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Autore: Leonhard    13/03/2016    5 recensioni
Alla fine il suo mondo si era sempre ridotto a quello: un intero universo, il suo, che partiva dalla porta e finiva alla finestra. Ed in mezzo lui, in silenzio, ad interrogarsi sul perchè una cosa come quella era successo proprio a lui: un'altra domanda che non avrebbe mai avuto risposta. Aveva affrontato Streghe, Cavalieri, mostri di ogni tipo e poi era arrivato bello bello un RubRum Dragon che aveva provveduto a mettergli addosso una catena che mai, mai sarebbe riuscito a togliersi.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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TO DIE


Laguna si fermò davanti all'ospedale con una confusione tale nella testa che lo destabilizzava. Negli ultimi giorni era stato bersaglio di tante di quelle notizie che fino a qualche giorno prima non aveva saputo nemmeno da che parte girarsi per prima. Il colloquio con Odaine, il meeting con le forze di Galbadia, la telefonata di Quistis per dirgli che suo figlio era in riabilitazione per una lesione alla spina dorsale.

E poi quell'ultima chiamata da parte del preside Cid; la burocrazia esthariana non ammetteva sentimentalismi come un figlio in sedia a rotelle, non nei confronti del presidente, ed era stato con un sollievo quasi fuori luogo che aveva ascoltato il preside del Garden di Balamb riferirgli la notizia di uno Squall che aveva tentato il suicidio. Un fatto così assurdo, così decisamente non-da-Squall aveva allarmato anche Kiros e Ward, che lo avevano messo sulla Lagunarok ed impostato personalmente il pilota automatico per Deling City.

“Con il tuo senso dell'orientamento rischi di finire a Trabia” aveva commentato l'amico. Avrebbe replicato in modo sagace, il presidente Laguna, ma in quel momento non gli era venuto in mente nulla che potesse rendere giustizia ad un affronto simile.

Il viaggio era stato un soffio, nell'ospedale l'avevano riconosciuto, ma davanti alla cortese ed emozionata infermiera seduta all'accettazione non riusciva a sentirsi il dirigente dell'unico continente in grado di rivaleggiare con Galbadia, ma solo un padre che faceva visita al figlio nell'ultimo posto in cui avrebbe voluto trovarlo.

Guardò l'orologio e, con un sospiro, si frugò nella tasca. Odaine era stato chiaro nel raccomandarsi di non sgarrare gli orari e lui non aveva la minima intenzione di farlo; guardò la piccola pastiglia gialla per qualche secondo, poi se la cacciò in bocca, deglutendo e pregando che non si incastrasse in gola. Ci mancava solamente quella: non bastava suo figlio sulla sedia a rotelle, vero?


Quando l'uomo entrò nella stanza temette di perdere il controllo e di scoppiare in lacrime come un bambino; Squall era sul letto, con sguardo perso fisso verso la finestra, pallido e sconvolto, mentre Rinoa era accanto a lui, con una mano tra le sue e gli parlava con un sorriso tirato, stanco. Quando la ragazza si volse vide tutto il dolore, lo smarrimento, l'incapacità di essere forte in un momento in cui lei per prima aveva bisogno di essere incoraggiata. Eppure ci stava provando: voleva, doveva essere forte. Per Squall, per il suo Squall. Ringraziò il cielo di aver preso quella pastiglia fuori dall'ospedale: avrebbe implicato spiegazioni che in quel momento sarebbero state solo deleterie.

Fu messo al corrente della giornata: la solitudine, la depressione che stava lentamente mangiando suo figlio e la decisione che era stata resa pubblica da Rinoa ai pochi intimi presenti in quella stanza. Laguna capiva: doveva andarsene da lì e ricominciare.

La visita successiva fu al preside Cid. L’uomo lo accolse con un sorriso distante, che sovrastava a fatica i pensieri che aleggiavano nella sua testa.

“Salve presidente Loire” salutò vago, come lo vedesse per la prima volta. ”Posso offrirle qualcosa?”.

“No grazie” declinò rispettosamente l’uomo. Potresti offrirmi la possibilità di evitare che Squall ritenti quello che ha fatto nel cortile e che magari ci riesca: la prossima volta Quistis potrebbe non essere nel cortile.

“Rinoa è venuta a parlarmi” disse. “Mi ha riferito la decisione di Squall”.

“Quindi…?” chiese l’uomo. “C’è qualche problema?”.

“Un mare di problemi” rispose Cid. Laguna si sedette senza che gli venisse offerta: Caraway l’avrebbe folgorato sul posto, ma era proprio perché c’era il preside del Garden di Balamb si permise di non seguire il galateo politico.

Era in compagnia di amici ed era di suo figlio che si parlava.

“Mi illustri” invitò. Cid sospirò: era strano quanto apparisse stanco ai suoi occhi e si sorprese a pensare che probabilmente lui desse quella stessa impressione.

“Squall vuole lasciare la SeeD” cominciò l’uomo. Dal tono era una decisione che non gli piaceva nemmeno un po’. “Fino a ieri ero seriamente intenzionato a lasciargli il posto di preside: un lavoro tranquillo, molto ben retribuito e pieno di pensieri e responsabilità e non nascondo che sarebbe stato anche un’ottima occasione per me di ritirarmi a vita privata con Edea, finalmente. Poi ho saputo del…episodio nel cortile del Garden.

“Laguna, voglio essere sincero con lei e risparmiarle le sviolinate ed i peli sulla lingua: io voglio bene a quel ragazzo come se fosse mio figlio. È un bravo ragazzo, un brillante studente ed un SeeD modello: sono stato veramente molto orgoglioso di lui durante la campagna contro Artemisia e sinceramente ero convinto che lo sarebbe stato per sempre. Questo mio attaccamento nei confronti di uno studente, di un soldato, mi rende combattuto: vorrei che accettasse il mio lavoro e che stesse qui, ma allo stesso tempo so che non posso più chiedergli una cosa del genere e lo capisco”.

“Dove vuole arrivare, preside?” chiese Laguna, invitandolo a proseguire. Va bene non avere peli sulla lingua, ma così è anche troppo.

“La SeeD non prevede un programma per congedare i propri membri” disse. “E questo per due motivi: primo perché nessuno ne ha mai avuto motivo, secondo per gli insegnamenti e l’addestramento a cui è sottoposto da cadetto”.

“Mi sta dicendo che Squall non può lasciare la SeeD?” chiese lui, riuscendo per qualche celata capacità di mascherare il nervosismo crescente con il suo tono calmo.

“Tecnicamente no” rispose. “Per questo ho convocato lei”. Finalmente prese posto dietro la sua scrivania; si tolse gli occhiali e si strinse la base del naso, liberando un sospiro stanco e liberatorio: la soluzione a cui aveva pensato evidentemente non lo soddisfava e Laguna ebbe il sentore che per lui sarebbe stato lo stesso.

“La ascolto” disse.

“Laguna, lei è il solo a cui posso chiedere una cosa del genere: deve arruolare Squall per un’altra missione. Al resto penseremo noi” rispose. Laguna non credette alle sue orecchie.

“Scusi, che missione dovrei assegnarli nello stato in cui è?” chiese. “Il rapporto è stato fatto, tutti sanno le condizioni in cui versa e poi c’è il referto medico dell’ospedale di Deling City: cosa segno nel mandato?”.

“Quello che vuole” rispose. “Per noi è indispensabile che Squall lasci il Garden con un valido motivo; tuttavia quello che le chiederò oggi è un patto”.

“Un patto? E sarebbe?”.

“Laguna, lei gode della piena fiducia del Garden visto il supporto che ci ha offerto durante la battaglia contro Artemisia: aver utilizzato il potere di Ellione sapendo quale fosse la posta in gioco è stato esemplare e per questo le sto proponendo un accordo ufficiale basandomi unicamente sulla sua parola”. Cid inforcò nuovamente gli occhiali e lo guardò da sopra le lenti a mezzaluna: lo sguardo era fermo, lucido.


Supervisione dei progetti di un Garden estariano: questo era stato il motivo per cui Squall era stato richiesto. Lui e solo lui. L’attenzione del ragazzo fu verso Cid per tre buoni minuti e venne considerato quasi un miracolo. La spiegazione della missione fu fatta in presidenza, a porte chiuse; quando l’illustrazione terminò, nella sala non volava una mosca.

“Ma è impazzito?” sbottò subito Seifer. “Ma si rende conto di quello che sta dicendo?”.

“Sì, Seifer” replicò Cid. “E lo faccio solo perché si tratta di lui”. Rinoa era paralizzata, con gli occhi che saettavano da Cid a Laguna, fermo in un angolo con un espressione che non gli stava bene sul volto solitamente allegro e spigliato. Istintivamente cercò il suo ragazzo e quando trovò la sua spalla la strinse più forte che poté.

“Preside, non può farlo” disse Quistis. La sua voce pacata tradiva l’inquietudine, la preoccupazione. Ma anche una tristezza profonda. E nostalgia.

“Preferisco che vada così piuttosto che rischiare di leggere nuovamente un rapporto come quello del cortile” replicò Cid. Con quelle parole li affondò tutti, dal primo all’ultimo. Zell aprì la bocca per ribattere, ma la chiuse dopo qualche momento, Selphie cercò la mano di Irvine e tutti si volsero verso il loro Comandante.

Squall guardava il preside e non diceva una parola. Il corpo era abbandonato stancamente contro la sedia a rotelle, ma le mani stringevano i braccioli con un forza nuova e gli occhi

gli occhi

fremevano e brillavano di attenzione: dal RubRum Dragon era in assoluto la prima volta che guardava una persona con un’attenzione diversa da quella che normalmente si riservava ad un letto da rifare. Riluceva la determinazione, la forza e la speranza.

Era quello che voleva e Rinoa si sentì allo stesso tempo felice e distrutta.

“Ci sto” disse semplicemente. Spinse le rotelle accanto alla scrivania e lesse il mandato della missione. Pochi secondi e lo siglò con la sua firma frettolosa ma armonica, del tutto simile ad un autografo.

“Odaine è il migliore in molti campi” intervenne Laguna. “Se la cosa può consolarvi, starà bene: se Squall vorrà vederlo, potrebbe addirittura tornare a camminare”.

“Al resto ce ne occuperemo noi” concluse Cid. “E con noi intendo anche voi”.


Riuscirono ad organizzare una bevuta a Balamb, in un bar sul porto. La serata fu ridanciana, ma con un sottofondo di dolore, di lutto; Squall parlò poco e guardava la sua granpozione alla mela come se stesse ripassando la consegna della missione. Il ritorno non fu molto diverso ed il ragazzo si riscosse dai suoi pensieri quando Rinoa entrò nella stanza con lui e si chiuse la porta alle spalle.

“Cos…?” tentò di dire, ma venne zittito dalle labbra della ragazza. Senza mai lasciarlo, si mise a cavalcioni su di lui e gli avvolse le braccia intorno al collo, in un bacio che non lasciava scampo. Squall dopo qualche attimo di tentennamento incredibilmente ricambio; erano ormai troppi giorni che subiva i suoi baci e Rinoa si sentì genuinamente felice.

La sua felicità tuttavia fu spezzata brutalmente dal pensiero del giorno dopo: quando piombò nella sua testa erano arrivati sul letto, lui con i pantaloni e la canottiera e lei in intimo. Continuò a baciarlo, ma il sapore salato delle lacrime giunse alle labbra del ragazzo, che la separò da sé.

“Rinoa?” chiamò. La guardò per qualche minuto, poi sospirò comprensivo e la attirò a sé. La ragazza, tra le sue braccia forti, con il suo calore contro la pelle ed il suo odore nel naso pianse.

“Scusami…” singhiozzò. “So perché lo fai e so che è meglio così…ma non ce la faccio a non pregare che tu cambi idea”.

“Rinoa, io…” cominciò Squall, ma lei gli premette delicatamente l’indice contro la bocca.

“Non dire nulla Squall” mormorò. “Io voglio che tu stia bene e che sia di nuovo felice. E se la missione di domani ti darà questa possibilità non ti chiederò di ripensarci. Però…”. Prese la sua mano e la guidò contro il suo seno. “Questa sera, qui e adesso, ti chiedo di fare l’amore con me; ti chiedo di essere mio e di farmi sentire tua ancora per questa sera”.

Si mischiarono lacrime e singhiozzi e gemiti. Rinoa strinse a sé il suo Cavaliere godendosi il suo tocco, assaporandosi il momento secondo dopo secondo

qui e adesso

come se fossero gli ultimi, come fossero tutte cose che dal giorno dopo non avrebbe più avuto. Provò l’orgasmo più indesiderato della sua vita, quello che avrebbe sancito la fine di tutto, la chiusura di un periodo di tempo che per lei era valsa la missione fallita sul treno dei Gufi, l’essere sopravvissuta nello spazio e di tutte quelle volte in cui la sua volontà

il suo amore

nei confronti di quel ragazzo un tempo taciturno, freddo ed intrattabile l’aveva costretta a continuare, ad insistere, a provare ad avere un dialogo con lui che non riguardasse il contratto o la missione che stavano svolgendo.

Solo un’ultima volta, come quella scorsa. Solo un’ultima volta.


Dopo una settimana, Squall era libero. Libero dalle missioni, dalla burocrazia, dalla depressione, dall’ambiente militare che una volta aveva ucciso l’umanità dentro di lui, quella stessa umanità che Rinoa aveva visto rinascere sulla Lagunarock, quella volta nello spazio.

Guardò la bara scendere in una fossa fresca sulla collina di Winhill e spostò poi lo sguardo sulla lapide che avrebbe contrassegnato quel luogo per sempre. Squall Leonhart. Laguna l’aveva voluto con Raine, in quel posto che non aveva mai voluto visitare, accanto a quella lapide che non aveva mai voluto vedere. Al funerale erano intervenuti tutti nel Garden e in molti piangevano. Persino i suoi amici piangevano, anche se sapevano perfettamente come stavano le cose.

Sapevano che quella lapide indicava il luogo di sepoltura di una bara vuota.

Cid e Laguna si erano prodigati nei giorni precedenti a divulgare in tutto il mondo la notizia dell’avaria dell’elicottero su cui viaggiava una squadra di SeeD diretti ad Esthar per una missione e non aveva mancato di precisare che su quell’elicottero, che ormai riposava sul fondo del mare al largo di FH, buono solo per le tane dei pesci, era presente anche il leggendario SeeD Squall Leonhart.

La stampa passò la notizia in rete mondiale e nel giro di una settimana Squall era pubblicamente morto. Non mancarono messaggi di cordoglio e corone di fiori nella presidenza del Garden e comunicati radio e televisivi in cui si commentava la morte del ragazzo ricordando tutte le sue imprese

Squall era libero

e commemorandolo come il grande eroe della loro epoca.

Il funerale finì con il saluto militare da parte dei SeeD e i colpi a salve sparati in aria ed in poco tempo la folla si disperse. Rinoa si avvicinò a Laguna e lo prese per la manica della giacca.

“Laguna…ti prego…non permettere che gli capiti qualcosa di brutto” mormorò, con voce rotta. “Non sopporterei di perderlo una seconda volta e morirei se questa cerimonia dovesse ripetersi con una bara piena…”. L’uomo non rispose; si limitò ad annuire ad una promessa che non avrebbe potuto mantenere, mentre con una mano nascosta dalla tasca giocherellava con le sue pillole.




NOTA DELL’AUTORE:

Lo so, avevo detto che questo capitolo sarebbe stato l’ultimo, ma non è così. Ci sarà un epilogo e vi dico pure quando sarà pubblicato: Giovedì 24, come regalo per il mio compleanno.

Spero fremiate dalla voglia di sapere cos’è successo e come si concluderanno le cose, perché io non vedo l’ora di scriverlo XD

Un saluto a tutti.

Leonhard
   
 
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