CAPITOLO 67
Teresa, ancora insonnolita, stava guardando quella che
sarebbe dovuta diventare la loro casa. La loro nuova casa.
Il signor Edmondo li aveva mandati a chiamare dal suo
maggiordomo, che prontamente aveva pagato il conto alla locandiera ed aveva
fatto loro cenno di seguirlo.
Svegliare Giovanni non era stato semplice per la contessina,
che peraltro era già in piedi quando il maggiordomo era giunto alla pensione,
ma comunque il suo amato quella mattina aveva una bella cera e il suo viso
sembrava avesse ripreso colore.
Anche Anna e Roberto li avevano seguiti; ormai, pareva che la
coppia di servi fosse irrimediabilmente vincolata allo stesso destino di lei e
del suo amato brigante, che dal canto suo non aveva più accennato a volerli
allontanare.
Entrambi si erano ormai affezionati a quei due ragazzi che,
come loro, cercavano di ricrearsi una nuova vita in quel Paese lontano e
sconosciuto, ma che non avevano avuto la fortuna di avere soldi da parte. Erano
totalmente allo sbando, e per Teresa aiutarli e tirarseli dietro era diventato
un principio fondamentale, totalmente inviolabile.
Non le costava molto comunque ammettere che anche lei si era
affezionata alle loro presenze per nulla invadenti e scortesi, e se le veniva
in mente come li aveva trattati la prima volta che li aveva visti su
quell’immensa nave che li aveva condotti fin lì, le veniva quasi da sorridere.
Ma solo per non piangere dalla vergogna.
Effettivamente, i due giovani avevano tutte le migliori
intenzioni e non avevano mai voluto farle del male, cosa di cui purtroppo lei
li aveva incolpati ingiustamente, ma ora voleva anche sdebitarsi e scusarsi per
quel triste primo impatto.
In ogni caso, dopo essersi accertata che i due nuovi amici li
avessero seguiti, lei e Giovanni si erano lasciati accompagnare dal silenzioso
maggiordomo portoghese fino alla banca, dove davanti ad essa c’era posteggiata
una magnifica ed ampia carrozza trainata da quattro stupendi cavalli bianchi.
A quel punto, il loro accompagnatore si era dileguato con un
largo sorriso ben stampato sul volto, e li aveva lasciati in compagnia del
prolisso e chiacchierone Edmondo, che li aveva invitati a salire sulla carrozza
da lui stesso noleggiata, in modo da poter andare a vedere ciò che era riuscito
a trovare per loro quattro. Ormai, aveva aggiunto anche Sara e Roberto alla
lista.
La contessina si era annoiata un po’ durante il viaggio in
carrozza, poiché le sarebbe piaciuto sbirciare il paesaggio dai vetri del
mezzo, ma Edmondo aveva continuato a chiacchierare per tutto il tempo,
tenendola costantemente impegnata in una conversazione da lei non molto voluta.
Il ricco banchiere ebreo pareva felice di aver trovato
qualcuno che l’ascoltasse con attenzione, e Teresa non aveva avuto il coraggio
di deluderlo in alcun modo. Aveva dovuto riconoscere che Edmondo era di certo
una persona strana, forse troppo logorroica e liberale per appartenere al suo
silenzioso popolo, abituato a subire soprusi d’ogni genere nel Vecchio Continente
e a tacere quasi sempre. Doveva essere stato l’impatto con le Americhe ad averlo
reso così estremamente chiacchierone e gioviale.
Dopo un viaggio non troppo lungo, durato un paio d’ore, e
dopo aver attraversato tutta Santos e alcuni villaggi vicini, la carrozza si
era fermata proprio nel punto in cui iniziava una grande ed immensa foresta, e
dove alcune abitazioni quasi totalmente in legno erano state appena messe in
piedi dal nulla.
Scendendo dalla carrozza, la ragazza aveva notato che il
verde regnava sovrano ovunque, e che quella foresta che aveva di fronte non era
neppure minimamente simile ai boschi che aveva visto nella penisola italiana,
ma era qualcosa di più selvaggio ed indomito. Gli alberi erano molto alti,
simili a lunghi pali eretti verso il cielo, mentre forti strida animalesche
risuonavano ovunque, di tanto in tanto.
In quel momento, continuava a fissare ciò che il banchiere le
indicava.
‘’Dunque, mi hanno detto che ci sono un po’ di scimmie nei
paraggi, ma non rappresentano un problema. Sono scimmiette molto piccole, basta
cacciarle con qualche schiamazzo, e sono totalmente innocue.
‘’Comunque, se vi piacerà, questa bella dimora sarà vostra;
in realtà, è divisa in due ampie parti, in modo che possa essere abitata da due
famiglie. Queste sono le terre di proprietà della mia banca, dove investo parte
del patrimonio per costruire e rivedere case costruite sui territori strappati
alla foresta vergine. Ma venite, vi mostro meglio l’abitazione’’, riprese a
dire Edmondo, tutto sorridente e cordiale, puntando un dito verso l’ultima
abitazione in fondo ad un sentiero di terra battuta.
Teresa si mise subito a seguire l’uomo attempato, essa stessa
seguita dalla coppia di amici e dal suo amato, che pareva stare sempre meglio.
Aveva ancora un’espressione un po’ abbattuta dipinta sul volto, ma almeno stava
riprendendo le forze. Sara e Roberto, invece, ormai sembravano guariti definitivamente,
e il pasto sostanzioso della sera precedente pareva averli rimessi
miracolosamente in sesto.
Dopo aver percorso un piccolo tratto di sentiero, si
trovarono di fronte alla porta dell’abitazione, e la contessina fu costretta a
riconoscere che, vista da vicino, pareva molto più grande. La parete frontale
era di mattoni rossi, e la porta era stata intagliata molto probabilmente da un
unico e ampio tronco d’albero, poiché non mostrava alcun segno di lavorazione.
Era grezza, una tavola di legno scuro con una maniglia e una serratura blanda.
Edmondo aprì la porta e mostrò l’abitazione in tutto il suo
splendore, lasciando gli acquirenti molto stupiti.
Teresa, non appena varcata la soglia molto modesta e che
lasciava a dir poco desiderare, ebbe modo di ritrovarsi direttamente in
un’ampia camera, quasi una sala comune, con un grande tavolo nel mezzo e un
dedalo di porte aperte che portavano in altre stanze, sicuramente di minore ampiezza.
‘’Ho pensato a questa casa, tanto per iniziare. Ieri mi
avevate detto che eravate quattro invece che i due citati nella lettera del mio
caro amico, ed ho cercato di fare del mio meglio per trovare qualcosa di adatto
alle vostre esigenze.
‘’Purtroppo, la somma di denaro in vostro possesso, e che mi
arriverà indubbiamente a breve, può permettervi quest’ampia abitazione, ma non
due case. Quindi, immaginando che voi quattro formiate due famiglie distinte,
potrete comunque dividere e condividere l’abitazione, sempre e comunque
riuscendo a mantenere i vostri spazi. Questa è stata la mia idea, e mi pare
buona; se poi volete…’’.
‘’Va benissimo così’’, lo interruppe Teresa, evitando che
l’uomo pensasse ad altre soluzioni. Quella le pareva ottimale, anche se avrebbe
comportato la divisione degli spazi con la coppia di servitori.
‘’Non va bene così, invece’’, ribadì Sara, parlando con voce
squillante.
La contessina la fissò, interdetta. Era vero che non aveva
mai chiesto un’opinione dei due amici, ma dava per scontato che loro li
avrebbero seguiti ovunque e in ogni scelta.
‘’I soldi sono i vostri, non sono nostri; la casa è giusto
che sia tutta vostra. Non vogliamo essere un peso o un fastidio per voi’’,
concluse la giovane, guardando verso terra. Si vergognava per ciò che aveva
detto, e indubbiamente quella casa doveva piacerle parecchio.
‘’Sara ha ragione. Non possiamo prendere possesso di ciò che
è vostro. La casa è vostra e…’’, tentò di dire Roberto, subito bloccato da un
gesto perentorio di Giovanni.
‘’La casa sarà nostra, certo, ma saremo ben felici di
condividerla con voi. Capisco il fatto che non vogliate essere di disturbo, ma
per noi ospitarvi ed offrirvi qualche stanza fintanto che non sarete
economicamente indipendenti non sarà un disturbo. In questo Paese sarete allo
sbando, senza soldi né un tetto sulla testa… quindi, per favore, accettate la
nostra ospitalità. La casa per fortuna è abbastanza grande, e c’è spazio anche
per voi’’, disse poi il brigante, sicuro di sé.
Teresa lo guardò con ammirazione, riuscendo a vedere in lui
quella risolutezza e quella capacità retorica che l’aveva reso unico fintanto
che era stato a capo della sua banda di fuorilegge.
‘’Allora accettiamo… e vi ringraziamo. Per tutto. Un giorno
ci sdebiteremo, ve lo giuro’’, mormorò Roberto, commosso da tanta generosità ed
accettando di fatto l’ospitalità in quell’abitazione. Anche Sara annuì,
dimostrandosi infine d’accordo.
‘’Ehm, bene, se avete finito di discutere tra voi, potrei
mostrarvi…’’.
‘’Non dovete mostrarci nient’altro. Questa casa ci ha già
convinto’’, concluse Teresa, risoluta, interrompendo nuovamente il signor
Edmondo, che la guardò con soddisfazione.
‘’Molto bene, allora! Molto, molto bene. Vi assicuro che
sarete soddisfatti dell’acquisto. Ed ora… beh… dovrei tornare nella mia banca,
sapete, gli affari mi attendono… non esitate a chiedermi aiuto, se ne avrete
bisogno. Il villaggio più vicino non dista molto, ed è fornito di numerosi
cocchieri, che per pochi spiccioli vi porteranno ovunque voi desideriate. Vi
farò arrivare la liquidità rimastavi entro i prossimi giorni, ovviamente
cambiata in valuta locale.
‘’In ogni caso, ho pensato che voi aveste potuto trovarvi più
a vostro agio nelle campagne, visto che le città molto spesso sono
incredibilmente turbolente, e i conflitti armati in questo impero non mancano
mai, purtroppo’’, tornò a dire il vecchio banchiere, quasi volendosi scusare
della mercanzia che aveva appena offerto e venduto.
L’uomo era come un fiume in piena quando parlava, e come un
fiume travolgeva e stordiva chi lo ascoltava, passando continuamente da un
argomento a un altro ad esso collegato, e spesso la contessina si deconcentrava
dai suoi discorsi. Per fortuna, quella volta il suo amato era attento ed aveva
la risposta pronta.
‘’Questa abitazione va benissimo per noi, non preoccupatevi.
Avete fatto la scelta giusta’’, lo rassicurò Giovanni, mentre Teresa era già
persa con lo sguardo in quella casa. Quasi tutto era fatto in legno, e solo
alcune parti erano costruite con mattoni rossi, più per rinforzare la flebile
struttura che altro.
‘’Ma durante l’inverno, non rischiamo di patire del freddo
qui dentro?’’, riuscì a dire la ragazza, esternando il suo dubbio. Il tetto le
pareva davvero ridicolo, di certo incapace di sostenere il peso della neve e
del ghiaccio.
Edmondo scoppiò a ridere, mentre tutti nella stanza lo
guardavano, esterrefatti. Effettivamente Teresa riconosceva che la sua domanda
era fondata, così come gli altri presenti, e nessuno di loro quattro riusciva a
comprendere l’improvvisa ilarità del banchiere.
‘’Scusate, è solo che non sono riuscito a trattenere una
risata, spero che non ve la siate presa.
‘’Mia cara Teresa, in questo magnifico impero non esiste
l’inverno e non esistono le stagioni; qui, a poca distanza dalla stupenda San
Paolo e dal meraviglioso porto di Santos, le temperature sono stabili tutto
l’anno. Ci sono giorni in cui diluvia, certo, ma mai giorni in cui le
temperature scendano come nella vostra penisola d’origine. Qui non esistono
ghiaccio e neve, ma solo tiepido calore.
‘’E ora, perdonatemi, ma devo proprio lasciarvi. E scusatemi ancora’’,
rispose Edmondo, per poi congedarsi in tutta fretta, tra strette di mano e
calorosi sorrisi.
Poi, proprio quando stava per uscire di casa, si voltò di
nuovo indietro, richiamando l’attenzione dei presenti.
‘’A momenti dimenticavo di dirvi una cosa. Potete
tranquillamente lavorare la terra che circonda la vostra abitazione fino a
trenta metri da essa. Fidatevi, se avete esperienza nel settore agricolo,
fatelo; la terra è fertile, ed inoltre vi offrirà cibi e verdure sempre
fresche, e così non ci sarà bisogno di recarvi in paese con molta frequenza’’, aggiunse
Edmondo, suscitando subito la curiosità di Giovanni e Roberto, entrambi capaci
di custodire un campo e di dissodare a dovere il terreno, ma l’uomo, che non
poteva più intrattenersi, li abbandonò in fretta, promettendo di far giungere
loro anche qualche semente, assieme ai contanti.
Teresa, ancora presa dalla casa, si mise a girovagare per la
grande abitazione, seguita a pochi passi più indietro da una silenziosissima
Sara, che some un fantasma si aggirava alle sue spalle.
‘’Ti piace?’’, chiese dopo un po’ la contessina, cercando di
nascondere la sua euforia, mentre guardava le varie stanzette, alcune delle
quali erano abbastanza ridotte ma non per questo meno accoglienti. Non le
pareva quasi vero di essere giunta a destinazione, e di avere trovato un posto
e una casa in cui fermarsi e vivere, lasciandosi alle spalle una lunga fuga, e
anche se all’orizzonte si prospettavano migliaia di difficoltà, dovute alla
lingua e al denaro, la giovane sapeva già che sotto quel tetto lei si sarebbe
sempre sentita al sicuro e protetta.
‘’Certo che mi piace. Ma sappi che per quello che hai fatto
per noi, io e il mio Roberto ti saremo per sempre debitori. Grazie per averci
accettato e per averci reso partecipi del tuo sogno, ormai realizzato, direi’’,
rispose Sara con un tono pieno di gratitudine, sorridendo con imbarazzo.
Teresa si limitò a lanciarle una rapida occhiata, per poi
tornare a guardare e ad ispezionare quella nuova abitazione, che per davvero
era quasi un sogno.
‘’Spartire qualcosa con qualcuno, soprattutto se si tratta di
un sogno realizzato, è bellissimo’’, concluse la contessina, più parlando tra
sé e sé che con l’amica, tornando a sognare. Se tutto fosse andato bene, da
quel momento in poi sarebbe iniziata la sua nuova vita.
Si sfiorò il ventre, sorridendo, mentre una lacrima calda e
commossa le scendeva lungo la guancia.
Alcuni giorni dopo, Teresa si ritrovò a piangere, da sola
quella volta. Era il ventitré luglio del 1838, ed era il suo compleanno.
Non aveva rivelato a nessuno, neppure al suo Giovanni, che
quel giorno compiva ventun anni.
Era mattina presto, ma il suo amato era già uscito a lavorare
nella foresta assieme a Roberto, mentre la sua cara amica Sara era ancora a
letto, alquanto provata dalla gravidanza.
Dallo stesso giorno in cui avevano preso possesso di quella
nuova dimora, la domestica aveva iniziato ad avere problemi, e la sera di quel
giorno le sue caviglie si erano lievemente gonfiate ed erano iniziate le
lamentele. Effettivamente, pareva davvero che quella gravidanza avrebbe
continuato a causarle qualche problemino, e molto spesso la ragazza non si
alzava dal letto e la mattina del giorno precedente aveva sofferto anche di un
forte attacco di nausea.
Mettendo da parte il suo pensiero rivolto all’amica, la
contessina si ritrovò a notare quant’era cambiata la sua vita nel corso di un
anno.
Solo un anno prima, lei era con suo padre nel loro grande
palazzo romano, dove lui si era assicurato che la cuoca preparasse un pasto più
raffinato del solito per festeggiare quel giorno speciale. Era solo una
ragazzina, spaventata da tutto e da tutti, insicura e incerta, un uccelletto
debole che non sapeva volare e che restava rinchiuso nella sua gabbia dalle
sbarre dorate.
Solo un anno prima, non avrebbe mai creduto di dover
abbandonare la penisola italiana per giungere in un altro lontanissimo
continente. Anche le sue mani ora erano cambiate, diventando più rosate e
forti, le mani di una contadina, e non di certo di una giovane nobile.
Le pareva davvero incredibile che a volte in un solo anno di
vita potessero accadere tutti quegli sconvolgimenti; era come se il suo
destino, tramutatosi in un fiume impetuoso, avesse rotto gli argini e l’avesse
travolta e trasportata lontano, verso un oceano, verso un nuovo continente dove
la sua vita avrebbe potuto riprendere un corso più libero, e non di certo
limitato da un marito odioso e che lei non amava.
Ancora ricordava il sorriso colmo di gratitudine che aveva
mostrato lo scorso anno a suo padre, che non era ancora il vecchio decrepito e
devastato dalla malattia degli ultimi mesi di vita, ma era a quel tempo un uomo
maturo, piacente e ben piazzato, sorridente e sicuro di sé.
Pensò per la prima volta che, se non avesse mai scelto di
seguire suo padre più a nord, fino a Ravenna, lei non avrebbe mai conosciuto
Giovanni, e in quel preciso istante sarebbe stata ancora tra le grinfie di
Alfonso, il disgustoso conte alla quale suo padre l’aveva erroneamente promessa
come sposa e da cui non avrebbe mai trovato le forze per ribellarsi e fuggire
dalla sua dimora, se non avesse saputo che c’era qualcuno disposto ad aiutarla.
Pensò anche a Lina, e le lacrime iniziarono a solcarle il
viso con maggiore rapidità, chiedendosi come stesse la sua più grande amica in
quello Stato ormai lontanissimo, oltre l’immensità dell’oceano.
Travolta dai ricordi degli ultimi mesi, ripensò a suo figlio,
il primo che aveva concepito e che aveva perso durante la folle fuga da suo
marito.
Tornò a pensare alla carneficina che aveva commesso per liberare
Giovanni e salvarlo.
E poi, riaffiorarono alla mente anche i ricordi recenti della
nave, l’epilogo conclusivo di quel’infinito viaggio della speranza, una
speranza riposta in un Brasile selvaggio, dove forse la vita sarebbe potuta
riprendere al meglio.
La contessina afferrò il suo fazzoletto dalla tasca del
bianco grembiule che indossava, tra l’altro acquistato da un paio di giorni e
ancora nuovo, e si asciugò le lacrime. E in quel momento le fu tutto
chiarissimo, comprendendo che il suo amato Giovanni era stato la sua fortuna,
lui e il bimbo che ancora doveva nascere ma che aveva iniziato a farsi sentire
nel suo grembo.
E le lacrime che stava piangendo in quel momento erano anche
colme di felicità, una felicità scaturita dalla constatazione del fatto che il
loro amore non era mai venuto a mancare, nonostante le tante difficoltà che
avevano lastricato il loro duro cammino di coppia.
Con il fazzoletto, Teresa si asciugò le lacrime, poi si lavò
il volto in un bacile d’acqua fresca, in modo da ricacciare indietro quel
rossore colmo di emozione che stava conquistando molto rapidamente le sue
guance.
Appena ebbe finito, si asciugò in fretta e si mise al lavoro,
cercando di non pensare a nient’altro. Si sistemò nella sua piccola cucina,
proprio a fianco della vasta sala centrale della casa, sistemando bene tutti i
suoi strumenti sul tavolo e iniziando a preparare la farina per la pasta.
In quei giorni, stava applicando tutto ciò che tempo addietro
le aveva insegnato Lina in cucina, e nonostante tutto aveva scoperto che se la
cavava con la pasta, il pane e la piadina, e questo era già un buon traguardo,
che inorgogliva anche il suo amato, sempre pronto a gustare ogni piatto che lei
gli preparava.
Teresa era anche molto soddisfatta dell’abitazione che aveva
offerto loro Edmondo, e già dal giorno successivo all’acquisto aveva iniziato
ad adorarla e a renderla più abitabile. La casa era molto semplice e non troppo
vasta in realtà, ma era molto ben arieggiata e piuttosto ben arredata, e ciò
era una cosa buona. Fortunatamente, non aveva notato nessun animale strano o
pericoloso vicino alla dimora, e neppure una scimmia, anche se di tanto in
tanto ne udiva le loro strida in lontananza.
In più, qualche ora dopo l’acquisto, il banchiere aveva fatto
pervenire loro anche gli ultimi soldi rimasti, già cambiati in valuta locale e
in contanti, pronti per essere spesi. Così, lei e il brigante avevano lasciato
a casa Roberto e Sara, ed avevano affittato una carrozza dal vicino paesetto e
si erano fatto portare fino alle periferie dell’immensa San Paolo, dove si vendeva
praticamente di tutto.
Lì, facendosi aiutare dal cocchiere, ne avevano approfittato
per acquistare tutto ciò che occorreva loro, utilizzando solo i gesti delle
loro mani per indicare ciò che volevano acquistare e pagando con attenzione,
trovandosi ben presto con una carrozza piena di roba e con pochissimi spiccioli
rimasti tra le loro dita, ma almeno a quel punto avevano un tetto sulla testa,
una casa ben attrezzata e fornita, e una dispensa piuttosto piena.
Nell’immediato non avrebbero avuto problemi, ma ci sarebbe stato molto da fare
per guadagnarsi da vivere.
Giovanni e Roberto si erano dati da fare fin da subito,
gettandosi a dissodare e preparare il terreno circostante alla casa, già pronti
per seminare le sementi che erano giunte assieme al denaro, gentile omaggio del
signor Edmondo.
I due uomini negli scorsi giorni avevano lavorato
incessantemente, e si erano ripromessi che, una volta concluso quel duro lavoro
con la terra, si sarebbero impegnati ad imparare la lingua e per cercare un
lavoro che permettesse loro di guadagnare qualcosa di concreto. Poi, avrebbero
potuto comprare anche qualche gallina e qualche animale da cortile, e pian
piano si sarebbero resi indipendenti.
‘’Teresa’’.
La voce di Giovanni fece sussultare la contessina, che mentre
si accingeva a prepararsi ad impastare. Il brigante la stava osservando sulla
porta, appoggiato allo stipite di legno bianco e candido, con un sorriso
soddisfatto ben stampato sul volto.
‘’Che c’è? Mi hai quasi spaventata’’, disse la giovane,
sorridendo anch’essa. Le faceva piacere quando vedeva che il suo amato era di
buon umore, ora che si era ripreso totalmente dalla febbre che l’aveva
perseguitato per l’ultima parte del viaggio in nave.
‘’Ho molte buone notizie per te. Per noi. Vieni, prima voglio
farti vedere una cosa e sentire il tuo parere’’, disse Giovanni, facendo cenno
verso la porta d’ingresso.
Teresa abbandonò tutto quello che stava facendo, e
asciugandosi le mani nel grembiule, seguì il suo futuro marito, l’uomo con cui
si sarebbe sposata non appena il signor Edmondo avesse fatto preparare i loro nuovi
documenti. Anche Sara e Roberto avrebbero fatto la stessa cosa, sempre a breve.
Attraversò di tutta fretta la sala centrale, per poi uscire
in cortile e notare un grosso tronco di legno, già ripulito dalla corteccia e
pronto per essere lavorato e intagliato. Giovanni gli poggiò sopra una mano,
sorridendo.
‘’Ho pensato che per il nascituro ci vorrà una culla bella e
spaziosa. Quindi, ho deciso che la intaglierò da questo tronco, con pazienza e
attenzione. Ti piace il colore di questo legno?’’, le chiese il brigante,
sempre a fianco del tronco marrone pallido.
‘’Certamente! Mi piace molto anche la tua idea’’, rispose la
contessina, felice di notare che il suo amato stava davvero pensando a tutto.
‘’Perfetto, allora. Mi metterò al lavoro appena potrò. Ma tu…
non ti sembra di lavorare un po’ troppo in casa? Insomma, i lavori dovreste
dividerveli… capisco che Sara abbia qualche fastidio, ma ciò non le rende la
vita impossibile e non la costringe a stare a letto tutto il giorno. Non voglio
che tu diventi la sua domestica’’, la rimproverò prontamente il suo amato,
diventando improvvisamente serio. Teresa sorrise a quell’ammonimento.
‘’Svolgo con grande piacere le mansioni domestiche, non
temere. Non mi affatico troppo, e sapere che tu apprezzi ciò che ti preparo mi
riempie di gioia, quindi non devi preoccuparti di nulla. Sara, non appena starà
meglio, mi aiuterà senz’altro’’, disse la contessina, dicendo la verità.
L’amica non era mai stata una scansafatiche, e se in quel momento era davvero
indisposta, doveva stare tranquilla e riposare per portare avanti al meglio la
gravidanza, già in stato più avanzato della sua.
Giovanni sospirò ed annuì, lasciando cadere l’argomento.
‘’Da domani inizierò a lavorare da un falegname del paesetto
qui vicino. Ho provato a parlargli, e da quel che ho capito gli serve un po’ di
manodopera, anche se comunque né io né lui siamo riusciti a metterci d’accordo
per via della lingua differente con cui ci esprimiamo, ma questo non sarà un
problema. A lui servono delle braccia forti, non una voce’’, disse dopo un
attimo il brigante, tornando a sorridere.
‘’Ma questa è una notizia stupenda!’’, mormorò Teresa, felice
per il suo amato. Gli corse incontro e l’abbracciò, baciandolo sulle labbra.
‘’L’orto continuerà a dissodarlo Roberto, mentre io lavorerò.
Alla sera, mi dedicherò a preparare qualche altro mobile per la casa e a
intagliare la culla. Me la cavo con il legno, sai?’’, le disse lui, contento
della gioia dimostrata dalla ragazza.
‘’Lo so, tu sei per davvero bravo in tutto. Sei l’uomo più
perfetto di questo mondo!’’, le rispose Teresa, dandogli un altro bacio.
Giovanni scrollò la testa, sempre compiaciuto dalle belle
parole della contessina, e riafferrò la sua zappa e riprese a dirigersi verso
il terreno da dissodare, dove Roberto lo stava attendendo, curvo sui suoi
strumenti da contadino, costruiti nei giorni precedenti da Giovanni stesso,
utilizzando materiali scadenti che aveva trovato in giro, ma pur sempre validi.
‘’Non affaticarti troppo!’’, le gridò, già un po’ distante da
lei.
Teresa si limitò ad annuire con lentezza, per poi affrettarsi
a tornare in casa. Aveva troppa voglia di rimettersi a preparare il pranzo.
La ragazza era estremamente lusingata e commossa
dall’atteggiamento del suo amato, che pareva essere tornato propositivo ed
interessato a tutto, e sicuramente se fosse riuscito a mantenere un posto
stabile di lavoro e se si fosse riuscito ad integrare in quel nuovo Paese, ciò
sarebbe stato un grande bene per tutti loro.
Anche lei ben presto avrebbe cercato di imparare il
portoghese, almeno le basi, in modo da poter iniziare a districarsi da sola in
quella nuova realtà, senza avere più il bisogno dell’aiuto di altri. Non era
una lingua difficile, e già aveva avuto modo di riuscita ad apprendere qualche
piccola parola in solo pochi giorni.
Mentre tornava ad affaccendarsi nella piccola cucina, Sara
entrò nella stanza mugugnando.
‘’Come va questa mattina?’’, le chiese cortesemente Teresa,
sperando che andasse tutto bene. Lì nelle vicinanze non c’erano medici, e
comunque non disponevano neppure di una somma di denaro sufficiente per pagare
una visita, quindi non restava altro che sperare nel fatto che tutto andasse
bene.
‘’Male, malissimo. Mi sento appesantita, gonfia… ah,
Teresa…’’, mormorò la ragazza, sfoggiando due vaste occhiaie e un volto
strapazzato.
‘’Torna a letto, poi ti porto qualcosa’’, disse la
contessina, leggermente preoccupata. Giovanni pensava che la domestica facesse
solo una sceneggiata, approfittandone per non far nulla e poter riposare
pigramente, ma lei invece le credeva. Per gli uomini, una gravidanza appariva
sempre una cosa da nulla, e tendevano sempre a sminuirne gli effetti.
‘’Grazie, Teresa… se non ci fossi tu... non saprei. Pure il
mio Roberto mi guarda un po’ male. Possibile che non capisca che diventare
madre richiede un grande sforzo, a volte?’’.
‘’Roberto è un uomo, e gli uomini pensano sempre che i nostri
compiti femminili siano facili e semplici da sopportare’’, si limitò a
rispondere la contessina, esternando i suoi pensieri di poco prima.
Sara, nel frattempo, non disse altro e si limitò a
trascinarsi nuovamente verso stanza da letto, pronta a distendersi nuovamente e
a cercare un po’ di sollievo.
Teresa sapeva che d’ora in poi sarebbe stato tutto molto più
difficile per tutti, e che ci sarebbe stato tanto da fare in ogni senso, ma lei
non era spaventata dal futuro. Aveva tanta voglia di mettersi in gioco e di
ricostruire daccapo la sua esistenza, e nessuno sforzo le incuteva timore. Non
temeva più nulla.
Sperò che la sua gravidanza continuasse al meglio, senza
crearle eccessivi problemi, come invece stava accadendo all’amica. In fondo,
capì che se era sopravvissuta alla follia di Alfonso e a tutta la brutalità che
le era piovuta addosso gratuitamente, avrebbe potuto tranquillamente far fronte
ad ogni altro inconveniente o problema. E poi, al suo fianco aveva l’uomo dei
suoi sogni, colui che amava immensamente e senza limiti, l’uomo che lei aveva
adorato fin dall’inizio della sequenza di tristi vicende che l’avevano
sconvolta, quasi fatta impazzire.
Con lei c’era ancora il suo Giovanni, il futuro padre di suo
figlio, nonché colui che amava ancora follemente, e sapeva che fintanto che
fosse riuscita ad averlo a suo fianco tutto sarebbe andato per il verso giusto.
Giovanni era tutto ciò che le era rimasto a quel mondo. Tutto
ciò di più bello che Dio e quella realtà le avessero potuto offrire.
Pregò che il loro amore potesse non avere mai fine, perché
non riusciva ormai neppure ad immaginare una vita senza di lui, senza sapere
che la sua presenza era sempre a suo fianco. In quel momento, capì che il suo
amato era per lei il più grande e ricco tesoro che avesse mai potuto trovare ed
adorare in quel misero mondo basato solo sull’infelicità generale. E così, ebbe
anche la certezza che lei non avrebbe mai smesso di amarlo, sempre e in ogni
eventualità.
L’avrebbe amato per sempre. Il loro amore sarebbe stato
eterno, e lei avrebbe lottato con tutta sé stessa per non renderlo caduco come
tutte le cose materiali, poiché ciò risiedeva all’interno del loro cuore, ed
era l’essenza più pura dei loro pensieri e dei loro desideri.
Giovanni sarebbe stato la sua vita, d’ora in poi, e Teresa si
sentiva pronta a prendersi cura di lui sotto tutti gli aspetti. Perché lei lo
amava più di ogni altra cosa. Lui era tutta la sua vita, assieme al loro
bambino in arrivo.
NOTA DELL’AUTORE
Ciao a tutti, e grazie per aver letto anche quest’ultimo
capitolo!
Esatto, siamo giunti alla fine del racconto. Lunedì prossimo
aggiornerò un’ultima volta, poiché manca l’epilogo.
Potrete facilmente capire dalla mole del racconto che
l’epilogo sarà un po’ complesso. Sarà piuttosto lungo, e per questo ho scelto
di dividerlo in due parti, che pubblicherò assieme e nello stesso giorno.
Quindi, lunedì prossimo troverete ben due aggiornamenti(epilogo, parte prima;
epilogo, parte seconda).
Il mio consiglio è quello di non leggerli tutti e due
assieme, ma di leggere inizialmente la prima parte, poi la seconda. Altrimenti,
a mio avviso chi legge rischia di non riuscire a seguire e a gustarsi
degnamente le battute conclusive, essendo l’intero epilogo molto lungo. Poi,
naturalmente, vedete voi e suddividetevi la lettura come vi pare, oppure
leggete tutto assieme… questo è solo un mio consiglio.
Mi pare impossibile di essere quasi giunto alla fine di
questo lunghissimo viaggio. A questo punto, ci tengo a ringraziare
calorosamente i miei quattro santi, che hanno letto tutta la storia lasciandomi
sempre un loro parere, capitolo per capitolo, con un’attenzione incredibile.
Ringrazio quindi S1mo94, Clairy93, Rossella0806 e GreenWind! Senza voi quattro
e senza il vostro magnifico, infinito e costante sostegno, molto probabilmente
non sarei mai giunto fin qui.
Ringrazio chiunque abbia letto e seguito il racconto fin qui,
sperando che esso abbia meritato la vostra attenzione e che alla fine vi sia
piaciuto. Ma per ora basta ringraziamenti, poiché li riprenderò lunedì
prossimo, quando la nostra avventura sarà definitivamente conclusa.
Mi auguro solo che il racconto vi sia piaciuto e che sia
stato di vostro gradimento.
Grazie di cuore a tutti! A lunedì prossimo J