva dirle nulla di ciò che avrebbe voluto. “Beh, so come ti senti in questo momento” “No che non lo sai” “Si può sapere perchè non sei mai un po’ carina?” “Ranma?” “Mmm…”  “Sei ancora lì?” “Ma certo che sono qui, testona, dove pensi che vada?” Fece un balzo e le fu accanto, sul tetto. “Sei uno stupido. So benissimo che sei qui perchè te l’ha chiesto mio padre” “E invece la stupida sei tu”, si era voltato a guardarla, risentito e rosso in viso, “E’ vero, me l’ha chiesto, ma sono qui perchè lo voglio io! Volevo… vedere come stai…ecco…”
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome, Un po' tutti
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Vengeance is in my heart, death in my hand,
Blood and revenge are hammering in my head.
(…)
Seest thou this letter? Take it up, I pray thee.
 
La vendetta è nel mio cuore, la morte nella mia mano,
Sangue e rivalsa mi martellano nella testa.
(…)
Vedi questa lettera? Prendila, ti prego.
 
Titus Andronicus - William Shakespeare
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Osate dire che la mia donna mi avrebbe tradito?!
 
Il tradimento va lavato con la morte.
Morteee… orteee… rtee… e…
 
Un vuoto silenzio.
Qualcuno aveva detto qualcosa?
Il silenzio rimbombava nelle sue tempie.
Gli sfuggiva il punto.
Ma dov'era?
Una nebbia fitta avvolgeva quel mondo.
E d'un tratto la nebbia era evaporata.
Si voltò.
Era tutto chiaro. Come poteva non evaporare sotto quello sguardo?
 
Lei lo guardava - ma era sempre stata lì?- con gli occhi carichi di fiamme.
"Baka! Possibile che non capisci?", sentì uscire le parole dalla propria bocca, "Non voglio morire giovane!"
"Il baka sei tu!  Sei tu che non capisci che ogni tanto bisognerebbe mettere da parte il proprio orgoglio per qualcuno a cui… ehm…"
"A cui…?"
"Ma lascia perdere! Sei ridicolo! E' già un'ora che te ne stai lì con quel sakura mochi(1) in mano… Se non lo vuoi mangiare non mangiarlo!"
"Che cos…? S-stai piangendo?!"
"No che non piango! Dammelo, vado a darlo a Ryoga, sono sicura che lui lo mangerà!"
"Ma stai scherzando??"
Vide Akane sgranare gli occhi mentre lui ingurgitava il dolcetto che lei aveva preparato tanto premurosamente. Lui tossiva e lei sorrideva.
Era vero, lo sapevano entrambi, faceva schifo… Ma l'aveva fatto per lui.
 
 
Adulterio...
 
 
Tutto sparito.
Chi aveva parlato?
 
Vendetta… ettaaa… taaa…aa..a…
 
Per un attimo disorientato, si ritrovò con una sacca carica di oggettini tra le braccia.
Ma sì, certo. Come quella volta.
 
Fu lui a rompere il silenzio, dato che lei lo guardava curiosa e attenta.
"Ecco qui"
"Ma tu hai…?"
"Sì. Mi avevi chiesto tu di portarti qualcosa dalle mie incursioni fuori dal palazzo, no?"
La vide annuire trattenendo l'eccitazione. "Beh, ho qui con me alcuni… come potrei chiamarli?… Alcuni 'pezzi di mondo', il mondo che non puoi vedere… Ma poco importa, te l'ho portato, ecco qui! In questa boccetta, per esempio, c'è… il mare"
"Ma non è che acqua salata…"
"Scema, è molto di più. L'ho chiesta espressamente ad Happosai quando il mese scorso ha fatto quel viaggio verso le isole del nord. Dice che l'ha prelevata dalle onde durante la traversata notturna. Questa bottiglia contiene il mare e la notte"
"Ahaha! Non esagerare adesso!"
"E allora che mi dici di questa?"
"E' un profumo!…"
"Sì. Il profumo di una casa di malaffare"
"Che cosa??!!"
"Ma stupida, che hai capito?? N-non ho mai frequentato uno di quei posti, devi credermi…! Ma ti assicuro che come ti muovi ti muovi, nei villaggi c'è sempre un posto come quello! E questo è il profumo nauseante e dozzinale che esce fuori dai quei luoghi. Naturalmente devi immaginartelo nel tentativo di sovrastare l'odore del letame in strada e del cavolo bollito della bottega accanto! Ma quelli non sono riuscito a trovarli, eheh!"
"Insomma mi stai regalando una finestra sui profumi del mondo, eh? Che odore terribile, ahah! Ma quanto mi piacerebbe essere lì per tapparmi disgustata il naso dal vivo!"
"Puoi accontentarti, per ora?"
"Ma sì, direi che per ora mi accontenterò di…  ascoltare  te!"
"Ah beh, grazie tante…"
"Cos'altro hai?"
"Allora, poi ti ho portato anche…"
 
 
 
Buio.
E nel buio, l'eco di una voce.
 
Il magatama di Akane?
 
“E' stata lei a darmelo”
 
Non riusciva a capire.
 
“E poi, il suo seno. Che bello è stato stringerlo tra le mani!”
 
Stringerlo tra le mani.
Tra le mani...
 
Vide un uomo, muoversi silenzioso alla luce di una candela.
La camera di Akane.
Un senso di oppressione gli attanagliò la gola.
Quell'uomo si avvicinava a una ragazza ignara e dormiente.
Guardò meglio. Akane!
L'uomo la guardava, si avvicinò al corpo di lei, come ipnotizzato da tanta bellezza.
Lui avrebbe voluto urlare, avrebbe voluto correre. Ma non poteva.
I lunghi capelli dell'uomo smisero di oscurarne il volto per pochi istanti.
Mousse…
Vide un braccio di lui sfilare il magatama dal polso di lei. Vide il seno scoprirsi, la voglia maschile crescere, trattenersi, coniugarsi in strategia.
 
 
Vide la sua sconfitta e tutto vorticò intorno a lui.
 
 
Se l'avessi qui per farla a pezzi!
 
Ranma?
Lo guardava incredula, il sorriso che moriva sulle labbra.
 
Il suo sangue su un fazzoletto come prova.
 
A-Akane?!
Lo guardava addirittura terrorizzata, le lacrime agli occhi.
 
Il suo sangue.
 
Ranma…
Smise di guardarlo e, rassegnata, sorrise appena. Poi, chiuse gli occhi.
Akane!!!!
 
 
 
Il suo stesso urlo lo svegliò.
 
 
 
 
 
 
Si guardò ansimante attorno a sè.
 
Gli sembrava che solo in quel momento il suo cuore avesse ricominciato a battere dopo anni di torpore. Aveva la bocca impastata e le membra deboli come mai nella vita.
 
Ma uno strano peso gli si era tolto dalla mente. Si sentiva leggero  e libero. Ma da cosa?
 
Si trovava a letto. Doveva essere stato febbricitante: le lenzuola erano bagnate del suo sudore.
Una luce tiepida entrava dalla finestra. Sembrava giorno inoltrato.
 
Ma di che mese, di che epoca?
 
A poco a poco si riappropriò del suo corpo e della sua identità.
 
E guardandosi attorno, si ricordò.
 
La locanda della signora Nodoka. La scommessa… Shan-Pu… Mousse…
 
I suoi ultimi ricordi lo schiaffeggiarono di colpo con la forza della realtà. 
 
Maledizione!
 
Come aveva potuto dubitare di lei?
 
Ora che era sveglio tutto gli sembrava così assurdo! Le parole di Mousse vuote e prive di significato… La gelosia, il sospetto, la rabbia, il desiderio di vendetta… erano scivolati dalla sua mente come pioggia sui tetti.
 
Quei sentimenti violenti erano appartenuti a un altro Ranma, che lui faticava a riconoscere, a ricomporre nella sua memoria.
 
Gli girava la testa.
 
Era inammissibile anche solo ipotizzare di aver pensato al tradimento. Conosceva Akane da sempre e tra loro c'era… un legame ben più profondo di quello che di solito lega un uomo a una donna.
 
Non avrebbe mai permesso a nessuno di dire il contrario. Non avrebbe mai permesso a nessuno di farle del mal…
 
I suoi occhi si dilatarono mentre il suo cuore si fermava nel mettere insieme l'ultimo pezzo di ciò che era accaduto.
 
Le due lettere!
 
"Co-cosa ho fatto?!", mormorò paralizzato.
 
Aveva scritto ad Akane una lettera piena di menzogne che l'avrebbe attirata in un tranello e… e aveva scritto a Ryoga di sfruttare quel tranello per uccidere Akane.
 
Qualcosa morì dentro di lui.
 
Era stato davvero lui a scrivere quelle lettere? Le sue mani avevano inciso sul foglio quelle crudeltà….? Come era stato possibile?
 
"Non c'è tempo da perdere!"
 
Scostò con disperazione le lenzuola e si gettò fuori dal letto. Chiunque stesse recando al porto quelle lettere andava fermato, e al più presto!
 
Si bloccò.
 
Accanto ai vestiti su cui si era avventato, c'era una busta gonfia del suo contenuto.
 
Sbiancò.
 
Possibile che…?
 
Con mani tremanti prese la busta e lentamente ne tirò fuori il contenuto: un piccolo pezzo di stoffa giallino con dei fiorellini bianchi.
Macchiato di sangue.
Una macchia rosso scuro sfregiava quel pezzo di stoffa.
Macchiato. Di. Sangue. 
Non poteva essere…
 
Akane aveva uno yukata della stessa identica foggia.
 
No, non era vero. Un incubo, ecco cos'era.
 
Oppure...
 
Q-quanto tempo era passato?
 
Come in trance tirò fuori un pezzo di carta su cui erano scritte poche parole:
 
Ranma,
amico mio… Mi hai chiesto la più difficile delle scelte. Ma per l'amicizia e la lealtà che ci lega, ho scelto. Perdonami se ho vacillato, ma, in fede, non sono riuscito a crederla colpevole, fino alla fine. Ecco la prova che mi hai chiesto.
Con dolore,
Ryoga
 
"Ryoga…"
 
Le lacrime avevano iniziato a scorrere a sua insaputa, e gli rigavano il viso, acide.
 
Tremava.
 
"Akane… No… No… Akane…"
 
Ricacciò il conato di vomito che gli stava salendo.
 
No! Non era accaduto! Non poteva essere accaduto! Doveva essere un brutto scherzo…
Avrebbe verificato di persona, ecco cos’avrebe fatto.
Akane non poteva essere…!
Ryoga non avrebbe mai…!
Non riusciva neanche a pensarlo.
Al diavolo l'esilio! Sarebbe salito sulla prima nave diretta in Giappone! Sarebbe morto ma avrebbe visto Akane. Avrebbe visto che lei era lì. La sua Akane. Ancora viva. Viva!
 
Con questi pensieri che gli divoravano il cuore e l'intelletto si gettò giù dalle scale, dove una voce sorpresa lo fermò nella sua furia.
 
"Ranma! Caro, ti sei ripreso!"
 
Ora era la signora Nodoka che piangeva e non lo lasciava parlare.
 
Lui avrebbe avuto così tante domande… Ma un solo nome gli veniva alle labbra: Akane.
 
"Oh, Ranma, tu eri come morto!… Respiravi appena… Shan Pu… Quella ragazza, dopo il suo momento di vittoria si è spaventata… ha avuto davvero paura di averti ucciso… Respiravi appena… Ti ha dato un filtro del suo villaggio, una pozione venefica per oscurare la volontà con l'istinto… Voleva averti tutto per sè… Oh, quella Shan Pu… Perdonala se puoi… La cosa le è sfuggita di mano, non aveva idea delle conseguenze. Ha fatto una cosa che… Oh kami… E pure Mousse… Come ha potuto… per orgoglio… ma l'orgoglio può essere perdonato… Sei rimasto in fin di vita per dieci giorni, Ranma. Dieci giorni. Credevo di averti perso... E in questi dieci giorni… quante cosa sono cambiate Ranma, caro. La guerra, è iniziata davvero. Mousse… benedetto ragazzo... è stato richiamato dall'esercito. E… pure Shan Pu è partita, offrendosi come amazzone… Credo… credo fosse un modo per non pensare… Non è cattiva, Ranma… però ha... ha fatto una cosa che… me l'ha detto lei… ha portato le lettere al porto… ha fatto in modo che partissero… dopo qualche giorno era già pentita… ma ormai… Perdonala Ranma… Se puoi… Vedrai che non è accaduto niente di male..."
 
Ranma non riusciva a proferire parola.
 
Il pezzo di stoffa gli tremava tra le dita.
 
La guardava con occhi strabuzzati. I pensieri nella sua testa vorticavano rincorrendosi senza una logica.
 
Dieci giorni… Shan Pu. Bele tutto d'un fiato! La guerra. Akane… Adulterio! Dieci giorni… Come poteva perdonare quella gatta morta? Se l'avessi qui per farla a pezzi! Akane… Perché la sua anima aveva ceduto? E ora non poteva nemmeno sfidare quei due dannati. Partiti! Akane… No, era stato lui. Era solo colpa sua. Dieci giorni. In dieci giorni… Allora quel pezzo di stoffa era davvero…? Ryoga, tu non puoi averlo fatto davvero. No, non l'avrebbe perdonata, maledetta Shan Pu. Stupido, stupido Ranma! Akane… Ti prego, non essere morta... nonesseremorta nonesseremorta nonesseremorta!…
 
"Akane", questa l'unica parola che come un filo provvidenziale lo tirò fuori dal labirinto malsano in cui la sua mente si stava perdendo, e la pronunciò  con una fermezza tale da congelare i singhiozzi della signora, "Akane non può essere morta. E io devo scoprirlo. Non cercate di fermarmi. Partirò con la prima nave"
 
"Ranma", sospirò la donna, "è iniziata una guerra: le rotte sono ormai chiuse"
 
Dopo un attimo di silenzio Ranma ritrovò del tutto la sua lucidità e anche una parvenza di ottimismo, mettendo un punto alla questione: "Ma non lo sono per l'esercito cinese. Mi arruolerò e in poche ore sarò in Giappone. E là…", deglutì per ritrovare la calma, senza concludere la frase.
Di fronte allo sguardo mesto della signora, aggiunse: "Il tempo di raccogliere le mie cose e…"
 
"Abbi cura di te, figliolo", lo interruppe lei rassegnata, tirandolo a sè, "e mi raccomando, non fare pazzie"
 
Stretto nell'abbraccio dell'addio, Ranma non rispose.
 
 
 
***
 
 
 
Palazzo Tendo - Sette giorni prima.
 
 
 
Due lettere.
 
Era rimasto interdetto di fronte a quelle due lettere che il giovane Hiroshi gli aveva messo in mano.
 
"Sono arrivate al porto insieme, con la precisa richiesta che fossero entrambe consegnate a te e a te soltanto, Ryoga! Come se non fosse sempre così. Sono sempre intestate a te, no?, col chiaro intento di non lasciar capire la vera destinataria", concluse, facendogli l'occhiolino.
Insieme a suo fratello si divertiva da matti a fare da messaggero a quei due innamorati.
 
Eppure a Ryoga quelle due lettere sembravano diverse.
Era vero, su entrambe era scritto il suo nome, ma non in quel solito tentativo di bella grafia  con cui Ranma scriveva un "Per Ryoga" che significava "Per Akane".
Questa volta il suo nome era scritto frettolosamente, quasi raschiato a forza sulla pergamena.
 
"Io andrei", lo riportò alla realtà Hiroshi, "Con la guerra alle porte è meglio che torni al villaggio prima di sera… Anche qui c'è un gran viavai, vedo. Meglio che non mi faccia beccare. Alla prossima, amico! Porta i miei omaggi alla principessa"
 
Ryoga gli fece un cenno di saluto e il ragazzo si dileguò.
 
Due lettere.
 
Inutile stare ad arrovellarsi.
 
Scartò la prima:
 
Cara Akane,
poche parole per dirti quanto io desideri…
 
 
La richiuse subito, il cuore in gola. Quella lettera era per Akane. Non era suo diritto leggerla.
 
Buttò fuori l'aria compressa in petto, e passò alla seconda:
 
Ryoga!
 
Gli fu subito chiaro che quella almeno era per lui.
Sorrise sollevato.
Mentre però i suoi occhi srotolavano il seguito, il sorriso si spense lentamente, fino a gelarsi in una smorfia priva di vita.
 
 
Ho bisogno di te, amico.
 
Ranma, che ti è successo?
 
E della tua fedeltà, visto che quella di mia moglie mi è stata negata per l'eternità.
 
S-stai parlando di Akane?!
 
Adulterio! Tradito da chi più amavo e che ora più odio! E il tradimento va lavato con la morte.
 
La… la morte?
 
Agisci tu per me. Per l'amicizia che mi hai giurato. Il suo sangue sarà la prova della tua lealtà. Il suo sangue su un fazzoletto come prova. Non chiedo altro.
 
Sangue?!
 
Il suo sangue. Fallo. Fallo per me. Le ho appena scritto una lettera.
 
Questa lettera? Ma allora…
 
Lei non sospetterà nulla. Vedrai che sarà lei stessa a darti l'occasione per compiere la giusta vendetta!
 
 
 
Rimase a guardare quel foglio come se fosse bianco, privo di parole e di significato, uno scherzo inutile e senza senso.
 
Ma quel foglio nero d'inchiostro era lì che guardava lui, a mo' di sfida.
 
Per l'amicizia che mi hai giurato.
 
Fallo.
 
Rilesse più volte quelle righe.
 
Non stava scherzando… Ranma era dannatamente serio!
Akane l'avrebbe tradito?! Quando? E con chi? Kuno forse?
Ma figuriamoci!
Quel Mousse, allora?! Ma se anche fosse stato…
 
Stava impazzendo a sua volta.
 
"Ranma, che diavolo…?"
 
"Ryoga!"
 
"A-Akane-san!"
 
Il ragazzo con la bandana, colto sul fatto, sussultò e si affrettò a nascondere la lettera, quella diretta a lui.
 
"Eccolo, Ucchan! E' qui, l'ho trovato!", la giovane principessa sorrise radiosa oltre la porta, da cui fece capolino l'ancella.
 
"Eccoti qui! Allora, vuoi tenertela tutta per te quella lettera?", ammiccò gioiosa quest'ultima al ragazzo.
 
"L-lettera?"
 
"Ma sì, non fare il finto tonto! Ho visto Hiroshi sgattaiolare fuori dalla zona delle dispense e ho subito immaginato che ti trovassi qui con una lettera da parte di Ranma! Ho chiamato Akane-san... ed eccoci qua"
 
"La lettera…", doveva sbrigarsi a riprendersi e mostrare una parvenza di tranquillità. Ukyo lo stava già squadrando poco convinta.
 
"Ma sì, certo, scusate mia signora, ecco a voi", e con un sorriso titubante le consegnò la prima lettera, quella per lei, che Akane gli strappò dalle mani.
 
"Ucchan, Ryoga… Speriamo che qui dentro ci siano solo buone notizie… Che ne sarà di Ranma laggiù in Cina con questa sciocca guerra alle porte?", era preoccupata, ma al contempo non riusciva a contenere la sua emozione.
 
Una lettera di Ranma!
 
"State tranquilla, mia signora", rispose Ukyo per entrambi, "Se tutto va bene la guerra non arriverà dove si trova lui e anche noi dovremmo rimanerne fuori. Non credo che vostro padre voglia mettervi in pericolo"
 
Ma già la giovane Tendo non la ascoltava più e si beveva una dopo l'altra le parole che Ranma le aveva scritto, dissetandosi famelica.
 
Ryoga la scrutava.
 
Possibile che la loro Akane…?
No, era impensabile anche solo figurarsi un'eventualità simile.
Ne osservò gli occhi frementi, la vitalità che le scorreva nelle vene, il volto limpido, la voce pulita.
 
La scrutava, tentando a sua volta di non farsi leggere dentro da Ukyo, che lo osservava di sottecchi. Le era sembrato un po' agitato e lei non si sentiva serena.
 
"Ucchan!", il gridolino eccitato della principessa la distolse dal formulare qualunque pensiero.
 
"Oh kami! Si trova in Giappone! Ranma… Ranma è in Giappone!"
 
"Cosa?!", all'unisono Ukyo e Ryoga soffocarono un grido di sorpresa, sincero per entrambi, anche se in modo diverso.
 
"Sì, mi scrive così…:
 
Cara Akane,
poche parole per dirti quanto io desideri rivederti. Non resistevo più. Sfido le leggi di tuo padre e in incognito sono tornato in Giappone. Mi trovo nei boschi che circondano il porto di Hakata. Nessuno sa che sono qui. Incontriamoci domani alle pendici del monte Inunaki. Ciò che il tuo istinto ti suggerisce, fallo. Una volta insieme potremo lasciarci tutto alle spalle.
Ranma.
 
Ranma è qui…", sussurrò incredula.
 
"Il monte Inunaki? Dice proprio così?"
 
"Sì Ucchan, guarda!", si riebbe subito mostrando la lettera all'ancella.
 
"Ma… ma…", Ryoga balbettava strozzato.
 
"Ma questo significa che non è affatto lontano!", finì per lui Ukyo.
 
"E posso raggiungerlo con facilità! E' l'unica cosa da fare… Io qui non posso più stare. La mia vita non ha più senso qui. E ora col fermento dei preparativi… E' il momento giusto per fuggire… Mi aiuterete, vero? E tu, Ryoga, mi accompagnerai fin laggiù? Dimmi di sì..."
 
"I-io…"
 
Vedrai che sarà lei stessa a darti l'occasione per compiere la giusta vendetta!
 
Quindi era questo che intendeva Ranma nella sua lettera. Questo era il suo piano…
 
"Akane, pensateci bene", si frappose l'ancella tra lei e il ragazzo, "E' un viaggio pericoloso e voi non siete mai uscita di qui, e…"
 
"Ma non sarò sola, verrà Ryoga con me… E poi, Ucchan, non mi dici sempre che le soluzioni arrivano per vie misteriose…? Non mi dici sempre: 'Un modo lo troverete, Ranma non è nato ieri, si farà venire in mente qualcosa'?", la incalzò con due occhioni carichi di speranza.
 
"Sì", capitolò Ukyo con un sorriso.
 
"E non pensi sia questo il momento giusto?"
 
"In effetti… C'è un tale trambusto… Il palazzo pullula di soldati e ognuno si sta preparando. Siamo proprio in quel momento di passaggio in cui tutte le regole si rompono e se ne creano altre…  Se ci pensate è proprio il momento giusto! Non sarà difficile sgattaiolare fuori, con tutta questa confusione. E se io resto qui potrò facilmente coprire per un po' anche l'assenza di Ryoga, così che nessuno colleghi la vostra fuga a lui!", a poco a poco si era autofomentata durante il suo stesso discorso, ormai contagiata dall'entusiasmo di Akane.
 
"M-ma… ma non sarebbe meglio aspettare che torni Happosai per dirlo a lui?"
 
"Oh, Ryoga, andiamo! Happosai è dalla parte opposta dei dominii Tendo e non sappiamo quando tornerà. Potrebbero volergli settimane, forse mesi, e la guerra allora sarà iniziata… e a Ranma e Akane non ci pensi?"
 
Chinò il capo, sconfitto. Non sapeva come argomentare.
 
Akane si avvicinò fiduciosa e intercettando il suo sguardo, gli chiese: "Mi scorterai, Ryoga? In nome dell'amicizia che ci lega, lo farai?"
 
La guardò con occhi smarriti e, in un gesto inconscio, andò a posare il palmo della mano sul petto, dove teneva nascosta la lettera di Ranma: "Lo farò"
 
 
 
***
 
 
 
Ogni minuto prima del tramonto era prezioso come oro, perché nulla andava lasciato al caso: le riunioni per stabilire la strategia, i preparativi di armi e approvvigionamenti, gli addestramenti delle ultime reclute.
 
Soun Tendo era stato perentorio a riguardo. E lui per primo incarnava senza mezzi termini il suo ruolo di guida e condottiero.
 
Ci fossero stati Happosai e Obaba a osservarlo non visti, avrebbero scosso la testa tra il fumo aspro della pipa, chiedendosi, sul filo tra il sarcasmo e l'affetto, cosa ne fosse stato dell'equilibrio precario lontano dalle emozioni che quell'uomo aveva faticosamente costruito. Ancora una volta una guerra. Ma se quelle della sua gioventù erano state mosse dal furore e dalla rabbia, questa era stata stancamente accettata da un uomo svuotato dalla sofferenza e dai silenzi, il cui mondo si era ancora una volta sgretolato.
 
Ma nè Happosai nè Obaba erano lì, l'uno impegnato verso i confini delle loro terre come ambasciatore, cercando al contempo di salvare il salvabile nel convincere i vassalli di Soun-sama ad evitare la carneficina; l'altra, persa nella macchia a combattere una battaglia più sotterranea, in difesa delle vittime di tutta quella storia.
 
Ogni minuto prima del tramonto era prezioso come oro, perché nulla andava lasciato al caso: quella notte lei avrebbe abbandonato il palazzo di suo padre, sì, l'avrebbe abbandonato, si sarebbe tenuta alle spalle Kuno e una vita di dolore e muti consensi, avrebbe ritrovato Ranma e, finalmente, avrebbe visto il mondo di cui tanto aveva sentito parlare.
 
A dirla tutta non c'era un minuto da perdere.
 
Akane si aggirava tra l'andirivieni di servitori, soldati e guardie, sapendo che in quel momento in pochi badavano a lei, se non come a una figura sullo sfondo di problemi più imminenti. La principessa era libera di muoversi per organizzare i preparativi segreti della fuga che avrebbe avuto luogo di lì a poche ore.
 
Già ebbra per la libertà che avrebbe conquistato, cercava di contenere la gioia e l'angoscia di quella scelta che, neanche a dirlo, aveva fatto con l'impulsività che da sempre accompagnava il suo nome.
 
Un ultimo sguardo al suo palazzo, ecco la vera ragione dei suoi movimenti.
 
Ukyo e Ryoga si stavano occupando delle questioni pratiche proprio in quel momento, la prima recuperando indumenti e cibi utili per il viaggio, il secondo portando fuori i due cavalli che, nascosti nel fogliame a poca distanza dalle mura, li avrebbero attesi nottetempo per la corsa verso Hakata.
 
Lei si stava concedendo un ultimo addio a ogni angolo di quel luogo in cui era nata e che per sedici anni era stato la sua casa, il suo orizzonte, la sua vita. Una vita da reclusa, fuori dal mondo, ma comunque molto intensa. Sedici anni di pianti, di risate, di sogni, di speranze.
 
Riportò alla mente la sensazione delle carezze di Obaba sul capo, il sapore caramellato delle confidenze con Ukyo, il sudore degli addestramenti di Happosai, i balbettii di Ryoga, sempre pronto a prendere le sue parti, i cavalli spronati fino allo sfinimento entro le mura, e, su tutto, Ranma.
 
Quel nome bastava a riassumere ogni cosa.
 
Ogni punto della grande casa parlava di lui, era pregno della sua gentilezza tanto quanto della sua strafottenza. Quante volte e in quanti luoghi si erano accapigliati, prima prendendosi a male parole, e in un secondo momento - Akane arrossì appena - riversando la stessa energia in approcci… beh… meno aggressivi. E poi tutto era capitato così in fretta: il matrimonio segreto, l'esilio, la solitudine. E ora aveva la possibilità di uscire, di lasciare ogni cosa dietro di sé, e andare avanti, lontano da quel luogo e dalle sue costrizioni.
 
Il suo sguardo cadde in quel momento sul padre, intento a consultare alcune pergamene che gli stava porgendo Kuno.
 
"Papà…", come il gorgoglìo finale di un dolore che ribolliva lancinante nelle viscere, questa parola le salì alle labbra, amara.
 
Perdonami, avrebbe voluto dire, perdonami perché…
 
La sua testa si svuotò, soccombendo a un cuore incapace di formulare la rabbia e l'affetto nei confronti dell'uomo che l'aveva amata, cresciuta, protetta con tutto se stesso, e che nel farlo aveva compiuto molti errori, che lei gli aveva sempre perdonato.
 
Ma ora…
 
Quella era la sua vita e lei voleva riprendersela.
 
Avvertì più che mai a quale distanza fossero arrivati, da quanto non lo guardava dritto negli occhi senza sentore di sfida, da quanto non  abbracciava il padre, che aveva sempre avuto con lei un rapporto schietto e dolce, fuori da ogni etichetta.
 
Il padre che si era sposato con Kodachi e che aveva scelto per lei Kuno non avrebbe capito e non l'avrebbe perdonata.
 
Akane sapeva che scappando dal palazzo, quella notte, l'avrebbe perso per sempre.
 
Avrebbe perso suo padre.
 
Ingoiò un singhiozzo, stordita per un attimo dal pizzicare delle lacrime che altrettanto prontamente ricacciò indietro.
 
Avrebbe voluto corrergli incontro, affondare il viso sgomento tra i lunghi capelli di lui ancora morbidi e neri e dirgli: Ti voglio bene, papà. Ti prego, dammi la tua benedizione.
 
Ma nulla di tutto quello sarebbe mai successo, e lei aveva scelto.
 
Lo guardò ancora per qualche istante e poi gli diede il suo addio voltandosi e allontanandosi velocemente da ogni rimpianto e pentimento.
 
 
 
 
 
Chissà perché sentì una morsa al cuore. Cos'era stato? Soun alzò lo sguardo dalle carte… e vide sua figlia voltarsi.
 
"Akane…"
 
Non si chiese neanche cosa ci facesse lì in mezzo a tutti quei soldati, perché forte fu il desiderio di chiamarla ad alta voce e urlarle: Bambina mia! Resta! Vieni dal tuo vecchio padre e scaldalo col tuo sorriso come facevi un tempo…
 
Ma si trattenne. Il bisogno di conciliazione cozzava con la rabbia che aveva ingoiato in tutta quella storia e ancora fresca e bruciante era la delusione del tradimento e della ribellione.
 
Il suo sguardo si spense di mestizia. Quante vite aveva reso infelici? Quante altre avrebbe reso tali con quella guerra? Perché non gli era permesso perdersi nel torpore di giornate tutte uguali e tutte serene, ma doveva impugnare ancora una volta la katana? Aveva davvero la forza per lottare?
 
Guardò sua figlia ormai lontana e sospirò. L'avrebbe trovata.
 
 
 
 
 
Altri due occhi erano piantati sulla schiena di Akane.
 
Kodachi, poco lontano, osservava ogni cosa perché fosse organizzata nella maniera migliore e non le era sfuggita la piccola impudente incursione della principessina in quell'ala del palazzo.
 
Poco importava, le avrebbe fatto pagare anche quella leggera mancanza di rispetto nei suoi confronti, lei che era la regina indiscussa del castello.
I tempi erano maturi.
Presto la guerra sarebbe divampata, Soun sarebbe arrivato a combatterla in prima persona, troppo legato ai princìpi dell'onore e del dovere per architettare qualcosa di più conveniente, povero stupido, e lei si sarebbe appropriata poco a poco di quel potere che tanto bramava. 
Ahimè, suo fratello Tatewaki non avrebbe potuto darle l'aiuto che sperava. Al momento troppo intento a ricoprire il suo ruolo per entrare sempre di più nei favori del futuro suocero, era divorato da un inutile e insano livore che, associato a una certa buona dose di vigliaccheria, poco poteva fare al caso suo.
Con Soun Tendo lontano e la confusione dei tempi, ci avrebbe pensato lei, Kodachi Kuno, a  rendere innocua una volta per tutte quella sua figliastra.
E prima o poi avrebbe messo le unghie anche su quell'intrigante ragazzo col codino, con le buone o con le cattive.
La scalata al potere era solo all'inizio: la guerra le avrebbe portato fortuna.
 
 
 
***
 
 
Ukyo si muoveva veloce con la sensazione che qualcuno la inseguisse.
 
Sapeva che non doveva darvi peso, perché non possiamo farci niente quando a inseguirci sono il tempo o la paura.
 
Aveva preparato febbrilmente ogni cosa. Un piccolo fagotto con acqua e qualche pietanza per il viaggio, un pesante mantello di scura lana grezza per la sua padroncina e uno per Ryoga, oltre all'impasto per le focacce che avrebbe farcito all'ultimo momento di un potente sonnifero.
 
Quello era il piano, no? E allora perché dentro di sé tremava tanto violentemente?
 
Perché ad attuarlo sarebbe stata lei.
Lei aveva chiesto tempo prima delle erbe soporifere al dottor Tofu, per permettere alla piccola Akane di addormentarsi serena nonostante le sofferenze dell'animo.
Lei stessa le aveva provate sulla sua pelle quando era stata troppo preoccupata per addormentarsi la sera e, complice gli insegnamenti del dottore, aveva imparato a regolarsi con le dosi per ottenere un sonno profondo di appena un'ora o una notte placida dal sonno più leggero.
Lei avrebbe preparato, come spesso accadeva, la cena per le sentinelle di guardia sul lato ovest del palazzo.
E l'idea era sorta spontanea a tutti.
Lei avrebbe dotato di un nuovo micidiale ingrediente quella cena, e le guardie sarebbero praticamente svenute per il tempo necessario ad Akane e Ryoga a oltrepassare le mura, raggiungere i cavalli e fuggire alla volta di Ranma.
 
No, non era quello, non solo… C'era qualcosa che le sfuggiva e le annodava lo stomaco, ma non riusciva ad afferrare cosa.
 
In quel momento Ryoga fece capolino da fuori le mura.
 
Nessuno si era curato di lui mentre usciva dal palazzo con due destrieri. Per quanto gli altri ne sapessero gli poteva essere stato dato l'ordine di andare al villaggio a recuperare della merce. Altrettanto in sordina rientrò, lo sguardo cinereo.
 
L'ancella lo intercettò immediatamente, accogliendolo con un sorriso, seppur trafelata.
 
"Ryoga! Sei già di ritorno! T-tutto a posto…?"
 
Il sorriso le era morto sul nascere. Qualcosa non andava. Il ragazzo sembrava molto turbato. Sul volto aveva dipinta una strana ombra di morte.
 
La guardò assente.
 
"Ryoga… tesoro mio… così mi fai preoccupare…"
 
In tutta risposta le accarezzò una guancia con una dolcezza estrema, indugiando a lungo prima di ritrarsi. Risucchiato da pensieri inenarrabili, aveva tentato di ancorarsi alla realtà, toccando il viso fresco e ignaro della sua Ucchan.
 
La ragazza gli fermò la mano tra le sue. Si guardò attorno. Erano soli.
Pensò di aver capito cosa struggeva il compagno.
 
"Lo so… Anch'io ho paura che qualcosa vada storto… Sai… una scelta così immediata… un cambiamento così grande… Mi mancherà la nostra principessa… Ma in fondo se non ci provano nemmeno, come potranno essere felici? Con tutti i miei dubbi, anch'io farei lo stesso. Stiamo facendo la cosa giusta. Sono nostri amici no? E noi dobbiamo aiutarli senza riserve", concluse portandosi la grande mano di lui alle labbra.
 
A quel contatto Ryoga quasi si commosse e la tirò a sè, per fuggire dalle lacrime.
 
"Sì…"
 
Lei lo strinse in un abbraccio tenero, caldo, rassicurante.
 
"Scusa ma devo scappare a controllare che la cucina sia libera"
 
Allentò l'abbraccio, gli stampò un bacio frettoloso e scappò via, lasciandolo nella pericolosa voragine della sua coscienza.
 
 
***
 
 
Tutto si svolse come previsto.
 
E come in un sogno che dilata e restringe i tempi senza una logica precisa, già si era fatta notte fonda e, ombre scure nell'oscurità dell'ora, Akane, Ukyo e Ryoga si trovavano dove dovevano essere: le mura davanti a loro, le guardie addormentate dalle focacce che un'ora prima la giovane ancella aveva portato loro. Le due sentinelle russavano della grossa da almeno dieci minuti. Altri dieci minuti e si sarebbero svegliati pensando colpevoli di aver ceduto a un sonnellino a stomaco pieno. Nessuno dei due ne avrebbe fatta parola e la cosa sarebbe finita lì.
 
E come in un sogno Akane non provava paura nè dolore, ma già era proiettata oltre quelle mura.
 
Ryoga, silenzioso e cupo, restava in attesa.
 
Ci pensò Ukyo a riportare quei due a contatto col mondo.
 
Sollevò il cappuccio del mantello sul capo di Akane, calcandolo bene, e ne accostò meglio i lembi sul collo, coprendo lo yukata di cotone pesante che aveva scelto per il viaggio. Era vecchio e un po' sbiadito, con dei piccoli fiorellini bianchi su uno sfondo giallino. La principessa lo indossava quando voleva essere comoda. E quale situazione migliore di una fuga?
 
"L'umidità della notte può entrare nelle ossa. Copritevi, mi raccomando. E non date confidenza alla gente tanto facilmente… Non tutti sono disposti ad aiutare. E non badate alle persone che… a volte sanno essere volgari e inopportune, ma voi ricordatevi sempre chi siete. E…"
 
"Ucchan…", Akane posò le mani sulle spalle tremanti dell'amica, guardandola con occhi gonfi che brillavano ai primi timidi raggi della luna.
 
"…E siate felice con Ranma"
 
In tutta risposta le due si strinsero forte, confortandosi con parole mute, in un addio semplice e carico di ricordi, di raccomandazioni e promesse.
 
"Dobbiamo andare", fu Ryoga a interrompere quel momento.
 
Ukyo si ricompose e, asciugandosi una lacrima sfuggita alle ciglia, non perse tempo a sussurrargli pratica: "Non puoi sbagliare. Ascoltami ancora una volta. Uscito dalle mura, ti trovi direttamente sulla strada in direzione di Hakata. Proseguendo di qualche centinaio di metri tu stesso mi hai detto di aver nascosto i cavalli nella boscaglia. Da lì dovrai andare sempre dritto e ti troverai alle pendici del monte Inunaki alle prime luci dell'alba. Non puoi sbagliare, Ryoga, non puoi", gli sorrise rassicurante.
 
Akane trattenne un risolino nervoso. Sarà stata anche nuova al mondo ma aveva più senso dell'orientamento di Ryoga e nel caso avrebbe saputo aiutarlo lei.
 
Il ragazzo annuì.
 
Era arrivato il momento.
 
Con un paio di balzi felpati si trovò sul crinale delle mura, a pochi passi dalle guardie assopite.
 
Akane non aveva nulla da invidiargli in fatto di tecnica e agilità. Negli anni, tante corse sui tetti, tanti allenamenti da una tegola all'altra erano valsi a qualcosa. In un attimo gli fu accanto.
 
E mentre la ragazza, fremente di mettere piede su un suolo sconosciuto, spiccava il balzo per atterrare oltre il palazzo, Ryoga si voltò di scatto e fulmineo si trovò nuovamente a terra, di fronte a Ukyo.
 
La ragazza, che palpitava nell'attesa che tutto si concludesse per il meglio, sgranò gli occhi davanti allo sguardo indecifrabile di Ryoga, che la baciò con disperazione, come in una estrema richiesta di aiuto.
 
Ma Ukyo non riuscì a formulare ipotesi né risposte, che già Ryoga le aveva dato le spalle tornando da dove era venuto.
 
Mentre spariva definitivamente inghiottito dal buio, Ukyo fece in tempo a notare il baluginìo di un pugnale appeso alla cintura del ragazzo.
 
Era certa che quando fosse uscito dal palazzo non lo avesse con sè.
 
 
 
***
 
 
 
Il vento gelido le schiaffeggiava il viso, e a lei pareva la carezza di un amico, mentre correva più leggera della sabbia che scende giù in clessidra.
 
Akane non riusciva a respirare tanto incontenibile era la gioia che la pervadeva sempre più, metro dopo metro, nell'allontanarsi dal suo passato, dal grigiore di un futuro già scritto, dal palazzo di suo padre. E allo stesso tempo si riempiva i polmoni di quell'aria che era la stessa che conosceva da sempre, ma che aveva il sapore della libertà e della fuga.
 
Era notte fonda, ma una sfacciata luna piena rischiarava il sentiero illuminando i contorni di un mondo sconosciuto e allettante che la principessa carpiva curiosa e attenta pur nella foga della galoppata. C'erano alberi, e sassi, e fiori, sagome di uccelli notturni, suoni e fruscii sinistri. Akane gustava indistintamente ogni sfumatura di quel nuovo mondo, senza paura, senza rimpianti.
 
Accanto a lei Ryoga non giovava dello stesso stato di grazia.
 
Era al contrario schiacciato da un peso invisibile, che ne faceva tremare i tendini e le vene. A ogni falcata che lo avvicinava alla meta, sentiva il senno scivolargli dalle tempie, che ronzavano di urla strozzate.
 
Non era riuscito a parlare a Ukyo della lettera di Ranma, quella lettera che ora gli bruciava sul petto come un ferro incandescente.
 
Non era riuscito, perché non avrebbe mai potuto mentirle.
 
Strinse i denti e incitò il cavallo a correre ancora più veloce.
 
 
Akane guardava avanti, non dietro né dentro di sé, non alle conseguenze.
 
*Ranma, sto arrivando*
 
Una nebbia avvolgeva tutto il resto. La sola strada era quella che l'avrebbe portata a lui.
 
Serrò i polpacci contro il ventre dell'animale e sperò di essere già a destinazione.
 
 
 
 
 
Come previsto, l'alba li colse all'arrivo presso le pendici del monte Inunaki. Il fogliame umido e rossiccio attutiva ogni passo, in un silenzio ovattato e surreale. Una leggera nebbiolina saliva dalla terra, sfumando i profili degli alberi che si infittivano per poi aprirsi in sporadiche piccole radure.
 
Non era stato il rallentare graduale dell'andatura di Ryoga, nè le caratteristiche del posto a suggerirle l'ovvio. Akane già sapeva che erano arrivati. Se lo sentiva nelle viscere.
 
Saltò giù da cavallo, per nulla fiaccata dalla traversata, e cominciò ad aggirarsi sicura tra alberi e cespugli.
 
"Ranma…", aveva il cuore in gola, "Ranma! Sei qui, vero? E' qui di sicuro, qui da qualche parte. Ranma? Magari non lo incontreremo subito, sarà questione di qualche ora… In effetti è stato un po' vago, ma le pendici del monte non saranno infinite, no? Cos'è qualche ora in fondo, a fronte di tanti giorni lontani? Misurerò ogni metro di questo bosco, se necessario. Prima o poi ci incontreremo…"
 
Parlava veloce, mentre zampettava qua e là, un po' a se stessa un po' al suo accompagnatore, che si ostinava ad arroccarsi in un silenzio immotivato.
Sicuramente pure lui condivideva gli stessi pensieri, solo era più ponderato e paziente di lei. Come dargli torto?
 
Si voltò per cercare una tacita complicità nello sguardo di Ryoga, ma si bloccò sconcertata.
 
Ryoga era sceso da cavallo, e senza un rumore le era arrivato lentamente alle spalle.
 
Non solo non trovò complicità nel suo sguardo, ma vi trovò al contrario lacrime brucianti che scendevano rassegnate solcandone il volto.
 
La guardava e taceva, taceva e le allungava un foglio ripiegato.
 
"R-Ryoga? Cos'è quel foglio che mi allunghi?"
 
Ryoga taceva. La sua mano tremava impercettibilmente.
 
Akane afferrò goffamente quel foglio, lo stropicciò tra le mani, mentre scrutava gli occhi del ragazzo, improvvisamente stretta in una morsa di angoscia.
 
Lasciò cadere per un attimo lo sguardo su quel foglio e subito lo distolse, come bruciata.
 
"E' la sua scrittura! Ranma… Una lettera di Ranma? Qualcuno lo ha bloccato, vero? Non è potuto venire all'appuntamento…?"
 
Nessuna risposta.
 
"Gli è successo qualche cosa?! Ti prego Ryoga, non stare zitto… Dimmelo! Io non riesco… non posso leggerla… Potrei morirne…"
 
"No, leggetela. E sarà chiaro anche a voi, così, il peso che mi porto"
 
La sua voce era disperata ma ferma.
 
Akane non poté ribattere.
 
Aprì la lettera e la lesse ad alta voce, agitata fin nel midollo.
 
"Ryoga! Ho bisogno di te, amico. E della tua fedeltà, visto che quella di mia moglie mi è stata negata per l'eternità", la voce le si dilatò appena, interrogativa. "Adulterio! Tradito da chi più amavo e che ora più odio! E il tradimento va lavato con la morte", un sussulto le si strozzò in gola, ma continuò. "Agisci tu per me", sollevò lo sguardo su di lui che la guardava senza dire niente, in un'espressione statica di pietà. Tornò al foglio: "Per l'amicizia che mi hai giurato. Il suo sangue sarà la prova della tua lealtà. Il suo sangue…", la voce le si incrinò, "… su un fazzoletto come prova. Non chiedo altro. Il suo sangue. Fallo. Fallo per me. Le ho appena scritto una lettera. Lei non sospetterà nulla”, si sentì morire, “Vedrai che sarà lei stessa a darti l'occasione per compiere la giusta vendetta…"
 
Ci fu un silenzio assordante.
 
Il foglio le scivolò dalle mani immobili.
 
L'aria stessa si era fermata.
 
Gli occhi fissi davanti a sè, Akane non riusciva a dare un senso alle parole che aveva appena letto.
 
Boccheggiò.
 
E dopo un tempo che parve infinito, frantumò il silenzio con una voce flebile e appena udibile, strappata alla più innocente delle anime.
 
"Io… falsa? Infedele? Io…? Le notti passate a pensare a lui?… False? Falso l'amore, il dolore, le lacrime? Io… io non so… non capisco… Dev'essere un errore… Forse uno scherzo…"
 
Ryoga si ostinava a tacere.
 
Un'idea improvvisa le squarciò la mente, scuotendola.
 
"Mousse!", si portò una mano alla bocca, "Allora aveva ragione lui!… Non l'aveva accusato di andare a donne… Dev'essere così! Qualche donna avrà sedotto Ranma… E Ranma… No! Non posso neanche pensarlo!", sentiva la rabbia salire, il volto arrossarsi di sdegno. "Stupido! Stupido bugiardo!”, prese a calci un povero albero che si trovava lì accanto, “Oppure davvero tu credi…? Davvero pensi che io potrei tradirti?!", delirava, in preda all'ira, camminando avanti e indietro, scossa dalle convulsioni. "Una trappola, sono caduta nella tua trappola!… Ma perché Ranma…? Tu sei… eri… tutto per me… Tu così mi togli tutto… Mio padre aveva ragione… Disonesto… Di chi… di chi potrei mai più fidarmi?!"
 
Voltò lo sguardo folle su Ryoga, folgorata da un'intuizione, additandolo.
 
"E allora 'tu' sii onesto. Fa' ciò che lui ti scrive, e dopo digli se sono stata o no ubbidiente! Guarda", in un movimento repentino gli fu di fronte, si gettò sulle ginocchia e dal basso verso l'altro, con sguardo di sfida, afferrò il pugnale che il ragazzo teneva alla cintura, "Lo sfilo io per te. Prendi. Colpisci!"
 
Ryoga si ritrovò la lama tra le mani.
 
Akane si diede un paio di rozzi pugni sul petto: "Tranquillo! Non c'è più niente qui! Non vedi? E' vuoto! Il tuo caro amico non è più qui!"
 
Il ragazzo la guardava, titubando tra le lacrime incessanti, come in un incubo in cui le forze vengono meno e le membra pesanti non rispondono ai nostri comandi.
 
"Forza, esegui. Affondaaaa! Avrai coraggio per migliori cause, ma adesso fai il codardo", gli sibilò rabbiosa tra i denti.
 
Ma meno di un attimo dopo lo stava pregando.
 
"Perché? Ryoga, amico mio, te lo sto chiedendo… Uccidimi, ti prego. Io non posso vivere sapendo che Ranma mi vuole morta. Semplicemente non posso. E voglio dargli quello che vuole, a quello stupido!…  Io non ci posso riuscire. Non vedi? La mia mano trema troppo forte. Farei un disastro. Lui l'ha sempre detto che io sono imbranata… Anzi guarda, ti semplifico le cose…"
 
Strattonò via il mantello, si portò le pallide mani al petto e aprì lo yukata quel tanto per togliere ogni impedimento tra la sua pelle e la lama.
 
Ma qualcosa la ostacolò.
 
"Aspetta, che c'è qui?"
 
Infilò con stizza una mano tra i lembi della stoffa e tirò fuori un involto di carte ripiegate tra loro con cura.
 
"Le lettere d-di… R-Ranma…"
 
Semplicemente le aveva dimenticate.
 
Un moto di tenerezza la scosse.
 
Le guardò con amore e d'un tratto le lacrime le schizzarono via dagli occhi: "Piene… piene di bugie…! Via! Via! Via! Via!", lanciò quelle lettere lontano da sè, dove caddero sparpagliate sul terreno bagnato.
 
"Per voi non c'è più posto nel mio cuore! Stupide lettere… Stupido Ranma… stupido… stupido"
 
Gattonò sgraziata verso quei fogli sciupati, desiderando accartocciarli e al contempo impossibilitata ad allontanarsene davvero.
 
Raccolse una lettera, poi un'altra, e un'altra ancora, se le strinse al cuore, ginocchioni si trascinò verso una quarta.
 
"Stupido, stupido Ranma…", continuava a masticare tra i singhiozzi.
 
E mentre avrebbe voluto solo sciogliersi in un pianto esausto e disperato, si rese conto che Ryoga era in piedi sopra di lei.
 
Alzò lo sguardo e ciò che vide le gelò ogni vena in corpo.
 
Ebbe appena il tempo di notare il suo sguardo assente mentre brandiva il pugnale, il braccio sollevato su di lei.
 
Durò un attimo.
 
Il luccichìo della lama, un singulto soffocato sul nascere.
 
E poi fu solo rosso e odore di sangue.
 
 
 
 
--
(1) Sakura mochi: è una varietà di mochi (dolce di riso glutinoso) colorato di rosa e avvolto con una foglie salata di ciliegio giapponese (sakura).
 
--
 
 
Ciao a tutti!
 
Eccomi di ritorno in questi lidi!!!  Spero non mi ammazzerete dopo aver letto un capitolo infinito e per di più infinitamente drammatico per quello che è un momento piuttosto delicato per questa storia…
 
Temo che il capitolo possa risultare un po’ frammentario, ma il materiale della narrazione assumeva qui alte temperature emotive e tra sogni, incubi, visioni e ‘flussi di coscienza’ ho preferito optare per una frammentarietà che potesse anche solo minimamente evocare gli sconquassi interiori dei nostri personaggi.  Fatemi sapere se secondo voi ci sono almeno in parte riuscita o se ho fatto un pastrocchio! Io ormai leggo e rileggo e non so più ciò che è giusto da ciò che non lo è! ;-)
 
Scherzi a parte, grazie per quanti di voi ancora leggono e mi seguono e soprattutto grazie a coloro che trovano il tempo di scrivere qualche riga, il loro commento, un consiglio. Non fatevi pregare! Anche solo due parole possono essermi molto utili! Siete preziosi!
 
Un bacione a distanza alle mie care Ladies, lontane nello spazio e negli impegni ma sempre sempre presenti.
 
Un abbraccio grande!
 
InuAra
  
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Ranma / Vai alla pagina dell'autore: InuAra